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Occhio, gente! Adesso se tua moglie ti tradisce la devi mantenere lo stesso

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Cassiodoro:
Basta separazioni per colpa, nozze finite anche se il partner è tollerante

Il matrimonio finisce anche se nella coppia uno dei due è disposto a tollerare tradimenti o comportamenti che denotano l'assenza di progetti in comune. Lo afferma la Cassazione (sentenza 2274/12) osservando che oggi anche la giurisprudenza si è evoluta in fatto di separazioni per cui il giudice è sempre meno disposto ad assegnare colpe per il fallimento delle nozze. In base «alla condizione dell’uomo medio» il matrimonio finisce quando anche uno solo dei due si «disaffeziona». Anche oltre la «violazione dei doveri coniugali» visto che non tutte le «violazioni» sono causa di fine nozze.
 
 
 
Il caso

 
 
La Suprema Corte ha convalidato la separazione giudiziale sancita dal Tribunale di Catania nei confronti di una coppia (con obbligo di mantenimento e casa coniugale a favore della moglie) nonostante la resistenza della consorte, abbandonata da diversi anni dal marito che era andato a convivere con un’altra donna dalla quale aveva avuto un figlio. Nonostante il tradimento e la nuova vita, la donna, in Cassazione, ha sostenuto che mancavano i presupposti per dichiarare l’intollerabilità della convivenza e la conseguente separazione giudiziale: «appare immune da censure il convincimento della Corte d’appello secondo il quale la disponibilità unilaterale della moglie a sopportare tale situazione non può valere ad impedire la sussistenza della intollerabilità della convivenza tra i coniugi, che costituisce il presupposto della pronuncia di separazione giudiziale, intollerabilità strettamente collegata all’esistenza di una nuova famiglia. Nella nuova disciplina» in materia di separazioni «nessuna differenza è posta tra coniuge colpevole o incolpevole, se di "colpa" si deve ancora parlare, e pertanto anche il coniuge colpevole può chiedere la separazione, affermando che proprio il suo comportamento ha condotto all’intollerabilità della convivenza». Non «è più necessaria la sussistenza di una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco spirituale di una delle parti, tale da rendere per lei intollerabile la convivenza verificabile in base a fatti obiettivi emersi, compreso il comportamento processuale con particolare riferimento al tentativo di conciliazione». Nel caso, inoltre, l’uomo aveva dimostrato «disaffezione alla convivenza matrimoniale».

http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/443234/

poisonmind:
Durante il matrimonio ha condotto una vita spericolata: assegno divorzile ridotto

Il giudice, per quantificare l’assegno divorzile, può legittimamente riferirsi al contributo personale dato dal richiedente alla vita familiare, valutando il comportamento di quest’ultimo nel corso del matrimonio. Lo afferma la Cassazione nella sentenza 28892/11.

 

Il caso

 

Un uomo e una donna si sposano e hanno due figli. Purtroppo però, il matrimonio non è dei più felici. Fin dai primi anni della convivenza e con i figli ancora piccoli, la donna è solita frequentare locali notturni dove abusa di alcool e psicofarmaci. Il marito è spesso costretto ad intervenire, anche con l’ausilio delle forze dell’ordine, per cercare di recuperare la moglie in difficoltà a causa dell’assunzione di quelle sostanze. Dopo nove anni i due si separano. Qualche tempo dopo, il marito deposita il ricorso con il quale chiede al Tribunale la pronuncia di scioglimento del matrimonio e l’affidamento dei figli. La moglie si costituisce chiedendo l’affidamento condiviso con collocazione presso il padre e un assegno divorzile mensile di 2.000 euro. Il giudice, per quel che riguarda i figli, accoglie la richiesta della madre stabilendo l’onere del mantenimento a carico esclusivo del padre; rigetta però la domanda di assegno divorzile. La donna ricorre in appello dove si vede riconoscere il diritto a 200 euro mensili. Si arriva dunque in Cassazione.

 

Le ragioni della moglie. La donna lamenta il fatto che la Corte d’appello ha liquidato l’assegno in soli 200 euro in ragione del suo comportamento e della sua condotta di vita le cui circostanze però non erano emerse in sede di separazione personale. Inoltre, a suo dire, i giudici hanno fornito una motivazione contraddittoria quando hanno dapprima riconosciuto un divario tra i redditi dei coniugi maggiore di quello calcolato dal tribunale considerando degli immobili di proprietà del marito a lui pervenuti per successione, stabilendo poi che di essi non si deve tenere conto. Infine, la Corte territoriale, sempre secondo la donna, non ha debitamente considerato l’apporto dato dalla stessa alla conduzione familiare avendo tenuto presso di se i figli sino all’età di dieci e dodici anni.

 

Le ragioni del marito. L’uomo sostiene che l’assegno non può essere attribuito all’ex coniuge poiché ella non ha dimostrato il peggioramento del suo tenore di vita rispetto a quello goduto durante il matrimonio. Inoltre, la decisione della Corte d’appello è censurabile poiché da un lato afferma che ai fini della determinazione dell’assegno non rilevano i beni pervenuti dopo la separazione, dall’altro ne tiene conto nel momento in cui esamina i redditi. Infine, il comportamento della moglie avrebbe dovuto in ogni caso escludere il diritto all’assegno.

 

La Suprema Corte, prima di tutto, riconosce come corretto l’operato dei giudici di secondo grado che hanno tratto «implicita prova del raffronto fra la situazione economica complessiva delle parti negli anni anteriori alla pronuncia di divorzio – in relazione alla quale ne andava ragguagliato il tenore di vita e i redditi della ex moglie – espungendovi a tal fine i beni immobili pervenuti all’ex marito per successione ereditaria dopo la cessazione della convivenza in quanto non costituenti lo sviluppo naturale dell’attività svolta durante la convivenza». La Cassazione precisa poi che « in tema di scioglimento del matrimonio, una volta stabilita la spettanza in astratto dell’assegno divorzile, per non essere il coniuge richiedente in grado, per ragioni oggettive, di mantenere il tenore di vita matrimoniale, il giudice deve poi procedere alla determinazione in concreto dell’assegno in base alla valutazione ponderata e bilaterale dei criteri indicati nell’art. 5 della legge 1 dicembre 1970, n. 88, che quindi agiscono come fattori di moderazione e diminuzione della somma considerabile in astratto». La Corte d’appello ha preso in considerazione da un lato la durata del matrimonio e dall’altro lo scarso contributo dato dalla moglie alla gestione complessiva della vita familiare. Quest’ultimo riferimento operato dai giudici è dunque legittimo in forza di quanto disposto dalla legge sul divorzio. La Corte, nel rigettare i ricorsi, ricorda poi come sia un principio ormai consolidato quello secondo il quale «il giudice, nella quantificazione dell’assegno, non deve necessariamente darne giustificazione in relazione a tutti i parametri stabiliti dall’art. 5 della legge sul divorzio, potendo dare prevalenza anche ad alcuni o ad uno solo di essi.   

fatto sta che l'uomo paga anche questa volta

http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/443692/

Cassiodoro:

--- Citazione da: poisonmind ---Durante il matrimonio ha condotto una vita spericolata: assegno divorzile ridotto
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http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/443692/
fatto sta che l'uomo paga anche questa volta

--- Termina citazione ---
In tutta questa questa serie di sentenze non è riconosciuto l'obbligo per la madre del contribuire al mantenimento dei figli.
Ma il giornalista evidenzia il titolo "assegno ridotto", mentre io al suo posto avrei intitolato "madre esentata dal mantenere i figli".
Per giudicare bene le sentenze,specialmente la prima, bisognerebbe conoscere le richieste iniziali delle parti.
I 200 euro possono essere considerati gli alimenti, ma manca sempre il contributo al mantenimento da parte della madre verso i figli, che vengono addossati ad ogni padre, anche se disoccupato.
C'è ancora il divorzio, spero che elimineranno questo errore e che riconosceranno anche alla madre il dovere del mantenimento economico dei figli.

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