Caro Enricosc, premesso che la discussione mi sembra molto interessante e stimolante, vale la pena approfondire qualcosa sul femminismo della differenza e sulla sua guru Luisa Muraro, la quale scrisse le seguenti parole su Noi Donne di Dicembre 1999 e che traggo da un mio lungo pamphlet (I maschi? l'ultima porta in fondo, a sinistra), pubblicato sul sito Maschiselvatici e su Il Covile (rivista on line che si occupa di cultura in genere ed anche di QM). Scrive dunque la Muraro: "le donne sono in posizione per sapere qualcosa che gli uomini non riescono ad articolare in parole sensate. Riguarda il sesso maschile con tutta la sua gamma di significati……Le donne sanno la sua pochezza, la sua inermia, la sua intermittenza".
L’approccio di costoro alla questione maschile non potrebbe essere più chiaro. C’è semmai da sottolineare come da una parte il riferimento al temuto e odiato (e invidiato?) fallo, riduca la complessità dell’identità di genere alla biologia, e dall’altra espropri il maschile anche dalla capacità di conoscere se stesso, di “dirsi”, a favore della superiore capacità conoscitiva delle donne, che d’altra parte, come si addice a chi si ritiene depositario di una missione universale, agisce sempre in nome del Bene, come tiene a precisare la stessa Muraro qualche riga dopo, scrivendo che la verità femminile si ispira non alla volontà di castrare gli uomini, …..ma proprio all’intelligenza dell’amore. E’, specularmente, quello che le donne da sempre rimproverano agli uomini: rappresentarle secondo la propria immagine e pretendere che quell’immagine sia universale.
Fin quì l'estratto dal pamphlet.
Sinceramente, come si può pensare di dialogare con chi pensa degli uomini cose simili? E' quella supponenza di superiorità conoscitiva (le donne conoscono il maschile meglio degli stessi maschi) e morale (agiscono per amore), di cui dicevo nel mio primo post. Quelle frasi svelano il pensiero recondito (ma neanche tanto) e sono un macigno su qualsiasi pretesa di dialogo paritario. Possono dire ciò che vogliono, possono anche avere idee condivisibili sulla biopolitica e sull'espropriazione da questa perpetrata del corpo femminile (ma perchè non anche maschile? mi piacerebbe saperlo), ma quelle premesse fanno passare in secondo piano ogni convergenza, e non perchè uno si senta offeso, cosa peraltro del tutto legittima, ma perchè segnano una concezione antropologica inaccettabile. Del resto anche l'invito agli adoranti di maschileplurale a farsi da parte, è conferma di quanto sopra. Del femminismo reale della differenza mi piace, in definitiva, solo il concetto che l'identità di genere si costruisce in primo luogo separatamente, femmine con femmine e maschi con maschi. Una parola anche sul patriarcato, solo per dire che è un concetto molto indeterminato, da approfondire alquanto. E che è del tutto sbagliato e fuorviante sia usarlo in senso dispregiativo, sia farlo risalire, sic et simpliciter, alla dominanzione oppressiva degli uomini sulle donne. Se vuoi possiamo anche in questo caso approfondire la questione.
Infine, e mi fermo per non occupare troppo spazio, una parola anche sui permessi di paternità. Sono molto critico per come sono articolati e per come sono concepiti. Sgombriamo il campo da equivoci. Non ho mai avuto problemi a prendermi cura di mio figlio piccolo (si parla degli anni 70) e quindi il punto non è la ritrosia maschile, ma il perchè e il come. Nessuno più di me capisce che la presenza paterna è necessaria, anzi indispensabile. Ma proprio in virtù della differenza, appunto, fra maschile e femminile e fra materno e paterno, quella presenza è fondamentale non nei neonati, ma quando il bambino è più grande, ad esempio a partire dai sei/sette anni. E' da quel momento che il padre serve assai più della madre, e proprio per la sua funzione di favorire il distacco dalla simbiosi madre/bambino, che invece è salutare nei primissimi anni di vita. La psicanalisi ha scritto tomi e tomi su tutto ciò, ma nessuno sembra preoccuparsene. Quindi, se quella legge fosse stata concepita in favore dei bambini avrebbe dovuto avere una diversa articolazione. Così com'è, invece, è chiaramente concepita per "liberare" le donne da una incombenza che giudicano oppressiva e di ostacolo alle carriere lavorative, come se diventare madri fosse solo un impiccio di cui sbarazzarsi il prima possibile. Ed è concepita proprio sul presupposto politicamente corretto di derivazione gender che essere padri e madri sia indifferente dal punto di vista psichico e di funzioni educative, concezione che spazza via decenni di psicanalisi, evidentemente "patriarcale" per definizione. Cosa ha da dire il femminismo della differenza su questa diversità? Riconosce alla paternità quella funzione imprescindibile di rottura della simbiosi castrante con la madre? E quindi, per conseguenza logica, ha preso posizione contro la maternità artificiale per donne single che esclude il padre in partenza, e quindi disconosce la sua importanza per l'educazione e lo sviluppo psichico del figlio?
Questo il punto e qu' mi fermo, non prima però di aver sottolineato che una legge che "obbliga" a prendere i "permessi" (contraddizione in termini fatale e disvelante), è un attentato contro la libertà e presuppone ci siano gli "Illuminati" che sanno cosa è "bene" e cosa è "male", e lo impongono al popolo bue (maschile).
armando