Autore Topic: La ricetta del New York Times per il pansessualismo di stato  (Letto 924 volte)

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Offline jorek

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La ricetta del New York Times per il pansessualismo di stato
« il: Novembre 18, 2011, 12:16:21 pm »
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La ricetta del New York Times per il pansessualismo di stato
Dimenticatevi i cetrioli, contro i preti e gli igienisti, il giornale scova il pedagogo che insegna il “buon sesso”

Perfino quella chiesa del laicismo che è il New York Times deve ammettere che l’educazione sessuale fatta con i cetrioli e le banane inguainati con la plastica – cioè la scuola dominante in America – non porta molto frutto. Il numero del New York Times Magazine in edicola domani pubblica un lungo articolo dal titolo esplicito: “Teaching the good sex”, insegnare il sesso buono, quello lontano tanto dalla riduzione igienista quanto da quella oscurantista, equidistante dai preti che parlano solo di astinenza e dalle cliniche di Planned Parenthood che con un pezzo di plastica s’illudono di cambiare il mondo.

Il più importante giornale d’America e del  mondo sembra dunque essersi accorto che la relazione sessuale è una cosa più complicata del gioco di attriti, della prevenzione, delle malattie veneree e del controllo delle nascite. Per Charles Eliot, storico rettore di Harvard e padre dell’educazione sessuale americana, la faccenda era talmente importante che rifiutò il posto di ambasciatore a Londra con il quale il presidente Woodrow Wilson credeva di farlo felice; ma la sua prospettiva era limitata all’“igiene sociale”, scienza che avrebbe marginalizzato le malattie trasmesse sessualmente attraverso un “uso proprio della sessualità” e che naturalmente doveva, per penetrare in modo capillare nella società, essere insegnata nelle scuole. Eliot credeva fermamente che il sesso dovesse limitarsi al rapporto fra marito e moglie, ma sosteneva questa tesi con piglio statistico: i rapporti stabili ed esclusivi sono meno esposti a quelle complicazioni sanitarie così comuni nei rapporti occasionali.

Per spiegare la terza via fra la sbrigliatezza post rivoluzione sessuale e i divieti religiosi – che secondo il New York Times costituiscono l’impostazione dominante, dato smentito dalle ricerche, tanto per fare un paio di esempi, della Kaiser Family Foundation e della Harvard School of Government – il magazine racconta la storia di  Al Vernacchio, professore cattolico e gay che insegna un corso intitolato “Sessualità e società” in una scuola privata di Philadelphia. Com’è che il suo è il “buon sesso”, mentre quello degli altri è immancabilmente cattivo? Primo, perché usa la metafora abbastanza elementare del baseball, dove le squadre si alternano in attacco e in difesa (il predatore e la preda, di solito lui maschio e lei femmina), ognuno ha le sue posizioni, l’home run è una cosa molto bella per chi attacca e pessima per chi difende e per arrivare alla casa base dell’orgasmo bisogna passare dai preliminari delle basi precedenti. Le battute sul manto erboso sono parte integrante del corso. I ventidue teenager che seguono il corso sono estasiati dalla naturalezza con cui Vernacchio parla dell’esperienza sessuale e la vita di almeno uno di loro è stata cambiata quella volta in cui il professore ha detto che “la lunghezza del pene non conta” (evidentemente frasi da bagno della scuola tipo “non è importante la grandezza del martello ma come batti il chiodo” si sono perse nel ricambio generazionale).

Vernacchio è un quarantasettenne che piace al New York Times perché è abbastanza scanzonato da saper parlare agli studenti e abbastanza preparato (ha un master in “sessualità umana”; sì, esistono anche i master in sessualità animale) per dare autorevolezza al suo modello educativo. Il fulcro del suo pensiero è che il sesso è una cosa buona e, in quanto tale, va insegnata nelle scuole con metodi appropriati. Le famiglie, dice Vernacchio, questo lavoro educativo non lo fanno più, le parrocchie lo fanno male e le associazioni per il controllo delle nascite lo fanno troppo in superficie. Quello che si vuole, dunque, è una miscela psicologica che sappia conquistare cuori e menti di giovani che si accostano al sesso. E non solo all’altro sesso.

Il vicepresidente di Planned Parenthood Federation of America, Leslie Kantor, dice che nelle scuole “ormai c’è solo l’educazione sessuale basata o esclusivamente ridotta all’astinenza” e nel grande racconto del Times non manca la parte in cui si spaventa il lettore con l’elenco delle brutture educative generate dall’astinenza. Tipo il video dal titolo apocalittico “No Second Chances”, in cui uno studente chiede a un’infermiera cosa succederebbe se avesse rapporti sessuali prima del matrimonio. “Credo che ti dovresti preparare alla morte” è la risposta surreale dell’infermiera.

Il corso di Vernacchio contiene, secondo il Times, tutto quello che uno stato, una città, un’autorità costituita a scelta dovrebbe avere per insegnare ai ragazzi il sesso senza moraleggiare e senza inibire frettolosamente la questione con la chimica o con la plastica. Il pansessualismo sui banchi di scuola a Philadelphia spiega la reciprocità del sesso orale, la poetica dei preliminari, il lanciatore e il battitore (doppio senso) e tutte quelle altre cose che gli uomini e le donne vorrebbero scoprire per i fatti loro, e lo fa con andamento filosofico e persino morale. Tanto che il Times lo chiama senza indugi il “buon sesso”.

Impegnato com’è a imbrodarsi nella rivoluzione pansessualista, il giornale dimentica che il sindaco di New York, Michael Bloomberg, ha approvato una riforma dell’educazione sessuale che obbliga tutte le scuole pubbliche ad aumentare drasticamente il numero delle ore dedicate alla disciplina. Le linee guida sui contenuti assomigliano decisamente a quelle applicate da Vernacchio, dove i consigli della nonna s’incontrano con la terapia di gruppo e tutti insieme vanno a ingrossare le fila dell’educazione di stato, magari con un sottofondo di musica new age. Assieme a diversi leader religiosi, il vescovo di New York, Timothy Dolan, s’è scagliato con il suo solito spirito battagliero contro la proposta di Bloomberg. Prima delle contestazioni sul contenuto, il prelato ha puntato il dito contro una riforma che lede la libertà educativa delle famiglie. Ma ora che il New York Times dice di aver finalmente trovato il “buon sesso”, chi avrà il coraggio di contestare una tanto splendida e pansessualista educazione di stato?

© - FOGLIO QUOTIDIANO

di Mattia Ferraresi