Autore Topic: maremoto-terremoto in giappone  (Letto 5654 volte)

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #15 il: Marzo 13, 2011, 17:54:28 pm »
ma sai Animus non sono molto convinto della superiorità giapponese nel campo urbanistico prima del moderno sviluppo.
l'urbanistica italica era , nei secoli/millenni, passati di assoluta eccellenza .
tanto è vero che oggi  si visitano vestigia della magna grecia e di  roma imperiale, federiciane, comunali, rinascimentali. 
alcune opere ingegneristiche, come le vie o gli acquedotti, sono ancora funzionanti o comunque  i moderni hanno rimodernato i vecchi percorsi.
nulla di simile ed in misura tanto elevato si trova in giappone.

quando si costruisce , l'abilità è nella soluzione tecnica applicata al contesto ambientale.
nel senso che  l'eccellenza è costruire un edificio fatto per resistere ai disastri naturali della propria zona durando il più a lungo possibile.
per questo occorrono soluzioni tecniche , studi del territorio e bando alle speculazione( a Napoli spesso gli edifici che cadono sono costruiti su vecchie cave quindi pure speculazioni moderne, triste simile sorte per quella scuola molisana dove persero la vita tanti bimbi).

gli edifici storici pubblici e nobiliari dell'Italia   sono rimasti in piedi millenni assolvendo alla loro funzione.
poi se capita l'evento imprevedibile...
con un  esempio, se in sicilia costruisci tetti piatti atti a depositi per acqua ma poi ti  viene una nevicata da svezia e crolla.
non è che gli svedesi sono stati migliori a costruire i loro tetti. è semplicemente impevedibile un inverne svedese in sicilia.

il dramma ingegneristico italiano è l'assenza di una seria  politica urbanistica dopo il 1945 (il fascismo, per quanto fanatica ed irrispettosa delle persone, ne aveva una) e questa mania di sorvolare sulle regole tipicamente italiano.
i giapponesi moderni hanno fatto certamente meglio e l'hanno dimostrato.
poi chiaramento ogni periodo va paragonato con il suo corrispondente periodo nell'altro Paese, nel senso che non è possibile pretendere da un acquedotto dell'antica roma imperiale la stessa resistenza di un acquedotto moderno giapponese.
Scusa Brishma, ma questo non è un problema "nazionale" è una fatto che si spiega con diversi motivi. Primo c'è una differenza tra edilizia antica e quella moderna, e questo vale in tutti i paesi del mondo.
Secondo c'è una differenza, e c'è sempre stata, tra edilizia popolare ed edilizia di alto livello. Gli edifici pubblici e quelli destinati a un certo uso e quelli delle classi più elevate  sono sempre stati superiori a quelli popolari.
E poi c'è anche una vera e propria selezione storica tra gli edifici: noi oggi vediamo quelli che sono sopravvissuti negli anni e nei secoli, ma quanti sono caduti a terra e noi manco li conosciamo?

eh lo so...però fa tanto figo.
Appunto!

Offline ilvaccaro

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #16 il: Marzo 13, 2011, 23:16:14 pm »
:P

Giubizza, abbiamo visto tutti come si sono comportati i politicanti e, ahimè, molti cittadini in occasione del terremoto in Abruzzo.
Confronta le immagini di Sendai con quelle dell'Aquila...

Solo all'Aquila?...

Perché quello scandalo senza fine dell'irpina allora?

da wilkipedia:

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Terremoto dell'Irpinia La mappa dell'intensità della scossa delle 19:34
La mappa dell'intensità della scossa delle 19:34
Data    23 novembre 1980
Ora    19:34:52
Magnitudo Richter    6,5
Magnitudo momento    6,89 ±0,04
Profondità    30 km
Epicentro    Tra Teora, Castelnuovo di Conza e Conza della Campania
40°51′0″N 15°16′47″E / 40.85°N 15.27972°E / 40.85; 15.27972
Nazioni colpite  Italia
Intensità Mercalli
Vittime    2.914

Viene definito terremoto dell'Irpinia (o terremoto del 1980) il sisma che si verificò il 23 novembre 1980 e colpì la Campania centrale e la Basilicata centro-settentrionale. Caratterizzato da una magnitudo  di circa 6,9,] con epicentro tra i comuni di Teora, Castelnuovo di Conza, e Conza della Campania, causò circa 280.000 sfollati, 8.848 feriti e 2.914 morti.


 La scossa


Il terremoto colpì alle 19:34[5] di domenica 23 novembre 1980: una forte scossa di magnitudo 6,5 sulla scala Richter, della durata di circa 90 secondi[6] con un ipocentro di circa 30 km di profondità[7] colpì un'area che si estendeva dall'Irpinia al Vulture, posta a cavallo delle province di Avellino, Salerno e Potenza. Tra i comuni più duramente colpiti vi furono quelli di Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Torella dei Lombardi, Conza della Campania, Teora, Laviano, Calabritto, Senerchia e altri paesi limitrofi.[8] Gli effetti, tuttavia, si estesero ad una zona molto più vasta interessando praticamente tutta l'area centro meridionale della penisola: molte lesioni e crolli avvennero anche a Napoli interessando molti edifici fatiscenti o lesionati da tempo e vecchie abitazioni in tufo; a Poggioreale crollò un palazzo in via Stadera, probabilmente a causa di difetti di costruzione, causando 52 morti.[9] Crolli e devastazioni avvennero anche in altre province campane e nel potentino,[10] come a Balvano dove il crollo della chiesa di S. Maria Assunta causò la morte di 77 persone, di cui 66 bambini e adolescenti che stavano partecipando alla messa.[11]
La distruzione subita dalla città di Teora

I resoconti dell'Ufficio del Commissario Straordinario hanno quantificato i danni al patrimonio edilizio. È risultato che dei 679 comuni che costituiscono le otto province interessate globalmente dal sisma (Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Napoli, Potenza, Salerno e Foggia), 506 (il 74%) sono stati danneggiati.

Le tre province maggiormente sinistrate sono state quelle di Avellino (103 comuni), Salerno (66) e Potenza (45). Trentasei comuni della fascia epicentrale hanno avuto circa 20.000 alloggi distrutti o irrecuperabili. In 244 comuni (non epicentrali) delle province di Avellino, Benevento, Caserta, Matera, Foggia, Napoli, Potenza e Salerno, altri 50.000 alloggi hanno subito danni da gravissimi a medio-gravi. Ulteriori 30.000 alloggi lo sono stati in maniera lieve.[12][13]

L'entità drammatica del sisma non venne valutata subito; i primi telegiornali parlarono di una «scossa di terremoto in Campania» dato che l'interruzione totale delle telecomunicazioni aveva impedito di lanciare l'allarme. Soltanto a notte inoltrata si cominciò ad evidenziarne la più vasta entità. Da una prospezione effettuata nella mattinata del 24 novembre tramite un elicottero vennero rilevate le reali dimensioni del disastro. Uno dopo l'altro si aggiungevano i nomi dei comuni colpiti; interi nuclei urbani risultavano cancellati, decine e decine di altri erano stati duramente danneggiati.

Nei tre giorni successivi al sisma, quotidiano Il Mattino di Napoli andò enfatizzando la descrizione della catastrofe. Il 24 novembre il giornale titolò «Un minuto di terrore - I morti sono centinaia», in quanto non si avevano notizie precise dalla zona colpita, ma si era a conoscenza del crollo di via Stadera a Napoli. Il 25 novembre, appresa la vastità e gravità del sisma, si passò a «I morti sono migliaia - 100.000 i senzatetto», fino al titolo drammatico del 26 novembre «Cresce in maniera catastrofica il numero dei morti (sono 10.000?) e dei rimasti senza tetto (250.000?) - FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla»[14]. La cifra dei morti, approssimativa per eccesso soprattutto a causa dei gravi problemi di comunicazione e ricognizione, fu poi ridimensionata fino a quella ufficiale, ma la cifra dei senzatetto non è mai stata valutata con precisione.

 I mancati soccorsi
   « Non vi sono stati i soccorsi immediati che avrebbero dovuto esserci. Ancora dalle macerie si levavano gemiti, grida di disperazione di sepolti vivi »
   
(Sandro Pertini, edizione straordinaria Tg2, 27 novembre 1980)
Il presidente della Repubblica Pertini e il presidente del Consiglio Forlani in visita nelle zone colpite dal sisma

Al di là del patrimonio edilizio, già fatiscente a causa dei terremoti del 1930 e 1962, un altro elemento che aggravò gli effetti della scossa fu il ritardo dei soccorsi. I motivi principali furono due: la difficoltà di accesso dei mezzi di soccorso nelle zone dell'entroterra, dovuta al cattivo stato della maggior parte delle infrastrutture, e la mancanza di un'organizzazione come la Protezione Civile che fosse capace di coordinare risorse e mezzi in maniera tempestiva e ottimale. Il primo a far presente questa grave mancanza fu il presidente della Repubblica Sandro Pertini. Il 25 novembre, nonostante il parere contrario del presidente del Consiglio Forlani e altri ministri e consiglieri,[15] Pertini si reca in elicottero sui luoghi della tragedia, ritrovando l'allora Ministro degli Esteri, il potentino Emilio Colombo.

Di ritorno dall'Irpinia, in un discorso in tv rivolto agli italiani, Pertini denunciò con forza il ritardo e le inadempienze dei soccorsi, che arriveranno in tutte le zone colpite solo dopo cinque giorni.[16] Le dure parole del presidente della Repubblica causano l'immediata rimozione del prefetto di Avellino Attilio Lobefalo, e le dimissioni del Ministro dell'Interno Virginio Rognoni.

[modifica] La ricostruzione

A Laviano, paese in cui i morti per il sisma furono un quinto della popolazione (300 deceduti su 1500 abitanti), le prime case in legno (una ventina) con servizi compresi arrivarono già nel febbraio 1981. Il 25 aprile 1981, a 122 giorni dal terremoto, gli alloggi in legno tipo chalet realizzati dal gruppo Rubner - che si insediò nel 1990 in Irpinia con uno stabilimento di produzione a Calitri[19][20] - diventano 150, per un totale di 450 persone ricoverate.[21]

La ricostruzione fu, però, anche uno dei peggiori esempi di speculazione su di una tragedia.[6][22] Infatti, come testimonia tutta una serie di inchieste della magistratura, per le quali sono state coniate espressioni come Irpiniagate, Terremotopoli o il terremoto infinito,[23] durante gli anni si sono inseriti interessi loschi che hanno dirottato i fondi verso aree che non ne avevano diritto, moltiplicando il numero dei comuni colpiti: 36 paesi in un primo momento, che diventano 280 in seguito a un decreto dell'allora presidente del Consiglio Arnaldo Forlani nel maggio 1981,[24] fino a raggiungere la cifra finale di 687[25], ossia l'8,5% del totale dei comuni italiani.

Più di 70 centri sono stati integralmente distrutti o seriamente danneggiati e oltre 200 hanno avuti consistenti danni al patrimonio edilizio. Centinaia di opifici produttivi e artigianali sono stati cancellati con perdita di migliaia di posti di lavoro e danni patrimoniali per decine di migliaia di miliardi.[26]

Il numero dei comuni colpiti, però, è stato alterato per losche manovre politiche e camorristiche lievitando nel corso degli anni. Alle aree colpite, infatti, venivano destinati numerosi contributi pubblici (stime del 2000 parlano di 58.640 miliardi nel corso degli anni),[24] ed era interesse dei politici locali far sì che i territori amministrati venissero inclusi in quest'area. La ricostruzione, nonostante l'ingente quantità di denaro pubblico versato, è stata per decenni incompleta. A Torre Annunziata esistono due quartieri, Penniniello e il Quadrilatero delle Carceri, distrutti dal terremoto del 1980, ma malgrado le ingenti somme di denaro che si continuano a stanziare – 10 milioni di euro per il primo nel 2007,[6] 1,5 milioni di euro per il secondo nel 2009[27] – ancora non è stata completata la loro ricostruzione. Questi quartieri oggi sono diventati la principale roccaforte della camorra (il Quadrilatero delle Carceri è ancora oggi il quartier generale del clan Gionta) ed una delle più agguerrite piazze di spaccio della regione Campania.[28]
[modifica] I contributi per il rilancio economico

Sul modello del terremoto del Friuli, la ricostruzione anche in Irpinia venne incentrata sul rilancio industriale. Tuttavia, il territorio non presentava caratteristiche industriali già da prima del sisma, e la pioggia di contributi costituì una tentazione invincibile per parecchi. Il meccanismo di captazione dei fondi pubblici prevedeva la costituzione di imprese, che fallivano non appena intascati i contributi. I finanziamenti arrivarono talmente concentrati da non riuscire ad essere spesi. In sette anni, 26 banche cooperative aprirono gli sportelli nella zona terremotata (9 nella sola provincia di Avellino), arrivando a fare prestiti alle imprese del Nord Italia.


Per rilanciare 20 zone industriali tra Campania e Basilicata vennero stanziati 7.762 miliardi di lire (circa 8 miliardi di € del 2010). Il costo finale fu 12 volte superiore al previsto in provincia di Avellino e 17 volte in provincia di Salerno. Secondo la relazione finale della Corte dei Conti,[30] i costi per le infrastrutture crebbero fino a punte «di circa 27 volte rispetto a quelli previsti nelle convenzioni originarie». Il 48,5% delle concessioni industriali (146 casi) venne revocato. La Corte dei Conti accusa «la superficialità degli accertamenti e l’assenza di idonee verifiche», approvate senza «adeguatamente ponderare situazioni imprenditoriali già fragili e già originariamente minate per scarsa professionalità o nelle quali la sopravvalutazione dell’investimento, in relazione alle capacità imprenditoriali, ha portato al fallimento dell’iniziativa». Nel 2000, 76 aziende risultavano già fallite, ma solo una piccola parte dei contributi (il 21% nella provincia di Salerno) era stato recuperato.[29]

Il dopo-sisma
   « L'uso di 50-60mila miliardi stanziati per l'Irpinia rimase un porto nelle nebbie »
   
(Indro Montanelli in Le stanze, BUR, 2004)

La prima stima dei danni del terremoto, che venne fatta nel 1981 dall'ufficio dello Stato (organo speciale atto a coordinare le operazioni di calcolo dei danni per conto della presidenza del Consiglio), parlava di circa 8.000 miliardi di lire.[31] La stessa cifra è cresciuta in maniera esponenziale, fino a superare quota 60.000 miliardi di lire nel 2000,[32] e 32 miliardi di euro nel 2008.[33] Attualizzandola al 2010, secondo Sergio Rizzo la stima supererebbe i 66 miliardi di euro.[29]
[modifica] La Commissione Scalfaro
Oscar Luigi Scalfaro

Il 7 aprile 1989, con la Legge n.128, Oscar Luigi Scalfaro viene messo a capo della Commissione parlamentare d'inchiesta sull'attuazione degli interventi per la ricostruzione e lo sviluppo dei territori colpiti dai terremoti del novembre 1980 e del febbraio 1981 della Campania e della Basilicata:[34] è un organismo bicamerale con gli stessi poteri della magistratura, costituito da venti deputati e altrettanti senatori con il compito di accertare quanto realmente lo Stato avesse speso, sino a quel momento, per la ricostruzione delle aree terremotate.[35] Nella "relazione conclusiva" che verrà stilata, la somma totale dei fondi stanziati dal Governo italiano raggiungerà la cifra di 50.620 miliardi di lire, così suddivisi: 4.684 per affrontare i giorni dell'emergenza; 18.000 per la ricostruzione dell'edilizia privata e pubblica; 2.043 per gli interventi di competenza regionale; 8.000 per la ricostruzione degli stabilimenti produttivi e per lo sviluppo industriale; 15.000 per il programma abitativo del comune di Napoli, e le relative infrastrutture; 2.500 per le attività delle amministrazioni dello Stato; 393 residui passivi.[36]
[modifica] Le inchieste successive
L'on. Ciriaco de Mita

Circa l'inchiesta del filone Mani Pulite denominata "Mani sul terremoto", di cui scrive Panorama nel 1992, Daniele Martini racconta: «in Irpinia la Guardia di Finanza scoprì fienili trasformati in piscine olimpiche mai ultimate, o in ville. Individuò finanziamenti indirizzati a imprenditori plurifalliti e orologi con brillanti regalati con grande prodigalità ai collaudatori dello Stato».[37] Nel marzo del 1987 alcuni giornali, tra cui l'Unità e L'Espresso, rivelarono che le fortune della Banca Popolare dell'Irpinia erano strettamente legate ai fondi per la ricostruzione dopo il terremoto in Irpinia del 1980.[38] Tra i soci che traevano profitto dalla situazione c'era la famiglia di De Mita con Ciriaco proprietario di un cospicuo pacchetto di azioni che si erano rivalutate grazie al terremoto. I titoli erano posseduti anche da altri parenti. Seguì un lungo processo che si concluse nell'ottobre del 1988 con la sentenza: «Secondo i giudici del tribunale romano chiamato a giudicare sulla controversia, era giusto scrivere che i fondi del terremoto transitavano nella banca di Avellino e che la Popolare è una banca della Dc demitiana». Appresa la sentenza, l'Unità pubblicò il 3 dicembre un articolo in prima pagina dal titolo eloquente: «De Mita si è arricchito con il terremoto».[37] Nell'inchiesta Mani sul terremoto saranno coinvolte 87 persone tra cui l'on. Ciriaco de Mita, l'on. Paolo Cirino Pomicino, il sen. Salverino De Vito, l'on. Vincenzo Scotti, l'on. Antonio Gava, l'on. Antonio Fantini, l'on. Francesco De Lorenzo, l'on. Giulio Di Donato e il commissario on. Giuseppe Zamberletti.[39] Sul coinvolgimento di politici e di vari amministratori si sono levate numerose denunce e promosse alcune inchieste che hanno portato a diversi arresti.[40][41][42][43]
[modifica] Il sisma in cifre

    * Regioni colpite: 3 (Campania, Basilicata e Puglia).
    * Comuni colpiti: 687 (542 in Campania, 131 in Basilicata e 14 in Puglia). Di questi circa 70 «disastrati» e circa 200 «danneggiati».[26] In totale, l'8.5% per cento degli 8086 comuni italiani.[44]
    * Superficie colpita: 17.000 km².[45]
    * Popolazione coinvolta: 6 milioni di abitanti.[46]
    * Abitazioni distrutte o danneggiate dal sisma: 362.000.[37]
    * Contributi pubblici dello Stato italiano, secondo la Commissione parlamentare d'inchiesta (prima dell'approvazione della legge finanziaria 1991): 50.902 miliardi di lire (circa 26 miliardi di euro).[47]
    * Contributi pubblici dello Stato italiano, all'anno 2008: 32.363.593.779 €, attualizzabili a circa 66 miliardi di euro al valore del 2010[48]
    * La finanziaria 2007 prevede un contributo quindicennale di 3,5 milioni di euro per la ricostruzione.[49]
    * In Italia è ancora oggi in vigore un'accisa di 75 lire (4 centesimi di euro) su ogni litro di carburante acquistato, imposta dallo Stato per il finanziamento del terremoto in Irpinia

...


E da notare che il terremoto in Giappone, oltre ad essere stato seguito a distanza di pochi minuti da un maremoto devastante era già di per se stesso parecchio più potente di qualsiasi  terremoto che abbia mai colpito l'Italia, oltre ad aver interessato un'area tra le più densamente popolate ed urbanizzate del pianeta.


Ma a quanto pare bisogna essere campanilisti e nazionalisti anche quando ci sarebbe solo da scavarci una buca ed andarci a nascondere dove non ci vede nessuno.


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Offline ilvaccaro

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #17 il: Marzo 13, 2011, 23:29:07 pm »
Ho visto alcune interviste ad esperti del CNT.
Non sarebbe rimasto in piedi nulla, eccetto forse alcuni bastioni e contrafforti a sezione tronco-conica di elevatissimo spessore e di altezza limitata.
E quindi sarebbe crollato anche  il parlamento  ^_^

Beh! Ma allora senza il parlamento l'Italia si sarebbe ripresa molto in più fretta.
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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #18 il: Marzo 14, 2011, 18:37:08 pm »
I PIU’ DISTRUTTIVI

1) 1556, 23 gennaio: Shaanxi (Shensi, Cina), magnitudo 8 – 870.000 morti.

2) 1976, 27 guglio: Tangshan (Cina), magnitudo 7.5 – 255.000 morti.

3) 1138, 9 agosto: Aleppo (Siria), magnitudo sconosciuta – 230.000 morti.

4) 2004, 26 gennaio: Sumatra, magnitudo 9.1 – 228.000 morti.

5) 2010, 1 dicembre: Haiti, magnitudo 7.0 – 222.570 morti.

6) 856, 22 dicembre: Iran, magnitudo sconosciuta – 200.000 morti.

7) 1920, 16 dicembre: Haiyuan, Ningxia (Ning-Hsia, cina), magnitudo 7.8 – 200.000 morti.

8) 893, 23 Marzo: Iran, magnitudo sconosciuta – 150.000 morti.

9) 1923, 1 Settembre: Kanto (Giappone), magnitudo 7.9 – 142.800 morti.

10) 1948, 5 Ottobre: turkmenistan, magnitudo 7.3 – 110.000 morti.[/i]
Ma come poteva un terremoto prima dell'era moderna fare centinaia di migliaia di vittime se vivevano quasi tutti nelle campagne? :huh:

Offline Red-

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #19 il: Marzo 14, 2011, 23:03:48 pm »
Vedetela come nota a piè di pagina: la tragedia che sta avvenendo in Libia è forse uguale se non peggio di quella che è avvenuta in Giappone.
"La realtà risulta spesso più stupefacente della fantasia. A patto di volerla vedere."

Offline jorek

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #20 il: Marzo 14, 2011, 23:23:51 pm »
Ma come poteva un terremoto prima dell'era moderna fare centinaia di migliaia di vittime se vivevano quasi tutti nelle campagne? :huh:


ma sapevano una sega loro giubizza...sai a proposito dei numeri quante cazzate dicono i documenti?!

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #21 il: Marzo 15, 2011, 09:17:14 am »

ma sapevano una sega loro giubizza...sai a proposito dei numeri quante cazzate dicono i documenti?!
Ah, ecco!

Online KasparHauser

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #22 il: Marzo 16, 2011, 13:37:50 pm »
Anche in questi drammatici momenti il Giappone non rinuncia alla sua fama di nazione maschilista: tra le 50 persone che in queste ore mettono a rischio la loro vita per arginare il disastro nucleare non ci sono quote rosa, nessuna donna fa parte del gruppo.

Online Massimo

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #23 il: Marzo 16, 2011, 15:03:35 pm »
Perchè? Nell'Occidente femminista e nei Paesi scandinavi, quando c'è da rischiare
DAVVERO la pelle per salvare la vita degli altri troviamo forse delle donne tra i
soccorritori? E vediamo forse delle donne rischiare la pelle per salvare gli uomini?
Sveglia, Kasparhauser, non occorre essere maschilisti per salvare la vita altrui.
Diciamo che aiuta molto, ma non è necessario. E' sufficiente essere maschi. Basta
e avanza. Purtroppo o per fortuna. Per le donne è sicuramente una fortuna.

Online KasparHauser

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #24 il: Marzo 16, 2011, 15:07:58 pm »
Il mio era un intervento sarcastico, malriuscito a quanto pare.

Online Massimo

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Re: maremoto-terremoto in giappone
« Risposta #25 il: Marzo 16, 2011, 20:26:30 pm »
La mia voleva essere soltanto una replica benevola ed ironica: altrettanto poco
riuscita a quanto si constata.