Autore Topic: DONNA AL POTERE NO GOOD?  (Letto 1127 volte)

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Offline jorek

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DONNA AL POTERE NO GOOD?
« il: Gennaio 31, 2012, 11:57:31 am »
DONNA AL POTERE NO GOOD? - di Giuseppe Mele
pubblicata da Zona di Frontiera il giorno martedì 31 gennaio 2012 alle ore 11.10

Il confuso dibattito politico ed economico ed il marasma di riti e di ruoli hanno, loro malgrado, fatto chiarezza su un dubbio filosofico su cui tutta la società si arrovella. Adesso, d’improvviso, il trio Camusso-Fornero-Marcegaglia ha svelato l’arcano. La leadership femminile all’italiana è un fallimento.

 

 

Come d’altronde aveva intuito la maggior parte dell’elettorato che non a caso è femminile. A maggio l’Emma confindustriale mollerà probabilmente per lasciare a Bombassei; grande è il respiro di sollievo di tutti, dei piccoli capitanati da Riello e dei grandi, del MinEconomia, della destra e della sinistra, in fondo della stessa mantovana. Se ne va lasciando più e peggio che macerie; non tanto per la generale recessione industriale o le ambiguità di posizione e nemmeno per l’ombra di guidare un popolo di potenziali evasori, scudati e scudandi. Quando il membro più ricco del club, quello che pagava la retta più pesante, vale a dire Fiat, ha lasciato FinMeccanica e Confindustria, si sarebbe dovuta immolare in interventi ed eventi. Scegliere se sostenere o contrastare il gruppo torinamericano. Lei l’ha presa con nonchalance, come una delle tante opzioni possibili mentre l’associazione da lei diretta cascava dalle nuvole. Ha firmato di tutto e di più con tutti i sindacati, senza capire perché erano uniti o divisi; ha sempre firmato tutti gli auspici, gli indirizzi e gli accordi, anche contrastanti e contemporaneamente. Tanto una pezza ce la metteva sempre Sacconi, cui toccava dare ossigeno alle imprese più tassate d’Europa, mettendo in conto a Stato e Regioni un po’ dei costi delle ristrutturazioni e dei fallimenti. Voleva fare la spavalda liberalizzatrice, quasi non guidasse un’organizzazione sclerotica, burocratica, costosissima, ridondante di sottostrutture nemmeno firmatarie di contratto. Ora non vede l’ora di andarsene prima che le scarichino addosso qualche reddito minimo garantito o contratto unico danese alla Ichino. Succedesse, verrebbe maledetta da tutti gli imprenditori, ma non sarebbe sua responsabilità, perché con lei Confindustria è divenuta un disomogeneo coacervo di signori della guerra, ognuno indipendente dall’altro. I suoi organi di stampa istituzionali si sono affrancati ed a parte l'obbedire a qualche grandissima azienda, parlano a ruota libera, come fossero l’insieme di Compagnia delle opere, Costruttorigironi, Lega Ambiente, Cgia Mestre, Green Peace, Terzo Settore, Articolo 21 ed avessero completamente dimenticato l’epopea ed i drammi di chi fa impresa. Lei, l’Emma, per loro piacere, si è di volta in volta accodata al corifeo di turno sillabando la frase giusta politicamente attesa, anche quando controproducente. Ora, quella che si è persa Fiat per strada se ne va perdente.

 

La Camusso in questi giorni ha mostrato un aspetto che non le si immaginava, quello comico. Quale satira migliore di un segretario Cgil che difende a spada tratta la cassa integrazione in deroga, inventata dal centro destra a protezione di artigiani, lavoratori autonomi, precari, commercio e servizi? Rispetto al predecessore, ha raddoppiato il numero di scioperi generali, indetti in solitudine, senza effetto e senza ritorno. Si è scatenata sulla difesa del corpo femminile, sulla dignità della donna vilipesa da manifesti e pubblicità. Proprio quella pubblicità che incoraggia la donna, regina del consumo, ne segue i problemi gassosi, liquidi e solidi in tutte le età e senza vergogna, che ne fa un’eroina di forza, di intelligenza ed abilità. Bella riconoscenza. Ha dato retta a quelle del Telefono Rosa che contano uno stupratore ogni tre uomini e fanno censurare il numero dei reciproci delitti in famiglia. Si è scatenata, se non ora quando, al momento che non la forza dei lavoratori o la violenza dei dimostranti, ma la bufera dell’Internet finanziario – vero contraltare di classe –, ha finalmente buttato giù il governo nemico. Dopodiché, muta e silente, ha cominciato a prendere sganassoni sapendo di non poter reagire: tardive pensioni alle donne, esodi, innalzamento età, tutte le liberalizzazioni non amate, le riforme del mercato minacciate: tutti piani e bozze provenienti dal proprio campo professorale e di sinistra. In terra, ad ammansirla l’osso della caccia all’evasore. Come l’Emma, anche la Susanna può contare su un’ampia stampa omertosa di sostegno che ne nasconde sistematicamente le sconfitte. I contratti sono triennali come non voleva Susanna? Non lo si dica. Il contratto del commercio è stato concluso senza Cgil ed è applicato ugualmente? Zitti. Quello bancario è stato firmato per non fare la fine di quello bancario? Come sopra. Non si contano le epurazioni interne anche di nomi celebri nelle categorie e nei territori: si va dalla censura per storia d’amore con sindacalista di altra sigla, al famoso striscione che aspettava la segretaria con due SS runiche nel cognome. Passa da dittatrice e si è fatta sorprendere da una minoranza interna sempre più grande, che sfiora il 30%. Cofferati teneva unita la Cgil sulla linea anti-D’Alema. Epifani cercava al contrario di portarla dalla parte del Baffino. Con Susanna grande è la confusione. Nel merito i migliori alleati sono a destra. La lega difende i pensionati. Tiraboschi tuona che si deve usare l’apprendistato che già c’è. In casa come sulla stampa, la Fiom è sempre più forte. In azienda meno: la Fiom di Pomigliano si è rivoltata, stanca di No politici che vengono pagati dai lavoratori. Resta solo da contare sui media favorevoli e sui moderati che confondono Cgil (una parte) con il tutto (sindacato).

 

Ma per fortuna di Emma e Susanna, ce n’è una peggio, l’Elsa Maria, la moglie di Deaglio; quella che è di grande compagnia, perfetta per le lacrime di un giorno a Lourdes. Pur protetta dalla mantella professionale, familiare e territoriale, sul ministro Fornero anche la Stampa mormora “di lavoro non sembra saperne molto”. In 3 mesi il ministro ha toccato 3 argomenti, art. 18, cassa integrazione straordinaria, contratto unico, e subito ha chiuso nel cassetto i suoi 3 documenti, fuggendo a gambe levate davanti alle reazioni. Ricorda l’ex moglie di Padoa Schioppa, la Kostoris, ed il suo odio per la pensione di reversibilità delle vedove. E’ una Iervolino piemontese che piange per i giovani deboli e toglie a genitori e nonni perché non li possano aiutare. Rifiuta anche il sostegno delle pensioni per le ristrutturazioni. L’unico supporto pubblico che ammette in fondo è per la sua università. Crede veramente, perché lo ha letto, che la maggioranza dei lavoratori sia precaria o a part time. Fissata per l’innovazione, giura che prima di andarsene qualcosa cambierà. Per stupire se stessa, si è opposta all’innalzamento dei contributi agli autonomi; ovviamente non le hanno dato retta. In tanto disastro, l’Elsa Maria ora gioca da sola a biliardo per non fare danni ma anche lì, ne è venuto fuori il mobbing contro un altro povero giovane, il Michel Martone. E’già in odore di ricambio. La Fornero però è una persona aperta che chiede solo un dialogo serio e rispettoso: per questo voleva finirla con gli incontri fisici, forieri di malattie e cattive espressioni, e passare all’instant messagging, le chat che fanno tanto giovanile ed innovativo. Si sa che nelle università si resta ragazzi dentro.

 

Elsa, Emma e Susanna, desperate politicalwives. Provarle per credere. Altro che la demenza senile della Tatcher: qui il problema si è manifestato con largo anticipo. Il disastro della leadership femminile simbolicamente rappresentato dal dibattito Annunziata-Carfagna sulle leggi per le donne belle e brutte, spiega il problema. Le donne al top sono compagne, figlie, eredi, mogli ed affini del successo, cercato cinicamente. Capo spirituale è Christine Lagarde, divenuta presidente Fmi, sullo scalpo delle accuse infondate al predecessore Strauss Kahn, cui in pochi giorni d’impasse soffiò il posto. Questo circo dell’esiguo numero delle donne di potere e di carriera, dalla Finocchiaro alla Bonino, dalla Sensi alla Melandri, dalla Todini alle coniugi Fassino & co., giù lungo le imitazioni riscontrabili in tutte le organizzazioni, è lontano dalle donne normali, ne ha un’idea astratta e negativa, non le rappresenta.

 

Le odia e legifera contro di loro. Se poi sono a capo di tutti, peggio che andar di notte.

 

Giuseppe Mele, 31 gennaio 2012

Zona di frontiera (Facebook) - zonadifrontiera.org (Sito Web)

Online fabriziopiludu

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Re: DONNA AL POTERE NO GOOD?
« Risposta #1 il: Gennaio 31, 2012, 13:00:13 pm »


E' già stato AMPIAMENTE DIMOSTRATO che sia "NO GOOD!"!

Offline Ethans

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Re: DONNA AL POTERE NO GOOD?
« Risposta #2 il: Gennaio 31, 2012, 13:23:41 pm »
Interessante 'sto articolo...

Offline ilmarmocchio

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Re: DONNA AL POTERE NO GOOD?
« Risposta #3 il: Gennaio 31, 2012, 21:12:14 pm »
Yorek, mi hai bruciato sul tempo :mad:

l'ho appena letto sul Legno Storto e stavo per postarlo

http://www.legnostorto.com/index.php?option=com_content&task=view&id=33815

La verità comincia ad affiorare