http://www3.lastampa.it/costume/sezioni/articolo/lstp/404594/ROMA Le donne si mobilitano. Questa volta ci sono in gioco quattro miliardi, i fondi derivanti dal risparmio per l’innalzamento dell’età pensionabile nel pubblico impiego, che dovrebbero essere destinati a misure di conciliazione e per la non autosufficienza. “Sono cifre che mai le donne italiane hanno potuto anche solo sognare” si legge nell’appello (
www.pariodispare.org/index.php) che più di quaranta associazioni femminili hanno sottoscritto in pochi giorni per difendere questo tesoretto. Non si trova più traccia, infatti, di tali misure nei documenti di programmazione economica e finanziaria approvati dall’Esecutivo.
Il decreto n.78 del 2010, a cui è seguita la legge 122 del 2010, destina i risparmi dovuti all’innalzamento e all’equiparazione dell’età pensionabile delle donne nel pubblico impiego a interventi dedicati a politiche sociali e familiari. Queste risorse sono parte del Fondo strategico per il paese a sostegno dell'economia reale e il Governo calcola che in 10 anni, fino al 2020, il risparmio accumulato ammonterà a quattro miliardi. “Abbiamo scoperto che 120 milioni di euro di risparmi per il 2010, sono sfumati” spiega Emma Bonino, vice presidente del Senato e presidente onoraria di Pari o Dispare, associazione capofila dell’appello. “Possiamo sperare che siano andati a coprire le spese dei comuni per gli asili nido, visto il taglio dell’Ici – continua la senatrice - ma per il 2011, nelle iniziative della legge di stabilità verso le quali sono confluiti i fondi per quest'anno, pari a 242 milioni di euro, non c’è nessun riferimento a misure di conciliazione e interventi a favore delle donne. Così come non c’è alcun richiamo alle misure promesse nel piano nazionale di riforma triennale presentato a Bruxelles (il Def, ndr). I 242 milioni di euro del 2011 sono stati sostituiti con 40 milioni, troppo pochi, non ce ne facciamo niente”.
Quando hanno scoperto quello che Emma Bonino definisce uno “scippo legale”, la vicepresidente del Senato, insieme ai senatori Maria Ida Germontani (Fli) e Pietro Ichino (Pd) hanno tentato la via parlamentare, senza tuttavia ottenere risultati. Hanno presentato un ordine del giorno bipartisan (leggi la risoluzione:
www.pietroichino.it, che chiedeva al Governo di mantenere gli impegni, ma che per ragioni procedurali non è stato accettato. Al Senato, dove è stato appoggiato da Udc, Idv e Pd, non è passato per quattro voti. Adesso ci riprovano. “Stiamo preparando – dice Bonino - un emendamento, questa volta al Decreto sviluppo che riesca a riagganciare questi fondi e che depositeremo alla Camera entro il 6 giugno. Speriamo di trovare consensi sia a destra che a sinistra com’era stato per l’ordine del giorno presentato alla Camera in occasione della votazione sul Def ai primi di maggio”. Ma le stesse promotrici non nascondono le difficoltà a sensibilizzare le forze politiche e l’opinione pubblica su questi temi, nonostante la manifestazione del 13 febbraio che ha visto milioni di persone scendere in piazza per la dignità delle donne. Sono ormai numerosi anche gli studi, ultimo il rapporto annuale dell’Istat che fotografano un’Italia in ritardo, in particolare per occupazione e opportunità di carriera al femminile.
“Culturalmente – continua Bonino – nel nostro Paese le donne italiane stanno bene a casa. È una scelta politica, non solo di questo Governo: il welfare è scaricato gratuitamente sulle spalle delle donne. In Francia il 3% del Pil è destinato a servizi di assistenza a bambini, malati e anziani, da noi non siamo nemmeno all’1%”.
“Per una volta – spiega Cristina Molinari, presidente di Pari o Dispare - i politici devono esprimersi chiaramente e dire se sono a favore o contro provvedimenti per le donne. Per farli uscire allo scoperto stiamo valutando la possibilità di una nuova mobilitazione di piazza. I problemi sono concreti, e la conciliazione di lavoro e famiglia non è un tema solo femminile. Se uno è figlio unico e ha genitori anziani che cosa fa? Non è una questione né di destra, né di sinistra”.
È stato creato un comitato esterno di garanti, di cui fanno parte, tra gli altri, Roberto Artoni, professore di management pubblico all’Università Bocconi ed Elsa Fornero, ordinaria di economia a Torino. Scopo dell’istituto è vigilare su questi quattro miliardi, altrimenti difficili da tracciare. Continuano, inoltre, le adesioni di singoli e associazioni all’appello come Dinuovo (
http://dinuovodinuovo.blogspot.com/) , tra le fondatrici di Se non ora quando, il comitato che ha organizzato la manifestazione del 13 febbraio. “Dinanzi a questo ulteriore attacco rivolto alle donne italiane – spiega Francesca Izzo di Dinuovo- non potevamo che aderire. Siamo d’accordo sull’utilizzo dei fondi per favorire con politiche e interventi la conciliabilità di lavoro e vita familiare. È impressionante che 800mila donne siano state costrette ad abbandonare il lavoro perché madri, come spiega l’Istat nel suo ultimo rapporto”. E continua: “Siamo disposte a scendere in piazza, a costruire una mobilitazione che tenga vivo lo spirito del 13 febbraio. Ma la strada è lunga, c’è una coscienza ancora da sviluppare su questi temi di cui per troppo tempo non si è più parlato”.