http://sindacatomedicitaliani.waypress.eu/cgi/ImageCgi.cgi?f=20170918/MG91063.TIF&t=pdfocrNel 2017 i decessi sul lavoro salgono del 5,2%
MARCO RUFFOLO
ROMA. Quando basta un po' di ripresa eco-
nomica, accompagnata da un maggior uti-
lizzo di lavoratori over 60, per far risalire il
numero di infortuni e di morti sul lavoro, si
torna inevitabilmente a dubitare dei pro-
gressi realizzati dal nostro Paese per met-
tere in sicurezza fabbriche e cantieri. Per
la prima volta da un quarto di secolo, inci-
denti e morti aumentano entrambi nei pri-
mi sette mesi dell'anno: rispettivamente
dell' 1,3 e del 5,2 per cento. Se dopo gli inne-
gabili progressi del passato, prevenzione e
controlli subiscono una battuta d'arresto -
e questo sembra sia successo durante gli
anni della crisi - è ovvio attendersi (adesso
che la crisi è passata) che il maggior nume-
ro di ore lavorate ci consegni un proporzio-
nale aumento di incidenti. Difficile che il di-
soccupato di lungo corso che trova final-
mente lavoro, anche se precario, si metta a
questionare se in un cantiere c'è scarsa
protezione contro le cadute dall'alto, o se
in fabbrica la pressa meccanica che lavora
le lamiere non ha sistemi di trattenimento
in caso di guasto.
LE STORIE DIETRO Al NUMERI
Fatto sta che alla fine la lista delle morti,
definite inspiegabilmente "bianche", tor-
na a infittirsi allungando un'ombra sini-
stra sulla ripresa economica. Sei settem-
bre, Settimo Milanese: schiacciato da una
pressa in un'azienda di componenti mecca-
nici. Stesso giorno a Roccavione (Cuneo):
stritolato dal macchinario di una cartiera.
Nove settembre, Presicce (Lecce): precipi-
tato da otto metri mentre stava lavorando
sul tetto di un capannone. Stesso giorno a
Oppeano (Verona): colpito dal gancio me-
tallico sospeso di un'acciaieria. Undici set-
tembre, Milano: schiacciato da un ponteg-
gio crollato improvvisamente all'interno
di un cantiere edile. Dietro queste storie
maledette, sono le statistiche dell'Inail, l'I-
stituto nazionale per l'assicurazione con-
tro gli infortuni sul lavoro e le malattie pro-
fessionali, a testimoniare la recrudescen-
za di questa interminabile strage. Tra gen-
naio e luglio gli incidenti sul lavoro denun-
ciati (ma non ancora riconosciuti come ta-
li) sono stati 380.236, contro i 375.486 de-
gli stessi mesi di un anno fa. I morti sono sa-
liti da 562 a 591, ventinove in più. Quindici
di questi sono legati a due note vicende del
gennaio scorso: la frana sull'hotel di Rigo-
piano e la caduta dell'elicottero di soccorso
nei pressi di Campo Felice.
LE VITTIME INVISIBILI
Dunque: cinquecentonovantuno morti
in sette mesi, quasi tre al giorno. La mag-
gior parte di loro (431) ha perso la vita sul
posto di lavoro, gli altri 160 (in forte cresci-
ta) durante il tragitto da casa alla fabbrica
o al cantiere. Ma non per tutte queste tra-
gedie i superstiti riceveranno un indenniz-
zo dall'Inail (in genere pari a metà della re-
tribuzione): bisognerà dimostrare che l'in-
fortunio è legato al lavoro svolto. E soprat-
tutto che il lavoratore fosse iscritto all'I-
nail prima di perdere la vita. Di solito viene
riconosciuto un 65% dei casi denunciati. Si
presume dunque che saranno alla fine cir-
ca 380 gli incidenti mortali indennizzabili
per i primi sette mesi dell'anno. Ma lo sa-
premo solo tra un anno.
«È come se il 35-40% di quei morti sparis-
se», commenta Carlo Soricelli, che da Bolo-
gna cura da anni un osservatorio indipen-
dente che monitora gli infortuni mortali
sul lavoro. «Questo succede perché molti
non sono iscritti all'Inail o sono in nero. So-
lo
un esempio lampante: i pensionati
schiacciati dai trattori in campagna. Sono
già 105 dall'inizio dell'anno, ma ufficial-
mente non esistono». Del resto, non è una
novità che moltissimi incidenti non solo
non vengono indennizzati ma sfuggono
del tutto alle stesse statistiche nazionali:
infatti manca in Italia un ente pubblico in-
caricato di registrare la totalità degli infor-
tunati, e non solo quelli iscritti all'Inail.
LA MALEDETTA RIPRESA
Ma torniamo ai motivi che hanno inter-
rotto quella che i dati ufficiali hanno finora
definito una caduta storica delle morti sul
lavoro, anche se contestata dall'Osservato-
rio di Bologna. Negli ultimi sedici anni i de-
cessi si sono più che dimezzati. E la mag-
gior parte di questo crollo è avvenuto
nell'ultimo quinquennio. Merito del mag-
giore livello di conoscenza e di consapevo-
lezza. Merito della crescente automazione
produttiva. E ad abbassare la frequenza de-
gli incidenti ha contribuito anche la crisi
economica. Ma se questo è l'andamento
degli ultimi decenni, che cosa sta succe-
dendo adesso? Perché per la prima volta
aumentano sia la totalità degli infortuni
sia le morti sul lavoro?
«È chiaro - dice Franco Bettoni, presi-
dente dell'Anmil, l'associazione dei lavora-
tori
mutilati o invalidi del lavoro - che la
preoccupante crescita degli infortuni di
questi mesi, concentrata soprattutto nelle
attività industriali e nelle aree più produt-
tive del Paese (Nord Ovest, Lombardia in
testa, e Nord Est), debba in qualche misu-
ra ricondursi ai segnali di ripresa dell'eco-
nomia». Insomma, più si lavora e si produ-
ce, più si è esposti al rischio di infortuni.
Ma siamo sicuri che è tutta colpa della cre-
scita?