Autore Topic: L’improbabile lapidazione di Kate Omoregbe  (Letto 1060 volte)

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L’improbabile lapidazione di Kate Omoregbe
« il: Settembre 11, 2011, 16:59:16 pm »
Citazione
L’improbabile lapidazione di Kate e una piccola lezione di diritto per Frattini & C.

Scritto da Miguel Martinez
Martedì 06 Settembre 2011 19:36

di Miguel Martinez.

Diventa sempre più surreale la vicenda di Kate Omoregbe, la signora nigeriana di etnia Edo, condannata per possesso di droga, che cerca asilo politico in Italia affermando di rischiare la lapidazione per essersi rifiutata di sposare un uomo più vecchio e di convertirsi all’Islam. Lasciamo a voi giudicare la plausibilità di tali affermazioni, in base alla documentazione che abbiamo raccolto nei due articoli precedenti sul tema, qui e qui.  E passiamo all’affollata piazza mediatica italiana, dove è tutto uno strombazzare di clacson. Sul caso Omoregbe si stanno esprimendo in tanti, secondo le proprie competenze. Troviamo così l’onorevole Francesco Laratta, che si vanta di essere uno dei massimi esperti italiani della cantante Mina;

l’arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano, mons. Salvatore Nunnari, ché in Italia i preti sono come il prezzemolo; e Sinistra Ecologia e Libertà di Taurianova, che dedica a Kate Omoregbe la propria festa.

La nostra vecchia amica, l’onorevole Souad Sbai (alias “Yassine il marocchino“), come al solito ha capito tutto:

“Con questo non voglio giustificare gli errori di Kate, che vanno condannati, ma forse in pochi hanno capito che, dopo la sua conversione al cristianesimo, qualsiasi persona nel suo Paese può ora permettersi di ucciderla senza neanche rischiare la galera.”

Spieghiamo all’onorevole Souad Sbai, che sappiamo legge questo blog con un interesse tutto particolare, che nessuno ha mai detto che la signora Omoregbe si sarebbe convertita al cristianesimo, essendo nata cristiana; e che la legge dello stato di Edo in Nigeria non prevede nulla di ciò che Souad Sbai teme. Lo specifica tra l’altro una nota del governo canadese, emessa a quanto pare proprio in occasione del respingimento di una fantasiosa richiesta di “asilo politico” da parte di qualche compaesano/a di Kate Omoregbe.

Con un’azzardata manovra, sorpassa però rumorosamente tutti una certa Viviana Daloiso in un articolo sull‘Avvenire.

Viviana Daloiso è professore a contratto di bioetica dell’Università di Macerata, nonché ricercatrice presso l’università del Sacro Cuore di Roma. Da un’occhiata che ammettiamo breve e superficiale, ci sembra di capire che la signora Daloiso si occupi soprattutto di trapianti, anticoncezionali e affini.

Da questo rispettabile campo di studi, è passata al volo all’africanistica, con un articolo in cui – presumiamo involontariamente – demolisce punto per punto le tesi dei sostenitori di Kate Omoregbe.

Scrive commossa la signora Daloiso:

“Il dramma di Kate Omoregbe, classe 1977, è iniziato dieci anni fa. Quando, poco più che ventiquattrenne, è dovuta fuggire dalla sua Nigeria per sottrarsi a un matrimonio combinato e alla conversione forzata dal cristianesimo all’islam. Coraggiosa, Kate, con il sogno dell’amore vero nel cuore e la fede più forte di tutto, anche dell’affetto per i propri cari: dall’Africa s’è incamminata sola lungo le vie dei viaggi della disperazione e – chissà a quale prezzo – è riuscita ad arrivare in Italia. Qui s’è integrata, ha trovato lavoro, alla fine è persino riuscita a ottenere un regolare permesso di soggiorno. Senza però esser capace di cancellare quel distacco violento dalla sua terra, quella paura, che nel corso del tempo l’hanno logorata e convinta a trovare rifugio nella droga. Così nel 2007 Kate è stata arrestata per uso di sostanze stupefacenti e condannata a scontare quatto anni di carcere a Castrovillari, in Calabria.

Una «punizione giusta», scrive la giovane donna nella lettera indirizzata al presidente dell’associazione, Franco Corbelli, «che meritavo per l’errore che ho commesso». E che tuttavia ora rischia di concludersi con la morte di Kate, stritolata tra le intransigenze di due leggi: quella (inaudita) nigeriana, secondo cui la donna che rifiuta un matrimonio e la conversione merita d’essere lapidata, oppure sfigurata con l’acido; e quella della legge italiana, secondo cui una condanna impedisce il rinnovo del permesso di soggiorno e comporta l’immediata espulsione di un immigrato.”

La petizione ufficiale [1] a sostegno di Kate Omoregbe dice che la signora è arrivata in Italia quattordici anni fa e non dieci.

Che è stata arrestata nel 2008 e non nel 2007.

La petizione prima descrive un insolito scenario di una badante che vive con altre connazionali, invece che in casa di qualche vecchietta italiana; e poi dice:

“One morning, in February 2008, while she was alone, her house is raided by the police and in her home police found a very small amount of marijuana.
 Kate Omoregbe is arrested, although she always proclaimed her innocence.
 The marijuana was of her friends and she said she never drank or smoked a cigarette.”

Mentre per la signora Daloiso, Kate Omoregbe sarebbe certamente colpevole, ma pentita.

Insomma, due versione completamente diverse.

Ma la cosa fantastica è quel riferimento alla “legge nigeriana” che prevederebbe la condanna a morte tramite lapidazione per chiunque rifiuti di convertirsi all’Islam.

Facciamo umilmente presente alla docente a contratto Viviana Daloiso che in Nigeria abitano circa 160 milioni di persone.

Circa metà sono cristiane, metà musulmane.

Lasciamo a lei calcolare quanti sassi ci vorrebbero per far fuori 80 milioni cristiani. Nemmeno a smantellare la Grande Piramide di Giza…

Il primo da far fuori sarebbe l’attuale presidente della Nigeria, il signor Goodluck Jonathan, che è un cristiano. Eletto un anno fa con il 77,7% dei voti: cioè di quasi tutti i cristiani e di metà dei musulmani.

Vedete, a leggere i blog invece di Repubblica, anche un professore universitario può imparare qualcosa di utile.

A proposito di Repubblica, l’articolo on-line che parla di Kate Omoregbe (affidata all’ex-attrice Shukri Said) si modifica di ora in ora, con l’aggiunta di dettagli sempre più spettacolari, ma senza il minimo cenno di scetticismo. Nonostante ci siano anche state persone che hanno scritto a Repubblica invitando a un minimo di razionalità.

Il colmo è l’intervento congiunto di Mara Carfagna e di Franco Frattini. Stendiamo un pietoso hijab sulla prima, ma ricordiamo che il secondo è ministro degli affari esteri del nostro paese. Noi lo paghiamo e ci aspettiamo, ad esempio, che sappia fare cose semplici come distinguere l’Austria dall’Australia.

I due scrivono:

“Il Governo italiano è impegnato a salvare la vita di Kate e a evitarle la pena di morte che presumibilmente le toccherebbe in sorte nel suo Paese di origine” [...].

“L’Italia è da sempre in prima fila nella battaglia per la moratoria sulla pena di morte nel mondo e in quella per il rispetto dei diritti delle donne: questa battaglia, oggi, passa anche per la vicenda di Kate. Il Governo ringrazia le autorità competenti che si sono attivate per affrontare il caso, le organizzazioni laiche e religiose che hanno offerto aiuto e disponibilità, le migliaia di persone che si sono mobilitate: tutti loro rappresentano, insieme, l’esempio più lampante che l’Italia è un Paese attento, generoso ed accogliente”.

Franco Frattini deve conciliare due esigenze opposte dei propri elettori: vogliono cacciare fuori dall’Italia i delinquenti extracomunitari; e vogliono salvare dall’orco islamico una povera cattolica.

Ora, la legge italiana soddisfa in pieno la prima esigenza, e quindi impone l’espulsione della nigeriana condannata per spaccio. Frattini non ha la minima intenzione di cambiare questa legge, che è il vero problema.

E allora si inventa dal nulla una “condanna a morte” in Nigeria per la signora Omoregbe; e l’Italia, si sa, non permette di espellere le persone verso paesi in cui saranno condannate a morte.

Il problema è che la legge nigeriana non ha accusato la signora Omoregbe nemmeno di una violazione del codice stradale. Neanche il creativo signor Franco Corbelli, nell’appello in difesa di Kate Omoregbe, si era permesso di dire che la magistratura nigeriana l’avesse accusata di alcunché.

Mettiamo in chiaro un concetto: la Nigeria non la sta cercando proprio, la signora Omoregbe.

Insomma Frattini racconta una balla galattica su un paese che è governato, oltretutto, da un partito di centrodestra. Speriamo che abbia almeno la scusante di non sapere nemmeno dove si trovi la Nigeria sull’atlante.

Tanto in questa storia, nessuno chiede il conto di niente.

Nota:

[1] Diciamo la “petizione ufficiale” perché nel lancio del caso, il signor Franco Corbelli ha fatto capire che la petizione fosse stata lanciata da Care2 (vi ricordate, Giornalettismo, ““Una delle piu’ importanti associazioni americane per i diritti umani, Care 2, ha avviato una petizione on line in favore della ragazza nigeriana”).

In realtà, la petizione originale a favore di Kate Omoregbe si trova sul sito The Petition Site, dove ognuno è libero di inventarsi la petizione che vuole; e se abbiamo capito, viene semplicemente ripreso sullo spazio personale di un certo Marco Galli su Care2.

Questo Marco Galli, di Santa Luce in provincia di Pisa, non deve essere esattamente un africanista, visto che la sua principale preoccupazione sembra essere di dimostrare che “l’omeopatia non è una superstizione“. Insomma, ci sembra un’eco più che la voce.


http://www.megachip.info/tematiche/democrazia-nella-comunicazione/6732-kateetc.html