Ricorso alla Corte UE, ecco il testo della diffida di ADIANTUM allo Stato Italiano
Secondo le previsioni e gli annunci più recenti, ADIANTUM invierà a breve una diffida allo Stato Italiano, nell'ambito del ricorso alla Corte Europea che l'associazione romana si appresta ad istruire. La decisione, scaturita immediatamente dopo la fine degli Stati Generali sulla Giustizia Familiare, segna un passo importante nella battaglia che molte famiglie italiane stanno condicendo contro decisioni inique assunte da molti tribunali.
Oltre al c.d. Falso Condiviso, appannaggio dei tribunali ordinari, sotto accusa, sempre di più, le prassi e la malpractice dei tribunali per i minorenni, dove l'assenza di contraddittorio e l'impreparazione dei servizi sociali sta creando una situazione esplosiva.
Questa l'anticipazione del testo:
ISTRUENDO RICORSO PER LA VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 6, 8, 14 e 17 DELLA CONVENZIONE PER LA SALVAGUARDIA DEI DIRITTI DELL'UOMO E DELLE LIBERTÀ FONDAMENTALI
ATTO DI DIFFIDA
nei confronti di:
STATO ITALIANO, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, presso la sede di Piazza Chigi, Palazzo Chigi - 00186 Roma;
Premesso che:
- l’associazione istante ha ricevuto numerose segnalazioni che denunciano modalità di applicazione, difformi rispetto al dettato del Legislatore, della L. 54 del 28 Febbraio 2006 (c.d. Affido Condiviso), nonché esposti e denunce, presentate nei confronti di magistrati minorili e assistenti sociali, che descrivono atti e provvedimenti adottati con evidente abuso di posizione e poteri;
- a oltre cinque anni dall’entrata in vigore della medesima legge, è ampiamente documentabile che la concreta applicazione dell’affidamento condiviso incontra, ancora oggi, forti resistenze nella maggioranza dei tribunali ordinari e, soprattutto, in quelli dei minori;
- questo primo lungo “periodo di osservanza” è stato caratterizzato da una vasta disomogeneità dei provvedimenti, nei quali il diritto alla Bigenitorialità è stato spesso negato ora per la reciproca conflittualità, ora per l’età dei figli o ancora per la distanza tra le rispettive abitazioni dei genitori;
- In molti tribunali della Repubblica sono frequenti i casi in cui il giudice consente ancora l´omologazione di affidamenti esclusivi concordati tra le parti, senza che vi siano indicate le ragioni di pregiudizio a carico del genitore da escludere, derivando da ciò una evidente violazione del diritto indisponibile del minore a un rapporto equilibrato e continuativo con entrambi i genitori (comma uno dell´articolo 155 codice civile);
- nella generalità dei casi la più vistosa forma di non applicazione della legge 54/2006 si rinviene nella concessione puramente formale dell’Affidamento Condiviso, al quale, però vengono attribuiti contenuti pressoché identici a quelli di un affidamento esclusivo, attraverso l’introduzione degli istituti del “genitore convivente” o “collocatario prevalente” o del “domicilio prevalente”, di origine esclusivamente giurisprudenziale e non previsti dal Legislatore;
- in tal maniera, l’interpretazione della norma stessa, da parte della Magistratura, si è spinta fino al suo concreto e sostanziale svuotamento giuridico, e alla riproposizione dell’antico modello del genitore affidatario esclusivo, in ciò dando vita ad un vero e proprio aggiramento della legge;
- tale ultima circostanza trova conferma a contrario nella prassi, adottata dai tribunali ordinari, di omologare accordi consensuali che prevedano un domicilio prevalente e tempi di permanenza dell'altro genitore con la prole. Per l’assunto di cui sopra, tali omologhe sono adottate contro l’interesse del minore a beneficiare di "tempi equilibrati e continuativi" con i figli (art. 155 c.c., come novellato dalla L. 54/2006), disciplinando peraltro diritti indisponibili dell’essere umano;
- l’art. 155, comma 4, recita: “Salvo accordi diversi liberamente sottoscritti dalle parti, ciascuno dei genitori provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito; il giudice stabilisce, ove necessario, la corresponsione di un assegno periodico al fine di realizzare il principio di proporzionalità...”;
- secondo tale enunciato, il mantenimento indiretto, mediante assegno, è un sistema residuale cui si ricorre solo quando esiste una considerevole sproporzione tra i redditi dei coniugi, tenuto conto delle risorse disponibili;
- nonostante la suddetta previsione normativa, la conservazione dell’assegno di mantenimento, in luogo dell’applicazione del mantenimento diretto della prole, costituisce prassi ancora generalizzata nei tribunali italiani, anche a parità di reddito tra i coniugi in separazione;
- tale prassi ha costretto migliaia di genitori, obbligati a corrispondere assegni di mantenimento di entità abnorme rispetto alla sua funzione semplicemente perequativa, a versare in stato di indigenza e a non poter provvedere ai più elementari bisogni personali (abitazione, spostamento nel luogo di lavoro, alimentazione, salute e cura della persona) pur di far fronte agli impegni giudizialmente imposti;
- questo stato di cose non consente, ai genitori così ingiustamente esclusi e gravati, di poter svolgere con serenità e continuità il proprio ruolo genitoriale, con grave nocumento sia dei minori coinvolti che dell’intera collettività;
- la sostanziale e comprovata disparità di trattamento giudiziario, in relazione alla coppia genitoriale, evidenzia una concreta discriminazione per sesso, e mantiene elevato il livello del conflitto tra ex-coniugi, causando elevatissimi costi individuali per spese legali e un alto costo sociale a seguito del perdurare dei procedimenti giudiziari;
- in aggiunta a ciò, a seguito di iniqui provvedimenti emessi da numerosi tribunali per i minorenni, molte famiglie italiane sono state smembrate, e i figli colpiti da immotivati provvedimenti di allontanamento, affidamento etero-familiare e adozione, permettendo che tali decisioni fossero supportate da motivazioni non gravi (diverse adozioni sono state disposte in assenza di stato di abbandono), e senza garantire ai genitori un reale contraddittorio, la registrazione con mezzi audio-video delle audizioni dei minori e, soprattutto, senza utilizzare misure alternative e meno traumatiche, come il sostegno domiciliare e/o economico;
- l’osservanza di tali prassi ha avuto come conseguenza, nella quasi totalità dei casi, il ricovero dei bambini in comunità per minori (c.d. case-famiglia), le quali pesano enormemente sui bilanci degli enti locali e, in definitiva, sulle imposte pagate dai contribuenti;
- In tutti i casi di allontanamento dal nucleo familiare, ancorchè non sorretto da gravi motivazioni, il rientro dei bambini presso la famiglia di origine è quasi sempre difficoltoso e avviene solo dopo periodi mediamente lunghi (24-36 mesi) che segnano indelebilmente la vita dei minori e dei genitori;
- tutto ciò ha causato nei cittadini interessati la sensazione diffusa di una vera e propria perdita della certezza dei diritti;
- lo Stato Italiano, destinatario della presente diffida, ha ricevuto ampia informativa su tale situazione, sia a mezzo di lettere e istanze di cittadini coinvolti, prodotte negli anni al competente Ministero della Giustizia, sia attraverso la documentazione che associazioni come ADIANTUM, attive nella materia, hanno trasmesso periodicamente al fine di sensibilizzare e sollecitare una più attenta vigilanza sull’operato della Magistratura;
- ADIANTUM, in particolare, ha promosso una Class Action contro il Ministero della Giustizia, a tutt’oggi pendente, per via della mancata vigilanza sull’applicazione della L. 54/2006;
- i reclami e le lamentele, provenienti dagli italiani che in questi cinque anni sono toccati nel vivo da siffatta e difforme applicazione della legge, vengono documentati costantemente dagli organi di stampa nazionali e dai media a maggior diffusione territoriale, con particolare riferimento alle condizioni di vita a cui i genitori coinvolti sono costretti;
- tale situazione generale, diffusa in quasi tutti i tribunali della Repubblica, investe l’intero territorio nazionale e, potenzialmente, tutte le famiglie italiane;
- nonostante la sicura conoscenza del problema, in tutti i suoi aspetti, da parte del competente Ministero della Giustizia, del Ministero Pari Opportunità e dei Governi che si sono succeduti nel tempo, nessuna attività sistematica di impulso, ispezione e monitoraggio è stata espletata in questi anni;
tanto ciò premesso,
con il presente atto di diffida, ADIANTUM, Associazione di Associazioni Nazionali per la Tutela dei Minori, con sede in Roma, Via Trionfale n. 5697, invita lo Stato Italiano ad emanare atti amministrativi generali obbligatori, anche aventi contenuto normativo, al fine di avviare una completa attività di vigilanza e ispezione in tutte le sedi di tribunali ordinari e minorili, per verificare le difformità di applicazione della Legge n. 54 dell’8 Febbraio 2006 e per rimuovere tutte le cause che, ad oggi, impediscono l’osservanza delle più elementari garanzie democratiche da parte dei tribunali per i minorenni.
Ove venissero confermate le problematiche su esposte, intervenire con determinazione e velocità, nel rispetto delle reciproche funzioni costituzionali, per sanzionare le eventuali irregolarità riscontrate e sollecitare i necessari correttivi da apportare per consentire l’applicazione puntuale del Diritto alla Difesa.
Fonte: ADIANTUM