Autore Topic: Soldatesse e ipocrisia maschile  (Letto 29335 volte)

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Offline Mercimonio

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #60 il: Marzo 26, 2013, 08:50:27 am »
non saprei.
con le leggi attuali basta molto poco per una soldatessa per denunciare qualcuno per molestie o anche solo violenza verbale.


Offline fabriziopiludu

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #61 il: Marzo 26, 2013, 11:30:30 am »



 In "Un Medico in famiglia" lodano la BRUTALITA' delle donne Capitano delle Guardie di Finanza.


 

Offline joani

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Re: Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #62 il: Novembre 22, 2015, 17:01:11 pm »
[Anch'io ho fatto il militare a suo tempo e su questo mi sono fatto una mia personale opinione
il combattimento con la vita come posta in gioco e da sempre prerogativa maschile credo che la cosa sia scritta a livello biologico nel maschio (che sia tale) Ogni uomo produce la sua quota di violenza potenziale che poi sfoga nello sport nel lavoro e ..... in guerra e sempre stato cosi e la cosa e ampiamente dimostrata anche in natura tra gli animali, attenzione.... questo comportamento (al di la dei giudizi morali) e proprio del maschio nel senso di genere
ogni intromissione come quella delle femmine (che ne sono prive) nelle forze combattenti e 
una specie di corto circuito a danno della coesione e del cameratismo che si sviluppa nella sua forma + nobile solo tra maschi ogni femmina per il solo fatto di esserlo distrugge questo delicatissimo valore aggiunto in quanto portatrice sana di "figa" rappresenta il + deleterio e distruttivo "diversivo" o distrazione capace di rammollire intere caserme, che non a caso sono diventate come dei campus universitari con tutti gli annessi e connessi che conosciamo
un maschio proprio per questi atavici motivi e titubante a impegnarsi in combattimento con una donna perché siamo ancora prigionieri  di tabu che di fatto ci legano le mani e nel frattempo come si comportano loro (le donne) hanno capito questo e grazie alla classe politica e militare fatta di autentici fessi e + in generale al politicamente corretto progressista (leggi femminista) si arruolano in massa consapevoli che una volta entrate il "fortino" crollerà,  quanti uomini (veri) militari convinti
si farebbero comandare da una femmina (io mi congederei subito) la verità e che loro (le donne)
si arruolano per fare la loro guerra personale che è contro i maschi non per servire la patria e menate varie.
e se poi c'e' da sparare quale soddisfazione maggiore sapere che nel 100% dei casi si sparera' e si ammazzerà un maschio.   
   

Online Frank

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #63 il: Novembre 22, 2015, 17:41:28 pm »
http://questionemaschile.forumfree.it/?t=15054166&st=30
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ventiluglio
view post Inviato il: 12/3/2007, 18:08    


Citazione
CITAZIONE (Mustela_Erminea @ 11/3/2007, 20:54)
Se nelle forze armate USA, che sono le forze più operative del mondo, si è risposto no a tutte quelle domande arruolando centinaia di migliaia di donne e spedendone decine di migliaia al fronte, è evidente che non lo si è fatto per fare un piacere a qualche femminista idiota.
Forse sotto c'è qualche ragione più concreta ed obiettiva.

Le cose non stanno proprio così.

Negli USA (come in UK) le soldatesse sono esplicitamente escluse dai ruoli cosiddetti di "close combat" (cioè in pratica di "combattimento").
C'è stato e c'é in atto un tentativo di eliminare questi vincoli con escamotage (ridisegnando ad esempio l'architettura delle brigate di combattimento ed aggregandovi - in situazioni di basso rischio operativo - plotoni "logistici"), ma al momento tali vincoli sono ben rispettati.
Nessuna, dico nessuna di quelle soldatesse (meno del 2% del totale) morte in Iraq è morta in azioni di combattimento.

http://www.cmrlink.org/womenincombat.asp
http://www.cmrlink.org/

Ma l'esclusione femminile, anche ipotizzando una eguale prestanza ed efficienza bellica di una donna (tutta da verificare dal momento che le "soldato Jane" sono delle favole che risultano improbabili anche se raccontate dai migliori registi di Hollywood), è motivata da almeno altri due aspetti:
- la presenza di donne in situazioni di rischio distrae e disarticola i cosiddetti "male bond" (legami maschili) che sono alla base della compattezza e saldezza morale dei reparti sottoposti allo stress di combattimento. L'istinto cavalleresco maschile (che essendo un istinto e ben poco razionalizzabile) porta inevitabilmente il soldato maschio a sacrificarsi per la soldatessa femmina, anche a detrimento del risultato operativo complessivo che si vorrebbe raggiungere.
- la possibilità che delle soldatesse cadano nelle mani di un nemico VERAMENTE cattivo e spietato, getterebbe nel panico la pubblica opinione, con risultati devastanti. Si pensi alla cagnara mediatica originatasi in Occidente ai tempi della cattura della maestrina dell'Illinois, Jessica Lynch, finita per sbaglio fuori strada, in mano al nemico: Per liberarla sono state impegnate forze, soldi ed energie assolutamente spropositate.
Un "esercito di Jessica Lynch" rappresenterebbe una sicura rovina per qualunque nazione.

E' altresì vero che eserciti solo maschili sono sempre esistiti, hanno funzionato e funzionano benissimo per quello che devon fare.
Eserciti solo femminili non sono mai esistiti, sono semplicemente improponibili perché non funzionerebbero.
E' così difficile capire che questa asimmetria ha dei validi fondamenti antropologici e che - tecnologia o meno - è folle non tenerne in debito conto?

Online Frank

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #64 il: Novembre 22, 2015, 17:49:12 pm »
http://www.cmrlink.org/content/home/37709/marines_set_sound_priorities_survivability_and_lethality_in_battle

Citazione
Marines Set Sound Priorities: “Survivability and Lethality” in Battle
October 13, 2015
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CMR Analyzes USMC Women in Combat Research Data: Part II

After four years of comprehensive Marine Corps research, results clearly show that the case for women in direct ground combat still has not been made.  In fact, tests have produced highly credible, reality-based, empirical data that discredits theories about gender equality in the combat arms.

This is the unmistakable message conveyed in a significant memorandum signed by Brig. Gen. George W. Smith, Jr., Director of the Marine Corps Force Innovation Office at Quantico, VA, which the Center for Military Readiness has analyzed here:

Interim CMR Special Report – Part II, Section A

U.S. Marine Corps Research Finding: Where Is the Case for Co-Ed Ground Combat?

General Smith’s 14-page August 18, 2015, memorandum to the Commandant of the Marine Corps, released with 19 additional pages, included consequential facts and empirical data resulting from Ground Combat Element Integrated Task Force (GCEITF) operations at Marine bases on the west coast.  For nine months, the task force conducted professionally-monitored field exercises designed to analyze direct ground combat units such as the infantry, armor, artillery, and Special Operations Forces. 

Researchers from the University of Pittsburgh worked with GCEITF officials to scientifically measure the individual physical capabilities and unit performance of hundreds of male and female volunteers divided into units.  Some teams remained all-male, while others were integrated with female volunteers who qualified by meeting the same physical requirements as the men.


In a presentation to the Defense Advisory Committee on Women in the Services (DACOWITS) on September 18, 2014, Marine Col. Anne Weinberg, Deputy Director of the Marine Corps Innovation Office, noted that the “purpose-built” task force was designed to test a simple Research Study Hypothesis that would be tested via operational evaluations: “[A]n integrated unit under gender-neutral standards will perform equally as well as a gender-restricted unit."

To qualify for participation, both men and women had to meet the same minimum standards for men in physical fitness (PFT) and combat fitness tests (CFT).  Far from being “average,” the female task force volunteers were exceptionally strong and well-prepared to succeed.

Despite positive expectations, task force data and findings failed to prove the hypothesis.

Quoting briefing slides accompanying the Smith memo, “All-male task force teams outperformed their mixed-gender counterparts in 69 percent (93 of 134) ground combat tasks. . . .[Physical differences were more pronounced in] “specialties that carried the assault load plus the additional weight of crew-served weapons and ammunition.”

In addition, women suffered injuries at rates double those of men, and enlisted women who successfully completed training at the Infantry Training Battalion suffered six times more injuries than men.

As stated in the Smith memo and findings, factors such as “speed and tempo, lethality, readiness, survivability, and cohesion [are] critical components to fighting and winning in direct ground combat.”  In this environment, “speed is a weapon.”

Survivability and lethality -- two factors that the Marines identified as most important for successful accomplishment of ground combat missions -- define the very purpose of the Marine Corps.  It matters, therefore, that “[G]ender-integrated teams, squads, or crews demonstrated, with few exceptions, degraded performance in the time to complete tasks, move under load, and achieve timely effects on target as compared to all-male teams, squads, or crews.”

These results are not anomalous: Numerous research projects conducted by United States researchers and by the British Ministry of Defence have produced similar findings that reflect physical realities, not theories.

As reported in this CMR Policy Analysis, British gender-integration research pointed to “a reduced lethality rate [among women], in that combat marksmanship degrades as a result of fatigue when the combat load increases in proportion to body weight and strength.”  The Israeli Defense Force (IDF) also decided recently to keep their armored units all-male.

In addition, U.S. Army Medical Command documents, which CMR obtained via FOIA, revealed injury rates among women averaging twice those of men.  These are physical realities that cannot be ignored or mitigated, even with extra training and conditioning.

Mabus vs. the Marines

For Navy Secretary Ray Mabus, facts cease to be facts if they are not politically correct.

In a September 14 speech, Secretary Mabus announced that he would disregard the best professional advice of the U.S. Marine Corps on a serious matter affecting all servicemen and women.  (See CMR: Memo to Secretary Mabus: Marine Lives Matter.)

Mabus faulted the Marines for “presupposing” results, and other critics accused them of resistance to cultural change.  The truth is that Marine leaders are showing resistance to high risks and loss of many lives when flawed social policies are imposed on the military.

Without any empirical evidence, Mabus claimed that assigning women to direct ground combat units that attack the enemy would not reduce the fighting units’ effectiveness.  “In fact, said Mabus, “I think they will be a stronger force because a more diverse force is a stronger force.”  If this were true, the Naval Academy would put women on the football team.  Navy doesn’t do that because they want to Beat Army.

The racial argument often used by women-in-combat advocates falls apart upon closer examination.  The 1992 Presidential Commission on the Assignment of Women in the Armed Forces found that Title VII of the 1964 Civil Rights Act does not apply to the military.  The armed forces took the lead in addressing irrational prejudice, many years before the law took effect in the civilian world.

The 1948 Executive Order of President Harry Truman was issued primarily for reasons of military necessity, not equal opportunity.  Racial minorities often excel in military environments, where lives depend on physical readiness for combat.  Defense Department reports also have consistently shown that women are promoted at rates equal to or faster than men.

Nevertheless, in 2011 the Pentagon-endorsed 2011 Military Leadership Diversity Commission (MLDC) recommended that women be made eligible for direct ground combat assignments to promote careers, not military effectiveness.  The MLDC philosophy advocates for group rights and conscious discrimination in pursuit of “gender diversity metrics,” another name for quotas.  Former Joint Chiefs Chairman Adm. Mike Mullen called this philosophy “diversity as a strategic imperative.”

This mindset explains why, in 2009, then-Army Chief of Staff General George Casey, Jr. expressed concern that the Fort Hood rampage of Major Nidal Hasan might set back the Army’s efforts to achieve ethnic/religious diversity.  “A diverse Army,” said Casey, “gives us strength.  And as horrific as this tragedy was, if our diversity becomes a casualty, I think that’s worse.”

We live in a dangerous world, but potential adversaries such as Russia, North Korea, ISIS, or Iran have no interest in “gender diversity.”  Dominance and winning in battle are their primary goals.  Pentagon officials who assign higher priority to “gender diversity” are endangering national security as well as letting down the troops.

Since the Marines did not give Secretary Mabus the results he wanted, he wrote a Washington Post op-ed faulting the USMC task force findings for evaluating “averages,” as if the women involved were less prepared than the men.  The op-ed insulted task force participants and betrayed a fundamental misunderstanding of statistical analyses.

Contrary to Secretary Mabus’ insinuations, female task force participants were above-average in strength and preparation going in, and they received full support from the men who volunteered to participate.  In this context “average” represents a data point derived from the performances of multiple persons.

It would not make sense to make policy based on the best individual performance out of 400, or the weakest.  Secretary Mabus, apparently, doesn’t understand this.

Who Will Decide?

It is not known what then-Commandant General Joseph Dunford, who is now the Chairman of the Joint Chiefs of Staff, recommended to the Secretary of the Navy and Defense Secretary Ashton Carter.  News reports have suggested that General Dunford privately requested exceptions for some ground combat units, and supported his recommendations with solid research data.

During a September 30 news conference, Secretary Carter promised to carefully consider the “quality” and “fact-based analysis behind the recommendations” that military service leaders will submit to him and to Joint Chiefs Chairman Dunford by the end of October.  If Carter is sincere in this intent, he will respect requests for exceptions to policies due to go into effect in January 2016.

There is no justification for Secretary Carter to disregard the best professional advice of the U.S. Marine Corps, especially since none of the research done since 2012 has made the case for ordering women into the combat arms.  General Smith recognized what is at stake in his memorandum:

“Those who choose to turn a blind eye to . . . immutable realities do so at the expense of our Corps’ warfighting capability and, in turn, the security of our nation.”

* * * * * *

 The Center for Military Readiness, founded in 1993, is an independent public policy organization that reports on and analyzes military/social issues.  Additional information on this topic is available elsewhere on this website:

    CMR Policy Analysis: Co-Ed Combat Tests Hazardous to Women’s Health

    CMR Policy Analysis: New British Report Shreds Case for Women in Ground Close Combat (GCC)

    CMR: Israeli Defense Force Decides: Armored Tanks Will Stay All-Male

    Interim CMR Special Report, Sept. 2014,U.S. Marine Corps Research Findings: Where Is the Case for Co-Ed Ground Combat?  -- Executive Summary

Online Frank

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #65 il: Novembre 22, 2015, 17:59:17 pm »
http://www.cmrlink.org/content/home/37708/memo_to_secretary_mabus_marines_lives_matter

Citazione
Memo to Secretary Mabus: Marines Lives Matter
September 23, 2015
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The following op-ed by CMR President Elaine Donnelly was published in the Washington Times Commentary section under the title Marines Lives Matter (Sept. 15, 2015)

Navy Secretary Ray Mabus has announced his intent to disregard the best professional advice of the Marine Corps.  Not on a minor issue, like buying helicopters.  This is about “gender diversity” mandates that could cost lives in land combat missions involving national security.

In 2012, the Marines initiated scientific research on the physical and operational consequences of assigning women to combat arms units such as infantry, armor, artillery, and Special Operations Forces.  At the point of the bayonet, these units attack the enemy with deliberate offensive action.

Hundreds of male and female Marines volunteered for nine months of tests with the Ground Combat Element Integrated Task Force.  During field exercises simulating ground combat, University of Pittsburgh experts used body-monitoring and other scientific methods to gather empirical data reflecting actual experience, not theory.

A recently-released summary reported that all-male task force teams outperformed their mixed-gender counterparts in 69 percent (93 of 134) ground combat tasks.  For Secretary Mabus, however, facts stop being facts when they aren’t politically correct.

Mabus, apparently, doesn’t care whether physical differences were more pronounced in “specialties that carried the assault load plus the additional weight of crew-served weapons and ammunition.” Individual combat arms soldiers often carry burdens exceeding 100 pounds on their backs.

None of this matters to “gender diversity” advocates whose priorities differ from the task force’s primary consideration: “combat effectiveness of Marine ground combat units.” As the report states, factors such as “speed and tempo, lethality, readiness, survivability, and cohesion [are] critical components to fighting and winning in direct ground combat.”

In this environment, “speed is a weapon.”  It matters, therefore, that “All-male infantry crew-served weapons teams engaged targets quicker and registered more hits on target as compared to gender-integrated [counterparts.]”

These findings reinforce a report that the British Ministry of Defence produced last December.  British gender-integration research pointed to “a reduced lethality rate [among women], in that combat marksmanship degrades as a result of fatigue when the combat load increases in proportion to body weight and strength."

Because men have ten times more androgenic hormones, which determine muscle size and power, not a single study has shown that training can overcome significant load-carriage and endurance gaps between men and women.  Lives and missions depend on these factors.

The Marines’ second research consideration was the health and welfare of each individual.  Debilitating injuries detract from career success as well as combat effectiveness.  It matters, therefore, that during the task force assessment, women’s musculoskeletal injury rates were more than double those of men (40.5% and 18.8%, respectively).

These findings mirror Army Medical Command data obtained under the Freedom of Information Act.  In tests with artillery and armor units in 2013 and basic combat training since 2010, women’s injury rates averaged twice those of men.

The task force summary reports that in earlier tests at the Marine Corps’ Infantry Training Battalion for enlisted personnel, females were injured at more than six-times the rate of their male counterparts.  Do we really need to increase the number of female disabled veterans?

Only two women out of two dozen completed task force infantry exercises.  Comparable attrition during a war, plus predictable medical conditions and pregnancy, would leave fighting units short-handed, dangerously exposed to hostile fire, and less capable of taking the fight to the enemy.

Secretary Mabus can’t handle these truths.  Failing to recognize irony in his insult, Mabus criticized male Marines for “presupposing” the outcome of the study.  Perhaps the Secretary did not get the memo from Marine Lance Corporal Chris Augello.

According to Marine Corps Times, Cpl. Augello started out believing that women should get a shot at the infantry if they could meet existing standards.  Months later, Augello submitted to officials a 13-page memo explaining why he changed his mind.

In his light armored vehicle platoon, Augello reported, discipline broke down, noncommissioned officers hesitated to hurt junior women’s feelings with corrections, and male/female emotional entanglements were distracting.  Others reported resentment of perceived unequal treatment, which broke down unit cohesion.

While rescuing a 200 pound “casualty” out of a vehicle turret, Augello injured his back compensating for smaller-framed, less-capable women.  A four-woman team struggled but failed to move the heavy dummy. When Augello was paired with a short male Marine smaller than some women, the man’s inherent muscle strength made a significant difference.

Cpl. Augelo concluded that the “female variable in this social experiment has wrought a fundamental change [that is] sadly for the worse, not the better.”

Two female soldiers who passed Ranger School deserve respect, but their success does not cancel voluminous Marine research from boot camp to the elite infantry officer course.  Critics demand analysis of individual capabilities, but Marine Training and Education Command (TECOM) already conducted “proxy tests” during 2013.  Twenty-eight percent of women, compared to 1 percent of men, could not lift a 95-pound artillery round and carry it 50 meters in 2 minutes.

Would Secretary Mabus order Navy SEALs to conduct HALO (high-altitude, low-opening) missions with parachutes known to fail 28% of the time?  If not, Mabus and other policy makers should stop putting defense of a political position ahead of defense of our country.

* * * * * *

The Center for Military Readiness, founded in 1993, is an independent public policy organization that reports on and analyzes military/social issues.  Please consider making a generous contribution to CMR by clicking on the easy-to-use, secure website, linked here.  Readers also can help by sharing this article and “liking” the CMR Facebook page. 

Alberto1986

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #66 il: Novembre 22, 2015, 18:02:10 pm »
In questi giorni sui tg stanno continuamente scorrendo immagini di tutte le principali polizie europee. Ogni tanto inquadrano gruppi di poliziotti che pattugliano le principali piazze europee e tra questi gruppi ogni tanto ne salta fuori qualcuno composto anche da qualche nanerottola di 1 metro e 50 (o poco più) vestita in tenuta da forze speciali, in atteggiamento da action-man e con tanto di coda di cavallo che fuoriesce dal basco. Sinceramente non so davvero che diamine di sicurezza dovrebbero garantire queste scimmiotta-uomini e non so come diavolo possa esistere gente che non prova un senso del ridicolo nel solo guardarle.  :sick:

Online Frank

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #67 il: Novembre 22, 2015, 18:13:09 pm »
Alberto86
Citazione
Sinceramente non so davvero che diamine di sicurezza dovrebbero garantire queste scimmiotta-uomini e non so come diavolo possa esistere gente che non prova un senso del ridicolo nel solo guardarle.

Me lo chiedo anch'io.

Online Massimo

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #68 il: Novembre 22, 2015, 18:52:39 pm »
Qualcuno ha da postare un rapporto sulla situazione esistente nell'esercito israeliano dove il servizio militare obbligatorio per le
donne esiste da decenni? Sarebbe interessante, dal momento che la leva femminile israeliana è quella meno recente di tutte.

Online Frank

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #69 il: Novembre 22, 2015, 20:17:11 pm »
Questo l'ho trovato su U3000.

Citazione
Uomini e donne in Israele devono prestare servizio per lo stesso numero di anni? In teoria, quasi: gli uomini per tre anni, le donne per due. In pratica, però, gli uomini israeliani prestano servizio per una media di tredici anni prima di raggiungere i 54 anni, età in cui non possono più essere richiamati; le donne prestano invece servizio per meno di due anni. Perché? Innanzitutto perché solamente il 50 per cento delle donne è richiamato (contro il 90 per cento degli uomini). In secondo luogo, una madre israeliana non può essere costretta a prestare servizio per oltre due anni; i padri israeliani, invece, sì. In terzo luogo, anche in tempo di pace l'uomo israeliano - che sia padre o no - è tenuto a prestare servizio due mesi all'anno (dopo il periodo minimo di tre anni) fino all'età di 54 anni. Una madre non viene richiamata, e le donne senza figli devono soltanto tenersi a disposizione. Quarto, in tempo di guerra soltanto gli uomini prestano servizio finché è necessario.

Pure questo.

http://www.uomini3000.it/401.htm
Citazione
Martin van Creveld    

vancreveld.jpg

 

GERUSALEMME - Un insolito miscuglio di attestati militari e libri sulle donne distingue il piccolo studio quadrato di Martin van Creveld, 56 anni, olandese di nascita ed israeliano per scelta da oltre trent'anni. Docente di Storia militare all'Università di Gerusalemme ed esperto di strategia di fama internazionale, van Creveld dalla sua casa di Mevasseret Zion, guida una solitaria battaglia contro il suo nemico giurato: le donne. E´uno dei pochi temi che in queste settimane riesce a distogliere Israele assediata dal terrorismo dei kamikaze palestinesi. Con alle spalle i diplomi ricevuti a Quantico, in Virginia, dalla Scuola del Corpo dei Marines e sulla scrivania una bandiera del Sol Levante dipinta a mano, van Creveld svela i motivi della sua crociata contro le donne, illustrando il contenuto del prossimo libro (uscirà in francese) dal titolo chiaro e provocatorio: Il Sesso Privilegiato.

Professore come si sente ad essere definito il nemico pubblico del sesso femminile?

«Sono il più grande maschilista di Israele. Le mie tesi danno fastidio, perché sfidano tabù radicati in tutto l'Occidente. Hanno provato ad accusarmi di molestie sessuali, a spiarmi con microfoni durante le mie lezioni. Ma non hanno trovato niente, solo le mie idee».

Perché un esperto di strategia militare come lei ha dichiarato guerra alle donne?

«Sono uno studioso di Storia militare dall'inizio degli anni Settanta. E´una materia che ha poco a che fare con le donne: Clausewitz nelle 863 pagine della sua "bibbia" non le menziona mai. Dieci anni fa iniziai a interrogarmi su questo. Mi chiesi come era possibile discutere della guerra senza tener presente metà dell´umanità».

Che rapporto c'è fra le donne e la guerra?

«Le donne non hanno mai avuto un ruolo nelle guerre: dopo secoli di assenza dagli eserciti, negli ultimi decenni le italiane o le americane hanno cominciato ad arruolarsi. Solo quando si passa dalla guerra convenzionale alla guerriglia, sia nel caso della Seconda Guerra Mondiale che delle kamikaze palestinesi, il loro numero cresce sensibilmente. Per la guerra le donne non esistono. Nessuno nella tradizione militare si è mai posto tali domande, io l'ho fatto. Ho iniziato a studiare, fare ricerche, ho scritto Uomini e Donne in Guerra. La risposta all'assenza delle donne dalla guerra mi è venuta dallo studio del rapporto fra sessi, di cui parlerà il mio libro, "Il sesso privilegiato"».

Perché considera le donne il sesso privilegiato?

«Le donne sono più deboli nel fisico e nella capacità di competere e, al contrario di quanto afferma la propaganda femminista, l'intero meccanismo della nostra società è un tentativo di compensarle per la loro debolezza: se dovessero cimentarsi con gli uomini infatti soccomberebbero e l'umanità avrebbe fine». ….

Teoria a parte, può fare degli esempi concreti di privilegi femminili nella società?

«Gli esempi sono infiniti. Tanto per cominciare, dalle donne si esige meno che dagli uomini. Lo stesso comportamento che porta alla punizione per un bimbo diventa abbraccio di consolazione per una bambina. Il matrimonio è una forma di protezione per le donne, perché geneticamente una lei può avere solo un numero limitato di figli, mentre lui può avere molti figli da più donne. Sul lavoro la musica non cambia: dall'inizio della Storia, l'uomo ha lavorato più duramente e intensamente delle donne, per il motivo che se si richiedono ad una donna i ritmi di un uomo, va incontro ad un collasso. Poiché le donne non lavorano quanto gli uomini, l'intera società può essere letta come un sistema di trasferimento di risorse dagli uomini alle donne. Il novanta per cento di quanto accumulato dagli uomini viene speso dalle donne, basta guardarsi in casa per averne la prova. Altro esempio, la beneficenza: se guardiamo la Storia di Paesi come l'Italia e la Francia, ci accorgiamo che è sempre stato più facile per le donne anziché per gli uomini ricevere della beneficenza. Specialmente se chiedono le elemosina con i figli. Lo stesso è vero per lo Stato Sociale dei nostri tempi:  gli uomini pagano le tasse, le donne ricevono i benefici. Per natura le donne sono il sesso debole, dunque l'intera storia dell'umanità è un tentativo di compensarle. Le donne hanno sempre ricevuto più aiuti economici degli uomini, perché altrimenti sarebbero morte di fame e l'umanità sarebbe scomparsa. Le donne sono trattate con favore anche dalla giustizia: per un reato simile, l'uomo riceve una pena maggiore della donna; ad ogni stadio del processo giudiziario, gli uomini sono penalizzati. Il numero delle donne in prigione è inferiore a quello degli uomini, non perché commettono meno reati, ma perché ricevono pene più lievi».

Torniamo al rapporto con la guerra. Perché Clausewitz ignorò le donne?

«Clausewitz riteneva la guerra un'arte razionale e dunque non c'è spazio per le donne, che sono emotive ed intuitive».


Ma madri, figlie e mogli pagano comunque un prezzo alto quando si entra in guerra...

«Una singola donna che aspetta a casa il marito, o che bada ai suoi figli è più importante in guerra di mille segretarie in uniforme. Le donne sono molto importanti nelle guerre, ma non combatteranno mai come gli uomini».

Se fosse una donna non si sentirebbe umiliato dalle sue teorie?

«Sì, ma non sono una donna, dunque la questione non mi tocca. In guerra gli uomini muoiono per far vivere le donne. A volte mi piacerebbe avvenisse il contrario. Se fossero andate in Afganistan, sarebbero morte tutte. L'unico Paese nella Storia che ha imposto la coscrizione per le donne è Israele, ma neanche qui combattono, creano solo grane».

A questo punto non resta che chiederle perché le donne vivono più a lungo...

«I medici dicono che è a causa degli estrogeni, ma fino a due secoli fa gli uomini vivevano di più. Non sono gli estrogeni, ma la civilizzazione ad aver modificato l'equilibrio. Il cambiamento è iniziato con la rivoluzione industriale, quando gli uomini hanno cominciato a fare i lavori pesanti all'aperto. E´stato un fenomeno progressivo. In Europa, l'ultimo Paese dove la vita delle donne ha superato quella degli uomini è stato l'Irlanda, nel 1850. In Paesi come India ed Egitto, il sorpasso è avvenuto negli ultimi 50 anni.  Oggi restano dieci Paesi dove gli uomini vivono ancora di più e si tratta di posti molto poveri, come il Bangladesh».

Il fatto che le donne siano il sesso privilegiato è una cosa buona?

«Sono un uomo, dunque credo sia una cosa buona, se fosse al contrario mi sentirei colpevole, mi vergognerei davvero molto».

L'intervista è finita, il professore più maschilista d'Israele non fa a tempo ad alzarsi, che arriva la sua seconda moglie a dargli manforte: ha una rivista della mutua in mano: «Vedete, mettono in copertina la salute della donna, non certo i problemi della prostata...».

 

da "La Stampa" del 20/3/2002 Sezione Cultura Pag. 27: "ISRAELIANO, INSEGNA STORIA MILITARE, È IL PIÙ GRANDE MISOGINO DEL MONDO: LE SUE TESI PROVOCATORIE SFIDANO «I TABÙ DELL´OCCIDENTE»" di Maurizio Molinari

Offline ReYkY

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« Risposta #70 il: Novembre 22, 2015, 20:40:49 pm »
Maschilista? A me sembra solo realista.


Grazie a Frank per aver postato questi contributi.

Offline ilmarmocchio

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #71 il: Novembre 23, 2015, 15:22:34 pm »
Questo l'ho trovato su U3000.

Pure questo.

http://www.uomini3000.it/401.htm

scritto di rara efficacia e intelligenza.
grandioso :clapping:

Offline Hector Hammond

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #72 il: Novembre 24, 2015, 01:03:56 am »
Quel professore ha avuto coraggio, in Europa purtroppo non c'è n'è di gente così .

Offline TheDarkSider

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #73 il: Dicembre 04, 2015, 12:16:41 pm »
La farsa politicamente corretta filofemminista continua:


http://www.corriere.it/esteri/15_dicembre_03/svolta-forze-armate-usa-gennaio-donne-potranno-combattere-prima-linea-03c36490-99e6-11e5-a8aa-552a5791f1fe.shtml
Svolta nelle forze armate Usa,
da gennaio le donne potranno combattere in prima linea

L’annuncio del segretario della Difesa Ash Carter
Fino ad oggi le donne erano escluse dal 10% delle mansioni operative

Dall’inizio del 2016 anche le donne potranno combattere in prima linea al fronte prendere parte alle operazioni speciali Delta Force e Navy Seals. La storica decisione annunciata dal segretario della Difesa americano Ash Carter. Cade quindi l’ultimo tabù delle forze armate Usa.
La decisione
Una decisione che era stata già preannunciata due anni fa dall’allora capo del Pentagono Leon Panetta, e poi rimandata. Da gennaio 2016 diventa invece effettiva, e senza deroghe. «Per avere successo nelle nostra missioni di difesa nazionale - ha spiegato Carter - Non possiamo permetterci di fare a meno di metà delle abilità e del talento della nazione.  :D  :sick: :sick: Dobbiamo avere il massimo da ogni persona che risponda ai nostri standard». Tutte le forze armate avranno 30 giorni di tempo per mettere a punto un piano che prenda atto del cambiamento. Fino ad oggi, come ha spiegato lo stesso Carter, le donne non potevano accedere a 220mila posizioni, il 10% delle mansioni. Una decisione che arriva in risposta alla presa di posizione di alcuni mesi fa del capo di Stato Maggiore Joseph Dunford che aveva chiesto che le donne rimanessero fuori da alcuni ruoli in prima linea nei Marines, citando alcuni studi che sostenevano che le unità miste fossero meno efficienti di quelle composte da soli uomini. «Le forze armate nel futuro devono continuare a beneficiare dei migliori talenti americani» ha aggiunto Carter. Entro il 1 aprile 2016 i nuovi piani dovranno essere operativi.] Dall’inizio del 2016 anche le donne potranno combattere in prima linea al fronte prendere parte alle operazioni speciali Delta Force e Navy Seals. La storica decisione annunciata dal segretario della Difesa americano Ash Carter. Cade quindi l’ultimo tabù delle forze armate Usa.
3 dicembre 2015




PS quanto mi piacerebbe vedere una prima linea tutta rosa in una guerra sul terreno contro l'ISIS...

"Le donne occidentali sono più buone e tolleranti con gli immigrati islamici che le stuprano che con i loro mariti."
Una donna marocchina

Offline Sardus_Pater

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Re:Soldatesse e ipocrisia maschile
« Risposta #74 il: Dicembre 04, 2015, 12:28:39 pm »
Auspico la fine del suprematismo "iuessei" :rolleyes: .
Se continuano di questo passo, saranno le donne stesse a chiedere il "riflusso" nei rapporti uomo-donna. E in quel caso, chiamale stupide...
Il femminismo è l'oppio delle donne.