Autore Topic: L’uomo che lavora solo con le donne  (Letto 3940 volte)

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Offline Cassiodoro

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L’uomo che lavora solo con le donne
« il: Agosto 19, 2011, 21:22:37 pm »
L’uomo che lavora solo con le donne

L’azienda tutta al femminile di un imprenditore di Basilea


BASILEA
Di che cosa siano capaci le donne, René Mägli l’aveva visto da piccolo: era l’unico maschio in mezzo a tre sorelle. E l’esperienza dev’essere stata felice, se adesso per il suo ufficio - la filiale di Basilea della società di trasporti marittimi Msc - vuole solo donne. Con le sette assunzioni del mese scorso è arrivato a cento. Nemmeno un uomo tranne lui, il capo.

L’ultimo è stato licenziato dieci anni fa. «Avevo notato che cercava di esercitare del potere sulle colleghe e faceva sparire i documenti che non capiva». Da allora, pochi maschi mandano il curriculum e nessuno passa la selezione. «Non ho niente contro gli uomini ha raccontato Mägli allo Spiegel -. Solo che le donne hanno qualcosa in più: lavorano per l’azienda, non per il proprio ego. Gli uomini lottano per la posizione, per i soldi o lo status. Non amano lavorare in squadra e, se sono costretti, non comunicano, non si aiutano reciprocamente. Le donne invece non sono competitive, non vogliono dimostrare la loro superiorità. Almeno, questa è la mia esperienza».

René Mägli è un sessantenne austero, che nulla ha del Don Giovanni. Unico sfoggio, un anello con sigillo e una catenella d’oro per gli occhiali intorno al collo. Svizzero, ha scelto un mestiere inconsueto per il suo Paese: lo spedizioniere marittimo. Ha cominciato a lavorare a Rotterdam a 22 anni, ha girato diverse compagnie finché, nell’81, ha aperto a Basilea la sua, che ha ceduto qualche mese fa alla Mediterranean Shipping Company (Msc), la seconda compagnia al mondo per trasporto merci via mare - 50 mila dipendenti e una flotta di transatlantici e grandi navi container. Msc ne ha fatto la sua filiale svizzera e così Herr Mägli continua a governare le sue «Ladies», come gli piace chiamarle, dalla piccola pedana piazzata al centro del reparto vendite, il più frenetico, uno stanzone al secondo piano di un anonimo edificio nel centro di Basilea. Non ha ufficio né segretaria «perché fa capo-macho, e non è quello il mio stile», si gestisce da solo l’agenda e sulla scrivania tiene un marinaio in legno, con le mani in tasca, come se lì non ci fosse niente da fare: unica allusione al business della casa.

Le donne - contabili, esperte di finanza, venditrici, manager - occupano anche altri due piani e di lì muovono, per conto dei clienti svizzeri, milioni di tonnellate di cacao, cotone, zucchero, caffè, legnami pregiati e ogni materia prima che il mercato globale richieda. «Le donne sono più adatte degli uomini a una società di servizi - dice Mägli -. Portano più utili». E infatti dal 2005 il fatturato è cresciuto del 25% all’anno. I colloqui di assunzione li fa direttamente il boss. «So con esattezza che cosa cerco: donne che sappiano lavorare in squadra e abbiano voglia di imparare. Certo, studi ed esperienza contano, ma meno delle doti umane. Queste non si insegnano, tutto il resto sì». In conclusione: «Io non assumo donne per idealismo, non sono un benefattore, sono un uomo d’affari che sceglie il meglio sul mercato. Le donne sono più preparate, più flessibili, più attente ai costi. Sono più indifferenti alla gerarchia, sbrigano il lavoro aiutandosi». Le definisce «il mio capitale», le paga bene e, soprattutto, non le penalizza se vanno in maternità. Anzi. Quando tornano, possono scegliere il tempo parziale e modularlo secondo le loro necessità.

«Ho investito tanto per formarle, perché dovrei buttare via tutto? Tanto più che, da madri, hanno imparato a fare più cose insieme, a organizzarsi, fissare le priorità. Capacità preziose, che i maschi non hanno e che tornano utilissime anche in azienda». Ma tutte quelle donne non litigano mai? «In questa azienda l’aggressività non è apprezzata. Chi manipola o intriga, non ottiene un posto migliore. E viene isolata dalle colleghe». L’ultimo segreto di una formula di successo, che nessun altro in Svizzera, in Europa, nel mondo ha mai osato sperimentare sembra semplicissimo: «Trovare la donna giusta per ogni ruolo». E su questo punto Mägli è imbattibile. Questione di fiuto. Un’altra cosa che non si impara.


http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/416207/

Ma le ha "formate" lui, oppure hanno le "doti naturali" per lavorare in una società di SERVIZI??

Ed in una società "produttiva" le qualità (ed i difetti) di queste donne sarebbero altrettanto apprezzate???

Questo imprenditore è "arrivato prima degli altri" o è il tipo di prestazione che gli permette di ottenere queste performance economiche che otterrebbe anche con un personale al 100% maschile?
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline Ethans

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #1 il: Agosto 19, 2011, 21:39:10 pm »
Non potrei mai lavorare in un'azienda di sole donne. Già mi bastana le 4 stronze che ci sono in ufficio da me. Di tutte le qualità che ha elencato il Magli non ne riscontro neanche mezza in una di loro. Le donne sul lavoro sono l'opposto di quello che dice questo qui.

Per come la vedo io, s'intende.
« Ultima modifica: Agosto 19, 2011, 21:52:51 pm da Ethans »

Offline krool

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #2 il: Agosto 19, 2011, 22:04:56 pm »
Contento lui...

Offline GIUSTIZIALISTA

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #3 il: Agosto 19, 2011, 23:39:49 pm »
Mi viene da vomitare.
Sic transit gloria mundi.

Online Massimo

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #4 il: Agosto 20, 2011, 00:28:57 am »
Scommettiamo che nessuno ha da ridire su tale sua scelta? Se qualche imprenditore OSASSE
assumere solo uomini verrebbe impalato. Ma già, le discriminazioni cher avvantaggiano le donne
non solo sono lecite, ma positive. Anzi, sono solo "azioni".
E voilà, il "discrimin" è sparito.

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #5 il: Agosto 20, 2011, 00:58:55 am »
Scommettiamo che nessuno ha da ridire su tale sua scelta? Se qualche imprenditore OSASSE
assumere solo uomini verrebbe impalato. Ma già, le discriminazioni cher avvantaggiano le donne
non solo sono lecite, ma positive. Anzi, sono solo "azioni".
E voilà, il "discrimin" è sparito.

Infatti anche in Italia hanno introdotto le.."quote rosa" ma non le "quote azzurre", auindi un consiglio regionale comunale o sacietario può essere tranquillamente formato da tutte donne ma guai a non rispettare le quote rosa, arriva subito il TAR !! Vero Alemanno??

Offline Nemo90

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #6 il: Agosto 20, 2011, 10:15:09 am »
Che figata, vojo andà a Basilea! :D
EDIT: Come sempre, ho il vizio di strafare e ho scritto una specie di noioso saggio. Scusate! :-)

Peccato che Adam Smith sia morto da un pezzo, sennò il signor Magli poteva ancora insegnargli qualcosa.
Ammesso e non concesso che le donne siano davvero questi angeli portatori di pace, altruiste, organizzative, assolutamente non attaccate ai soldi, portate al "bene dell'azienda" e non al loro guadagno personale e tante altre belle cose, in una azienda produttiva - una fabbrica - in cui è applicato un criterio meritocratico, le caratteristiche elencate come sgradevoli dal signor Magli sono esattamente quelle necessarie per essere di successo: aggressività, competitività, "profit motive".

"Gli uomini lottano per la posizione, per i soldi o lo status". Esattamente. Ed è questa la "mano invisibile" di cui parla Smith, la spinta che manda avanti l'economia. Un imprenditore lotta con il mercato per i suoi soldi, un operaio lotta con i suoi pari per mettersi in luce e diventare capomastro, uno studente lotta con sé stesso per laurearsi e diventare importante. La lotta per la superiorità è una cosa naturale: lo scopo del welfare è appunto assicurarsi che chi "non ce la fa" e rimane sotto non stia poi tanto male, ma rimane il fatto che l'aggressività è il motore della natura e della società.
Lo stesso Konrad Lorenz ne parlava chiamandola Il cosiddetto male.

La slealtà è diversa dalla competizione: se io baro per vincere, vado escluso dalla competizione; ma se io vinco perché sono bravo, allora merito.

Credere che i dislivelli sociali siano frutto di un immaginario complotto delle classi alte è fuori moda da quando è crollata l'Unione Sovietica: i dislivelli sociali sono frutto delle differenti competenze e specializzazioni dei membri della specie. Va garantita ai più poveri la possibilità di ascendere alle classi sociali più alte per il loro merito (non parlo del caso inverso, perché è improbabile per varie ragioni. Pochi, pochissimi "figli di" finiscono a mendicare, dalle stelle alle stalle), ma tentare di "livellare" la società, di costringerla a cooperare per il "bene superiore" e non per il bene della propria pancia è definitivamente demodé. E controproducente.

Ci vuole certamente un arbitro (lo Stato) che verifichi che non si superino i limiti della competizione ad armi pari, ma la competizione in sé è la chiave del successo di una società.

Si potrebbe dibattere se effettivamente ci sia un differenza di attitudine fra maschi e femmine della specie umana: per amor di concisione, assumiamo che ci sia.
Bene: diciamo quindi che gli uomini siano più portati a prendersi rischi, a lottare, a combattere e a farsi strada a suon di battaglie vinte, ad allearsi in base ai propri interessi; le donne invece sono benevole, fanno gruppo, causa comune, si alleano per altruismo. Visto che la nostra specie è fondata sull'individuo e non sulla comunità (non siamo api né formiche, non abbiamo né mai avremo una hive mentality), gli uomini, in un contesto competitivo reale, avranno gioco facile nel sopraffare le donne: quando si tratterà di promuovere o di dare aumenti in base al merito, spiccheranno gli uomini, poiché ognuno di essi metterà in mostra le sue qualità personali; le donne, invece, pedaleranno in un unico gruppone di centro in cui le qualità sono condivise e amalgamate e i singoli non brillano.

(Inciso: per questo, a scuola, non mi piacevano i "lavori di gruppo": se io ero bravo e meritavo 9, magari finivo in disparte perché i miei colleghi meno bravi facevano quadrato attorno alle loro mediocri idee e mi buscavo 6; molto più spesso, capitava che facessi tutto io perché i miei compagni sapevano che valevo e quindi lasciavano fare tutto a me: prendevo 9 io, ma si prendevano 9 e parte del merito pure quelli che non avevano alzato un dito. Quando facevamo i lavori singoli, invece, il 9 mio certificava a 9 la mia competenza, mentre il 4 di un somaro certificava a 4 la sua (in)competenza, e non c'era da discutere. Il mondo della scuola non è il mondo del lavoro, ovviamente: un compagno lo aiuti per altruismo (e, ammettiamolo, per il privatissimo orgoglio personale del "dare una mano"), tanto se lui prende 4 a te non cambia niente, meglio aiutarlo a prender 9 così siamo tutti felici.)
Ma torniamo a noi.

Al momento della selezione, verranno scelti gli uomini proprio perché si sono distinti in quanto individui. Man mano che si sale la scala gerarchica, infatti, sbiadisce sempre di più l'elemento "teamwork" per assumere sempre più importanza la "leadership": un soldato semplice deve saper lavorare in squadra con i suoi commilitoni senza avere velleità di comando, un generale deve essere un ottimo leader e stratega, cioè un ottimo individuo "singolo". (L'esempio militare verrà portato avanti per il resto del post, ma si rifà a più o meno tutti gli ambiti della vita lavorativa)

Mi spiego: un soldato semplice deve obbedire agli ordini e basta, senza discuterli, non ha responsabilità e se la missione fallisce è colpa del tenente che l'ha pianificata male*, e quindi si becca lui il cazziatone (o il servizio funebre, a seconda), mentre se va bene, è merito del tenente che si prende ori e onori. Il teamwork è il gioco dell'obbedienza: c'è un task, un obiettivo, bene o male lo si raggiunge e amen: se la cosa va male si dà la colpa solo se c'è una negligenza di uno o più dei partecipanti, significa che si è sottratto al suo compito, ha evaso il suo dovere, "non si è impegnato". La leadership è il gioco del rischio insito nella responsabilità: può andar bene come può andar male, a seconda della propria abilità.

Ciò ci porta ad un altro punto.
Chi l'ha detto che gli uomini - intesi come stereotipo del signor Magli - non sanno allearsi? Se c'è un target di interesse personale non condivisibile cioè non ripartito fra i partecipanti, che sia prestigio o altro, e in due o in gruppo lo si raggiunge meglio, gli uomini si alleano eccome. Se c'è una ricerca scientifica da fare, e il "premio" è il prestigio, eccome che si alleano e collaborano. Anzi, c'è "sana competizione", si dice.
Da quello che dice il signor Magli, devo intuire che, nelle ricerche scientifiche (che si titolano con i cognomi degli autori: es. Masters & Johnson**) le donne molto umilmente scelgono di non farsi riconoscere: Ricerca di un gruppo di scienziate anonime che devolvono tutto il prestigio e il merito all'università, saranno i titoli degli studi effettuati dalle donne. (Ovviamente sappiamo tutti che non è così.)
 
Egualmente, mentre all'inizio sarà più importante l'elemento di "self-improvement", man mano che si sale la scala gerarchica aumenta la competizione diretta. Mi spiego: mentre essere promosso da soldato semplice a caporale devi dimostrare di rispondere a dei requisiti di massima, senza confrontazioni dirette; per essere promosso da, che ne so, da maggiore a tenente colonnello, invece, c'è una graduatoria in cui devi rientrare; per essere promosso da generale di corpo d'armata a capo di stato maggiore, invece, devi dimostrare di essere più bravo dei tuoi due/tre competitors.

Nel senso: man mano che con il salire dei gradi si restringe la cerchia dei papabili per una promozione, diventa sempre più importante il saper lottare per sé stessi, contro gli altri.
Finisci per guardare in faccia i tuoi rivali, sapere esattamente chi sono e quanti sono e diventa una sfida diretta. Il generale di prima certamente non si confronta con i commilitoni per il "bene comune" delle Forze Armate, ma per il suo prestigio - e potere - personale, e così gli altri.

Se il signor Magli sostiene che gli uomini sono competitivi, aggressivi e mossi dall'interesse personale, mentre le donne assolutamente no, completamente asservite all'interesse della comunità, bene, allora sta dicendo che gli uomini sono enormemente avvantaggiati nella carriera, sono favoriti nel diventare leader, nell'accumulare prestigio (e soldi), e in generale, nel distinguersi positivamente o negativamente dalla massa. Il signor Magli sostiene gagliardamente che, in un mondo competitivo quale è il nostro, via via che si sale la piramide della gerarchia, ci saranno sempre più uomini e sempre meno donne. Il signor Magli condanna le donne alla sicurezza della mediocrità ed eleva gli uomini all'onore/onere della responsabilità.

Vuoi vedere che il signor Magli, senza darlo a vedere - il volpone -, è il più grande maschilista e misogino della Svizzera intera, visto che pensa che le donne siano solo un gregge di buone e altruiste pecore? Perché in tal modo sta emettendo una sentenza di morte sulle possibilità di "sfondare" delle donne. Perché dice implicitamente che, una volta che una donna-pecora abituata alla tranquillità e all'armonia del gregge della sua aziendina-ina-ina si troverà da sola a combattere in un mondo di uomini-lupi abituati a farsi strada con gli artigli, verrà sbranata. Conclusione, le donne se ne devono rimanere nelle "società dei servizi", negli ufficietti di provincia, a fare lavoretti da impiegate, mentre quei bruti venali, aggressivi e competitivi degli uomini possono volare ai piani alti, e farsi valere, esercitando quel bruttissimo e cattivissimo vizio di (cit.) "dimostrare la loro superiorità", che è un difetto imperdonabile per il soldato semplice coscritto di leva, ma è la più grande qualità di tutto il resto della gerarchia, dal caporalmaggiore al generale.

Riflettiamo prima di parlare.

Corollario: ma excusez-moi, monsieur le président, per ipotesi assumiamo che è vero che le donne "lavorano per l’azienda, non per il proprio ego", cioè mettono l'interesse dell'azienda sopra il loro interesse personale. Bene, brave.
Dunque, si dichiara che le donne - avendo a cuore il bene dell'azienda e non il loro portafogli - comprendono benissimo che, in tempi di crisi, per assicurare la sopravvivenza dell'impresa sia necessario far dei tagli di personale. Sono ben felici di farsi licenziare e/o cassintegrare, perché per loro è più importante il bene dell'azienda che non il maschilissimo bisogno di soldi.

O non è così? Forse nella realtà è un po' diverso?
Forse le donne vere sentono assai più forte la strizza dello stomaco vuoto che l'aleatorio "bene superiore dell'azienda" e protestano come ossesse (a ragione) ogni qual volta si cerca di licenziarle in blocco?

Cosa vi dicevo? Magli ha preso le donne per dei grossi e stupidi pecoroni che si fanno amorevolmente condurre al macello per far fare più soldi al pastore. Anche alle pecore devi dargli da mangiare, ma tu sei il pastore e loro le pecore, e per quanto siano buone pecore, pecore rimangono.

Peccato che, nella realtà, le cose non siano così semplici. Mi immagino un giorno in cui la ditta di spedizioni marittime subisca dei rovesci e il capo sia costretto a licenziare.
«Ladies, care ladies!» esordisce il capo, montando in piedi sulla sua cattedra ed allargando le braccia con fare paterno, gli occhi socchiusi, sornione.
«Ci vuole dare un aumento» sussurra una ragazza alla sua vicina.
«Di più, vuole offrirci una vacanza pagata alle Seychelles, non lo vedete com'è estatico?» mormora una donna sui cinquanta, con la camicetta viola.
«Mie adoratissime ladies, il momento è giunto! Potrete finalmente – è stata una lunga attesa – contribuire ancora di più al benessere della mia della nostra premiata ditta!». Pausa teatrale.
«Vacanza alle Seychelles» dice forte la donna con la camicetta.
«A causa della crisi, ladies, potrete finalmente offrire qualcosa di importante sull'altare della salute della nostra amatissima azienda»
«Vacanza!»
«Quasi, quasi! Fuochino, fuochino!» sorride il capo, «Annuncio con grandissimo mio – nonché vostro – piacere, che licenzierò un terzo di voi!». Sorride entusiasta, come Babbo Natale che ha estratto un grosso e sfavillante regalo dal sacco.
«C... cosa?» chiedono più voci.
«Vi licenzio!» ripete felice il capo, «Lo so, lo so – potevo farlo prima, ma non ho voluto. Finalmente ora potrete godere del supremo bene dell'azienda!». Istante di silenzio.
Secondo istante di silenzio.
Terzo. Una mosca muore a mezz'aria, uccisa dalle radiazioni di odio emesse dalle donne.
Quarto.
Quinto secondo di calma.“Forse dovevo dirglielo con più tatto, è una notizia forte, in effetti” pensa gongolante il capo.
Sesto.

L'isolato sobbalza.
«Dalli, dalli!»
«Addosso, addosso!»
«Sangue, sangue!»
«Ma no su forza dai, ladies, ma no, che modo di reagire è questo?, dai ladies, siete così buone di natura... oh oh, cosa fai con quel... cosa fai? Cosa fai?! Molla quel... oh oh, piano, indietro... oh ma che ho...?»
«Morte, morte!»
«Te lo do io l'altare, te lo do in testa, te lo do!»
«Vieni qua, vieni qua!»
«Sotto, sotto!»
«Cappottone, cappottone!»
«C'ho tre figli a carico, te lo do io il bene dell'azienda!»
«Ladies, dai su care, no, dai da brave... e tu da dove hai pres... oddio... no, ladies, perché mi... possiamo parlarne, voi donne siete così empatiche... eddai capitemi... oh oh... cosa?.. dove hai preso quel fucile...? cosa vuoi farci...? Ladies no ladies parliamone riflettiamoci nooo... aspettateeeeee...!». Bam!

Nota: “«In questa azienda l’aggressività non è apprezzata. Chi manipola o intriga, non ottiene un posto migliore. E viene isolata dalle colleghe»” quindi bisogna desumere che, almeno una volta, è successo che capitasse che una donna tentasse di “manipolare o intrigare”, in contraddizione allo statement che le donne sono tutte buone e care di nascita.

In realtà, è facilmente desumibile che le pecore, ahem, le ladies siano così mansuete per la pressione sociale ad esserlo: se si dice alla novizia che in quell'azienda “si fa così” ed effettivamente c'è una parvenza che “si faccia così” allora la novizia “farà così”. Guardate, non è molto diversa dalla teoria delle finestre rotte del sindaco Giuliani, il principio è lo stesso: dando una certa apparenza alla realtà, alla fine questa finirà per uniformarsi all'apparenza, almeno in apparenza – scusate la ripetizione.

*= La compianta buonanima del generale Cadorna mi prega d'informarvi che lui la pensa diversamente e che ogni volta faceva qualche cazzata tattica dava sempre diligentemente la colpa alla codardia della truppa e per buona misura ordinava la decimazione dei reparti sconfitti.
Seriamente, anche l'atteggiamento di punire i subordinati si basa sul principio che stiamo discutendo: la paura della fucilazione è un'arma efficacissima per spronare i fanti all'eroismo, e faceva anch'essa leva sull'"interesse personale", cioè l'interesse a riportare a casa le penne.
Infatti: chi è l'eroe? L'eroe è colui che si smarca dal resto del gruppo in un'azione valorosa e possibilmente autolesionista, "above and beyond the call of duty": caso vuole che gli eroi siano quasi tutti uomini.

(Il fatto che poi non si vincesse, durante la prima guerra mondiale, è da imputarsi alla impostazione strategica completamente sbagliata: eroi quanto vuoi, se la tattica è sbagliata si perde lo stesso; gli operai possono essere stakanovisti quanto vuoi, ma se è bacata la linea aziendale, si va in bancarotta comunque.)

**= È un famoso studio sulla sessualità umana, non so perché mi è venuto in mente.

Alberto86

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #7 il: Agosto 20, 2011, 12:40:01 pm »
Mi viene da vomitare.

siamo in due  :sick:

urgono sempre di più le quote azzurre!

Offline Fazer

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #8 il: Agosto 22, 2011, 10:18:00 am »
Non potrei mai lavorare in un'azienda di sole donne. Già mi bastana le 4 stronze che ci sono in ufficio da me. Di tutte le qualità che ha elencato il Magli non ne riscontro neanche mezza in una di loro. Le donne sul lavoro sono l'opposto di quello che dice questo qui.

Straquoto lo zio Ethans.
Ma magari sono stato solo sfortunato a capitare in mezzo a queste galline... :mad:

...Le donne sono più preparate, più flessibili, più attente ai costi. Sono più indifferenti alla gerarchia, sbrigano il lavoro aiutandosi...

Sciocchezze colossali... :doh:

Offline Stealth

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #9 il: Agosto 22, 2011, 11:04:39 am »
L’uomo che lavora solo con le donne

L’azienda tutta al femminile di un imprenditore di Basilea


BASILEA
Di che cosa siano capaci le donne, René Mägli l’aveva visto da piccolo: era l’unico maschio in mezzo a tre sorelle. E l’esperienza dev’essere stata felice, se adesso per il suo ufficio - la filiale di Basilea della società di trasporti marittimi Msc - vuole solo donne. Con le sette assunzioni del mese scorso è arrivato a cento. Nemmeno un uomo tranne lui, il capo.

L’ultimo è stato licenziato dieci anni fa. «Avevo notato che cercava di esercitare del potere sulle colleghe e faceva sparire i documenti che non capiva». Da allora, pochi maschi mandano il curriculum e nessuno passa la selezione. «Non ho niente contro gli uomini ha raccontato Mägli allo Spiegel -. Solo che le donne hanno qualcosa in più: lavorano per l’azienda, non per il proprio ego. Gli uomini lottano per la posizione, per i soldi o lo status. Non amano lavorare in squadra e, se sono costretti, non comunicano, non si aiutano reciprocamente. Le donne invece non sono competitive, non vogliono dimostrare la loro superiorità. Almeno, questa è la mia esperienza».

René Mägli è un sessantenne austero, che nulla ha del Don Giovanni. Unico sfoggio, un anello con sigillo e una catenella d’oro per gli occhiali intorno al collo. Svizzero, ha scelto un mestiere inconsueto per il suo Paese: lo spedizioniere marittimo. Ha cominciato a lavorare a Rotterdam a 22 anni, ha girato diverse compagnie finché, nell’81, ha aperto a Basilea la sua, che ha ceduto qualche mese fa alla Mediterranean Shipping Company (Msc), la seconda compagnia al mondo per trasporto merci via mare - 50 mila dipendenti e una flotta di transatlantici e grandi navi container. Msc ne ha fatto la sua filiale svizzera e così Herr Mägli continua a governare le sue «Ladies», come gli piace chiamarle, dalla piccola pedana piazzata al centro del reparto vendite, il più frenetico, uno stanzone al secondo piano di un anonimo edificio nel centro di Basilea. Non ha ufficio né segretaria «perché fa capo-macho, e non è quello il mio stile», si gestisce da solo l’agenda e sulla scrivania tiene un marinaio in legno, con le mani in tasca, come se lì non ci fosse niente da fare: unica allusione al business della casa.

Le donne - contabili, esperte di finanza, venditrici, manager - occupano anche altri due piani e di lì muovono, per conto dei clienti svizzeri, milioni di tonnellate di cacao, cotone, zucchero, caffè, legnami pregiati e ogni materia prima che il mercato globale richieda. «Le donne sono più adatte degli uomini a una società di servizi - dice Mägli -. Portano più utili». E infatti dal 2005 il fatturato è cresciuto del 25% all’anno. I colloqui di assunzione li fa direttamente il boss. «So con esattezza che cosa cerco: donne che sappiano lavorare in squadra e abbiano voglia di imparare. Certo, studi ed esperienza contano, ma meno delle doti umane. Queste non si insegnano, tutto il resto sì». In conclusione: «Io non assumo donne per idealismo, non sono un benefattore, sono un uomo d’affari che sceglie il meglio sul mercato. Le donne sono più preparate, più flessibili, più attente ai costi. Sono più indifferenti alla gerarchia, sbrigano il lavoro aiutandosi». Le definisce «il mio capitale», le paga bene e, soprattutto, non le penalizza se vanno in maternità. Anzi. Quando tornano, possono scegliere il tempo parziale e modularlo secondo le loro necessità.

«Ho investito tanto per formarle, perché dovrei buttare via tutto? Tanto più che, da madri, hanno imparato a fare più cose insieme, a organizzarsi, fissare le priorità. Capacità preziose, che i maschi non hanno e che tornano utilissime anche in azienda». Ma tutte quelle donne non litigano mai? «In questa azienda l’aggressività non è apprezzata. Chi manipola o intriga, non ottiene un posto migliore. E viene isolata dalle colleghe». L’ultimo segreto di una formula di successo, che nessun altro in Svizzera, in Europa, nel mondo ha mai osato sperimentare sembra semplicissimo: «Trovare la donna giusta per ogni ruolo». E su questo punto Mägli è imbattibile. Questione di fiuto. Un’altra cosa che non si impara.


http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/416207/

Il tipico pollo da pollaio.

Offline Ethans

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #10 il: Agosto 22, 2011, 12:47:17 pm »
Ma magari sono stato solo sfortunato a capitare in mezzo a queste galline... :mad:

Ho sempre lavorato in ambienti con un alto numero di donne. Una tragedia. Ma forse sono io che innesco in loro determinate reazioni. I miei colleghi maschi non hanno nè tempo nè cervello per capire, tutti presi come sono a dimostrare chi è il più bravo fra loro, per farsi belli agli occhi delle cretine. Un massacro.

 :D

Offline Fazer

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #11 il: Agosto 22, 2011, 13:13:23 pm »
...I miei colleghi maschi non hanno nè tempo nè cervello per capire, tutti presi come sono a dimostrare chi è il più bravo fra loro, per farsi belli agli occhi delle cretine...

Già, stesso mio problema. La proverbiale stupidità maschile, costante universale... :cry:

Online fabriziopiludu

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #12 il: Agosto 24, 2011, 00:12:18 am »
Questo di Basilea mica è il solo!!!!!!!???

Ripeto:
Alla "Turiddo Colombo Ceramiche Artistiche", di Albissola Marina, lavorano solo donne.
Alla "Gastone Sossella Industria Dolciaria", di Cairo Montenotte, lavorano solo donne.
Alla "Pasini Orticola", di Rimini, lavorano solo donne.


Offline SilvioDestro

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Re: L’uomo che lavora solo con le donne
« Risposta #14 il: Agosto 24, 2011, 09:08:01 am »
Io so solo, che dopo 25 anni durante i quali ho lavorato a contatto con femmine, ora che ho smesso godo di benessere e salute inusitati.