Il gip: voleva far adottare il figlio, poi l’ha ucciso
«Federico è scivolato dal pedalò, è stato un incidente». Lucida e determinata, Laura P. risponde senza lacrime alle domande del gip Marco Mezzaluna. Giura ancora una volta di non aver ucciso il suo bambino di 16 mesi il 9 agosto scorso; ripete di averlo lasciato sotto l’ombrellone all’Argentario credendolo addormentato. Alla fine di due ore di interrogatorio nel carcere di Rebibbia il giudice dispone i domiciliari in un reparto psichiatrico e due incidenti probatori: uno sullo stato di salute di Laura, l’altro sulla sua telefonata al 118 del 13 marzo scorso, dopo che il piccolo era quasi annegato nella vasca da bagno della casa di Roma.
Nell’ordinanza di custodia il dato di partenza è il «preoccupante quadro di disagio psichico della P.,
risalente nel tempo e acuitosi in seguito alla nascita di Federico». La situazione esplode ad agosto 2010, con la depressione post partum. La madre vede nel bimbo «
la causa della rottura dell’equilibrio familiare perfetto» e vuole liberarsene: tenta addirittura di darlo in adozione alla pediatra. Perciò il delitto, per il giudice, non è che «il drammatico epilogo della
precisa volontà della donna di eliminare il figlio». In questa chiave l’attesa sulla spiaggia della Feniglia, prima di correre all’ospedale di Orbetello, ha una sua «spiegazione logica»: la P., fallito il tentativo del 13 marzo, «
questa volta voleva essere sicura che il bambino non si potesse salvare».
Per il gip l’omicidio di Federico «è una sorta di morte annunciata», che avviene «sotto la sostanziale inerzia dell’ambiente familiare della donna». Le intercettazioni e le testimonianze rivelano che alcuni congiunti sono convinti «circa la volontarietà del gesto dell’indagata». In un’occasione Laura sbotta con i familiari: «
Toglietemi di mezzo ‘sto ragazzino, sennò l’ammazzo». E in una telefonata Lorenzo C., il padre del bimbo, viene rimproverato dal fratello: «
Tu non ti sei reso conto delle condizioni di tua moglie e non hai fatto nulla». Sembra che davvero il commercialista, a sua volta indagato, non abbia compreso la gravità della situazione. Al punto che l’8 agosto, il giorno prima del delitto, comunica allo psichiatra che la moglie è «completamente guarita», anche se ha «sospeso di sua iniziativa la terapia farmacologica prescritta».
Un mese dopo, l’8 settembre, un anonimo invia un esposto alla procura di Grosseto sottolineando il collegamento fra l’omicidio e il tentato omicidio. Qualcuno dunque sa (ma chi?) e con la sua denuncia convalida l’ipotesi dei carabinieri di Orbetello, che in quelle settimane stanno ricostruendo le incongruenze dei racconti di Laura. Tra le contraddizioni c’è n’è una che, per il giudice, «apre uno scenario inquietante»: quando la P. chiama il 118, il 13 marzo, chi risponde sente che Federico «sta piangendo». Il dettaglio «induce a ritenere che l’affogamento sia avvenuto dopo la telefonata». Anche sul pedalò il piccolo era in lacrime, sottolinea Mezzaluna, come se fosse proprio il pianto del bambino a scatenare «l’impulso omicida» della madre.
http://www.quotidianamente.net/cronaca/fatti-dallitalia/il-gip-voleva-far-adottare-il-figlio-poi-lha-ucciso-6204.htmlLa madre aveva tutte le intezioni di ammazzare il figlio, in quanto suo dire minava "l'equilibrio famigliare perfetto".