Taraddozz' 'i mir tust per tutti, e venite tutti a ballare in Puglia Pugliaaa Pugliaaaaa...!
Dal Fatto Quotidiano cartaceo di oggi, p.3.
Un piccolo esercito di vampirone disposte a tutto per un posto al sole di Nicola Lagioia.
Certe donne della borghesia barese
Se dietro un grande uomo si nasconde quasi sempre una first lady di pari statura morale, alle spalle di un faccendiere alita immancabilmente la rapacità di una o molte donne disposte a tutto per mantenere un posto al sole. Se poi la faccenda in questione ruota intorno alla borghesia del capoluogo pugliese, più che di Lady Macbeth si dovrà parlare di un piccolo esercito di abbronzate (e più o meno attempate) vampirone sospese tra le commedie di Balzac e le liaisons dangereuses di Laclos, perché le tante "mogli di notai, avvocati e imprenditori baresi" che secondo
Gianpi Tarantini facevano la fila a Palazzo Grazioli pur di avere un incontro con Berlusconi, sono il prodotto di una scuola di lunga e venerata tradizione, con regole molto precise e benefici quasi sempre assicurati. "Frequentazioni...", è la parola d'ordine di questa Yale levantina.
Si dirà che lo stesso vale per l'alta borghesia di ogni latitudine, ma mentre altrove le mogli dei notabili sono costrette a mascherare la sacra fame dell'oro (loro e dei mariti) attraverso faticosi giochi di specchi che chiamano continuamente in causa fondazioni, gallerie d'arte, stagioni sinfoniche, vernici, festival letterari e filosofici, perfino musicali e tutto ciò che serve a farsi perdonare il pieno di borsette e gioiellini in via Condotti, a Bari (città pragmatica, se mai ve n'è stata una in Sud d'Italia) si va dritti al punto senza troppi orpelli. Ad esempio dall'altra parte, sulla rive gauche, siede un sindaco che non ha neanche sentito il bisogno di nominare un assessore alla cultura... Sul Petruzzelli lasciato a marcire diciott'anni si può insomma all'occorrenza chiudere un occhio e pure due, ma guai perdersi un torneo di Burraco (la vera droga delle signore della Bari-bene), guai saltare un giorno il parrucchiere, guai uscire al sabato indossando meno di diecimila euro, solitario escluso. E poi scuole private per i figli undicenni (meglio se gestite da una qualche prelatura), Lambretta vintage k2 per i figli dodicenni, inutile vacanza-studio a Oxford per i figli tredicenni (al ritorno a Bari parlano il cattivo inglese con cui sono partiti, ma in compenso hanno appreso le proprietà di ketamina e speed), BMW Serie3 Cabrio per i figli sedicenni (Cassano in Ferrari senza patente sul Lungomare Nazario Sauro è purtroppo come sempre un parvenu – le auto di grossa cilindrata affidate a minorenni , a Bari, sono copyright dei figli di notai e commercialisti). E il giardiniere ogni due giorni? E lo yacht di seconda mano appartenuto al genero di Abramovich? E il botox? E il brivido di una vacanza in Croazia pagata miracolosamente il triplo di una in Costa Smeralda? Le amazzoni di Gianpi Tarantini rappresentano però soltanto l'ultima release di questa serie storica, perché (ecco la vena malinconica che a volte solca inavvertitamente le fronti delle abbronzate signore) sull'altra metà del cielo barese non è mai tramontato l'astro di Bettino Craxi. Il privilegio è tutto, l'effimero lo è ancor di più, e pur di mantenere l'uno e l'altro si sarebbe disposti a rinunciare perfino a un finale di partita (a Burraco) per una gita a Palazzo Grazioli. Del resto, tutto era molto ben documentato in un filmaccio di una ventina d'anni fa. Titolo: “La Riffa”. Protagonista: una imbarazzante Monica Bellucci al suo esordio assoluto sul grande schermo, sideralmente lontana da Philippe Garrel e dai lidi veneziani.
La storia è quella della moglie di un industriale barese che si ritrova all'improvviso vedova, piena di debiti, con figlio a carico. Il problema non è ovviamente la sopravvivenza, ma difendere il precedente tenore di vita. La soluzione: organizzare – d'accordo con l'avvocato di famiglia, uno dei tanti principi del foro che regnano sulla città – una riffa a cui far partecipare i facoltosi amici del neo defunto. Ognuno versa cento milioni e al vincitore è dato di disporre a piacimento della piacente signora.
Papale papale, dritto al punto, e senza troppi orpelli. Così, se la borghesia italiana – nelle parole dell'Orson Welles pasoliniano – si può considerare "la più ignorante di tutta Europa", nell'ambito questa obsoleta classe dominante quella barese (al femminile, e dunque specularmente nel gioco delle parti anche al maschile) si può considerare a propria volta una borghesia settimina, infantile, molto lontana dall'aver imparato che il privilegio va condito con salse minimamente raffinate. Le Agnelli collezionano opere d'arte, le Moratti recitano Shakespeare e G.B. Shaw o al limite si occupano di Emergency, e perfino Veronica Lario ha sentito il bisogno di andare a ripetizione da Cacciari. Così, tenendo conto che i tempi stanno cambiando un'altra volta, se mai le signore della borghesia barese avessero voglia di uscire da quei giustificati complessi da eterne provinciali che sotto sotto coltivano con le rose dei loro giardini, tra una frequentazione e l'altra dovranno cominciare a intendere la propria vita come un faticoso ma utililissimo corso di recupero. Prendere di tanto in tanto un libro in mano. Recarsi a teatro cercando di capire cosa succede sulla scena. Partecipare alla vita cittadina in modo un po' più attivo e sensato, così da permanere nella memoria collettiva un po' più a lungo dell'ennesimo smart-phone acquistato senza sapere come funziona. Se relazioni pericolose devono essere comunque, che il loro stile arrivi almeno ai tacchi della marchesa de Merteuil.