Autore Topic: Il declino dell'Occidente  (Letto 3957 volte)

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Offline Giuseppe83

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Re: Il declino dell'Occidente
« Risposta #15 il: Settembre 19, 2011, 00:19:12 am »
Giusè se li ritrovo ti porto le percentuali vere di quanti stranieri ci sono e quanti ne nascono.

Basta alle cazzate pseudopopuliste che provocano razzismo.
Calma Jason, io parlavo di un occidente in declino demografico ed un vicino oriente che è in forte crescita.
Non ci invaderanno gli islamici ma semplicemente occuperanno gli spazi che noi avremo lasciato vuoti.
Poi se non lo si è capito io ho una grandissima stima per loro.

Offline Giuseppe83

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Re: Il declino dell'Occidente
« Risposta #16 il: Gennaio 01, 2012, 16:11:41 pm »
TRATTO DA: http://www.eugeniobenetazzo.com/aspettando-il-2012.htm

Mi rendo conto infatti che sempre più persone e interlocutori legati al mondo del lavoro e dell'impresa hanno proiezioni di quello che li aspetta completamente fuorvianti o aberranti. In Italia non ne parliamo: imprenditori ed industriali ancora credono che quello che sta accadendo sia il frutto di un periodo di difficoltà transitoria di alcuni anni, dopo di che si ritornerà ad una normale situazione di crescita e prosperità economica. Niente di più lontano dalla verità. La crisi del debito sovrano è solo la prima fase del periodo di metamorfosi economica che contraddistingue le economie occidentali. Forse il “worst case scenario” lo abbiamo definitivamente schivato a fronte della exit strategy implementata dalla Banca Centrale Europea in questi ultimi mesi ovvero la giapponesizzazione dell' economia europea, con tassi di interesse a livelli pavimentale, debito continuamente consistente ma controllato e crescita modesta, se non irrisoria. Per chi continua ad interrogarsi se il 2012 rappresenta la fine del mondo così come ci è stato trasmesso dalle riletture del famoso calendario Maya, la risposta è più che affermativa.


Solo che non si tratta della fine del mondo, ma la fine di un mondo, quello economico occidentale. Fenomeni e potenzialità di consumo ormai al limite della saturazione, crescita esponenziale del ricorso al debito per mantenere un determinato tenore di vita, polverizzazione della capacità produttiva delle economie occidentali, invecchiamento costante e progressivo delle loro popolazioni associato a flussi demografici di incremento inesistenti, determinano la fine di un mondo e del suo ruolo di locomotiva planetaria. Ad esempio noi italiani o i cugini spagnoli non torneremo mai più ai fasti ed alle glorie di crescita e traino economico che abbiamo vissuto durante l'inizio degli anni novanta. A fronte di un mondo che finisce, ne abbiamo un altro che ormai sta prendendo il suo posto, mi riferisco ai nuovi players planetari destinati a sostituirsi in tutto a noi occidentali, pensate che l'indebitamento medio di un paese cosiddetto emergente (un tempo) si attesta a meno del 40% sul PIL, contro un 80% di media dell'economia occidentale.

Purtroppo non possiamo fare niente, solo assistere passivamente a questa trasformazione, al massimo tentare di prenderne parte come comparse sullo sfondo. La Cina ad esempio si sta riprendendo il ruolo di economia predominante nel mondo, ruolo che ha avuto e mantenuto sino al 1900, quando è stata scalzata dall'Inghilterra. Oltre ai superati BRIC, ora dobbiamo aggiungere anche i CIVETS (Colombia, Indonesia, Vietnam, Egitto, Turchia e Sudafrica), ai quali io mi sento di affiancare anche i nuovi paesi di frontiera di mia individuazione come i CESTUZ (Congo, Etiopia, Sudan, Tanzania, Uganda e Zimbawe), tutte nazioni che stanno implementando politiche di crescita, emersione ed affrancamento sociale delle loro popolazioni al fine di incrementare i livelli di benessere personale. Per un mondo che finisce e si spegne invecchiando lentamente, ne abbiamo un altro che sta emergendo progressivamente con energia e forze vitali destinate a far esplodere tutto il loro potenziale di consumo nei prossimi decenni. Questo è il 2012, la fine del primato economico in Occidente e la nascita di un nuovo equilibrio geoeconomico nel mondo rappresentato dall'emersione di giovani economie di frontiera ed il rafforzarsi nei prossimi anni di quelle un tempo chiamate emergenti.