Autore Topic: La dea Ana,il maschiopentitismo nascono sotto la Quercia ormai secca di Giove...  (Letto 1599 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Citazione
«Ana» può non sembrare il nome di una dea. Di primo acchito, sembra un nome caldo, ispanico, che fa pensare al tango e alle Canarie. Niente di più lontano.
Invece è proprio il nome di una dea.

Una dea sanguinosa, crudele, spietata, che esige riti, libagioni e costanti sacrifici umani, oltre alla devozione totale dell'adepta. Una dea che raramente perdona chi devia e che va implorata e supplicata nei momenti di dubbio. Ma è anche una dea che aiuta chi si sottomette alla sua ala.
È una dea che si raffigura come la lupa dantesca: scheletrica, emaciata, dalla pelle consumata e dalle ossa sbriciolate, ma nonostante questa magrezza carica di ogni malvagità. Ana è la dea Kali della società contemporanea. È venerata nelle oscure e inaccessibili catacombe della società, fra i blog e i forum privati, nel segreto più assoluto. È un culto misterico, iniziatico, che si nasconde alla vista e alla conoscenza e a cui di solito si arriva dopo un percorso personale, mai per invito. Ana non nasconde quel che dà: dolore, sofferenza, isolamento, annientamento; vomito, diarrea, pelle ingiallita, denti erosi, a volte sangue – ma non quello mestruale, quello, e la fertilità che rappresenta, è fra i primi ad andarsene. Ma promette molto: promette sicurezza, promette forza, promette purezza, promette controllo in cambio di sacrifici indescrivibili.
«Ana» è la divinizzazione dell'anoressia.


L'anoressia sembra per la donna,ciò che il sesso sadomaso(ed il maschiopentitismo) è per l'uomo.
Questa ana,parla allo stesso modo di una padrona sadomaso.
Per me è lo stesso fenomeno.
Questa ana è la donna,inteso come configurazione culturale.
Le femmine si sottomettono ad ana,e gli uomini si sottomettono a loro.
E' una dinamica di potere.
Insana,basata sulla negazione della vis,la forza maschile.
Vis,roburis se non erro dal latino del liceo,la forza è anche la quercia.
E la quercia è la pianta sacra a Giove,dio pagano,che in simbolismo astrologico è il pianeta dell'abbondanza,della prosperità,e dell'edonismo legato al cibo.
Io lavoro molto sui simboli.
In articolare sul simbolismo religioso.
I simboli raccontano più di quanto faccia la ragione.
I simboli,sono la mediazione fra la ragione e l'irrazionalità.
La quercia è la pianta sacra dei celti.
Ma anche dei greci,lo stormire al vento dei rami della quercia di Dodona,era la voce di Giove,che i sacerdoti ascoltavano,per predire il futuro,e stabilire la volontà del dio.
Il cristianesimo deve avere un qualche ruolo in tutto questo ''sovvertimento'':
Nel nuovo ordine,che rifiuta Giove,il dio pagano dell'abbondanza,il maschio edonista,che è anche violento nei confronti della moglie Era,quando questa prova a ''irregimentarlo'' in una condotta coniugale,dove al piacere,si sostituisca il dovere coniugale,tutto viene stravolto:
le donne fanno le ''sante''(ovvero rifiutano la vita),e gli uomini si sottomettono a loro (beatrice),per essere portati in paradiso.
Il paradiso,però,non è quello dove ti aspettano le valchirie vichinghe,o le uri islamiche,per scopare per il resto dell'eternità:esso è eterea contemplazione pitagorica,negazione della vita.
Il maschiopentitismo e il masochismo sessuale,è l'anoressia degli uomini.
Da questo punto di vista Nieztsche ha ragione.
Il cristianesimo ha fatto ammalare l'europa.
Perchè stupirci e sentire ''il gelo'',se leggiamo che loro adorano,l'incarnazione della sofferenza, della punizione,e della morte (ana),quando noi,adoriamo un dio sanguinante e crocefisso?
Quello non fa sentire il gelo?
Non devono aver sentito il gelo,i romani ''pagani'',quando vedevano l'affermazione del nuovo culto?
La nostra civiltà è arrivata ad un punto morto.
Ogni velleità conservatrice,(che non tenga conto di ciò)è destinata a prolungare l'agonia.
Non è morto Dio,è morto l'uomo.
E' seccata la Quercia di Dodona,la Quercia sacra dei greci,e la quercia sacra dei celti,o forse è solo nel suo lungo inverno,in attesa di una nuova primavera.

Caspar David Friedrich,l'ABBAZIA NEL QUERCETO.
E' il crepuscolo...
Di Dio,ma quale Dio?
Quello cristiano?
Mi dispiace dover citare wikipedia,che è il tempio dell'ignoranza:
''I ruderi rappresentati nell'Abbazia nel querceto sono quelli reali dell'abbazia di Eldena, presso Greifswald; l'idea del dipinto era già presente dal 1804 almeno, come testimoniava un disegno perduto, in cui il pittore rappresentava il proprio funerale, come avviene anche nella tela, ricca di elementi simbolici, dall'alba che indica la vita eterna alla falce della luna, che rappresenta l'avvento di Cristo. Per Friedrich, contrariamente alla tradizione che vede nella quercia il simbolo patriottico per eccellenza - e come tale veniva rappresentata anche in dipinti a lui contemporanei - essa simboleggia la vita e gli ideali del paganesimo, negativi e ormai morti, ed è pertanto sempre dipinta secca e contorta.''
La quercia (uomo) appassisce,ma la luna (donna),rappresenta l'avvento di Cristo.

Bisogna riaccendere i sacri fuochi delle vestali,(come diceva Evola),per illuminare questa notte fredda,e scaldare questo gelo?


« Ultima modifica: Dicembre 03, 2011, 02:59:57 am da Salar de Uyuni »
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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“Quando le Ninfe nascono, sulla terra ferace nascono

con loro querce dagli alti rami o abeti,

belli e fiorenti sopra le cime dei monti.

Svettano altissimi, e sono chiamati templi

degli immortali: nessun uomo li recide col ferro.

Ma quando si avvicina il momento della morte

prima i begli alberi inaridiscono sopra la terra,

la loro corteccia si dissecca e i rami cadono,

e subito dopo l’anima delle Ninfe lascia la luce del sole”

 

da “Inni omerici”

“Inno ad Afrodite”

Se la Quercia muore,muore anche Afrodite,la bellezza,scompare.
Donne vuote,l'anima delle ninfe le ha abbandonate per sempre.
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''Sappiamo che fra le varie simbologie di Giove,vi è anche quella dell'oralità,poco presente nel suo domicilio Pesci,ma molto visibile sia nel Toro che nel Sagittario.
Giove è legato al ''portar dentro'',ai processi di riempimento,che generano gratificazione sia sotto il profilo alimentare che culturale...''
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''La quercia è un albero solare associato alla festa di Lughnasadh, la festa della luce, la festa regale che corrisponde al nostro primo Agosto. Ad essa è attribuito il simbolo della forza , della protezione e dell’energia cosmica.

Il suo legno è il combustibile scelto per i fuochi sacri.

La quercia è il segno visibile agli uomini della presenza degli spiriti della vita e della crescita.

 QUERCIA  - QUERCUS  ROBUR - DUIR

La longevità e l’imponenza della quercia, insieme ai suoi tanti doni offerti all’uomo e agli animali, non poteva che ispirare agli Antichi grande rispetto, tanto da considerarla la presenza del divino in terra. Per i Celti era l’albero degli alberi, poiché le sue alte fronde toccavano il cielo e le sue radici penetravano nella profondità del terreno. Alcuni studiosi affermano che la quercia era, per questo popolo, un albero cosmico, come lo era Yggdrasill, il frassino dei popoli del Nord Europa . Tuttavia molte Genti indoeuropee associarono la quercia al dio creatore, il Padre celeste che risiede in terra.
I Celti ritenevano che il mondo fosse sostenuto e alimentato da una quercia, ma credevano anche che un giorno sarebbe finito se il suo tronco, che sorreggeva il cielo, si fosse spezzato.
Stradone è certo che il culto di questi alberi fosse molto antico presso i Celti e riteneva che lo avessero portato con loro durante la lunga migrazione. Ci riferisce infatti che, nel III secolo a.C., alcune tribù che si stabilirono in Asia Minore ( i Galati ), costituirono una confederazione governata da un “senato” e da “un’assemblea popolare” che si riuniva in un santuario comune detto Dunemeton, cioè boschetto sacro di querce. Questa testimonianza ci dice anche che per le decisioni importanti si sceglievano luoghi sacri, dove il “padre celeste” consigliava i sacerdoti e i re, guidava le scelte e quello che era approvato era una promessa davanti agli dei e agli uomini. Per la stessa ragione, ai piedi di una quercia, i druidi amministravano la giustizia, i riti religiosi e divinatori. Questi ultimi, in particolare, erano considerati ancor più sacri, se l’officiante aveva mangiato alcune ghiande prima del rito perché attraverso il frutto dell’albero, provenivano le emanazioni divine utili per interrogare il futuro e comprenderlo attraverso i segni.
Il culto della quercia comunque era diffuso in gran parte d’Europa e si protrasse fino all’avvento del Medio Evo. Ne abbiamo documentazione attraverso gli autori antichi come Plauto che in un brano dell’Aulularia, parla di querce sacre in Gallia e Claudiano ( IV sec. d.C. ) che riferisce di un bosco sacro nella Selva Ercinia, nel quale era reso un antico culto ad una quercia molto vecchia. Anche i Romani furono sensibili alla maestosità de questi alberi ai quali attribuivano un valore quasi eroico per la loro grande resistenza e “impavidità” difronte alle tempeste. Con le foglie infatti preparavano corone commemorative o celebrative per coloro che si erano distinti in senso civico o avevano dimostrato particolare coraggio in battaglia.''

Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

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(...)Sembra essere documentata,attorno al VIII secolo,nelle vicende di San Bonifacio(Winfrid) che cristianizzò la Sassonia e la Frisia e nel successivo viaggio di ritorno verso Roma,in un bosco nei pressi di Hessen fece abbattere una gigantesca quercia adorata dalle popolazioni ancora pagane.Dalle radici della quercia spuntò ''magicamente'' un albero di abete e sembra che il santo interpretò questo come un segno della bontà della fede cristiana.(...)
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