Senza rendersi conto che quella non è propriamente una scelta autonoma, ma nasce da forti condizionamenti culturali per cui se vuoi fare carriera in tv e sei una bella ragazza, allora è meglio se fai vedere la scollatura.
Mi piacerebbe capire perchè per le femministe mostrarsi nude in tv non va bene,ma nella vita di tutti i giorni sì...segnalo che in Svezia le femministe vogliono rendere legale andare nelle piscine pubbliche senza reggiseno...salvo poi lamentarsi che una donna senza reggiseno viene sfruttata in quanto ''donna oggetto''.
In piscina è autodeterminazione,in tv no,COME SE LE DINAMICHE CHE LE PORTANO A MOSTRARE I SENI NUDI IN PISCINA FOSSERO DIVERSE DA QUELLE CHE LE PORTANO A SPOGLIARSI IN TV...ci prendono e si prendono letteralmente per il CULO...
Prima si battono perchè le donne possano girare spogliate per strada,poi si lamentano se si spogliano in televisione...
E poi ancora,non contente di queste assurdità pretendono di avere pure ragione,pur passando sulla ragione e la logica come un camion passa sulla bottiglia.
Siccome loro glissano allegramente su questo genere di domande avanzo io un'ipotesi,che almeno è logica:
Forse non vogliono vedere certi atteggiamenti femminili in televisione proprio perchè ciò letteralmente SPUTTANA le donne,che invece volevano dare un'immagine di sè diversa,e mostra urbi et orbi qual è il loro comportamento nell'Italia di oggi...
Poi neanche la manfrina che ''poverine i media le condizionano'',secondo un quadro logico sta in piedi,ma tutto fa brodo pur di colpevolizzare il maschio,nell'era dell'autodeterminazione femminile fanno le puttane,ma si sa che la colpa è sempre del maschio,LA VERITA' E' UN'ALTRA,TRAMITE IL LORO CORPO ESERCITANO UN POTERE,ED IO SONO PER UNA FINE DEI CULI AL VENTO PER UN MOTIVO ESATTAMENTE OPPOSTO A QUELLO DELLE FEMMINISTE:
NEL MOMENTO IN CUI UNA DONNA SCEGLIE DI FARSI FOTOGRAFARE SPOGLIATA VENDE IL PROPRIO CORPO E RICEVE DEI SOLDI,MA NON VENDE SOLO IL PROPRIO CORPO,MA ANCHE I MIEI ORMONI,A ESSERE MERCIFICATO NON E' SOLO IL CORPO DELLA DONNA,MA ANCHE GLI ORMONI DEL MASCHIO,SENZA CHE PERO' COSTUI PERCEPISCA ALCUNCHE',IL SUO DESIDERIO VIENE VENDUTO UN TANTO AL CHILO.
CHE DIRITTO HANNO LE DONNE DI SBATTERCI LA FIGA IN FACCIA,SALVO LAMENTARSI SE LE SFIORIAMO ANCHE SOLO COL RESPIRO?
Te lo sei mai chiesto?
No,perchè in tutto il tuo pensiero non ti è neanche mai sfiorato il pensiero,ma gli uomini cosa pensano?,Cosa sentono?Si sentiranno offesi da certi comportamenti?
No,le offese per legge,sono solo loro...
Eh noi siamo arrabbiati...ma guarda un pò che strano...
Leggiti questo post di Uriel e rifletti prima di venire a tenerci la lezioncina:
Sopravvalutazioni
di Uriel - 05/11/2010
Fonte: Wolfstep
Dopo gli ultimi due post, nei quali semplicemente spiegavo come mai (secondo me) il genere femminile in Italia può fare tutto tranne "sentirsi oltraggiato" per quanto succede nei vari scandali sessuali, mi è arrivata l'accusa di essere "misogino" se non "maschilista".
Potrei liquidare la cosa dicendo che non mangio piatti precotti e quindi non accetto accuse precotte, ma secondo me in questo modo di parlare c'è un errore più profondo, che è la sopravvalutazione della donna (in quanto tale) che si sta facendo (e si è sempre fatta) in Italia.
Punto primo: la donna è un essere umano come tutti gli altri. Affermare che la donna sia o debba per qualche motivo essere esente da qualche difetto umano, oppure godere di pregi in più rispetto alla media, è mera sopravvalutazione.
Quello che sto dicendo è che in Italia le donne sono il gruppo umano più sopravvalutato. Ma non sopravvalutato perché le donne in sé valgano poco: esse valgono quanto chiunque altro. Semplicemente, sopravvalutato perché a quel gruppo umano si attribuiscono qualità che vanno oltre quelle di qualsiasi altro gruppo umano.
Prendiamo per esempio, il continuo rimbrotto moralista del "decadimento morale". Supponiamo anche che sia vero che l' Italia stia diventando un bordello di festini orgiastici, veline, minorenni inculate e altro. Se supponiamo che tutto il paese stia diventando così, o che lo stia diventando la maggior parte, stiamo implicitamente dicendo che se da un lato è pieno di uomini che non vogliono altro che infilarlo in bocca ad una minorenne, è anche pieno di minorenni che non si fanno problemi a succhiare tutto quel che vedono.
Invece no. Per una qualche ragione misteriosa, piace pensare che "la donna" o "le donne" siano più nauseate degli uomini da questo andazzo, che mercifica il loro corpo. Insomma, si dice che:
1. Alle donne (intese come gruppo) non piaccia mercificare il proprio corpo o piaccia meno che agli uomini (sempre intesi come gruppo)
2. Alle donne (intese come gruppo) è più facile sfuggire alla decadenza culturale che vuole puttanoni sculettanti ovunque, rispetto che agli uomini (intesi come gruppo).
3. Quelle percentuali di donne che comunque lasciano mercificare il proprio corpo lo fanno perché subiscono un lavaggio del cervello, un qualche indottrinamento, perché normalmente nessuna donna tollera di venire mercificata.
4. La supposta decadenza dei costumi è, rispetto al mondo femminile, un fenomeno estraneo, che sicuramente viene dal mondo dei maschi.
5. Nella supposta decadenza dei costumi il mondo maschile è beneficiario maggiore rispetto al mondo femminile, in quanto la libidine nella forma considerata più materialista sarebbe più maschile che femminile.
La risposta non può che essere: "cazzate". Innanzitutto, per una semplice questione di logica, se esiste il fenomeno della mercificazione, ed è un fenomeno sociale, esistono i corpi mercificati. Cioè le donne che si fanno mercificare. Se qualcuno afferma che le donne che si fanno mercificare sono una piccola minoranza, allora non abbiamo a che fare con un vero e proprio fenomeno su scala sociale.
È chiaro che se un fenomeno sociale avviene su larga scala, qualcosa non quadra in questa lettura. Se proviamo ad introdurre un comportamento tra una popolazione che è ostile a questo cambiamento, per esempio, immediatamente otterremo una reazione conservatrice. Se io volessi introdurre la colazione all'inglese con uova fritte e bacon in Italia, e poi sospendere la pausa pranzo, con ogni probabilità fallirei. E sia chiaro, sto chiedendo un cambiamento molto meno blando.
È assai difficile, se non impossibile, che l'attuale mercificazione del corpo femminile (supposta superiore al passato) sia potuta avvenire senza il consenso, la cooperazione E SPECIALMENTE la soddisfazione della stragrande maggioranza del genere femminile.
Il secondo tema, quello secondo il quale le donne sarebbero più refrattarie al fascino dell'imputtanimento "imposto dai mass media" è del tutto delirante. Se osserviamo un giornale come Playboy, ci troviamo un corpo femminile esposto ogni 2.5 pagine circa. Se prendiamo un giornale di moda come Cosmopolitan, la media SALE a un corpo femminile ogni 0.8 pagine.
Voi dite: ma quella non è mercificazione, è moda, è stile. Haute Couture. Aha.
Trenta la bocca, cinquanta l'amore. Christian Dior, se non erro.
Qualcuno dirà che la moda non è mercificazione del corpo. Onestamente mi sembra una obiezione di una stupidità spaventosa: per definizione l'abbigliamento serve al corpo e si paga ; se c'è un settore che lucra sul corpo è per forza la moda.
Ora, se io prendessi queste tre modelle di Dior e le sbattessi su PlayBoy, qualcuno degli utenti di Playboy si accorgerebbe del fatto che c'è un elemento estraneo? La risposta è: no. La pura e semplice verità è che lo stesso fenomeno che si chiama "mercificazione" quando lo fa PlayBoy viene comunemente accettato sui blog di "moda", che nessuna donna si vergogna a leggere, come semplice curiosità.
In questo senso, nego assolutamente la seconda affermazione: la donna non è refrattaria o resistente all'involgarimento più dell'uomo; in senso sociale ha sviluppato una pseudocoscienza che richiede l'involgarimento venire da alcune fonti e non da altre, chiamarsi in un certo modo e non in altri, eccetera.
Il terzo punto è espresso in maniera più maliziosa. È espresso in maniera più maliziosa perché ci si appoggia sul presunto potere che avrebbero i mass media di modificare la cultura, portando le persone a fare cose che altrimenti non avrebbero fatto. Il problema logico di questa affermazione è che "cose che altrimenti non avrebbero fatto" è un'ipotesi.
Il succo della proposizione è che i media hanno il potere di modificare non i fatti, ma un'ipotesi. SE è vero che "altrimenti non sarebbe successo" allora i media possono modificare il comportamento, ma se NON è vero, allora i media non hanno questo potere.
Il problema è che essendo i media così pervasivi non si riuscirà mai a dimostrare che "altrimenti non sarebbe successo": la rilassatezza dei costumi non è tipica solamente della nostra epoca, ma di qualsiasi periodo storico ove la ricchezza sia relativamente diffusa e vi sia una certa tendenza all'individualismo, media o non media.
Si troveranno esempi di rilassatezza dei costumi nella Venezia ove l'inquisizione lavora a pieno ritmo così come nell'Italia boccaccesca, nella Francia del settecento ed ottocento, e così via. Non esiste, cioè, alcun modo di provare che "altrimenti non sarebbe successo".
Che cosa ci fa pensare che sarebbe successo ugualmente? Il fatto che sia successo. Non sto scherzando. Nella valutazione dei media, infatti, abbiamo un metro perlomeno schizofrenico: quando ci chiediamo come mai i media non propongano contenuti più "elevati", il risultato è che la gente non li guarderebbe. Dunque, diamo per scontato che le persone scelgano cosa guardare e che cosa no. Contemporaneamente, se ci chiediamo come mai le persone scelgano di non guardare contenuti 'colti", ci rispondiamo che la TV li ha instupiditi.
Qui c'è il paradosso, ovvero l'errore che fa cadere il ragionamento: il pubblico può scegliere quando rifiuta un contenuto "alto", ma non può scegliere quando lo stesso mezzo lo indottrina. Si vuole proporre il paradosso del gattino: il gattino non fa pipì se non ha la sua sabbietta, ma sono stato io ad educarlo a non fare pipì se non nella sabbietta. Per uscire da questo paradosso dobbiamo ipotizzare il momento di debolezza, ovvero l'infanzia del gattino.
Nel caso del gattino, il paradosso non c'è, dal momento in cui c'è un momento (l'infanzia del gattino) nel quale io posso indottrinare, e il secondo , l'era adulta, nella quale il gattino è indottrinato e quindi rifiuta di fare pipì senza sabbietta.
Ma nel caso della "donna" non stiamo parlando di un singolo elemento. Se per ipotesi io prendessi un gruppo di gatti misto, cioè un gruppo di gatti adulti e infanti, e tentassi di imporre a tutto il gruppo di fare pipì nella sabbietta, fallirei. Non solo gli adulti non si lascerebbero educare e piscierebbero ovunque, ma i giovani vedrebbero ovunque pisciate degli adulti e non si adeguerebbero.
Così, la TV non ha bombardato un paese di ragazzine alle quali era possibile far credere che "mignotta è bello", ha bombardato un paese di ragazzine E adulte E anziane. Se l'operazione è riuscita, è stato perché ANCHE adulte ed anziane non erano così refrattarie e disgustate dall'idea. Tutti i gatti, cioè, si sono messi a far pipì nella sabbietta, adulti e cuccioli.
Viene meno cioè la componente che fa stare in piedi il paradosso del gattino: chi sceglie di non guardare contenuti "alti" o ha ribrezzo di quelli "bassi" compie una scelta che NON viene da un indottrinamento, che invece richiede la mancanza di scelta. Se accettiamo che vi sia potere di scelta, allora possiamo credere che i contenuti più alti vengano rifiutati ma non possiamo credere all'indottrinamento. Se neghiamo il potere di scelta possiamo accettare l'indottrinamento, ma allora non si spiega come mai si misuri la audience, dal momento che è possibile determinarla modificando i gusti dell'ascoltatore: non si capisce perché misurare una scelta a posteriori, quando in teoria sarebbe prevedibilissima; misurare l'audience di un pubblico indottrinato è come controllare se un gattino ben educato la faccia nella sabbietta. Se postuliamo che sia bene educato, possiamo predire il comportamento.
La verità è che questo andazzo, ammesso che sia scandaloso e mercificante e blabla, è stato scelto dalla società nel suo complesso, o almeno dalla stragrande maggioranza. Ovvero, anche dalle donne.
La quarta affermazione comprende l'idea che all'uomo piaccia guardare donne nude più di quanto alle donne nude piaccia essere guardate. Di conseguenza, la forza che spinge le donne a spogliarsi sarebbe la libido maschile, e non quella femminile. È il mito della puttana infelice, ovvero uno dei tanti accorgimenti che le pseudocoscienze prendono per eliminare i sensi di colpa dovuti al piacere: negarne l'esistenza e negarne la forza.
La persona che ha bisogno di bere per sfogarsi sta cercando di costruirsi una pseudocoscienza: vuole poter affermare che "la forza che mi spingeva NON era la libido". L'obiettivo è la negazione, cioè l'idea che non vi sia una reale soddisfazione da un lato del campo.
È una vecchia solfa, biologicamente giustificata dal fatto che l'eccitazione femminile è meno visibile di quella maschile: quando si dice che la donna possa fingere l'orgasmo, non ci si chiede mai quanto la funzionalità di saper mentire possa venire applicata all'opposto, ovvero nel nasconderne uno. Chi si chiede se la propria moglie finga l'orgasmo non prova mai a mettere un segno meno di fronte a "fingere", e non si chiede mai quante libidini la moglie gli nasconda.
La letteratura che discetta della capacità femminile di simulare il proprio stato libidico si ferma con una grandissima ostinazione sulle donne che fingono l'orgasmo: essenzialmente alle femministe del periodo premeva una rivalsa contro il genere maschile, e volevano dire "vi possiamo prendere per i fondelli". Quello che si è sempre omesso di ricercare è la quantità di volte nella quale la simulazione è opposta, ovvero le volte nelle quali la libidine è nascosta: si tratta della stessa capacità invertita di segno.
Così, poiché la funzione principale della pseudocoscienza è di negare il piacere, non occorre molto a capire cosa succeda: poiché nessuno obbliga nessuna donna a partecipare alla "decadenza dei costumi", la partecipazione evidente del genere femminile è evidentemente dovuta ad una qualche soddisfazione. Che la pseudocoscienza si limita a nascondere, sfruttando il meccanismo della simulazione, un meccanismo ben noto per funzionare.
Se organizziamo un meeting aziendale, le donne si metteranno "in tiro". Se misuriamo il concetto di "in tiro" non otteniamo semplicemente la classica cosmetica atta a nascondere i difetti fisici, ma un vero e proprio aumento di segnali erotici, seduttivi e un aumento incredibile di centimetri di pelle esposta, centimetri che nell'ufficio della stessa azienda normalmente non vengono esposti. È chiaro che c'è una spinta nel fare questo, ed è chiaro che non esista alcun obbligo di farlo; esistono vestiti eleganti ed accollati come vestiti eleganti e scollacciati; mostrare il proprio corpo quando lo si ritiene bello è una scelta, e sarebbe ora di dirlo: una scelta LIBERA. Esisterà quindi un criterio, e no, non è un criterio che viene dal mondo maschile. È più facile per una donna venire rimproverata perché va in azienda troppo svestita che il contrario.
Qui possiamo passare al punto cinque, nella misura in cui la libidine del guardare è circa la stessa della libidine che si prova ad essere guardati. Sebbene uno dei due sessi sia abituato a nascondere tale libidine mentre l'altro per motivi biologici non lo fa (l'erezione è simbolo di potenza) , è abbastanza chiaro che il rapporto sia abbastanza omogeneo: se escludiamo pochi (sul piano statistico) casi di riduzione in schiavitù sui marciapiedi, non esiste in Italia una donna che possa dire di essere stata COSTRETTA al decolletee'.
La conclusione, a mio avviso, è sempre quella: la donna come individuo è un individuo come un altro. Se si ritiene che esista un involgarimento della società, le donne ne fanno parte quanto gli uomini. Se si ritiene che la donna sia volontariamente mercificata, bisogna ammettere che la donna come individuo sia partecipe volontaria di questo meccanismo nella misura in cui il meccanismo è volontario nella società, almeno la maggior parte delle volte.
Se è maschilismo la mercificazione del corpo, allora ho una brutta notizia per voi : per ogni maschilista che comprerebbe un corpo c'è almeno una puttana felice di venderglielo. Se pensate che l'80% dei maschi italiani sia maschilista e mercificatore, dovete metterci che l' 80% delle donne siano puttanelle esibizioniste.
Ma in Italia siamo ancora alla donna-madonna, alla donna senza libidini proprie, e quindi l'unico modo per spiegare questo sarà sempre (negando nella donna l'esistenza di libidini proprie) affermare che questa libido venga dal mondo maschile e che sia solo lì. La donna che si adegua, appunto, si adegua, non partecipa e non sceglie: le donne mercificate in questa società sono sempre vittime degli eventi, della pressione sociale, e mai felici socie nella spartizione dei dividendi della libidine.
Questa sopravvalutazione, che porta alcuni a illudersi che mettendo più donne nei posti di potere la mercificazione cesserebbe (come se nel mondo della moda e dei giornali femminili non ci fossero donne), è appunto una sopravvalutazione. Il bollare come "traditrici della dignità del genere" o "mandanti morali" le (supposte poche) donne che si lasciano mercificare non è altro che una gigantesca sopravvalutazione: aumentando il numero di donne al potere la mercificazione aumenta, tantevvero che è arrivata in Italia dai paesi più "avanzati", in un' Italia nella quale la morale maschilista e bigotta imponeva le gonne sotto il ginocchio.
In definitiva, quindi, non sono io che sono misogino o maschilista; siete voi che avete costruito il più incredibile mito sociale della storia, mito che porta a sopravvalutare un gruppo di individui (le donne) in un modo che la ragione non può comprendere: la donna è un essere umano come qualsiasi altro, e partecipa ai meccanismi sociali quanto qualsiasi altro individuo, e vi partecipa volontariamente, sia quando è un gruppo attivo sia quando è un gruppo passivo rispetto alle scelte sociali.(1)
Non sono io ad essere misogino oppure maschilista; siete voi che sopravvalutate la donna. E non è che sia un errore meno grave, eh.