Ennò, nel mio terronissimo comune pugliese neanche ce l'abbiamo l'Assessorato alle Pari Opportunità! Cioè, siamo mutilati di questo grande servizio alla cittadinanza!
Cmq la signora a quanto leggo su FB è medico chirurgo d'urgenza al San Carlo Borromeo di Milano, quindi...
chapeu, i chirurghi donna sono pochissimi, dev'essere una tosta.
Il pro
bblema è intrinseco nella tagline della manifestazione: "Le battaglie che affrontiamo tutti i giorni perché siamo donne" cioè si dà per scontato che essere donna è fonte di battaglie, sofferenze, discriminazioni, legnate e via dicendo; anche se indubbiamente ci sono alcune peculiarità fisiche dell'essere donna che provocano disagi più o meno gravi (molestie, stupri, violenze, difficoltà nel trovar lavoro a causa dei ruoli di genere), non sarei così estremista nel dire che c'è tutta questa gran sofferenza quotidiana. O che sia una cosa unilaterale: non è che noialtri uomini ce la passiamo divinamente, anzi.
Lo diceva già Benedetto Croce che anche i maschi hanno i loro problemi particolari, ma non per questo hanno inventato il maschilismo (ai tempi di Croce il termine non aveva ancora assunto un significato negativo).
Che nella vita ci siano tribolazioni e difficoltà, è implicito e inevitabile: c'è chi soccomberà e c'è chi le supererà. L'utopia femminista secondo la quale un mondo al femminile ("a woman's world") sia idilliaco è, appunto, un'utopia così come il sogno marxista di un mondo comunista in cui tutti sono felici e contenti. (Notate le somiglianze fra le due ideologie, ora e in futuro)
Il nostro compito - e quello della Repubblica (v. articolo 3, comma 2 Cost.) - è di rimuovere gli ostacoli all'eguaglianza alla partenza, e non al traguardo o nel mentre del tragitto.
Mi spiego: dev'essere garantita a tutti i cittadini la possibilità - e non il diritto - di realizzarsi come più si vuole o si riesce. Nel senso, non c'è nessun diritto a primeggiare, ma c'è il diritto di poter tentare di primeggiare ad armi pari. Non so se mi spiego.
Esempio canonico: il mondo lavorativo.
Prendiamo due impiegati: Mario e Maria, di uguali competenze.
Mario lavora a tempo indeterminato, fa straordinari e festivi, lavora come un bue, accetta qualsiasi orario, è disponibile ad essere trasferito, studia e si prepara, fa corsi e concorsi, torna a casa sfatto dalla fatica e ancora deve dimostrare di essere un marito moderno: aiuta, dà una carezza ai figli, litiga con il grande perché ha preso 5, promette di portarli al fiume.
Maria lavora part-time, è già molto se fa le sue 15 ore settimanali, lavora poco e saltuariamente, chiede "orari flessibili" (leggiadra locuzione politicamente corretta per dire: decide lei quando vuole lavorare e quando invece non le va), non può farsi trasferire perché ha i figli, non può studiare per la stessa ragione, torna a casa e deve badare ai piccoli, aiutarli a fare i compiti.
Tu sei il capufficio di Mario e Maria.
Devi decidere tre cose.
1) Chi pagare di più e perché.
2) A chi affidare i compiti più delicati, cioè quelli più redditizi e prestigiosi.
3) Chi promuovere "ai piani alti", in base all'esperienza e all'affidabilità.
Le risposte mi paiono ovvie.
Garantire la possibilità di andare part-time è giusto e corretto, così come quella di chiedere "orari flessibili", naturalmente.
Non è invece giusto sostenere che Maria debba avere dei privilegi in più, in quanto donna, che le permettano di competere con Mario, visto che svolge meno lavoro. Insomma, se fai il part-time (cavallo di battaglia del femminismo odierno), mi pare ovvio che firmi da te la condanna a non fare carriera. Non si può chiedere la... ahem.... come si chiamava? era uno di quei termini tipo "termovalorizzatore"... ah sì: non si può chiedere la flexicurity e il successo allo stesso tempo, insieme: o lavori poco e ti dedichi alla tua vita personale e familiare, o lavori un botto e fai finta di abitare sul luogo di lavoro. Chiedere entrambi
ope legis è assurdo e ingiusto. Si devono aumentare gli asili cosicché le donne lavoratrici possano lasciare i figli al sicuro per inseguire la loro carriera, ma non ci si deve lamentare né gridare al maschilismo imperante se, magari, qualche (o molte) donna preferirà fare meno strada ma rimanere accanto ai pargoli. O predisporre quote e agevolazioni per aggirare ciò.
Lottare affinché Maria possa farsi il mazzo quadro è cosa buona e giusta.
Lottare affinché Maria possa passare avanti a quelli che il mazzo quadro se lo fanno per davvero, invece, non è affatto giusto.
Sono queste le riflessioni da fare prima di parlare di "battaglie" quotidiane nel mondo del lavoro o nel mondo della famiglia.