Nota tecnica. E' successo qualcosa di schizofrenico, perché clicco un 3d e ne viene fuori un altro "Pars construens" Riclicco e torna questo.
Va beh.
1) “Meglio subire il male che farlo” è roba laica, è di Socrate. Ma non aspiro a tanto. Basta molto meno: se devo scegliere tra l'appartenere ad una famiglia di ladri o viceversa di derubati, preferisco di gran lunga la seconda ipotesi. Ben prima della “bontà” viene l'onore. Se poi questo basta a far di me un patetico evangelico …beh, nessuno è perfetto.
2) X Ethans (scritto ieri, perciò prima di leggere altri vs commenti): E' giusto che una calunniatrice resti impunita? No, non è giusto, è necessario.
Per contestare le affermazioni che seguono bisogna prima contestare quelle che ho già esposto sul tema, la cui sintesi è: quando la minaccia di una sanzione anziché indurre il reo a desistere lo spingono a persistere, la sanzione diventa controproducente, autocontraddittoria, irrazionale e quindi da ripensare, modificare e infine – se necessario - da rigettare. Ovviamente (e questo è ovvio diecimila volte, tanto che non dovrebbe neppure essere sottolineato) ciò vale quando ci si trova di fronte a quelle situazioni in cui quell'effetto controproducente si verifica (ho citato anche altre situazioni analoghe) non in quelle in cui ...non si verifica.
Il punto è che quelle osservazioni non sono contestabili.
Sorge allora la domanda: che fare? Bisogna fare tutto il possibile affinché il danno diminuisca, ossia (nel caso della calunnia sessuale) affiché la calunniatrice ritratti. Il massimo che si può fare per indurla a ritrattare consiste precisamente nell'abolizione di ogni sanzione. Questo non ci garantisce che lo farà, ma facciamo noi tutto quello che possiamo: indurla a farlo garantendole persino l'impunità totale. Questo è il solo metodo per consentire a qualche maschio innocente di salvarsi. D'altra parte la garanzia dell'impunità assoluta renderebbe la falsa accusa una banalità, per cui sembrerebbe necessario prevedere un minimo di sanzione, in grado di procurare almeno dei fastidi, un qualche piccolo disturbo. Ma per capirne l'effetto basta pensare: “Come mi comporterei io se mi accadesse di trovarmi in quella situazione? Perché dovrei ritrattare? Se non ritratto, il danno va al calunniato, se ritratto cade addosso a me! Meglio che lui marcisca in galera piuttosto che io ne abbia dei fastidi”.
Infatti, allo stato delle cose quel che sorprende è che ci siano donne che qualche volta ritrattano. Come mai? Evidentemente perché non si rendono conto delle conseguenze dannose (per sé), ossia agiscono proprio come se pensassero di uscirne indenni. Il che prova che la prospettiva di uscirne senza danni è quel che ci vuole per indurle a ritrattare. Quel che era già ovvio dalle incontestabili (e incontestate) considerazioni precedenti. La conclusione è che l'impunità è preferibile a qualsiasi punizione (=produce effetti meno negativi) Sto precisamente dicendo che la calunniatrice (in area sessuale) non deve essere punita in alcun modo.
Orrore! “E questo ti sembra giusto?” Mai detto che è giusto (e come potrei?), dico e ripeto che è utile a limitare i danni a carico degli innocenti. Che sia così è incontrovertibile.
Avessimo almeno una piccola controprova dell'utilità per gli UU della punizione-zero alle DD (nei casi di cui parliamo)...! E la controprova c'è, grande come una montagna. Forse non tutti sanno che le femministe, da sempre e in ogni paese dell'Occidente, hanno preteso che le denunce femminili non siano suscettibili di ritrattazione. Pretendono (e in alcuni paesi l'hanno ottenuto) che la querela/denuncia non possa essere ritirata e ciò per esplicita disposizione di legge.
Sembrerà paradossale, assurdo e folle, ma la ragione impone di affermare che – in questa stagione storica (fra 100 anni si vedrà...)- le false denunce devono essere ritrattabili, senza formalità, senza limiti di tempo e senza conseguenze per l'accusatrice. Gloria Steinem, Ida Dominijanni e tutta la banda larga femdominista non sono minimanente d'accordo. Questo mi conforta.
Non solo qui, ma in tutto il Momas sarà difficile trovare qualcuno che concordi sulle conclusioni, benché discendano da premesse incontestabili: quando la minaccia di una sanzione anziché indurre il reo a desistere gli rende vantaggioso il persistere, la sanzione diventa controproducente, irrazionale e quindi da ridurre, alleviare e infine – se necessario – da abolire. Appunto.
Certo, non mi aspetto grandi consensi...
RDV
(P.S.: ho visto che c'è qualche opinione simile)