Scusate il doppio post.
Mi spiego a scanso d'equivoci.
La domanda non è se le donne siano capaci di essere scrittrici, compositrici, filosofe, innovatrici. Lì la risposta è chiaramente sì. Il problema è perché non lo sono.
Perché si è costretti ad ogni sorta di artificio, dalle quote rosa alla tassazione di sesso, per sbloccare questo benedetto "futuro in rosa", in cui ci saranno solo pace, armonia, benessere coronati dal "pizzico d'ironia" femminile? Tutto è dato alla donna che voglia approfittarne, eppure il cadavere del maschio ancora non passa lungo il fiume della Storia.
Siamo costretti a ricorrere a statistiche farlocche, a proclami da balcone di palazzo Venezia, per dichiarare una vittoria inesistente. Si esulta per un 61% di laureate donne e ci si dimentica che è una questione legata al censo: fra i poveri, i maschi possono comunque trovare lavori soddisfacenti senza titoli di studio, mentre le donne debbono studiare e magari ci si appassionano; fra i ricchi, la percentuale di laureati è 50 e 50 spaccata. E mille altri esempi.
Se, per ipotesi, venisse a crollare lo stato di diritto, o almeno venisse dimenticata la nozione di "pari opportunità" e i conseguenti artifici, le donne tornerebbero allo stato di partenza, perché il Padre-Stato (che ha sostituito il Padre-Patriarca-Marito come protettore e fornitore di ricchezza) non c'è più. Senza i bizantinismi alla svedese, non ci sarebbe nulla.
Bisognerebbe rifletterci, senza pregiudizi di sorta.
Probabilmente la risposta è più complicata che un semplice "maschilismo", e passa per la concezione stessa di società.