Autore Topic: riparla la scienza  (Letto 1685 volte)

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Offline ilmarmocchio

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riparla la scienza
« il: Ottobre 31, 2009, 12:16:19 pm »
ecco a cosa serve estendere truffaldinamente il concetto di malattia. La sterilita', che NON era una malattia, ora la e' . Di conseguenza :

Le nascite senza genitori La vita dalle staminali                                                                                          http://archiviostorico.corriere.it/2009/ottobre/30/n...
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       SCIENZA ESPERIMENTO DELL' UNIVERSITÀ DI STAFFORD: SERVIRANNO PER LA FECONDAZIONE IN VITRO
       Le nascite senza genitori La vita dalle staminali
       Ovuli e seme maschile dalle cellule. «La sconfitta della sterilità»
       MILANO - È una promessa per la cura della sterilità: un gruppo di ricercatori americani è riuscito a trasformare cellule staminali embrionali in ovuli e
       spermatozoi «primitivi» e spera, entro cinque anni, di fabbricare la versione «matura» da utilizzare per la fecondazione in vitro. Per procreare, estremizzando,
       senza padre o senza madre ma con cellule di embrione. Renee Reijo Pera e il suo gruppo hanno focalizzato l' attenzione sui geni scoprendo la «ricetta» genetica
       capace di trasformare le staminali in cellule specializzate nella riproduzione, e pubblicandola sulla rivista Nature. «Dal 10 al 15 per cento delle coppie sono sterili
       - ha commentato Pera che lavora alla Stanford University in California - e metà dei casi è legata all' impossibilità di fabbricare ovuli e spermatozoi efficienti.
       Spesso questo difetto è genetico». Non è facile utilizzare gli animali come modello per studiare il sistema riproduttivo umano perché quest' ultimo è unico ed è
       piuttosto sofisticato. Ecco perché studiare come funzionano i geni, che trasformano una staminale embrionale in una cellula riproduttiva adulta (questo processo
       di trasformazione avviene normalmente nell' embrione umano durante la gravidanza) può servire non solo per produrre, in futuro, ovuli e spermatozoi in
       laboratorio, ma anche per capire le cause genetiche della sterilità. I ricercatori americani hanno individuato una famiglia di geni chiamati Daz (e le proteine da
       loro prodotte) e ne hanno studiati in particolare tre: il primo, il Dazl, è un gene che interviene nelle prime fasi e controlla la trasformazione da cellula staminale
       embrionale umana (che possiede 46 cromosomi) in un precursore delle cellule riproduttive (anche queste con un patrimonio di 46 cromosomi). Gli altri due
       controllano, invece, il passaggio successivo che porta alla formazione di ovuli e spermatozoi «primitivi» e contribuiscono alla meiosi, cioè alla riduzione del
       loro patrimonio genetico a soli 23 cromosomi. Riduzione indispensabile, dal momento che ovuli e spermatozoi (ognuno con 23 cromosomi) ricostituiscono, con
       la fertilizzazione, il patrimonio completo di 46 cromosomi che è presente in tutte le cellule umane. Spegnendo e accendendo questi geni, i ricercatori sono,
       dunque, riusciti a ottenere precursori di ovuli e spermatozoi (questi ultimi già in grado di «nuotare» in un liquido) e sperano di perfezionare la procedura nei
       prossimi anni. Non solo. Queste ricerche fanno ipotizzare anche altri tipi di cura: un' idea è quella di partire dalle cellule germinali immature di una persona, che
       non può avere figli, di «correggere» i geni in modo da ottenere ovuli e spermatozoi «maturi» e di utilizzare questi ultimi per la fecondazione in vitro, senza
       ricorrere a staminali embrionali estranee, maturate in laboratorio. Una terza strada prevede la possibilità di prelevare cellule adulte, per esempio di un individuo
       sterile, riprogrammarle per riportarle allo stadio di staminali e di manipolarne i geni in modo da costringerle a trasformarsi in cellule riproduttive che avranno
       così il patrimonio genetico dell' individuo di partenza. Non è la prima volta che i ricercatori annunciano di aver ricavato cellule riproduttive da staminali, ma
       questa nuova strada sembra la più promettente. Adriana Bazzi abazzi@corriere.it RIPRODUZIONE RISERVATA Mamma a 66 anni
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