Autore Topic: Attenti che l'euro è una bomba a grappolo,bisogna proteggersi  (Letto 879 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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L'Europa Continua a Dimostrare di Non Avere Risposte
Bill Mitchell  riprende la questione Grecia, dal suo  interessante punto di vista

La scorsa settimana, la rivista tedesca Der Spiegel se ne è uscita con l'articolo (6 maggio 2011) - La Grecia Considera l'Uscita dall'Euro - Se la storia fosse vera, significherebbe che forse la leadership greca è finalmente ritornata alla ragione. La realtà è che i padroni dell'UEM hanno rimandato ancora una volta il giorno del giudizio, e dato un temporaneo sollievo ad un'economia che continua a peggiorare. Tutti sanno qual è il problema - l'UEM non funziona e senza un meccanismo di redistribuzione fiscale federale non sarà mai in grado di creare prosperità. Ogni volta che uno shock asimmetrico da domanda colpisce la zona euro, le nazioni più deboli sono destinate a fallire. Cercare di imporre equilibrio fiscale e austerità nel sistema monetario dell'UEM non fa che peggiorare le cose. La Grecia deve assolutamente lasciare la zona euro. La vita sarà difficile, ma poi i meccanismi di aggiustamento che sarebbero a disposizione del governo (tasso di cambio fluttuante e monopolio della valuta) sarebbero più a misura d'uomo (in grado di aumentare i posti di lavoro e il reddito) rispetto al modo in cui si sta gestendo adesso il problema (svalutazione interna e contrazione della domanda ). L'Europa continua a dimostrare che non ha risposte.


L'articolo di Spiegel dichiara che "la crisi del debito in Grecia ha assunto una nuova svolta drammatica" e che "alcune fonti", hanno detto al giornalista che il governo greco sta pensando di lasciare la zona euro e reintrodurre la propria moneta. Questo è successo la scorsa settimana, prima di una riunione dei Ministri delle Finanze dell'UEM.

I problemi economici in Grecia stanno diventando sempre più "enormi" e cresce il disordine con "proteste contro il governo quasi quotidiane".


L'articolo ha affermato che il “meeting sulla crisi" lo scorso venerdì sera era una "allarmata" risposta alle "intenzioni di Atene", anche se, leggendo le notizie al termine della riunione, questo non è venuto fuori.

L'articolo di Spiegel riporta che un documento riservato del Ministro delle Finanze tedesco sostiene che una nuova moneta greca dovrebbe subito svalutare del 50 per cento sull'euro, e questo porterebbe alle stelle il debito greco denominato in euro.

In altre parole: la Grecia andrebbe in bancarotta.


Non nella sua nuova valuta. Lasciando la UEM dichiarerebbe fallimento in termini di Euro, ma potrebbe rinegoziare tutti i prestiti nella nuova valuta ed essere pienamente solvente.

Questa è la natura della sovranità monetaria - un governo non può mai andare in bancarotta se tutte le passività sono denominate nella sua valuta.

Secondo Spiegel il Report segreto affermava inoltre che se la Grecia uscisse "gli investitori internazionali prenderebbero in considerazione la possibilità che anche altri membri della zona euro potrebbero ritirarsi in futuro". Sì, tutti uscirebbero - Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna - e poi il sistema crollerebbe.

La relazione rileva inoltre che la BCE dovrebbe svalutare i titoli di stato greci in suo possesso, e "la Germania subirebbe la maggior parte delle perdite", data la sua quota nel capitale della BCE.

L' economista tedesco neo-liberista, Hans Werner Sinn, favorisce un ritiro della grecia. In questo articolo del 7 maggio 2011 - Top-Ökonom sieht in Euro-Aus für Griechenland kleineres Übel – egli sostiene:

“Se la Grecia dovesse lasciare la zona euro, potrebbe svalutare e diventare competitiva. Ma naturalmente ci sarebbe una immediata corsa agli sportelli. Se d'altra parte la Grecia subisse una cosiddetta svalutazione interna nella misura richiesta dall'eurozona del 20-30% , tagliando salari e prezzi, allora cadrebbe sull'orlo di una guerra civile.”

A mio avviso, provvdimenti anti-sociali come quelli contenuti nel progetto della zona euro non possono reprimere il dissenso. Come la gente si rende conto che il sistema monetario dell'euro è così anti-popolare e rigido su regole senza senso (tranne quando a violarle sono la Germania e la Francia), si avranno dei cambiamenti politici.

Ma il resto della stampa non ha parlato di una uscita della Grecia.

The Guardian ha commentato la riunione segreta dei Ministri delle finanze dell'UE in questo articolo (9 maggio 2011) - Greece will crash, so build up the buffers. Commentando il piano di salvataggio per la Grecia dello scorso anno di 110 miliardi di €, e il fatto che la Grecia non ha tuttavia "raggiunto" i suoi obiettivi di riduzione del disavanzo, ha dichiarato:


“L'ovvia conclusione è che il bailout non funziona e che il debito della Grecia, che si prevede salirà al 160% del PIL, è troppo alto per consentire all'economia del paese di recuperare. I leaders della zona euro dovrebbero smettere di fingere di credere che più tagli di bilancio e più privatizzazioni di beni dello Stato alla fine aggiusteranno i conti. Essi dovrebbero invece iniziare a parlare di come ridurre i debiti della Grecia e a pensare a come contenere il danno alle banche della zona euro che detengono titoli greci.”

Ma non sono i debiti che stanno rendendo difficile alla Grecia la ripresa. E' il fatto che il governo greco ha accettato un approccio di austerità fiscale che ferma la crescita dell'economia.

La crescita è necessaria per (a) ridurre il deficit, e (b) iniziare a ridurre il rapporto debito pubblico/Pil.

Senza crescita, non c'è da meravigliarsi se il paese manca i suoi obiettivi di austerità. Deve essere svelata la realtà al governo greco, che nonostante l'opposta retorica degli Euro-conservatori, il risultato di bilancio non è qualcosa che un governo nazionale è in grado di controllare indipendentemente dal fatto se emette una propria moneta o meno.

Il Guardian conclude che "il mercato considera un default greco alla fine come inevitabile" e che i politici UEM finalmente la smetteranno con i salvataggi.

L'autore dice che la questione politica urgente è quella di garantire che le banche della zona euro non soffrano di quando sta accadendo. Questa è la motivazione principale dei padroni dell'UEM. L'unico motivo per cui sono pronti a mantenere la Grecia all'interno dell'UEM e tenerla fuori da un default formale è che le grandi banche francesi e tedesche andrebbero in fiamme, data la loro esposizione debitoria verso la Grecia.


Lo stesso giorno (9 maggio 2011), Larry Elliot scrive sul Guardian UK - Greek crisis lets Osborne peddle myths. Elliot dice che la "riunione segreta che ha coinvolto i Ministri delle finanze di un gruppo selezionato di paesi della zona euro", durante il fine settimana non ha considerato il ritiro della Grecia dalla UEM. Si è parlato invece di "alleggerire i termini di rimborso sui prestiti, con un secondo salvataggio e la ristrutturazione del debito".

La parte più rilevante di questo articolo è il paragone tra il Regno Unito e la Grecia. Elliot dice:

“La Gran Bretagna assomiglia alla Grecia per il fatto che la crescita lenta sta rendendo sempre più difficile ridimensionare il debito. Per tutti gli altri aspetti, il confronto non è verosimile, non ultimo perché il Regno Unito è al di fuori della zona euro e ha quindi il vantaggio di un tasso di cambio fluttuante.”


In primo luogo, tutte le economie nazionali - che i loro governi siano sovrani nella propria valuta o no - operano in modo simile, prendendo in considerazione la risposta della produzione alla domanda aggregata (la spesa). La crescita della produzione e dell'occupazione arriva in risposta alla spesa. Se si taglia la spesa si taglia la crescita.

La spesa può venire dal settore privato (consumi e investimenti), dal settore estero (esportazioni nette) o dal settore pubblico.

Il tasso di cambio fluttuante è una parte cruciale della differenza tra la Grecia e il Regno Unito. Ma un'altra differenza fondamentale è che il Regno Unito emette la propria valuta, mentre la Grecia è costretta ad utilizzare una valuta estera. Per essere pienamente sovrano nella propria valuta un governo deve avere il monopolio dell'emissione e deve lasciarla fluttuare liberamente sui mercati dei cambi.

Quest'ultimo requisito libera la politica interna dal dover difendere il tasso di cambio. In regime di cambi fissi, la politica monetaria è legata al mantenimento della parità (comprando e vendendo valuta locale nei mercati dei cambi per evitare che si verifichino eccessi di offerta o di domanda). La politica di bilancio in quel caso non può spingere l'economia interna se il settore estero è in deficit. Questo perché la politica monetaria dovrebbe continuamente contrarre la domanda interna (acquistando valuta e sottraendola all'economia e spingendo in alto i tassi d'interesse).

Il Regno Unito non sarà mai come la Grecia, se mantiene la sua sovranità monetaria.

Ma questo non vuol dire che la strategia di austerità potrà funzionerà per i britannici, così come non funziona per la Grecia. Il punto è che la Gran Bretagna non ha la necessità di imporre tale austerità. Un disavanzo eccessivo e un aumento del debito pubblico è un falso problema - non ha alcuna importanza per una nazione pienamente sovrana come la Gran Bretagna.

Il deficit è un problema in Grecia, solo sinché deve essere finanziato attraverso i mercati privati (a parte il salvataggio della zona euro, che ha effettivamente mandato in corto circuito la dipendenza del governo greco dai mercati, anche se solo per quel tanto che dura e sin quando la BCE continua ad acquistare obbligazioni greche sui mercati secondari).

Il che mi porta ad un articolo di oggi (13 maggio 2011) - Every euro-zone crisis is different - scritto da Daniel Gros, direttore del Centre for European Policy Studies, dottorato in Economics a Chicago, che fa un lungo giro per spiegare il suo punto di vista. Il CEPS è fondamentalmente neo-liberista nelle sue previsioni.


L'articolo è tratto da questo testo - Sovereign Debt vs Foreign Debt in the Eurozone.

Gros sostiene che:

“La crisi attuale della zona euro è conosciuta in tutto il mondo come la "crisi del debito sovrano in euro". Ma si tratta in realtà di una crisi del debito estero, non del debito sovrano”.
Egli cita l'esempio del Portogallo che ha rapporti di debito pubblico e disavanzo sul PIL simili alla Francia, ma un elevato debito estero del settore privato (banche e imprese). Egli sostiene che questo è il motivo per cui il "premio al rischio sul debito pubblico è cresciuto costantemente”. Si tratta di un argomento strano e poco convincente.

L'esposizione del settore privato verso l'estero espone chiaramente il Portogallo al rischio di credito (rischio di default). Ma non è un rischio di default del debito sovrano. Il governo del Portogallo ha un rischio di insolvenza in virtù del modello intrinseco del sistema monetario. Tutto il debito è effettivamente estero per il paese, perché utilizza una valuta estera - l'Euro.


Gros va avanti a dire che l'Italia e il Belgio non sono attaccati dai mercati obbligazionari quanto il Portogallo, perché "entrambi hanno un bassissimo debito estero".

La mia osservazione regge - tutte le nazioni UEM hanno un debito in valuta estera dal punto di vista del governo nazionale. Il più probabile motivo per cui l'Italia e il Belgio sono meno sotto attacco da parte dei mercati obbligazionari al momento è perché sono paesi molto grandi e i traders sanno che la BCE/UE non li lascerebbe andare in default.


Gros suggerisce che i mercati si stanno concentrando sul debito estero in quanto:

“... In una crisi, il debito privato tende a diventare debito pubblico. I mercati finanziari per questo guardano all'indebitamento complessivo di un paese. Ma una questione importante è con chi si è indebitati.”

Ma se gli Stati Uniti assorbono dei debiti privati i mercati obbligazionari sanno che non c'è alcun rischio di default, perché il governo degli Stati Uniti emette i dollari. Invece i mercati sanno anche che se un governo nazionale dell'Unione economica e monetaria è così stupido da prendere in carico del debito privato, la situazione non è meno priva di rischi rispetto a quando era il settore privato ad avere i debiti.


Egli, giustamente, porta avanti il fatto che "gli Stati della zona euro mantengono i loro pieni poteri di tassazione" e dice che i mercati sono consapevoli che un governo può sempre rimborsare il suo "debito interno", aumentando le tasse. Fa un passo avanti e dice:
“Ma il punto chiave resta: finché un governo conserva il pieno potere impositivo, può sempre sostenere il servizio del suo debito interno, anche senza la possibilità di stampare denaro. Ma non è così se il debito è dovuto a stranieri, perché il governo non può tassarli.”

In primo luogo, il debito estero denominato in valuta è un problema per qualsiasi governo - che abbia una propria moneta o meno. Per una nazione pienamente sovrana (come Regno Unito, Stati Uniti, Australia), avere un debito in valuta estera ne compromette immediatamente la sovranità e comporta il rischio di default. La nazione ha la necessità di procurarsi valuta estera sufficiente (valuta in cui è denominato il debito) tramite esportazioni nette. Se non può farlo, allora il debito diventa problematico.


In secondo luogo, avere la sovranità in materia fiscale è solo una condizione necessaria per poter ottenere entrate sufficienti a coprire le spese. La base imponibile deve essere adeguata e sufficiente. Il problema è che i problemi per le nazioni UEM sono arrivati in un momento in cui la base imponibile è drasticamente ridotta.

In terzo luogo, cercare di sfruttare una base fiscale "declinante" in un periodo di recessione è pro-ciclico, ed è possibile che riduca ancor più le entrate fiscali, come l'economia si contrae.
Quarto, non avere la "possibilità di stampare moneta" - modo grezzo in cui Gros esprime la sovranità di emissione della moneta (notare che i governi non "stampano moneta" quando spendono) - è la ragione fondamentale per cui le nazioni della zona euro si trovano ad affrontare il default del debito. Che è, in ultima analisi, il motivo per cui hanno bisogno di ottenere i "finanziamenti" in ogni modo.

Gros, abbastanza stranamente, dice che se è "il debito estero che costituisce il problema di fondo per un paese sovrano con problemi di solvibilità":
“... il risanamento dei conti pubblici è necessario ma non sufficiente per sfuggire a una crisi del debito. Promuovere il risparmio interno, e far sì che i cittadini acquistino i buoni del loro stesso governo, invece di tenere i loro soldi all'estero, è altrettanto importante.”

E così egli continua a ignorare la questione principale. Il risanamento dei conti pubblici è prociclico e peggiora il problema. E' un obbligo per i paesi che hanno rinunciato alla loro sovranità monetaria. I paesi UEM non sono "sovrani con problemi di solvibilità" - piuttosto sono come gli stati in un sistema federale – un sistema però curioso che rifugge da aggiustamenti di bilancio "a livello federale" per superare gli shock asimmetrici da domanda. Cioè, non sono sovrani in nessun senso.
Un governo può favorire il risparmio nazionale soltanto se si prevede una crescita del reddito. L'austerità compromette sia la crescita del reddito che la capacità dei privati di risparmiare.

Ancora, i Greci starebbero molto meglio fuori – dichiarando default su tutti i debiti in Euro, reintroducendo la propria moneta, e sostenendo la crescita economica - in parte attraverso opere pubbliche, e in parte anche attraverso la maggiore competitività estera della "dracma" svalutata.
Si deve anche abbandonare la pratica di emettere debito, e consentire alla banca centrale di pagare interessi sulle riserve in eccesso come mezzo per mantenere il controllo sul proprio tasso di interesse a breve termine.

Quindi i mercati obbligazionari diventerebbero irrilevanti, la gente tornerebbe a lavorare anche se con redditi reali più bassi (causa svalutazione) e il governo greco potrebbe essere giudicato in base alla sua capacità di amministrare una ragionevole politica di bilancio (o meno).



Bill Mitchell è Research Professor in Economics e Direttore del Centre of Full Employment and Equity (CofFEE), Università di Newcastle, Australia.
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''