http://espresso.repubblica.it/dettaglio/ecco-perche-comandano-i-maschi/2172005/9(16 gennaio 2012)
Françoise Héritier Françoise HéritierDonne non si nasce, si diventa. E la regola vale non solo per l'Occidente oggi, ma risale alla notte dei tempi. E' quanto sostiene Françoise Héritier antropologa francese, tra le più famose del mondo, considerata dal leggendario Claude Lévi-Strauss sua erede. Tanto che ne prese il posto al Collège de France. Il punto di partenza della affascinante ricerca della Héritier (in Italia i suoi libri sono pubblicati da Laterza) è capire come sia potuto accadere che l'uomo si sia impadronito del corpo della donna. O meglio, dato che il maschio è piuttosto inutile (non è lui che partorisce) come è successo che gli è invece stato conferito il potere della vita. Lei lo spiega così: "I nostri antenati hanno tratto conclusioni sbagliate sull'origine stessa della vita: la procreazione. Secondo loro era maschile. Invece di pensare che la donna è capace di questo dono: fare figli, pensavano che senza il maschio non si è nulla. Da lì si è creato il dominio maschile".
Héritier è una piccola signora di 78 anni, sguardo materno e rassicurante, sembra la nonna ideale. Ci riceve nel suo salotto, una stanza grande, ariosa, con piante colorate, un tavolo vicino alla finestra e in un angolo, davanti a poltrone e divani, la libreria. In risalto una foto in bianconero di trent'anni fa con lei, unica donna, insieme a tutti i professori del Collège de France. E con Lévi-Strauss, il suo mentore, la sua guida, la sua ispirazione. Héritier spiega i concetti più difficili con l'eloquenza dei grandi. Parla con una voce pacata, dizione perfetta: nel rispondere fa trasparire la pazienza acquisita con l'insegnamento.
Partiamo da una sua ricerca, in apparenza esotica, in realtà di stringente attualià, e che fa capire quanto sia relativa la divisione tra maschi e femmine...
"Immagino che ha in mente la storia del matrimonio tra donne nella tribù dei Nuers in Sudan. Questa unione non ha carattere omosessuale. Si tratta di donne sterili, considerate uomini dentro un corpo di donna. Negli anni queste donne possono aver accumulato un gregge consistente e hanno dunque maturato il diritto di chiedere in sposa una ragazza. Ma non ci dormiranno insieme. In compenso si faranno servire come un marito, quindi godranno di tutti i privilegi degli uomini. Potranno avere dei figli prendendo uno schiavo o un servo alle loro dipendenze e che per loro farà quello che si chiama "lavoro di letto", concepirà figli con la sposa della moglie".
Dunque per contare bisogna essere un uomo? E uomini si diventa?
"In sostanza sì. In realtà, la vicenda è complessa. Lo si diventa attraverso il dominio sul corpo della donna. Partiamo da un'idea nata nell'antichità: nella natura esistono la femmina e il maschio. Seconda constatazione: solo le femmine partoriscono e possono partorire. A cosa servono i maschi, allora? Terza osservazione: se non c'è rapporto sessuale, le femmine non possono procreare. Mettendo insieme queste tre cose, la sola conclusione logica è che i maschi, attraverso il rapporto sessuale, mettono dei figli nei corpi delle donne. Dunque, la donna, per utilizzare un termine africano, è solo un "recipiente"".
E' questa l'origine della differenza nella cultura tra uomo e donna?
"Bisognava inculcare alla donna che il suo scopo nella vita è fare figli e per farlo si utilizzavano metodi comuni a tutte le società del mondo. Primo, l'impossibilità per la donna di disporre del proprio corpo. Le ragazze venivano date in moglie senza poter scegliere il marito, né il numero di figli. Secondo: impossibilità di studiare, quindi di sviluppare lo spirito critico. Terzo: divieto di svolgere funzioni di potere, compreso quello intellettuale e artistico. Infine: per rendere tutto questo concreto, le armi utilizzate erano il disprezzo e l'ostracismo. Questi quattro punti costituiscono la base del primo modello del dominio maschile. Ed è il modello di ogni dominio".
Di questo e altro lei parla nel suo libro "La plus belle histoire des femmes", scritto con la storica Michelle Perrot, la filosofa Sylviane Aganciski e la politologa Nicole Bacharan. Il quadro è desolante.