Sinceramente Giuseppe, non condivido chi sostiene che lo stupro sia peggio dell'omicidio, per crederci dovrei vedere prima una persona ipoteticamente condannata a scegliere tra uno stupro o un colpo di pistola alla testa, scegliere il colpo di pistola ...
Ma non credo che se io venissi violentato mi sentirei di descrivere la cosa come semplice costrizione. Il fatto che esistano altre condizioni di abuso grave oltre lo stupro non toglie che anche quello sia un reato grave.
Sia chiaro: parlo dello stupro vero e non delle sue ideologiche "derivazioni". Degradare la gravità dello stupro ha un effetto collaterale anche pericoloso per la causa QM, che è quello di avvicinarlo ai suoi derivati, alle pseudo-violenze, ai fatti non oggettivi che si costituiscono reato solo nella mente della vittima, senza alcun possibile riscontro oggettivo. Ripeto che noi dovremmo invece non negare la gravità dell'atto, ma lottare affinché non vengano superati determinati limiti, che in assenza di un contraddittorio maschile, possono in potenza arrivare anche alla pena di morte per semplice sospetto. Non sarebbe la prima volta nella storia umana ...
l'aveva riportato Milo in una vecchissima discussione .. sulla misoginia e su questi stessi temi (ritorno alla definizione di stupro autentica o diminuzione delle pene). In effetti Germaine Greer sostiene le stesse cose che sostiene Giuseppe. Però chiede una cosa in cambio, in grassetto evidenziata. Pare chiaro anche a me che sminuire lo stupro equivarrebbe a peggiorare la situazione sul versante onere della prova.
PROVOCAZIONI
Anche nei Paesi con le leggi più avanzate i reati sessuali rimangono troppo spesso impuniti. La femminista Germaine Greer suggerisce: trattiamoli come qualunque altro atto violento. Per evitare alle donne processi umilianti e ottenere condanne certe
di Germaine Greer
Alison viveva con la figlia di otto anni in una piccola casa di campagna. Per alcune settimane ha avuto una storia con un collega, che poi lei stessa ha deciso di interrompere. Una sera, il collega si è presentato a casa sua per discuterne. Ben presto è passato alle parole grosse e alle minacce. Alla fine l'ha aggredita con la forza. Alison era terrorizzata all'idea che la piccola potesse svegliarsi e trovare la madre vittima di una violenza sessuale. Così ha ritenuto di non avere altra scelta e ha aspettato che la cosa finisse in silenzio e il più in fretta possibile. Quella notte Alison è stata violentata. Perché violentare significa proprio questo: avere un rapporto con una donna contro la sua volontà. Per via di qualche confusa e peraltro insolita considerazione da parte di alcuni legislatori, corre voce che anche gli uomini possano essere violentati. L'antico reato di "sodomia forzata" è stato trasformato in "violenza sull'uomo" - come se anche le donne non potessero essere vittime di "sodomia forzata". Un tempo conoscevamo tutti la differenza tra gli orifizi coinvolti in simili reati, e le possibili conseguenze. Non più oggi. I giudici emettono ancora sentenze più pesanti per una tentata violenza sull'uomo piuttosto che per uno stupro su una donna. La nuova nomenclatura non ha introdotto nessuna novità sulla natura e sulla gravità della violenza sessuale. O sull'ineguaglianza di uomini e donne davanti alla legge. Il giorno dopo, quando Alison si è presentata al lavoro, era talmente pallida e stravolta che i colleghi si sono subito preoccupati. Alla fine, una di loro ha capito che cos'era successo. Agli occhi delle donne, era del tutto ovvio che Alison non fosse stata consenziente. Secondo gli uomini, invece, si trattava semplicemente di una tempesta in un bicchier d'acqua. Dopo tutto loro due si erano frequentati, no? Certo, erano usciti insieme. Alison si sentiva derubata, una sputacchiera, ed era disgustata di se stessa. Le ferite alla sua autostima forse non guariranno mai. L'esecutore del crimine, consapevole di averle fatto del male, si sentiva gratificato. Sul lavoro, si comportava come se niente fosse. Lei invece ha lasciato il lavoro, ha tolto la figlia da scuola e ha cambiato quartiere. Alison non ha sporto denuncia alla polizia. Se l'avesse fatto, probabilmente sarebbe stata trattata con grande gentilezza e comprensione; le persone con le quali avrebbe parlato non avrebbero lasciato trapelare il benché minimo dubbio rispetto alla sua versione dei fatti, ma per quanto riguarda l'eventuale risarcimento, ci sarebbe stato ben poco da fare. Sarebbe stato possibile provare il rapporto, ammesso che non si fosse lavata dopo, come pure l'identità dell'uomo coinvolto. A questo punto l'intera vicenda sarebbe ruotata attorno alla questione del consenso. Non c'erano testimoni, la figlia di Alison aveva dormito per tutto il tempo. L'uomo avrebbe dichiarato che Alison era consenziente; lei avrebbe ammesso che alla fine aveva ceduto. Un qualsiasi avvocato avrebbe demolito la tesi di Alison durante l'interrogatorio. Lei avrebbe dovuto rivivere lo stupro innumerevoli volte, davanti a gruppi di perfetti estranei, avrebbe dovuto raccontare più e più volte la sua umiliante vicenda, e tutto questo per poi veder trionfare il suo carnefice, perché in fin dei conti era la parola di Alison contro la sua. Per evitare di essere condannato, l'uomo non doveva far altro che dichiarare di aver interpretato, o ritenuto, il suo silenzio come un assenso. (Nono-stante la legge del 2003 dica che il consenso deve essere attivo, cioè il/la partner deve poter scegliere e avere la libertà e la capacità di fare quella scelta. A questo proposito il ministero degli Interni ha lanciato negli ultimi mesi una campagna pubblicitaria dove ragazze a torso nudo compaiono su dei poster con il segnale di "divieto di accesso" sulle mutande e lo slogan: "If you don't get a yes, don't have sex", ndr). La legge inglese sullo stupro è impraticabile e dovrebbe essere cancellata. L'errore sta nel concetto stesso di stupro. Il reato di stupro non viene commesso contro la vittima, ma contro lo Stato. La vittima stessa diventa una prova nel processo. Come prova, deve essere interrogata in ogni modo possibile, perché lo stupro è considerato un reato grave, secondo solo all'omicidio. Storicamente, non sono state le donne a decidere che lo stupro è un'azione odiosa e spregevole, bensì gli uomini. L'unica arma che conta nello stupro è il pene, che viene concettualizzato come assolutamente devastante. Eppure un uomo può ferire molto di più con il pollice che con il suo vulnerabile pene. Ma per lui è il pene il simbolo e lo strumento della sua potenza. La nozione di stupro è la diretta espressione della fallocentricità maschile che le donne dovrebbero avere il buon senso di non accettare. Parlando con le donne violentate, emerge che nella maggior parte dei casi hanno sofferto molto più per altri insulti e altre offese che hanno accompagnato la violenza che per la presenza non richiesta di un pene nella vagina. In alcuni casi, quello che rimane impresso nella memoria della vittima per molti anni dopo la violenza sono le parole che è stata costretta a pronunciare durante lo stupro. Se l'aggressione fisica non fosse così terrificante per le donne, il numero degli stupri sarebbe di gran lunga inferiore. Se accetti che un uomo ti penetri per evitare di farti tagliare il naso, è perché sai benissimo che sarebbe molto peggio ritrovarsi senza il naso, anche se la legge asinina non la pensa nello stesso modo. La pena per un naso tagliato è sicuramente inferiore rispetto a quella prevista in caso di stupro, ma in questo caso nessuno si sognerebbe anche solo di insinuare che eravate d'accordo nel farvelo tagliare. Dal punto di vista storico, lo stupro non è un reato contro le donne, quanto piuttosto un reato commesso da uomini contro altri uomini. L'uomo che ha il controllo su una donna - storicamente il padre, il tutore o il marito - intenta una causa contro l'uomo che ha usato la sua donna senza la necessaria autorizzazione. Quando lo Stato chiede un risarcimento, agisce per conto della società patriarcale e non per conto della donna che ha subito la violenza. Se la donna ha frequentato un altro uomo contro la volontà del proprio tutore di sesso maschile, o senza che quest'ultimo ne fosse a conoscenza, è la donna a essere considerata una criminale e come tale deve essere punita con la dovuta severità. In alcune società può essere addirittura uccisa dagli uomini che si ritiene abbia tradito. Nei tribunali britannici, sopravvive addirittura la storica tradizione da parte della difesa di costruire una tesi per incriminare la donna. Un vago riconoscimento di questa profonda ingiustizia ha portato alla pratica di tenere nascoste le generalità delle vittime di stupro, anche se questo non fa che rafforzare la consapevolezza da parte della vittima di doversi vergognare per un reato commesso in realtà contro di lei. In questi ultimi tempi, alcune donne eccezionali hanno insistito per intentare causa pubblicamente ai propri violentatori, quasi a voler negare esplicitamente il concetto di vergogna che da sempre si accompagna alla donna che ha subito violenza. Nella sua forma più rigorosa, la moralità di stampo patriarcale esige che piuttosto che essere penetrata da un pene non autorizzato, una donna debba lottare fino alla morte. Nel caso sopravvivesse, i parenti maschili possono anche ucciderla, per salvare l'intera famiglia dal disonore. Lottare fino alla morte è l'unico sistema di cui una donna dispone per poter dimostrare effettivamente di non essere stata consenziente: per quanto possa apparire irrealistico, qualsiasi atteggiamento anche solo leggermente meno rigoroso potrebbe essere interpretato come una sorta di consenso. Una donna che non ha ferite da mostrare e che non può provare di aver lottato per opporsi alla violenza, incontra notevoli problemi quando si tratta di chiedere una condanna. La stragrande maggioranza delle donne non ci prova neppure. Ogni giorno, molti uomini violentano le donne che dormono accanto a loro, nella massima impunità, perché non può essere dimostrata la mancanza del consenso. Lo stupro non è un reato raro, commesso da pochi individui spregevoli: per un grande numero di donne fa parte della vita quotidiana. Essere violentate da un estraneo è come essere investita da un tram: con il passare del tempo le ferite guariscono. La storia dello stupro come reato spiega anche l'ossessiva preoccupazione da parte delle autorità di fronte alle donne che sporgono false denunce di stupro nei confronti di uomini innocenti, infangando la loro reputazione. È indubbiamente vero che un uomo accusato pubblicamente di stupro ne uscirà danneggiato. Ma se consideriamo che solo il 5,6% dei processi si conclude con una condanna, emerge che la stragrande maggioranza degli uomini denunciati può sostenere di essere stato accusato ingiustamente. Ma le loro vittime dovranno vivere per sempre con in più l'infamante marchio di essere state screditate. L'attuale situazione aggrava il danno ancora di più, a partire dal reato e fino ad arrivare alle indagini e all'esito del processo. La proposta di filmare le donne ancora sconvolte negli attimi immediatamente successivi alla violenza, per poi mostrare il filmato alla giuria, è oltraggiosa e immorale. Sono già poche quelle che vanno alla polizia. La prospettiva di essere anche riprese non farebbe che ridurne ulteriormente il numero. Esisterebbe una soluzione, che non viene però considerata tale dalle femministe o dai legislatori. Consisterebbe nell'abolire del tutto lo stupro come reato, ampliando la legge sugli atti violenti fino a comprendere le aggressioni sessuali a vari livelli di gravità, in modo tale che, per esempio, quelle mutilanti a danno dei bambini venissero considerate come molto più gravi rispetto alla penetrazione di una donna adulta. Tornando al caso di Alison, potremmo dire che quello che ha subito è una violenza di lieve entità. Non credo che avrebbe voluto veder finire in galera per anni il suo assalitore, ma forse il vederlo condannare a 100 ore di lavori socialmente utili l'avrebbe aiutata a sentirsi meglio. Forse sarebbe servito per insegnare a quell'uomo a non dare per scontata una donna. Alcune femministe sono arrivate al punto di chiedere la castrazione dei violentatori, ma questo equivarrebbe ad assegnare al pene la stessa, esagerata importanza attribuitagli dagli uomini. La soluzione non consiste nell'inasprire le pene dei pochi sfortunati che vengono condannati per questo reato, peraltro estremamente diffuso, mentre la maggioranza riesce a farla franca. E poi c'è il rischio che la prossima volta uno stupratore castrato possa usare qualcosa di ancora più pericoloso.
In cambio di un'attribuzione di minore importanza a questo tipo di reato, le donne potrebbero esigere una riduzione dell'onere della prova. Nessuno dovrebbe considerare sufficiente la deposizione non avvalorata di un querelante per privare qualcuno per anni della propria libertà. Ma se l'accusa fosse di violenza comune con componente sessuale, con pene meno gravi, la testimonianza delle donne avrebbe sicuramente più peso. E non dovremmo essere costretti a subire quei lunghi e costosi processi che coinvolgono studenti universitari ubriachi, collassati a letto e incapaci di ricordare esattamente cos'è accaduto una volta svegli. Alcuni Paesi hanno già provveduto a una revisione dei propri codici penali, ma finora non si sono spinti sufficientemente in là e i giudici trattano semplicemente i nuovi reati come se fossero quelli vecchi con nomi diversi. Ma quello che occorre è un'indagine a tutto campo di tutti i reati a sfondo sessuale e una ricollocazione del diritto di qualsiasi individuo, uomo o donna, sposato o single, gay o etero, bambino o adulto, a una propria autonomia sessuale. È il minimo perché possa funzionare.
(Traduzione di Paola Pavesi. ©The Independent)
http://italy.indymedia.org/news/2006/08/1141126.phpAllucinante! German Greer è una ultra-femminista-radicale