http://www.annalisachirico.com/?p=1864Da TheFrontpage
In occasione della giornata nazionale contro la pedofilia il sociologo Antonio Marziale, presidente dell’Osservatorio sui diritti dei minori, anche noto come il “giustiziere della tv italiana”, ha così sentenziato: “Chi consuma immagini pedopornografiche si rende moralmente complice di quanti abusano sessualmente dei bambini”. Marziale fa dunque un’equiparazione tra chi guarda materiale pornografico che coinvolge minori e chi commette violenze sessuali sui bambini. Il discorso, secondo me, non fila.
In Italia il mero possesso di materiale pedopornografico è severamente vietato dalla legge. Qual è stato il risultato? Che come sulle droghe, per esempio, il proibizionismo ha di fatto alimentato un mercato condannandolo alla clandestinità (e, dunque, all’assenza di regole). La questione centrale, però, è un’altra: in una società libera può costituire reato la mera detenzione di materiale pedopornografico? Marziale risponde di sì. Io non sono d’accordo.
Già in una lettera a Libero nel 2002 il deputato radicale Maurizio Turco e l’allora radicale Daniele Capezzone spiegavano che “la criminalizzazione di un orientamento sessuale in quanto tale, di un modo di essere, di uno stato” contrasta con i principi della civiltà giuridica liberale. Il reato esiste se c’è una vittima, se a qualcuno viene procurato un danno. Va da sé che chi fa sesso con un’altra persona senza il suo consenso (minore o maggiore che sia!) oppure commette altre forme di violenza, è un criminale e va punito. Chi invece guarda un video pornografico raffigurante minori, non reca danno a nessuno. Ciò è difficilmente contestabile.
Capisco che si tratta di un tema delicato, che inevitabilmente tocca e com-muove, nel senso che sveglia la nostra emotività. Tuttavia, non possiamo non renderci conto che la vittima non c’è. E che per le stesse ragioni per cui il “reato” di immigrazione clandestina è un falso giuridico, ugualmente il reato di pedopornografia non esiste. Va pure precisato, a margine, che non sempre il materiale pedopornografico ritrae violenze sessuali. Il fatto che il soggetto abbia meno di diciotto anni, non implica che manchi il suo consenso. Quando il consenso manca, c’è il reato. Senza se e senza ma.
Sia chiaro: sul piano morale la condanna nei confronti di chi consuma materiale di questo tipo può essere durissima. I cittadini possono organizzarsi in comitati per il boicottaggio dei video. Marziale e la sua squadra possono promuovere tutti i convegni che desiderano, ma una legge dello Stato non dovrebbe costruirci sopra un reato. In Italia, invece, è proprio reato, sebbene i dati forniti dal Censis dicano che il 90% delle violenze sessuali si consuma all’interno delle famiglie; l’8% degli abusi proviene dalle cosiddette figure di riferimento (l’insegnante o il prete dell’oratorio…) e il restante 2% da persone sconosciute. Allora, chi ha a cuore il bene dei bambini e vuole proteggerli dalle mani invadenti di un adulto, non dovrebbe concentrarsi sul contesto familiare piuttosto che su quel due percento?
Ecco un bel provvedimento da spot elettorale. “Noi difendiamo i bambini. La pedopornografia è reato. Mobilitiamoci contro il turpe mercato”. Peccato che il mercato non c’entri nulla. Che il consumatore sia un capro espiatorio. E che i bambini, quelli abusati, restino da soli. All’ombra di una gigantesca ipocrisia.