A me torna tutto tranne una cosa, ma la ragazzina quando si è presentata a sporgere denuncia non aveva neanche un graffio ?! Voglio dire un atto di questa gravità è stato commesso senza neanche toccare un bottone; non ha avuto ricoveri per accertartare le sue condizioni fisiche e una certificazione medica dell' accaduto ? Ma si può mettere in piedi tutto questo casino .... sulla parola di una minorenne. Sarebbe il caso di regolamentare questi episodi diversamente e con più cura, altrimenti una qualsiasi cretina, mitomane o altro può far succedere questo o peggio, tanto più in questo clima di rabbia sociale dove qualsiasi scusa è buona per sfogare violenza senza senso.
E' andata così sembra:
http://www3.lastampa.it/torino/sezioni/cronaca/articolo/lstp/434004/Rannicchiata sotto un plaid rosso a quadretti, sembra così piccola rispetto al finimondo scatenato dalla sue bugie. Sulla parete le fotografie della Prima Comunione. Uno stendino della biancheria in mezzo alla stanza. Le sorelline scorrazzano per casa mangiucchiando un ovetto di cioccolato. Lei accarezza il cagnolino. La tivù di fronte al letto è accesa. Passano le immagini dei telegiornali del mattino con i filmati del rogo, le baracche e i ruderi della Continassa fumanti. Sul suo viso da bambina scendono lacrime.
Il giorno dopo è un brutto risveglio. Hai visto cosa è successo? «Sì, mi sento distrutta, vorrei morire. Mi sento male. Tutti ce l’hanno con me. Mi dicono che farei bene a sprofondare sotto le coperte e non farmi più vedere. Non so più cosa fare...». Com’è andata? Perché hai raccontato quella bugia clamorosa?
«Mi sono vista col mio ragazzo (un italiano maggiorenne, ndr). Abbiamo fatto l’amore. Per me era la prima volta. Quando ho perso il sangue mi sono spaventata. Avevo i vestiti sporchi. Anche lui era spaventato, non aveva mai visto una scena del genere prima. Non sapevo più cosa fare. Sono entrata nel panico. Avevo paura che i miei genitori scoprissero tutto e mi punissero. Temevo di prendermele. Mentre tornavo a casa ho visto mio fratello in lontananza e mi sono inventata la storia della violenza». La bomba del razzismo s’innesca in quell’istante. Nel tardo pomeriggio dell’8 dicembre. La bugia prende forma nei giorni successivi. Si sparge la voce. «Una ragazzina di 16 anni violentata da due rom della Continassa...».
Un tam tam. Il fratello, quando soccorre la ragazza, insegue due giovani che non c’entravano nulla, che si trovavano lì per caso. Coincidenza che avvalora in un primo momento la denuncia della ragazza. I carabinieri del comando provinciale di Torino indagano, mentre il quartiere Vallette, palazzi operai della periferia Nord, diventa incubatrice dell’odio. La rabbia cresce e si alimentata per giorni, fino a dare vita al corteo di protesta dell’altra sera. Prima gli slogan, poi l’incendio del campo nomadi. Neanche la verità riesce a fermare l’odio. Il fratello, portato dai carabinieri all’ingresso della cascina, urla invano. «Si è inventata tutto per paura di essere punita. Non è stata stuprata. Gli zingari non c’entrano» dice tra le fiamme. Nessuno lo ascolta. Esplodono bombe carta. La violenza è senza freni. Non si torna più indietro. La famiglia, radunata in casa, a poche centinaia di metri dai ruderi assaltati, il giorno dopo fa i conti con se stessa. «La situazione ci è scappata di mano. Mi vergogno a dirlo, ma è così. Quale genitore non avrebbe creduto alla propria figlia? Nessuno di noi ha avuto il minimo dubbio» dice il papà, appoggiato la tavolo della cucina. La mamma ascolta e piange. «Non ho più il coraggio di uscire di casa - afferma -. Chissà cosa diranno nel quartiere di noi. Meglio andare via di qui».
La ragazza è chiusa nella sua stanza. Il fratello risponde al telefono e scrive sulla sua pagina Facebook. «Scusatemi. Non volevamo che succedesse tutto sto’ casino». Mentre prepara il caffè, commenta l’assedio della notte precedente. «Quando ho detto che mia sorella si era inventata tutto, quelli mi hanno risposto che non gli importava. Ce l’avevano con il passato. Per tutte le volte che i rom hanno rubato, picchiato i vecchietti per prendergli la pensione. Mia sorella è stata solo il pretesto». Un pretesto costruito su una bugia. Per un amore adolescenziale avversato dalla famiglia. Visite dal ginecologo. L’assillo per un ragazzo sbagliato. Papà e mamma le ripetono: «Ha già rovinato altre ragazze nel quartiere, non cascarci anche tu». Ma lei non resiste. Si sono ritrovati un garage. Lui vive lì. La sua è una famiglia con problemi. «Una mia amica - dice la ragazza - sapeva che ci saremmo visti quel pomeriggio. Quando mi sono trovata sporca di sangue, mi sono inventata al momento la storia della violenza. La mia prima volta non è stata come me la sognavo». Il tuo ragazzo sapeva della bugia? «Ho fatto tutto da sola». Sicura? Non vi state coprendo a vicenda? «No, lo giuro. L’ho detto anche ai carabinieri. Il mio ragazzo non sapeva niente». Il giorno dopo si è presentato in casa. Ha abbracciato il papà. Un po’ ingenuo? «Forse, però è andata così, anche se i miei genitori non mi credono».
Una bambina. «Io lo amo» dice. E lui? «Anche lui. Me l’ha detto». Nella casa c’è un continuo via vai. Zii, parenti, amici. Sono tutti arrabbiati. Parlano di punizioni. «Hai visto cosa hai combinato? Parlano di te tutti i giornali». Lei piange, sotto la sua copertina rossa, immaginando le conseguenze giudiziarie. «Cosa posso fare? Chiedo scusa a tutti. Mi vergogno. Ci penso in continuazione, vorrei morire in questo momento. Ho passato le ultime ore a pensare come farlo. Questa storia mi ha distrutta. Anche perché i miei non fanno altro che rimproverarmi. Mi sento sola». Come prigioniera di un incubo. Adesso vorrebbe sparire, andare lontano da Torino. Chiudere il mondo fuori dai suoi pensieri. «Chiedo scusa a tutti. Alla gente del quartiere, alla comunità rom, alle mie amiche speciali. Scusatemi».
P.S. Cmq per il giornale è già scusata e perdonata, basta leggere la prima riga dell'articolo.