Dialoghi > Verso una Nuova Alleanza

Quale regalo agli uomini per la festa della donna?

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Guit:
Hai ragione Fazer. Anche perché la questione del cervello singletask/multitask pare sia l'ennesima bugia della pseudo-scienza misandrica.

Smentita da recenti ricerche scientifiche (vere) sul cervello umano. Ora non ho i link sotto mano.

Fazer:

--- Citazione da: Guit - Marzo 09, 2012, 21:44:06 pm ---Ora non ho i link sotto mano.

--- Termina citazione ---

Non ce n'è affatto bisogno, Guit. La storia è stata fatta da uomini che nei momenti cruciali pensavano a ben più di due cose contemporaneamente. E non si trattava di cose tipo stirare con una mano e girare il sugo con l'altra... ;)

Jason:
Ha scritto sull'Avvenire , il che significa tutto .

E' inutile girarci intorno...i cattolici come quella signora...sono un cambiamento positivo.

Fazer:

--- Citazione da: Rita - Marzo 09, 2012, 20:38:36 pm ---...indotti dalla pressione sociale e dalla ideologia unica e monocorde, quella del 'gender', a diventare più femminili, sentimentali, a indossare gli abiti del servizio e a deporre quelli dell’autorevolezza...

--- Termina citazione ---

Questo passaggio è importante.
Perchè?

http://27esimaora.corriere.it/
Mamma ma perché ti arrabbi sempre?, mi ha chiesto mio figlio Alessandro stamattina mentre entravamo in ascensore dopo l’ennesimo strillo per convincerlo a mettersi il cappello. Che poi non era nemmno uno strillo vero, piuttosto un imperioso: “Mettiti il cappello che oggi fa freddo”. Però mi ha colpito al cuore. Quando voglio essere ubbidita, devo cambiare tono e assumere un’inflessione dura, severa.
Non è sempre così, Alessandro, ha 4 anni e mezzo e in genere mi guarda quando gli parlo, insomma sembra prestare attenzione alle mie parole, ma poi è riluttante a fare quello che gli dico. Così talvolta convincerlo a cambiarsi o a farsi cambiare per andare a scuola, a lavarsi le mani e a mettersi le pantofoline appena si ritorna da fuori (i miei figli vivrebbero sempre scalzi), a venirsi a sedere a tavola, tutto diventa una battaglia verbale. E se si prolunga per troppo tempo, finisce che comincio a gridare.
L’urlo rimette le cose a posto: la mamma è arrabbiata, meglio assecondarla. Alessandro si placa e ubbidicse. Invece Chiara, che ha 2 anni e 8 mesi, quando urlo, si mette a piangere spaventata e, soprattutto, offesa. E allora mi rendo conto di sbagliare, l’abbraccio e cerco di calmarla. E il mio tono d’incanto ritorna dolce e amorevole.
Ma perché devo sempre urlare?
Mi dico che un grido è meglio di una sberla. Ma non è bello strillare, sta diventando una brutta abitudine. E anche i miei bambini, quando vogliono ottenere qualcosa, hanno cominciato a urlare, con aria di sfida. La vendetta perfetta.
Mi sono preoccupata quando l’altro giorno ho urlato perfino con la tata, per zittirla e rimetterla in riga. Come risposta, la signora ha minacciato di licenziarsi,dopo quasi quattro anni. Ed è subito calato il silenzio.
Mi rendo conto che probabilmente sto sbagliando qualcosa. Vorrei trovare un modo diverso per essere ascoltata, soprattutto dai miei figli, che sono adorabili e vivaci come tutti i bambini della loro età, ma che hanno bisogno anche di regole e di disciplina, oltre a tutto l’amore che provo per loro.
Chi conosce il metodo giusto?

Lo conosco io il metodo giusto: consiste nel chiedere a tuo marito come si fa, se già non lo hai castrato. E piantala di urlare inutilmente!  :doh:

Rita:
anche a me Fazer ha colpito il richiamo all'autorevolezza maschile (e paterna)  :)

Mi ha ricordato un passaggio citato in "Terroni" di Pino Aprile, che probabilmente ho già riportato, a proposito della cultura mafiosa sviluppatasi nel Meridione.

In famiglia e in società, i padri sono la legge, i custodi delle regole uguali per tutti; le madri sono l'amore, il motore dell'eccezione a favore dei propri figli, e questo le rende più disposte a porne le richieste al di sopra di tutto, <<anche quando esse sono contrarie alla legge e ai principi>> scrive Mario Alcaro. Il padre deve garantire la società pure a spese della sua casa; la madre deve garantire la sua casa anche a spese della società. Questa distinzione è alla base della nostra civiltà patriarcale. Lo apprendo, sintetizzando, soprattutto dal mai troppo lodato libro di Luigi Zoja sulla paternità, "Il gesto di Ettore". Se l'autorità dei padri s'indebolisce, il sistema delle regole che regge la comunità si sfilaccia, perché viene a mancare il guardiano dei limiti di comportamento (civile, per la civiltà data, sia quella dei cavalieri mongoli o dei pescatori di perle del Pacifico). Quindi: <<Ogni perdita di paternità è perdita di civiltà>> dice Zoja. E' vero persino oggi, con padri presenti, ma ruolo affievolito; figurarsi in una società che vede abbattuti da un invasore i suoi riferimenti istituzionali, legali, familiari e vede i suoi padri sbagliare sia se si oppongono, sia se si adeguano; e poi per un secolo, i padri manco li vede perché se ne vanno (emigrazione).
L'emorragia fu così violenta che sorse il serio problema demografico: il Meridione divenne un popolo a prevalenza femminile. E il sistema delle regole virò verso quello matriarcale: è giusto, se a favore dei miei figli, pur se a danno della comunità (in questo si vede una ragione del successo della mafia, la cui radice è femminile: a dispetto del suo machismo, il mafioso è figlio dell'eccezione materna non della legge paterna).

pur tuttavia, pur parlando dell'uomo padre, è raro  (per quanto mi riguarda è la prima volta che lo vedo) che ci si richiami alla perdita di virilità prima ancora che alla perdita della paternità. Come a dire che le funzioni paterne necessitano della virilità.

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