Alcune donne hanno necessità (non solo “desiderio”: proprio “necessità”):
1. Di sentirsi vittime innocenti. Occhio, però: vittime innocenti non in virtù di un’effettiva, contingente e individuale innocenza e a fronte di un effettivo, contingente e individualmente subìto torto. Hanno necessità di sentirsi tali ontologicamente, per definizione, per nascita e per natura.
2. Per contraltare, di un colpevole che sia tale in virtù di quello che è e non in virtù di quello che fa. Un colpevole verso cui sentirsi eternamente, ontologicamente e collettivamente in credito. Per definizione, questo colpevole deve essere non-donna.
3. Di un capro espiatorio verso cui sfogare la propria rabbia, il proprio rancore, la propria invidia, potendo credere che questo sfogo non sia un atto arbitrario e isterico, ma una giusta causa prometeica, la giusta ribellione di un’Innocente nei confronti di un Colpevole.
4. Di sentirsi, brechtianamente, dalla parte della ragione, dei più, del politicamente corretto.
5. Di un’ideologia che dia (una parvenza di) fondamento teorico alla loro percezione per natura distorta dell’equilibrio tra propri diritti e propri doveri.
Il femminismo ha successo perché, secondo la legge della domanda e dell’offerta, risponde con un unico prodotto a tutte queste necessità.