Dal frastuono dei media sintonizzati su una sola onda, sembrerebbe che la questione morale e quella del ruolo dignitoso della donna nella società siano una battaglia che compete alla sinistra italiana, tutta unita contro Silvio Berlusconi in nome dell’etica. Ma ecco che, sotto traccia, a causa di quel frastuono sul leader del Pdl odiato e invidiato, emergono due sconcertanti figure di sindaci e aspiranti sindaci di grandi città, professori universitari e grandi avvocati, di sinistra illuminata, entrambi del Pd, con un coté cattolico, insieme a due figure femminili loro compagne, altrettanto sconcertanti. Una umile che potrei chiamare “la donna del bancomat”, l’altra, intellettuale della sinistra impegnata che denomino “la donna del Pat”.
Il termine accanto alla prima figura femminile, è chiaro, si riferisce allo strumento di quasi moneta oggi più diffuso. Il termine accanto alla seconda, lo è meno, anche se riguarda fatti all’onore delle più recenti cronache in quanto sta per Pio Albergo Trivulzio. Nel rispetto della privacy non farò nomi, ma vi alluderò, perché il ragionamento non riguarda le persone come tali, ma i modelli che simboleggiano.
Il primo episodio, o meglio modello, riguarda l’ex sindaco di Bologna del Pd, rinomato professore universitario, che è di area cattolica, quella in cui la tensione morale si ammanta di fattori etico-religiosi. La storia comincia quando l’ex Sindaco di Bologna F. D. era vice presidente della Regione Emilia Romagna ed aveva come compagna la sua segretaria C. C. che fruiva di un bancomat intestato a un operatore economico collegato al vice presidente. La candidatura a sindaco e la conseguente dimissione di F. D da vice presidente, assieme alla fine della vicenda sentimentale fra i due, determinava per C. C. la perdita dei suoi emolumenti particolari. Di fronte alle proteste della ex compagna, F. D., che nel frattempo stava vincendo le elezioni o era già diventato sindaco faceva spostare C. C. in una società della Regione in cui essa non solo manteneva la stessa retribuzione, ma anche i precedenti compensi speciali che in tale nuovo ruolo non le sarebbero spettati. Così essa sembrava appagata, anche se la cifra di cui in tal modo usufruiva era assai modesta: attorno ai mille euro mensili, netti di imposte.
Ma F. D. voleva in restituzione il bancomat che le aveva dato e su cui lei dal 2004 al 2008 aveva prelevato somme per le sue spese, sino a mille euro al mese, i quali forse erano il tetto a cui il bancomat era abilitato. In questo modo la sua piccola retribuzione era stata raddoppiata e lei si era potuta permettere un certo piccolo agio. Ma nel frattempo, poiché la storia sentimentale fra i due era terminata, il rapporto di fiducia non c’era più. Ma C. C. aveva ancora il bancomat. F. D. lo voleva in restituzione e, in cambio, offriva consistenti cifre riparatrici. Invero il bancomat non era collegato a un conto bancario di F. D. ma a quello di un operatore economico D.B., consulente del CUP, il Centro unificato di prestazioni mediche in house nella Regione e nei vari comuni emiliani, incluso quello di Bologna. Non si sa che C. C. ne fosse stata al corrente prima del dissenso con F. D.. Fatto sta che essa decise di denunciare F. D. in relazione al bancomat. Che così nel gennaio del 2010 mentre veniva sequestrata la tessera bancomat che F. D. le aveva data in uso, ebbe inizio un procedimento a carico del sindaco, per una serie di reati, a danno della Regione e forse del comune. E D.B., il 18 febbraio è stato condannato in primo grado per un gruppo di questi reati, per i quali i suoi avvocati hanno chiesto e ottenuto il patteggiamento.
L’ex sindaco era accusato, in questo filone, di peculato, truffa aggravata, intralcio alla giustizia e induzione a rilasciare false dichiarazioni per le pressioni sulla sua ex compagna C. C. per averne il silenzio. Con il patteggiamento che ha ridotto la pena non è stata applicata l’interdizione dai pubblici uffici, che avrebbe obbligato F. D. a lasciare l’incarico che ricopre all’Università. Restano aperti un secondo e un terzo filone dell’inchiesta. Ciò che emerge, da questa storia, è soprattutto l’uso del bancomat, a carico delle finanze pubbliche, tramite un consulente delle autonomie locali, in un ente di quelli che, a parere di chi scrive, andrebbero privatizzati. L’idea di un legame sentimentale accompagnato da sostegno finanziario tramite bancomat gravante sulla finanza sanitaria regionale e locale è degna di studio nelle nuove forme di sussidiarietà nel federalismo fiscale. Sarebbe interessante conoscere se le donne che il 13 febbraio hanno sfilato, orgogliosamente, a Roma, a Milano e a Bologna per la dignità femminile siano interessate a sfilare per la dignità della donna, avvinta a un uomo da un bancomat a carico della spesa sanitaria regionale e locale.
A Roma lo striscione calato dal Pincio aveva la scritta "Vogliamo un Paese che rispetti le donne". A Milano nel raduno di Piazza Castello a Milano, in occasione della manifestazione nazionale organizzata per rivendicare la dignità delle donne, molte hanno raccolto l'appello scendendo in piazza con una sciarpa bianca e hanno inneggiato a Niki Vendola, chiedendo che la politica non sia svuotata dal suo codice morale. E c’era lo slogan “Se non ora, quando?”. La manifestazione nazionale in difesa della dignità e dei diritti delle donne ha toccato il suo apice a Bologna, con la partecipazione all'iniziativa del candidato a sindaco di Bologna per il centro-sinistra, Virginio Merola, fresco vincitore delle primarie di coalizione. Le elezioni anticipate hanno avuto luogo perché il comune di Bologna è stato commissariato dopo la rinuncia del sindaco F. D. a esserne il primo cittadino, a causa dei processi iniziati dopo il sequestro del bancomat a favore della signora C. C. Ma nessuno si è preoccupato di vedere se dietro il palco allestito per spiegare che il candidato sindaco si batterà per la dignità femminile c’èra un servizio bancomat.
Ed ora veniamo a quanto è accaduto in questi giorni, a Milano. Anche qui c’è un candidato sindaco del Pd, uscito vincitore dalle primarie, il grande avvocato civile e penale G. P. che si dice cattolico o, almeno, di madre fervente cattolica. E’ illuminato, progressista, molto benestante. Ex parlamentare di Rifondazione comunista, ora è esponente di tutta la sinistra, essendo emerso vincitore delle primarie con l’appoggio di Niki Vendola, colui che a Milano le donne hanno omaggiato, perché portatore di rinnovamento, politico e morale. Lui è sceso in campo per battere il sindaco uscente di Milano Letizia Moratti, del Pdl, una donna da estirpare. Se non ché un’altra donna, amministratrice del Pat, il Pio Albergo Trivulzio, su indicazione del sindaco Moratti, ha sollevato la questione della regolarità della gestione del Pat. E sono emersi affitti di favore a personaggi influenti, alcuni del Pdl, ma altri no. Ed ecco che spunta, fra gli altri, il contratto di affitto del Pat a favore di C. S., giornalista di un grande giornale progressista e compagna del candidato sindaco G. P.. Il canone è di 570 euro mensili più 206 di spese per un appartamento di 118 metri quadri in Corso di Porta Romana, nel centro di Milano, meno di 5 euro al metro quadro di fitto.
L’aspirante sindaco ha confessato di avere commesso una leggerezza, quando, essendosi candidato, non ha chiesto alla compagna di lasciare l’alloggio del comune, di cui egli sarebbe diventato la guida. Trattandosi di un contratto di favore, l’incompatibilità doveva emergere, e lui ammette di non aver dato alla questione il dovuto peso. Però, aggiunge, di essere arrabbiato perché non tollera che colpiscano il suo affetto più grande per colpire lui. Ma forse si potrebbe chiedere a lei, C. S. perché non ha spontaneamente disdettato quel contratto, appena il suo compagno è diventato aspirante sindaco, al fine di evitargli questo singolare conflitto di interessi. E’ vero che, allora, nessuno conosceva questo contratto. Ma la questione c’era. Non credo che le donne progressiste sfileranno in questo caso con il cartello "Se non ora quando?". Piazza Castello può attendere.
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