http://27esimaora.corriere.it/articolo/part-time-il-nuovo-tabue-se-lo-facessimo-crollare/#more-2268Part Time: il nuovo tabù
E se lo facessimo crollare?
di Ilaria Sacchettoni
Alla festa nuziale del ministro della Funzione Pubblica, Renato Brunetta, si discute sotto il cielo stellato:
«Possibile che una donna debba sentirsi in colpa se vuol fare la casalinga?» dice l’invitata avvolta in una tuta lillà, frusciante fino ai piedi.
«Ormai è un tabù al contrario!» le fa eco un’altra, in abitino con swarovski. E ancora: «Ho amiche che stanno impazzendo, che mi dicono “io non ce la faccio più con questo carico di lavoro sulle spalle (la professione, la casa, i figli, ndr)”, insomma le sento sempre più infelici e stravolte».
Una terza annuisce, empatica, oscillando, leggera, su sandali acrobatici. Si va avanti così, ma senza lo scintillio di un’idea la conversazione (un lungo sfogo) invecchia precocemente.
A quel punto è lui, uno dei presenti, marito della donna dalle caviglie funamboliche, a prendere la parola con decisione e praticità: «Eppure, secondo me, la soluzione è a portata di mano:
si destinano le donne all’impiego pubblico e, in questo modo, le si rinconcilia con i tempi di vita. Finisci le tue sei ore e te ne vai a casa. A quel punto hai il tempo per fare tutto quello che vuoi: famiglia, bambini, cinema, insomma quello che ti pare, giusto?».
Fra sospiri e battute, ecco l’ approvazione delle signore. Un’adesione liscia che si fa strada come un cocktail troppo zuccherino, nella terrazza senza un refolo d’aria. Si può nutrire diffidenza verso un inquadramento così indeformabile e perfino un po’ vintage considerato che il posto nell’amministrazione statale è un’aspirazione sepolta da tempo. E personalmente non sono convinta, ma il fatto è che, in casa nostra, il part time è tanto ambiguo quanto sottoutilizzato. Adottato magari per evadere i contributi, in realtà è una soluzione dispari (le donne che lavorano mezza giornata sono il 14%, gli uomini il 7,9%) che ricorda tanto il tempo pieno.
Ma allora? Che senso ha?
Intanto gli ultimi dati disponibili di Eurofound, Part Time in Europe 2010, lasciano intravedere che i fan delle 4/6 ore sono in crescita ovunque. Dunque non solo tra gli ospiti di Titti e Renato.
In Olanda è ormai un testa a testa fra dipendenti part time e nostalgici delle otto ore. Il 48,3% della popolazione femminile si attesta su una giornata lavorativa dimezzata come pure il 39% di quella maschile.
In Germania è part time il 26, 1% delle donne e il 19% degli uomini.
In Svezia il 27% della popolazione femminile e il 19,7% di quella maschile e in Danimarca il 26% delle donne e il 21% degli uomini.
In Gran Bretagna, poi, è quasi parità. Le donne a tempo ridotto sono il 26,1%, gli uomini il 24%. La Romania addirittura spariglia con il 15% di uomini part time e il 9,8% di donne.
Non sarà il caso di rifletterci meglio, magari alla luce del sole?1) odioso il tono della giornalastra quando descrive le donne che hanno preso la parola (e che evidentemente non la pensano come lei): "l'invitata avvolta in una tuta lillà, frusciante fino ai piedi"..."le fa eco un'altra, in abitino con Swarovski"...etc.
2) si parla di part-time come se il mondo del lavoro fosse composto solo da colletti bianchi. Vaglielo a dire al capo reparto di una catena di montaggio o al capo operaio di una squadra di sterratori che vuoi il part-time, che vedi cosa ti risponde.
Ma quella fessacchiotta della giornalastra evidentemente vive in un mondo tutto suo ("le donne che lavorano mezza giornata sono il 14%, gli uomini il 7,9%"). E grazie al cazzo! Come se il mondo operaio non esistesse.
3) sempre più donne "nun gliela fanno", capiscono che la realtà è ben diversa da quella descritta dalle riviste. Altro che multi tasking e minchiate varie. Sempre più stressate, sempre più infelici. Questo è ciò che volevano?
4) La "maggioranza silenziosa" (delle donne) comincia a parlare, e le parole che sento vanno in direzione diametralmente opposta agli idioti dogmi femminastri. Bisogna lavorare per far si che la loro voce goda di una buona "amplificazione".