La cassazione ha deciso, con la sentenza 4551, che i divorziati hanno "diritto" a riprovare a costruirsi una nuova famiglia, dopo il fallimento del primo matrimonio, e questo diritto non può essere "degradato" a "livello di scelta individuale non necessaria". Con questa decisione la Suprema Corte ha bocciato il reclamo di una ex moglie, che aveva fatto ricorso contro la riduzione dell'assegno di mantenimento per la figlia maggiorenne, passato da 469 a 250 euro mensili dopo il verdetto con il quale la Corte di Appello dell'Aquila - nel giugno 2007 - aveva constatato che l'ex marito, effettivamente, aveva una "situazione economica sostanzialmente peggiorata in quanto si era risposato e aveva avuto un figlio e il nuovo nucleo familiare era interamente a suo carico".
Secondo la ex moglie, l'assegno per la figlia non doveva essere ridotto in quanto "la formazione di una nuova famiglia e la nascita di un altro figlio, oltre a non legittimare di per sé una diminuzione del contributo per il mantenimento dei figli nati in precedenza, sono state il frutto di scelte volontarie dell'ex marito, subite passivamente ed inconsapevolmente dalla primogenita". Aggiungeva che risposarsi "costituisce espressione di una scelta e non di una necessità e lascia inalterata la consistenza degli obblighi nei confronti della prole" che ha diritto a un "tenore di vita analogo a quello goduto in precedenza".
Questo punto di vista è stato bocciato dalla Cassazione che ha sottolineato come, "al contrario" di quanto crede la signora, "il diritto alla costituzione della famiglia è un diritto fondamentale anche nel contesto costituzionale e sovranazionale della 'Convenzione europea per la salvaguardia dei diritto dell' uomò e come tale è riconosciuto anche nella Carta dei diritti fondamentali dell'Unione Europea senza che sia possibile - proseguono i supremi giudici - considerare il divorzio come limite invalicabile oltre il quale tale diritto è destinato a degradare al livello di mera scelta individuale".
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