Autore Topic: Diffamato dalla moglie, lui costretto a scusarsi pubblicamente per 30gg  (Letto 1074 volte)

0 Utenti e 1 Visitatore stanno visualizzando questo topic.

Offline Brutale

  • WikiQM
  • Affezionato
  • ***
  • Post: 1226
  • Sesso: Maschio
  • Unico superstite
http://www.corriere.it/esteri/12_marzo_22/burchia-facebook_c39d1280-7423-11e1-970a-fabda8494773.shtml?fr=box_primopiano

Molesta la moglie su Internet

Condannato a scusarsi su Facebook per un mese
Decisione del giudice: l'uomo aveva violato una misura
restrittiva che gli impediva di interagire con la sua ex


MILANO - Succede negli Stati Uniti: qualche mese fa un 37enne dell’Ohio, Mark Byron, accusato di molestare la sua ex su Internet, era stato condannato a pubblicare un messaggio di scuse al giorno (per 30 giorni) sulla bacheca Facebook entro le 9 di ogni mattina. Oppure: sessanta giorni di prigione e una multa da 500 dollari. Al ventiseiesimo giorno ne ha avuto abbastanza e si è appellato al Primo emendamento. Che non solo garantisce la «libertà di espressione», ma anche «il diritto di restare in silenzio». Il giudice gli ha dato ragione.


PENA VIRTUALE - Il provvedimento era stato preso dal tribunale in quanto Byron non aveva rispettato una misura restrittiva che gli proibiva di interagire su qualsiasi piattaforma digitale con l'ex consorte. Al contrario il aveva lasciato sulla sua bacheca un messaggio dal tono alquanto minaccioso, a proposito dell'affidamento dell'unico figlio della coppia di 17 mesi

p.s secondo chi ha scritto l'articolaccio, il messaggio "dal tono alquanto minaccioso" che quell'uomo ha postato sulla pagina della moglie sarebbe questo: : «Se sei una donna malvagia e vendicativa, e vuoi rovinare la vita di un marito e allontanarlo dal figlio, basta dire che hai paura di lui o del convivente e lo porteranno via (il figlio, ndr)».


DIRITTI - A gennaio, il giudice per le cause familiari Paul Meyers ha dato ragione alla donna, confermando la violazione della misura protettiva. Mark è stato messo davanti a una scelta: la prigione o le scuse pubbliche. Lui ha scelto la seconda. Dal 13 febbraio ha iniziato a scusarsi su Facebook con la moglie e tutti i suoi amici. Nulla di particolarmente difficoltoso: gli bastava un copia-incolla del testo redatto dal magistrato. Ma al giorno 26 ha detto basta. Col suo avvocato si sono infatti accorti che si trattava di una chiara violazione dei diritti garantiti dalla Costituzione degli Stati Uniti. E hanno presentato ricorso. Tre giorni fa Jon Sieve, della Hamilton County Domestic Relations Court, ha deciso di non spedire l’uomo in galera per aver trasgredito all’ordine imposto in precedenza. A quanto pare 26 giorni di scuse su Facebook sono sembrati sufficienti.