Autore Topic: Maschicidi  (Letto 62953 volte)

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Offline COSMOS1

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Re:Maschicidi
« Risposta #30 il: Gennaio 25, 2013, 19:00:15 pm »
no, è + serio se metti il tuo nome!  :wub:
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Offline raniran

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Re: Maschicidi
« Risposta #31 il: Gennaio 25, 2013, 19:25:54 pm »
Si hai ragione ma comunque poi bisognerebbe riportare tutti i fatti di cronaca e le notizie dove una femmina uccide in qualsiasi modo un maschio e quindi fare un doppio post qui e sul topic della violenza femminile...Non che ci sia alcun problema per me sia chiaro  :)


Ma chi siete voi i giudici?
Dove vi state arrampicando.....non vi rendete conto che questo è puro delirio.
ALe
...la donna che celò in un sorriso
il disagio di darci memoria
ritrovi ogni notte sul viso
un insulto del Tempo ed una scoria....

(Ballata degli impiccati) - Fabrizio De Andrè

Offline beta

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Re:Maschicidi
« Risposta #32 il: Gennaio 25, 2013, 19:49:20 pm »
inviato. in attesa di moderazione. :cool:

Offline beta

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Re:Maschicidi
« Risposta #33 il: Gennaio 26, 2013, 17:40:21 pm »

Offline COSMOS1

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Re:Maschicidi
« Risposta #34 il: Gennaio 26, 2013, 21:40:06 pm »
ottimo
anche se sarebbe stato meglio usare noome e cognome e non un nick  :cool:
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Offline Warlordmaniac

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Re:Maschicidi
« Risposta #35 il: Gennaio 27, 2013, 16:33:54 pm »
Due al prezzo di uno.

http://bologna.repubblica.it/cronaca/2013/01/24/news/ferrara_uccide_il_marito_con_un_colpo_di_pistola_alla_nuca-51218841/?ref=HREC1-4

Ferrara, uccide il marito
con un colpo di pistola alla nuca

Donatella Zucchi, ex vigilessa, avrebbe sparato al marito, il 49enne Vincenzo Brunaldi, probabilmente mentre erano a letto. La polizia ha trovato la donna vicina al corpo già in un sacco. Ha confessato l'omicidio
Lo leggo dopo
Ha ucciso il marito tossicologo con un colpo di pistola alla nuca, cercando successivamente di disfarsi del corpo: il fatto, accaduto in un appartamento di Ferrara, potrebbe risalire a mercoledì mattina, ma è stato scoperto solo oggi, in seguito all'intervento della polizia. La vittima è Vincenzo Brunaldi, 49 anni, responsabile di medicina legale, la moglie si chiama Donatella Zucchi, ex vigilessa e attualmente dipendente comunale. L'uomo da due giorni era assente dal lavoro. La morte  sarebbe avvenuta nella notte tra martedì e mercoledì, o nelle prime ore del mattino di ieri, 36/48 ore prima del ritrovamento, hanno riferito i medici legali.

Grazie a una segnalazione giunta alla squadra mobile, gli agenti sono arrivati in via Favero, entrando  nell'appartamento, dove hanno trovato la donna, che non ha opposto resistenza, vicina al letto e al corpo del marito, già all'interno di un sacco di plastica nero, pronto per essere trasportato via: nell'auto della donna, sono state trovate anche delle lattine di liquido infiammabile.

I fatti sono stati ricostruiti dal questore di Ferrara, Luigi Mauriello. Sono in corso accertamenti della scientifica per ricostruire l'esatta dinamica del delitto: il corpo risulta spostato, mentre nel materasso sporco di sangue è stato individuato il foro del proiettile, il che fa ipotizzare che l'omicidio sia avvenuto a letto. S'indaga per capire se la donna avesse o meno cercato l'aiuto di qualcuno per disfarsi del corpo.

In casa gli agenti hanno trovato
il materasso del letto - che la Zucchi aveva buttato in un cassonetto - ancora sporco di sangue e con al centro un buco provocato dal proiettile della calibro 9 che la donna deteneva legalmente per uso sportivo. La donna aveva posto anche un telone nell'auto, una piccola utilitaria per portare via il corpo, e questa mattina ha telefonato a un'amica dicendo che aveva ucciso il marito. Questa ha chiamato subito la polizia facendo scattare l'allarme e le prime indagini.

La donna era stata per alcuni anni agente della polizia municipale per poi passare ad un incarico amministrativo nel comune, ma in Comune a Ferrara non la si vedeva tanto per i problemi di salute. E' escluso che l'ex vigilessa avesse problemi psichici. Quanto al rapporto tra i coniugi sembra fossero in procinto di separarsi. Non avevano figli.

La presunta assassina, 22 anni fa aveva vissuto una tragedia familiare: nel marzo del 1991 il padre, Nedo Zucchi, morì per un colpo di fucile partito accidentalmente durante un litigio con la moglie, Antonietta Crisante. La responsabilità della donna nella morte del marito venne esclusa dalle indagini che seguirono la tragedia.

Offline Red-

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Re:Maschicidi
« Risposta #36 il: Aprile 29, 2013, 22:28:13 pm »
Altri maschicidi

Soldati caduti in Afghanistan, a rappresentare l'Italia, formata da uomini e donne.
I caduti, però, sono tutti maschi e non perchè più inetti, ma perchè solo loro sono in prima linea.

2004

1 –  Giovanni Bruno
caporal maggiore, distretto di Surobi, incidente col suo mezzo, 3 ottobre

2005

2 – Bruno Vianini
capitano di fregata, disastro aereo, 3 febbraio

3 – Michele Sanfilippo
caporal maggiore, per ferite riportate in addestramento, 11 ottobre

2006

4 – Manuel Fiorito
tenente, 2º Reggimento alpini, 5 maggio

5 – Luca Polsinelli
maresciallo, 9º Reggimento alpini, 5 maggio
per lo scoppio di un ordigno al passaggio del loro convoglio nella Musay Valley

6 – Carlo Liguori
tenente colonnello, Herat, attacco cardiaco durante una missione, 2 luglio

7 – Giuseppe Orlando
caporal maggiore, 2º Reggimento alpini, Kabul, incidente stradale, 20 settembre

8 – Vincenzo Cardella
caporal maggiore, 2º Reggimento alpini, a Sud di Kabul, scoppio di un ordigno, azionato probabilmente a distanza, al passaggio del convoglio, 26 settembre

9 – Giorgio Langella
caporal maggiore, 2º Reggimento alpini, muore il 30 settembre all’ospedale militare del Celio di Roma per le ferite riportate nell’attentato del 26 settembre i cui è morto Cardella

2007

10 – Lorenzo D’Auria
sottufficiale del Sismi, catturato insieme a un altro agente dagli insorti, riporta gravi ferite durante il blitz per la liberazione e muore pochi giorni dopo all’ospedale militare del Celio a Roma, 4 ottobre

11 – Daniele Paladini
maresciallo capo, 2º Reggimento del genio pontieri di Piacenza, a  seguito di una strage a opera di un attentatore suicida durante la cerimonia d’inaugurazione del ponte sul fiume a Paghman, 25 km a nord-ovest di Kabul, 24 novembre

2008

12 – Giovanni Pezzulo
maresciallo del Cimic Group South Rudbar, a seguito di uno scontro a fuoco durante una distribuzione di viveri alla popolazione locale, 12 febbraio

13 – Alessandro Caroppo
caporal maggiore, per cause naturali, 21 settembre

2009

14 – Arnaldo Forcucci
maresciallo dell’Aeronautica Militare, base italiana di “Camp Arena” di Herat, per cause naturali, 15 gennaio

15 – Alessandro Di Lisio
caporal maggiore, 8º Reggimento genio guastatori paracadutisti “Folgore”, 50 km Nord-Est di Farah,  scoppio di un ordigno artigianale al passaggio del suo convoglio, 14 luglio

16 – Roberto Valente
sergente maggiore, 187º Reggimento “Folgore”

17 – Matteo Mureddu
primo caporal maggiore, 186º Reggimento “Folgore”

18 – Antonio Fortunato
tenente, 186º Reggimento “Folgore”

19 – Davide Ricchiuto
primo caporal maggiore, 186º Reggimento “Folgore”

20 – Giandomenico Pistonami
primo caporal maggiore, 186º Reggimento “Folgore”

21 – Massimiliano Randino
primo caporal maggiore, 183º Reggimento “Nembo” della “Folgore”
Kabul, 17 settembre. Un’auto carica di esplosivo (150 kg) si infila tra due mezzi Lince del 186º Reggimento della Brigata Folgore e fa strage

22 – Rosario Ponziano
caporal maggiore, 4º Reggimento alpini paracadutisti “Monte Cervino”, ribaltamento dell’autoblindato “Lince” in incidente stradale tra Herat e Shindad, 15 ottobre

2010

23 – Pietro Antonio Colazzo
agente dell’Aise, attentato contro un hotel nell’area di Shahr-i-Naw, 26 febbraio

24 – Massimiliano Ramadù
sergente in forza al 32º Reggimento genio guastatori “Torino”

25 – Luigi Pascazio
caporal maggiore del 32º Reggimento genio guastatori “Torino”
Entrambi morti in seguito allo scoppio di un ordigno artigianale al passaggio di un convoglio partito da Herat e diretta alla base di Bala Murghab per portare rinforzi, 17 maggio

26 – Francesco Saverio Positano
caporal maggiore scelto in forza al 32º Reggimento genio guastatori “Torino”, caduta dal proprio mezzo nei nei pressi di Shindad, 23 giugno

27 – Marco Callegaro
capitano in forza al 121º Reggimento di artiglieria contraerei “Ravenna”, operativo in un piccolo contingente italiano che supporta il comando della missione Isaf della Nato, aeroporto di Kabul, suicida, 25 luglio

28 – Mauro Gigli
primo maresciallo in forza al 32º Reggimento genio guastatori alpini “Torino”

29 – Pierdavide De Cillis
caporale maggiore capo in forza al 21º Reggimento genio guastatori Di Caserta
Entrambi morti in un attentato compiuto con un ordigno artigianale, piazzato lungo la strada che stavano dpercorrendo a seguito di una chiamata, a 8 chilometri a sud di Herat, 28 luglio

30 – Alessandro Romani
tenente in forza al 9º Reggimento d’assalto paracadutisti “Col Moschin” e operativo presso la Task Force 45, nella zona di Bakwah, nell’area a est di Farah, nella provincia di Herat, colpito a morte mentre cercava di catturare un gruppo di insorgenti che aveva appena piazzato un ordigno, 17 settembre

31 – Gianmarco Manca
primo caporal maggiore in forza al 7º Reggimento alpini

32 – Francesco Vannozzi
primo caporal maggiore in forza al 7º Reggimento alpini

33 – Sebastiano Ville
primo caporal maggiore in forza al 7º Reggimento alpini

34 – Marco Pedone
caporal maggiore in forza al 7º Reggimento alpini
Tutti e quattro muoiono in un’imboscata al loro blindato Lince. A esplodere è un ordigno improvvisato al ciglio della strada a circa 200 chilometri a est della Provincia di Farah, al confine con l’Helmand, nel sud ovest dell’Afghanistan. Erano di scorta a 70 camion civili, 9 ottobre

35 – Matteo Miotto
caporal maggiore in forza al 7º Reggimento alpini, base di Buji, nel distretto di Gulistan (provincia di Farah), colpito da un cecchino, 31 dicembre

2011

36 – Luca Sanna
caporal maggiore in forza all’8º Reggimento alpini, colpito a morte alla testa da un ribelle in uniforme dell’esercito afghano, nell’avamposto  “Highlander” nella cintura di sicurezza intorno alla base di Bala Morghab, nell’ovest dell’Afghanistan, 18 gennaio

37 – Massimo Ranzani
tenente in forza al 5º Reggimento alpini, per l’esplosione di un ordigno artigianale che esplode al passaggio del Lince sul quale viaggiava di ritorno da un’operazione di assistenza medica nella zona di Shindand, 28 febbraio

38 – Cristiano Congiu
tenente colonnello della Direzione Centrale dei Servizi Antidroga dei Carabinieri, in servizio presso l’Ambasciata italiana di Kabul dal 2007, ucciso con un colpo di kalashnikov alla testa per aver difeso una donna statunitense da un’aggressione, in una località nella zona di Khinch della Valle di Mokni nella provincia del Panjshir, nell’Afghanistan nord orientale, 4 giugno

39 – Gaetano Tuccillo
caporal maggiore scelto in forza al Battaglione logistico “Ariete”, esplosione di un ordigno artigianale al passaggio del suo mezzo nel villaggio di Caghaz, 16 km ad ovest di Bakwa, 2 luglio

40 – Roberto Marchini
caporal maggiore in forza all’8º Reggimento Genio Guastatori Folgore di Legnago, esplosione di un ordigno artigianale a tre chilometri dalla base di “Camp Lavaredo” a Bakwa, 12 luglio

41 – David Tobini
primo caporal maggiore in forza al 183º Reggimento paracadutisti “Nembo” di Pistoia, ucciso durante un’operazione congiunta tra militari italiani e forze afgane nella zona a nord ovest della valle di Bala Morghab, 25 luglio

42 – Matteo De Marco
maggiore dei Carabinieri comandante dell’RC-West Training Center, Herat, per cause naturali, 16 settembre

43 – Riccardo Bucci
tenente del Reggimento Lagunari “Serenissima” di Venezia

44 – Mario Frasca
caporal maggiore del Comando Forze Operative Terrestri (Comfoter) di Verona

45 – Massimo Di Legge
caporal maggiore del Raggruppamento logistico centrale di Roma
Tutti e tre restano uccisi in un incidente stradale nei pressi di Herat

2012

46 – Giovanni Gallo
tenente colonnello del 152º Reggimento fanteria “Sassari”, a  causa di un malore, Farah, 13 gennaio

47 – Francesco Currò
caporal maggiore capo del 66º Reggimento fanteria aeromobile “Trieste” di Forlì

48 – Francesco Paolo Messineo
primo caporal maggiore del 66º Reggimento fanteria aeromobile “Trieste” di Forlì

49 – Luca Valente
primo caporal maggiore del 66º Reggimento fanteria aeromobile “Trieste” di Forlì
Tutti e tre morti in un incidente stradale nell’area di Shindad, nella parte occidentale dell’Afghanistan , 20 febbraio

50 – Michele Silvestri
sergente dei bersaglieri del 21° Genio guastatori di Caserta, attacco a colpi di mortaio degli insorgenti alla base italiana in Gulistan, 24 marzo

51 – Manuele Braj
carabiniere scelto del 13º Reggimento carabinieri "Friuli-Venezia Giulia", per un razzo da 107mm esploso vicino una garitta di osservazione installata a ridosso della linea di tiro del poligono in un campo per l’addestramento della polizia afgana, ad Adraskan, 25 giugno

52 – Tiziano Chierotti
caporale del II Reggimento Alpini di San Rocco Castagnaretta, Cuneo. Scontro a fuoco nel villaggio di Siav, distretto di Bakwa, a sud di Herat, durante le operazioni di pattuglia

Il 22 agosto 1998, prima dell’attuale missione, era morto un soldato italiano di stanza a Kabul. Faceva parte del contingente Unsma (United nations special mission to Afghanistan) e venne ucciso in un conflitto a fuoco. Era un colonnello. Si chiamava Carmine Calò


Leggi il resto: http://www.linkiesta.it/afghanistan-morti#ixzz2Rt05Fhtv



Tutti maschi, non c'è nemmeno una donna.


"La realtà risulta spesso più stupefacente della fantasia. A patto di volerla vedere."

Offline krool

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Re:Maschicidi
« Risposta #37 il: Aprile 30, 2013, 17:51:29 pm »
... e nessuno invoca quote rosa. :D

Offline Angelo

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Re:Maschicidi
« Risposta #38 il: Maggio 27, 2013, 02:15:58 am »
http://video.corriere.it/sacramento-agente-donna-colpisce-bastone-uomo-terra/a174cb0a-c600-11e2-91df-63d1aefa93a2

La solita merda, quel bastone dovrebbero ficcarglielo in culo fino a farla morire,così come ha fatto lei con quel tizio a terra. Ah, se fosse stato un negro... Ma purtroppo è un uomo bianco e quindi...  :sick:
Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton

Offline maveryx

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Re:Maschicidi
« Risposta #39 il: Dicembre 06, 2013, 18:27:38 pm »
Il Lauria è proprio in gamba.

http://www.corrieredigela.it/leggi.asp?idn=CDG231832&idc=1

Dalla parte dei maschi

Parlare a favore delle donne è facile, scontato, ripetitivo. Le donne si sono organizzate in associazioni, club, partiti, che hanno sempre un programma per la difesa dei diritti delle donne. Scrivere qualcosa dalla parte dei maschi, non vuol dire essere contro le femmine, ma cercare di fare luce sulla personalità maschile, sui modelli comportamentali e affettivi, diversi da quelli femminili, significa vedere il mondo dal punto di vista maschile, senza la coreografia, la sceneggiatura, la drammaticità di cui le donne sono padrone. I maschi non sanno usare la parola cosi bene come le femmine quando si tratta di parlare di emozioni, non si aprono facilmente, non confidano i loro problemi, psicologici o sessuali, se li tengono, la psicoanalisi ha fatto fortuna con un pubblico al 70% di donne.

 Il maschio dinanzi ad un conflitto con una donna non regge la discussione, non sopporta l’offesa verbale da parte della donna, e finisce con il perdere il controllo, ed usare le mani.

Così anche quando ha ragione passa dalla ragione al torto. Parlare dal punto di vista maschile è difficile, perché per prima cosa bisogna liberarsi di una certa soggezione psicologica dalle donne-madri. I maschi hanno letteralmente paura di difendersi sul piano verbale, non sono buoni psicologi, preferiscono essere evitanti, sia fisicamente che emotivamente. Il maschio viene educato alle madri fin da bambino ad essere forte, nel senso di non mostrare le proprie emozioni, e forse anche per ragioni biologiche non sa difendersi sul piano verbale, soccombe ad una discussione, lascia perdere, e pur di finire una discussione, la dà vinta.

 Quello è purtroppo l’inizio di tanti guai, non sa che ha aperto una maglia pericolosissima, che senza interruzione lo porterà a nuove discussioni, nuove richieste, ed alla fine, esasperato, userà le mani, o peggio le armi, passando dalla ragione al torto. Il maschio è semplice, è diretto, spesso quello che pensa dice, non è furbo, almeno non quanto una donna, il maschio si fida, almeno più di quanto si fidi una donna. Il maschio non trama nel buio, non parla a bassa voce per non fare sentire i discorsi, in genere tende ad urlare, guarda diritto negli occhi, ma è fondamentalmente ingenuo rispetto ad una donna, nella dinamica relazionale ed emotiva, è perdente.

 L’uso della violenza spesso è l’ultima sua chance, l’ultima sua risorsa quando ormai da mesi, da anni, è esasperato, offeso e frustrato da madri, sorelle, figlie, compagne, mogli, amanti, colleghe di lavoro. Quando non ne può più, la repressione degli istinti non è il suo forte, e se la donna è provocante o provocatoria, denigratoria od offensiva, il rischio che passi alla aggressione fisica diventa realtà.

 Tutto questo per capire meglio come funziona un maschio, al solo fine di migliorare la relazione maschio-femmina, al solo fine di capire le origini della violenza fisica e poterla meglio prevenire, perché gli uomini amano le donne, e tutte le loro vite possono essere lette in relazione alle donne che hanno, o non hanno avuto.

Autore : Francesco Lauria - medico chirurgo,specialista in Psichiatria
"Fuggi a vele spiegate, uomo felice, da ogni genere di cultura." Epicuro

Offline maveryx

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Re:Maschicidi
« Risposta #40 il: Dicembre 06, 2013, 18:28:54 pm »
http://www.corrieredigela.it/leggi.asp?idn=CDG200137&idc=1

Alle origini del femminicidio

Approfittando del fatto che ormai in Italia c’è una legge sul femminicidio , mi permetto di scrivere una nota, dal mio punto di vista personale, sulle cause e sulle motivazioni lontane e vicine che producono il fenomeno. Possiamo seguire alcuni approcci come quello psicologico-analitico. Il maschio è tutto da inventare dopo la nascita, deve costruirsi in alternativa alla femmina che invece è lì, natura, carne, con un destino preciso di donna e madre. Il maschio deve differenziarsi dalla donna-madre e trovarsi una sua precisa identità, cosa non sempre facile.

La femmina è natura essa stessa, e rimane legata alla natura attraverso il corpo ed i suoi appuntamenti.

Il maschio è uno strappo alla natura, è lacerazione di un tessuto socio-psicologico, impresa che si sta dimostrando sempre più difficile, per diversi motivi.

 I movimenti femministi della fine degli ani '60 hanno provocato un cambiamento del ruolo della donna in relazione ai maschi, i quali però fondamentalmente sono cambiati poco, e molti non sono cambiati affatto, senza accettare il cambiamento imposto dai movimenti femministi. Si sentono quindi disadattati e frustrati. Questo succede in maschi normali psicologicamente, ma figuratevi che succede nella mente di maschi fragili, senza una forte identità, e sempre a rischio di essere risucchiati psichicamente dalla donna-madre. Ci sono maschi insicuri, anche molto, schizoidi, paranoici, sociopatici, etc. e questi non sanno che farsene di leggi che inaspriscono le pene, tanto è vero che dopo l’omicidio si consegnano spontaneamente, o addirittura a volte si uccidono essi stessi. Da questo punto di vista la legge sul femminicidio non serve a nulla.

 La legge può servire per iniziare un discorso serio sulle cause più o meno remote che hanno indotto il fenomeno sino al punto attuale, ma ci vogliono professionisti seri, preparati, motivati, agenzie, associazioni di volontariato che abbiano nello statuto finalità come protezione e tutela delle fragilità, e delle donne vittime di tentativo di femminicidio, o di violenze fisiche e psichiche in genere.

Attenzione però, a questo punto bisogna pur aggiungere per onestà morale ed intellettuale che anche certe donne procurano danni psichici ai maschi, e sono a volte grossi danni psicologici, che nessuno sino ad oggi vuole riconoscere, e semplicemente vengono scartati, repressi, rimossi. Tantomeno si pensa a poterli perseguire con una legge, cosi come si è fatto con la legge sul femminicidio. Io direi infatti che una legge sul maschicidio psicologico non è affatto una esagerazione, ma un notevole segno di civiltà.

Ci sono, seppure rare, donne che per punire, uccidere i compagni o i mariti assoldano altre persone, amanti o amici di amici. Le donne poi, alcune donne sanno mentire molto bene, sanno creare menzogne, e recitarle come fosse pura e santa verità, ed attraverso le menzogne sanno fare danni psicologici enormi.

Io sono convinto che tenendo conto della difficoltà filosofica-ontologica del maschio a diventare tale durante gli anni della crescita, è possibile tentare di capire il fenomeno. Per fare questo è necessario attivare in Italia tutta una serie di associazioni onlus, composte da persone competenti fra cui: psicologi, assistenti sociali, terapisti della riabilitazione, educatori, pedagogisti, che abbiano a cuore i problemi della fragilità, sopratutto quella legata al disturbo psichico, alla malattia mentale vera e propria, allo svantaggio, etc., per fare formazione, prevenzione e nei casi specifici anche terapia, intesa come psicoterapia.

Ma è chiaro che nessuna agenzia o associazione può risolvere nulla, se non operiamo un cambiamento epocale nei rapporti maschi-femmine, e penso ad un cambiamento culturale nei ruoli e nelle relazioni, oltre che nelle identità, smettendola di pensare che tutta la colpa è dei maschi, e che le femmine sono solo le vittime designate. Le cose non stanno cosi.

 Noi operatori che lavoriamo neidipartimento di salute mentale lo sappiamo. (1 – Continua)

Autore : Francesco Lauria - medico chirurgo,specialista in Psichiatria
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Offline maveryx

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Re:Maschicidi
« Risposta #41 il: Dicembre 06, 2013, 18:29:50 pm »
http://www.corrieredigela.it/leggi.asp?idn=CDG1648&idc=1

Alle origini del femminicidio/2

Il maschio ama la donna in quanto amato da bambino dalla madre, e crescendo ripropone la relazione madre-figlio in ogni donna che incontra. Spesso sento dire a delle mie amiche: Io non ho un figlio, ma due, riferendosi cosi al marito prima ed al figlio dopo.

 Ma il bambino-figlio per diventare un vero maschio deve acquisire delle capacità psicologiche che non sono insite naturalmente nel suo essere maschio biologico, ma sono frutto di apprendimento, per imitazione ed immedesimazione di figure maschili forti.

 Là dove per sua fortuna sono presenti tali figure maschili forti, il bambino apprende ad essere coraggioso, a sopportare il dolore, a non lagnarsi, a rischiare, a prendere l’iniziativa, ad essere attivo, a scegliere, a prendere decisioni.

 Là dove per sua sfortuna tali maschi sono carenti per numero o per struttura di personalità (padre debole), il bambino introietta una figura maschile debole, ed una figura femminile forte, dove femminilità è associata a passività, bisogno di sicurezza, di protezione, di dipendenza.

 A parte i casi limite dove queste situazioni sono chiare e nette, in una buona percentuale di casi la realtà è promiscua, ed il bambino deve districarsi fra mille difficoltà per assorbire un modello maschile forte.

 Quindi deve lottare per acquisire le caratteristiche maschili, in una società dove il potere psicologico nelle relazioni è tutto al femminile.

 Il maschio rischia di essere risucchiato dalla madre, che da un lato lo partorisce biologicamente, ma dall’altro lo divora psicologicamente. Alcuni maschi non nascono mai, in senso ontologico, restano legati a vita ad un cordone ombelicale psicologico con la madre, e molte mogli ne sanno qualcosa, quando si lamentano della intromissione delle suocere nel rapporto marito-moglie.

 Vivono da maschi deboli, passivi e rassegnati. Altri maschi introiettano il modello femminile e vivono da gay, da maschi effeminati, altri maschi sostengono di non essere maschi, ma femmine, e che la responsabilità è della natura, loro sono maschi solo nell’involucro esterno, ma in realtà sono femmine.

 A parte questi casi estremi, la maggior parte dei maschi lotta per differenziarsi dal modello femminile, per affrancarsi dalla dipendenza, per sentirsi forti e tranquilli.

 In alcuni casi incontrano notevoli ostacoli nell’ambiente domestico, da parte delle madri, delle sorelle, e delle femmine del clan, e come in un arcobaleno di colori le variabili sono tante, cosi che le caratteristiche maschile e femminili si mescolano.

 Il maschio che non raggiunge questa serenità interiore deve lottare ogni giorno per avere la conferma di essere maschio, deve difendersi dal rischio di essere fagogitato, dal rischio di non esistere.

 La sua difesa è per sua natura comportamentale, è nella azione, nella forza muscolare, nella aggressione fisica.

 La donna che lo minaccia nella sua essenza, vive il rischio di essere aggredita fisicamente, non psicologicamente, in quanto è lei la vittoriosa sul piano psicologico, ed il maschio fragile lo avverte, avverte il pericolo mortale di essere tallonato ogni giorno della propria vita, si difende con il mutismo, con la fuga nell’impegno sociale, fuori casa, fa sport, fa sindacato, fa politica.

 E così nella stragrande maggioranza dei casi riesce a sottrarsi a questo immane pericolo. Ma in alcuni casi limite succede che il maschio perde l’autocontrollo, o perchè ormai francamente paranoico, con la paura di essere “ucciso”, o vittima di un acting-out in personalità fragile.

 Alcuni maschi perdono il controllo, e per non essere uccisi psicologicamente spostano inconsapevolmente la lotta dal piano psicologico a quello fisico –comportamentale, la fonte del pericolo deve essere eliminata… o io la uccido o lei mi divora ed io non esisto più. Il maschio in questi casi limite uccide.

 (2 – Fine)

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Offline raniran

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Re:Maschicidi
« Risposta #42 il: Maggio 03, 2014, 18:45:23 pm »
Ma ditemi se tutta questa mole di dati (riferendomi a certi Topic del forum) pieni di livore da news
 queste pagine date in pasto al popolino
 non fanno altro che distogliere l'attenzione...
"Scrivete di verità, non appoggiate indirettamente il Sistema marcio"

Se distogliamo l'attenzione dal nemico abbiamo... più perso:
il nemico è più grande di noi facciamonecene una ragione
,         frasi(parole) fatte Consumismo/Capitalismo/Globalizzazione
ci hanno tagliato i zebedei.
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Alle origini del femminicidio/2

Il maschio ama la donna in quanto amato da bambino dalla madre, e crescendo ripropone la relazione madre-figlio in ogni donna che incontra. Spesso sento dire a delle mie amiche: Io non ho un figlio, ma due, riferendosi cosi al marito prima ed al figlio dopo.

 Ma il bambino-figlio per diventare un vero maschio deve acquisire delle capacità psicologiche che non sono insite naturalmente nel suo essere maschio biologico, ma sono frutto di apprendimento, per imitazione ed immedesimazione di figure maschili forti.

 Là dove per sua fortuna sono presenti tali figure maschili forti, il bambino apprende ad essere coraggioso, a sopportare il dolore, a non lagnarsi, a rischiare, a prendere l’iniziativa, ad essere attivo, a scegliere, a prendere decisioni.

 Là dove per sua sfortuna tali maschi sono carenti per numero o per struttura di personalità (padre debole), il bambino introietta una figura maschile debole, ed una figura femminile forte, dove femminilità è associata a passività, bisogno di sicurezza, di protezione, di dipendenza.

 A parte i casi limite dove queste situazioni sono chiare e nette, in una buona percentuale di casi la realtà è promiscua, ed il bambino deve districarsi fra mille difficoltà per assorbire un modello maschile forte.

 Quindi deve lottare per acquisire le caratteristiche maschili, in una società dove il potere psicologico nelle relazioni è tutto al femminile.

 Il maschio rischia di essere risucchiato dalla madre, che da un lato lo partorisce biologicamente, ma dall’altro lo divora psicologicamente. Alcuni maschi non nascono mai, in senso ontologico, restano legati a vita ad un cordone ombelicale psicologico con la madre, e molte mogli ne sanno qualcosa, quando si lamentano della intromissione delle suocere nel rapporto marito-moglie.

 Vivono da maschi deboli, passivi e rassegnati. Altri maschi introiettano il modello femminile e vivono da gay, da maschi effeminati, altri maschi sostengono di non essere maschi, ma femmine, e che la responsabilità è della natura, loro sono maschi solo nell’involucro esterno, ma in realtà sono femmine.

 A parte questi casi estremi, la maggior parte dei maschi lotta per differenziarsi dal modello femminile, per affrancarsi dalla dipendenza, per sentirsi forti e tranquilli.

 In alcuni casi incontrano notevoli ostacoli nell’ambiente domestico, da parte delle madri, delle sorelle, e delle femmine del clan, e come in un arcobaleno di colori le variabili sono tante, cosi che le caratteristiche maschile e femminili si mescolano.

 Il maschio che non raggiunge questa serenità interiore deve lottare ogni giorno per avere la conferma di essere maschio, deve difendersi dal rischio di essere fagogitato, dal rischio di non esistere.

 La sua difesa è per sua natura comportamentale, è nella azione, nella forza muscolare, nella aggressione fisica.

 La donna che lo minaccia nella sua essenza, vive il rischio di essere aggredita fisicamente, non psicologicamente, in quanto è lei la vittoriosa sul piano psicologico, ed il maschio fragile lo avverte, avverte il pericolo mortale di essere tallonato ogni giorno della propria vita, si difende con il mutismo, con la fuga nell’impegno sociale, fuori casa, fa sport, fa sindacato, fa politica.

 E così nella stragrande maggioranza dei casi riesce a sottrarsi a questo immane pericolo. Ma in alcuni casi limite succede che il maschio perde l’autocontrollo, o perchè ormai francamente paranoico, con la paura di essere “ucciso”, o vittima di un acting-out in personalità fragile.

 Alcuni maschi perdono il controllo, e per non essere uccisi psicologicamente spostano inconsapevolmente la lotta dal piano psicologico a quello fisico –comportamentale, la fonte del pericolo deve essere eliminata… o io la uccido o lei mi divora ed io non esisto più. Il maschio in questi casi limite uccide.

 (2 – Fine)

Autore : Francesco Lauria - medico chirurgo,specialista in Psichiatria
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Offline raniran

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Re:Maschicidi
« Risposta #43 il: Maggio 06, 2014, 20:55:15 pm »
Ma ditemi se tutta questa mole di dati (riferendomi a certi Topic del forum) pieni di livore da news
 queste pagine date in pasto al popolino
 non fanno altro che distogliere l'attenzione...
"Scrivete di verità, non appoggiate indirettamente il Sistema marcio"

Se distogliamo l'attenzione dal nemico abbiamo... più perso:
il nemico è più grande di noi facciamonecene una ragione
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La tv  il mezzo semplicemente.

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Offline ilmarmocchio

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Re:Maschicidip
« Risposta #44 il: Ottobre 30, 2014, 13:50:30 pm »
per non dimenticare : la storia di Bruce David Brenda Reimer :

Con le sue mani, Bruce David Brenda Reimer si è tolto quella tragica vita che ideologi e stregoni avevano trasformato in un inferno. Nato maschio, trasformato a sua insaputa in una femmina e cresciuto come tale, per poi scegliere di tornare “come l’aveva fatto madre natura”, David si è suicidato nel 2004. “As nature made him: The boy who was raised as a girl”, è il titolo del libro di John Colapinto che nel 2001 aveva rivelato al mondo la storia di Reimer. Adesso, le edizioni San Paolo colmano il vuoto editoriale e portano “Come l’aveva fatto madre natura” in Italia, dove avanza proprio quella teoria del genere che aveva reso la vita di David un abisso di vergogna e timore. Colapinto di David aveva già scritto un memorabile articolo di ventimila parole pubblicato sulla rivista statunitense Rolling Stone, ma senza rivelare la vera identità di quel bambino-cavia.

A soli otto mesi, Brian era stato sottoposto a un intervento di routine, una semplice circoncisione andata male e in cui era stato evirato. Aveva un fratello gemello, Bruce. La famiglia, incredula e angosciata, aveva ceduto al carisma di un professore della Johns Hopkins University, John Money, il guru, il pioniere e il padre fondatore di quella teoria del genere che vede l’identità sessuale come una questione ambiental-culturale, il risultato della formazione e non come una identità biologica. Dunque nessun XY, ma il potere coercitivo dell’ambiente. Bruce sarebbe cresciuto come una femmina XX, con l’aiuto del bisturi e dell’ideologia della “riassegnazione sessuale”. Money spiegò ai genitori di Bruce che lui e i suoi colleghi al Johns Hopkins Hospital erano in grado, attraverso la chirurgia, i trattamenti ormonali e il condizionamento psicologico, di assegnare questi bambini al sesso che si riteneva preferibile, qualunque esso fosse, e che il bambino poteva essere cresciuto felicemente in quel sesso. “Il sesso psicologico”, così si espresse Money, “in queste situazioni non sempre coincide con il sesso genetico, né con il fatto che le ghiandole sessuali siano maschili o femminili”.

La Psychohormonal Research Unit del dottor Money si trovava nella Henry Phipps Psychiatric Clinic, un tetro edificio vittoriano poco in vista, a cui si accedeva da un cortile sul retro. Gli uffici della “Unit”, al quarto piano, si raggiungevano con un traballante ascensore di fine secolo. Nel luglio del 1967, a ventidue mesi, Bruce venne castrato chirurgicamente. Money modellò lo scroto del bambino dandogli la forma delle grandi labbra di una vagina. Ai suoi genitori raccomandò di vestirlo e trattarlo come una bambina: un successivo trattamento ormonale avrebbe fatto il resto. Ogni anno il dottor Money avrebbe visitato “Brenda” – questo il suo nuovo nome – e controllato che tutto fosse andato per il meglio.
Mentre la teoria prende piede tra i movimenti femministi e ispira il dibattito sull’omosessualità e la pedofilia negli anni Settanta, Bruce diventa Brenda.

Fate di lui una femmina e femmina sarà. Sottoposto a potenti cure ormonali, oggetto di esperimenti medici e clinici senza precedenti, Bruce cresce nel corpo di Brenda, con forme non sue, non sa di essere nato maschio, ma lo sente e reagisce con violenza. E’ la triste storia di un essere umano nato maschio, trasformato in femmina da errori e false ideologie, ridiventato maschio per desiderio e usato come cavia dal professor Money. Il libro di Colapinto parla di lui. Del guru. Money all’epoca sosteneva che l’identità sessuale non inizia nell’utero, ma dipende dall’ambiente, dall’educazione, dalle circostanze. David-Brenda è la fatale prova che gli darebbe ragione.

Il dottor Money ha grandi credenziali accademiche. Dopo il dottorato in Psicologia ad Harvard, si è specializzato a Baltimora, al Johns Hopkins Hospital, dove ha fondato la prima Gender Identity Clinic. E’ un chirurgo e si occupa della riassegnazione del sesso, specie nei casi di anomalie genitali nei bambini, campo in cui la sua autorità è indiscussa. Nel 1972 in “Man & Woman, Boy & Girl” – definito dal New York Times “il più importante libro sulle scienze sociali dopo il Rapporto Kinsey” e pubblicato in Italia da Feltrinelli – John Money presenta il caso di Brian come un successo: l’esperimento è riuscito, il bambino cresciuto come bambina si è adattato alla nuova identità, mentre il suo gemello si è regolarmente sviluppato come maschio. Meraviglie dell’educazione e dell’ambiente.

I genitori furono riforniti di bambole con cui far giocare Brenda; le insegnarono a essere linda e ordinata; cercarono, ogni volta che era possibile, di rinforzare la sua identità femminile. Con il passare degli anni, Brenda provava a comportarsi come una ragazza, truccandosi con il rossetto e indossando le gonne, frequentando i balli scolastici, lasciandosi baciare sulla guancia da un ragazzo. Ma fin dall’inizio aveva manifestato comportamenti e atteggiamenti tipicamente maschili, dai propri interessi alle preferenze per i vestiti e a quelle per i giocattoli, cercando anche di fare la pipì in piedi. I genitori decidono di dirle la verità quando Brenda ha quattordici anni: “Per la prima volta ogni cosa ebbe un senso, ed io ho capito chi e cosa ero”, dichiara, sollevata. Vuole tornare un maschio. Si sottopone nuovamente a cure ormonali, a un intervento di mastectomia e si fa ricostruire il pene. All’età di sedici anni è di nuovo un maschio, e si fa chiamare David. Nel 1989 si sposa con Mary e ne adotta i tre figli.

“Mi guardavo allo specchio, vedevo i miei seni gonfi, guardavo il mio sesso e mi sembrava di guardare un’altra persona”, confiderà al giornalista di Rolling Stone. “Dietro le forme di quella sconosciuta ragazza c’ero io, David, un maschio”. Brenda sceglie di tornare come “l’aveva fatto madre natura”, per quanto possibile e utilizzando questa volta il bisturi a suo vantaggio. Cresce, si scopre, si accetta, si sposa. Nel 2003 è il fratello gemello a cedere per primo e a togliersi la vita. David si sente responsabile e si suiciderà l’anno dopo.

La tragedia ideologica si sarebbe mangiata la vita dei due gemelli, mentre il dottor Money sarebbe morto negli onori. Quando è scomparso, nel 2006, i colleghi lo hanno pianto come “il primo scienziato che ha dato un linguaggio all’identità sessuale”. La fama di Money non derivava solo dal fatto che la metamorfosi medica e chirurgica di Brian fosse il primo caso di cui si sia mai avuta notizia di riassegnazione sessuale infantile eseguita su un bambino evolutivamente normale; c’era anche una straordinaria improbabilità statistica, che conferiva al caso una rilevanza particolare: il fatto che egli avesse un gemello identico. Quell’unico fratello costituiva un mezzo naturale di comparazione, un clone genetico che, con pene e testicoli integri, era cresciuto come un maschio. Il fatto che, a quanto veniva riferito, i due gemelli fossero cresciuti diventando bambini di sesso opposto, felici e adattati al loro contesto sociale, sembrava prova incontestabile del primato dell’ambiente sulla biologia nella differenziazione sessuale. I manuali di medicina e scienze sociali vennero riscritti per includere questo caso e fu creato il precedente perché la riassegnazione sessuale in età infantile diventasse il trattamento standard nel caso di neonati con genitali danneggiati o anomali.

Il caso di Brian-Brenda divenne inoltre una pietra miliare per il movimento femminista negli anni Settanta, e veniva abbondantemente citato come prova che il divario tra i generi era esclusivamente il risultato del condizionamento culturale, non della natura. Era il potere dell’educazione sulla biologia. Al dottor Money, il cosiddetto “caso dei gemelli” valse il riconoscimento di quanti vedevano in lui “uno dei più grandi ricercatori del secolo in campo sessuale”. Money pubblicò un nuovo libro di successo, “Sexual Signatures”, in cui parlava di Brenda, che “stava attraversando felicemente l’infanzia come una vera femmina”. Nel 1986 Money pubblicò “Lovemaps”, le mappe amorose, studio di pratiche come il sadomasochismo, la coprofilia, il feticismo, l’auto-strangolamento e altri comportamenti che egli chiamava non perversioni, ma “parafilie”, per destigmatizzarle e decriminalizzarle.

Il tema della pedofilia divenne un interesse particolare, e Money ne sposò pubblicamente la causa. “Un’esperienza sessuale nell’infanzia”, spiegò il medico alla rivista Time nell’aprile 1980, “come essere partner di un parente o di una persona più grande, non ha necessariamente un influsso negativo sul bambino”. Money concesse un’intervista a Paidika, una rivista olandese di pedofilia, che riporta inserzioni della North American Man-Boy Love Association: “Se dovessi incontrare il caso di un ragazzo di dieci o dodici anni fortemente attratto da un uomo sui venti o trent’anni, e la relazione fosse assolutamente reciproca, il legame autenticamente e completamente reciproco, non lo definirei assolutamente patologico”, disse Money alla rivista, e aggiunse: “E’ molto importante che, una volta che una relazione è stata fondata su basi positive e affettuose, non venga interrotta precipitosamente”.

Il governo americano finanziò lautamente le ricerche di Money. Nel 1963 i National Institutes of Health assegnarono a Money una sovvenzione di 205.920 dollari, una somma considerevole tenuto conto del valore del dollaro nei primi anni Sessanta. Si trattava tuttavia solo della prima di parecchie sovvenzioni da parte dei Nih, che avrebbero sostenuto Money e la sua Unit del genere per i trentacinque anni seguenti. Money si fece portatore anche della teoria secondo la quale il “gioco sessuale preparatorio” nell’infanzia era cruciale per la formazione di una sana identità di genere in età adulta. Espresse per la prima volta tale teoria in un saggio pubblicato sul British Journal of Medical Psychology. Profili di e interviste con John Money apparvero su Playboy, Cosmopolitan, Psychology Today, Omni, e sull’Atlantic Monthly. Nell’edizione speciale del 1990 della serie “Hot Issue” di Rolling Stone, Money veniva celebrato come “Hot Love Doctor”, Dottor Amore Bollente; apparve inoltre in molti programmi televisivi, compreso l’“Oprah Show”.

Solo uno sconosciuto ricercatore di nome Milton Diamond mise in discussione le assurde teorie di Money. Ma fu ignorato. Al contrario, “il caso dei gemelli di Money fu decisivo perché venisse universalmente accettata la teoria secondo la quale gli esseri umani sono alla nascita psicosessualmente plastici”. Fu l’inizio di una ideologia potentissima che vede i bambini come oggetti sessuali, cavie da plasmare in laboratorio. Brian-Brenda-David fu uno di quelli.

Il medico cercò anche di combinare un incontro sessuale della ragazzina con un transessuale. Brenda corse a casa per suicidarsi. Fu il primo di una serie di tentativi. Quello fatale, dieci anni fa, con un fucile puntato alla testa. Nel 1994 Milton Diamond, dopo aver incontrato David, aveva scritto un saggio per svelare come fosse andato a finire il “caso dei due gemelli”. Ci mise due anni per trovare una rivista che accettasse il testo. Alla fine nella rivista medica Archives of Pediatrics and Adolescent Medicine il dottor Diamond e il dottor Keith Sigmundson, uno psichiatra di Victoria, nella British Columbia, documentarono come David avesse combattuto fin dall’inizio contro l’identità femminile impostagli e come, a quattordici anni, fosse tornato al sesso scritto nei suoi geni e nei suoi cromosomi.

L’ideologia del gender alla Johns Hopkins ebbe fine con l’arrivo a capo del dipartimento di psichiatria di Paul McHugh, noto come il flagello della psichiatria ideologica. Un profilo del Baltimore Sun del 1997 lo soprannominò “Dottor Iconoclasta”. In un articolo del 1992 sull’American Scholar, McHugh criticò la chirurgia transessuale di Money come “la terapia più radicale che sia mai stata incoraggiata dagli psichiatri del Ventesimo secolo” e paragonò la sua popolarità alla pratica un tempo diffusa della lobotomia frontale.
Non puoi cambiare “XY”. Neppure tramite la rieducazione fisica e psicologica. Neppure con il “gender”, come è successo a Brian-Brenda-David, trasformato in un invisibile campo di concentramento.


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