Andiamo in Afghanistan, perché? Per difendere le donne afghane.
Andiamo in Iraq, perché? Per difendere le donne irachene.
Andiamo in Libia, perché? Per difendere le donne libiche da quel gran musulmano e donnaiolo di Gheddafi.
Peccato che non si parli mai delle donne del Darfur, dell'Arabia Saudita o del Rwanda, salvo per elogiare il fatto che il 56% del parlamento rwandese è donna: ricordo un estatico articolo del Corriere (un trionfale e rutilante "Ruanda, dove comandano le donne"*) in cui si descriveva il Rwanda come il paese di Bengodi; bene in questo paradiso terrestre un bambino su cinque muore prima dei cinque anni, l'aspettativa di vita non supera i 50 anni, con un PIL pro capite di 1 217 $
annuali il 60% della popolazione è al di sotto della soglia di povertà, il 30% della popolazione è analfabeta, l'acqua potabile è un miraggio, c'è un epidemia di HIV, solo il 9% della popolazione ha accesso all'elettricità e, nella classifica dell'Indice di Sviluppo Umano, il Rwanda racimola un ferale 152° posto su 169.
Però ha il 56% dei parlamentari donna, e questo ne fa un Eden da ammirare ed imitare, leggasi il delirante articolo di cui prima. Tutto quel che è donna è buono. Il fatto che il Rwanda sia - francamente - un buco dimenticato da Dio e dagli uomini è insignificante, hanno le donne e quindi è un gran bel posto per vivere e prosperare.
Questo ci porta al punto centrale di riflessione: il ruolo della «difesa delle donne» come mezzo di propaganda, anche in politica estera.
Bush non faceva economia di dichiarazioni a favore delle donne mediorientali: a veder bene, quando c'era Saddam le donne irachene tanto male non stavano; comunque stanno molto peggio ora, con l'Islam dichiarato religione di stato e gruppi estremisti che stanno prendendo sempre più piede.
Ad ogni crisi e ad ogni rivolta, si cerca sempre "il fondamentale contributo delle donne" alla causa di libertà di turno, anche se magari è microscopico o ininfluente. Tutto il mondo pianse e si disperò per la povera Amina, la blogger lesbica siriana, almeno finché non fu scoperto che era un uomo di mezza età, piuttosto fantasioso, sotto mentite spoglie. Il fatto che la rivolta siriana riguardi solo gli uomini non è stato detto da nessuno: mai sia dover dire che, a volte o magari molto spesso, la lotta è portata avanti sulle spalle dell'uomo.
Per sintetizzare, l'intero vento del Maghreb ha visto le donne come poco o punto rappresentate. Il motore della "rivoluzione" (o meglio, del cambio di regime, perché è tutto da dimostrare che questi nuovi governi siano migliori o più liberi di quelli appena deceduti) sono stati gli uomini giovani, istruiti e disoccupati.
Detto ciò, ricollegandoci all'esempio del Rwanda, in generale vale l'equazione "Donna=Buono": ovunque vi sia una predominanza femminile, ciò è cosa buona e giusta. CdA con le quote rosa sono intrisecamente migliori di CdA tutti al maschile. Un giornale con un direttore donna è senza dubbio migliore di uno con un direttore uomo: a riprova, l'Unità della De Gregorio è a picco e rischia la chiusura, nonostante riceva dallo Stato 122 € a copia di contributo pubblico, mentre il Fatto di Padellaro, cacciato per far posto ad un direttore donna (parole di Veltroni) va a gonfie vele, senza un centesimo di soldi pubblici. Un medico donna è migliore di un medico uomo: che poi i secondi lavorino il 25% di tempo in più e vedano il 10% in più di pazienti, è un caso. Una soldatessa è migliore di un soldato maschio, e via sciorinando infiniti esempi.
Ora, che ci sia una fallacia logica in tutto ciò è piuttosto chiaro: se si afferma che,
in assoluto, una biglia rosa è migliore di una biglia azzurra, bisogna dedurne che la biglia rosa abbia delle qualità che, sempre
in assoluto, la rendono migliore della biglia azzurra. Cioè, c'è un elemento di indiscussa e omogenea superiorità femminile, valida in tutti i casi, senza eccezioni. Naturalmente, l'esperienza aneddotica ci dice che ciò non è vero, che tutto dipende dai singoli casi e dai singoli soggetti, eppure le femministe lo affermano imperterrite, esplicitamente o no.
Se c'è un gap femminile non è perché - psicoreato! - le donne in media manchino delle qualità fondamentali per far carriera: aggressività, competitività, merito singolo, lavoro duro e motivazione (anzi: le femministe interpretano queste carenze come qualità femminili, e la loro presenza come difetti maschili!) ma perché c'è un grande complotto maschilista per impedire alle donne di salire di grado, in qualche antro si nasconde un Grande Vecchio che perfidamente coordina gli sforzi di tutti i dirigenti maschi per tenere le donne schiacciate, un Cerbero misogino che impedisce sistematicamente alle donne l'accesso al potere, solo perché donne e non per altre ragioni più funzionalistiche come meritocrazia o impegno. Ovviamente, pensare che si facciano tali discriminazioni così esplicite è ridicolo, eppure viene affermato.
Uno dei dogmi femministi, dunque, è che, in
ogni situazione, la donna rappresenta sempre l'elemento positivo, a priori, e ogni sua carenza e/o mancanza è da attribuire al maschilismo imperante. Il dogma si può così esprimere: massima responsabilità nel bene, completa irresponsabilità nel male.
Chiusa questa necessaria divagazione, torniamo alla questione della Primavera Araba.
Dato il dogma di cui prima, e dato l'assunto mediatico-politico che questi movimenti di rivolta sono immacolati come colombe, vere e proprie avanguardie di pace, progresso e civiltà nel mondo islamico, c'è chiaramente qualcosa che non va.
Come fanno ad essere così buoni e progressisti, se non ci sono le donne?
Ovviamente la risposta giace nella doppia fallacia di A) considerare le donne come buone a priori e B) di considerare queste rivoluzioni come boccate di libertà.
O è falso il dogma A, e qui cascherebbe l'asino delle femministe, o è falso il dogma B, e qui cascherebbe l'asino dell'establishment politico-industriale che vuole presentare i nuovi alleati come santi. Probabilmente sono falsi entrambi, ma per ragioni di politically correct, non si può dire. Quindi s'inventa. Ricordate il Rwanda? Descrivendolo come il cesso che è si sarebbe infranto il dogma A, e quindi si crea tutta una realtà alternativa in cui è un gran bel posto, meglio della Svezia. Solo perché ci sono le donne in Parlamento.
E quindi ecco che ci produciamo in appassionate apologie del micro-corteo femminile nell'ultimo cortile del più sperduto dei villaggi egiziani, ecco che andiamo ad intervistare le ragazzine che mettono in fila le bandiere in Libia mentre i loro coetanei si fanno ammazzare, ecco che ci appassioniamo alla già dubbia vicenda della blogger lesbica pur di far vedere che le donne ci sono eccome che ci sono anche se in realtà non stanno facendo niente, stanno a casa col burqa a fare la calzetta; ecco che esaltiamo questi movimenti come difensori delle donne e immediatamente degradiamo i vecchi a regimi maschilisti. Da notare, Gheddafi aveva fatto più di qualcosa per la parità delle donne e Mubarak aveva severamente vietato l'infibulazione, come pure Saddam non era stato poi un gran misogino; non appena hanno perso il loro valore politico-economico, l'establishment ha attivato la letale arma retorica dell'«oppressione delle donne», vera o finta che sia, indiretta o meno (se le donne si ribellano, significa che prima erano oppresse).
Ecco perché quindi ci si spreca in elogi alle ribelli donne, a costo d'inventarseli: non tanto per solidarietà femminile o perché a qualcuni importi davvero dei diritti delle donne, ma per presentare in una luce positiva il nuovo regime e in una negativa il precedente. È un'arma morale efficacissima: basta dire che le donne appoggiano una cosa, ed essa diventa immediatamente condivisa da tutti, perché è sicuramente cosa buona e giusta (in fondo, l'appoggiano quelle creature superiori che sono le donne!) e poi c'ès empre l'incentivo, il ricatto morale, per il quale, altrimenti, si passerebbe per misogini maschilisti. Questo vale sia nella politica interna che in quella estera, come stiamo vedendo.
È psicologia delle masse, è fine propaganda politica per giustificare agli occhi dei cittadini i voltafaccia dei governi: è vero che una volta eravamo amiconi con l'amico Gheddafi, ma le donne si ribellano a lui, quindi è un gran pezzo di merda. Vale anche nei casi singoli, vedi DSK: si vuol far passare per esecrabile figlio di Satana qualcuno? Basta dire che trattava male le donne e che le donne lo odiano. Addirittura, anche adesso che DSK è stato assolto, si continua a dire che siccome pare fosse un donnaiolo, questo lo rende moralmente inabile ad essere il direttore del FMI. Ma l'ufficio di direttore del FMI è una carica tecnica, una pura questione di abilità: finché rispetti i requisiti e sei bravo, il tuo profilo morale (quel che fai nel tuo letto) è irrilevante, purché tu non metta te stesso o la tua istituzione a rischio; è ovvio che se ti fai ricattare, è meglio che scegli un'altra professione.
(Diverso è il caso del politico: dovendo farsi eleggere, deve (teoricamente) possedere la coerenza di predicare bene e razzolare altrettanto bene. In quel caso sì, nessuno può negare che la gente debba sapere che il candidato di centro-destra è un puttaniere, ma solo in quanto base morale, non in quanto "requisito indispensabile di condotta morale incensurabile": nessuno può dettare la morale pubblica, o si diventa simili all'Arabia Saudita. Un politico potrebbe tranquillamente affermare di essere un dongiovanni venendo comunque eletto, e io non ci vedrei nulla di male.)
Basta dire vagamente che le donne sono svantaggiate, che sia vero o falso non importa, basta dirlo, basta instillare il tarlo, e puoi rovinare un uomo come puoi rovinare un regime straniero agli occhi del popolo.
Ti accorgi di quanto il femminismo si sia degradato, quando viene usato dai media di regime come strumento di indottrinamento della gente, per riempire di paglia la bocca del bue così sta zitto e non ragiona. O, più pessimisticamente, ti accorgi di quanto le idee femministe di superiorità morale (dogma A) siano ben piantate, quando i media di regime le usano per avvallare le proprie imprese coloniali.
A conclusione di questo mio breve
excursus: nel caso pratico in questione, mi sembra ovvio che il corpo di sicurezza femminile di Gheddafi non avesse altra funzione che quella di soddisfare i suoi desideri più inconfessabili. Stupro o non stupro, il ruolo delle sue Amazzoni era poco più che partecipare ai bunga-bunga e alimentare le sue fantasie sessuali: a Berlusconi piacciono le infermiere e le poliziotte (forse perché lui è vecchio e malato e nei guai con la giustizia, e questo lo aiuta a esorcizzare la sua paura della morte e del carcere - mi sorprende non ci mettesse le magistrate, pure), Gheddafi avrà avuto le sue ragioni per preferire le soldatesse.
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http://www.corriere.it/esteri/09_marzo_05/ruanda_donne_oriani_b00f8060-098a-11de-84bf-00144f02aabc.shtml