Ha visto bene Giulia, e io rilancio: qualcosa sta comunque cambiando.
Scusate l'assenza. Ringrazio Beta e Guit in particolare per la comprensione. sì le questioni sono tante e troppe e molte non le conosco e semplicemente non sono in grado di rispondervi. in compenso, ho posto una questione a cui - a parte Animus, ma in modo comunque non dettagliato nello specifico - nessuno a pensato bene di dirmi la sua; eppure secondo me è importante. eccola qua, la sintetizzo in una riga anche per i pigri.
tecnocrazia = femminismo = questione di diritti = modernità illuminista = maschio bianco borghese
per esteso: il femminismo è un parto della modernità, nasce come questione di diritti e il femminismo contro cui vi scagliate è innanzitutto quello dei diritti. sta roba viene dalla modernità e nello specifico da quella forma storica di maschilità anti-localista, anti-tradizionalista, anti-nazionalista che è stata la borghesia illuminista e liberale. come vi ponete voi di fronte a questo pezzo di storia della maschilità?
X Il marmocchio: ti confesso caro che mi ferisci e lo trovo inutile. un argomento per cui la differenza tra i sessi non è affatto cosa ovvia come dici: la guerra tra i sessi è apertissima e miete vittime. con l'ovvio invece non si accende neanche il fuoco... il mio suggerimento? leggimi con più pazienza e ripostami le frasi di cui dici, quelle che meritano una risposta vincolante; stavolta te la darò.
X Salar: la questione della differenza sessuale esplicitata a partire dal modo diverso di pensare-verbalizzare, posta in questi termini secondo me è poco chiara. certo, anche il fdd ha parlato della difficoltà delle donne ad entrare nel linguaggio - in senso simbolico e in senso pratico-competenziale - la domanda è cosa ce ne possiamo fare di queste competenze differenti? cosa significa questa difficoltà a verbalizzare? Io ho esperienza di donne femministe che mi chiedono un confronto sul pensiero maschile, chessò, ad esempio nel contesto dell'università... in questo senso non sono mai stato svilito. Io sostengo che questo problema sia un problema di traduzione. sei andato a farti un giro tra i nuer del madagascar, ma non avevi un traduttore-intermediario e non vi siete capiti, e come capita spesso nella comunicazione non capirsi è umiliante.
X Beta: io sono dell'idea che inscrivere il personale nella politica - se fatto per bene - sia una grande mossa di soggettivazione, ma mi rendo conto, qui si entra in un discorso politico che a maggior ragione potrebbe non trovarci d'accordo. la mia politica non mi fa essere del tutto amico dello stato di diritto... però sì, concordo sul fatto che il femminismo sia entrato nella società e nei media come discorsività censorea e normativa. penso che ci siano diversi femminismi però e trovo che questo tipo di discorso femminista censoreo e normativo sia un comune nemico (torno a citare Ottonelli, La libertà delle donne. Contro il femminismo moralista). Dall'altra parte però io politicamente riconosco il valore ma non godo delle lotte per il riconoscimento. e le battaglie per la visibilità e per i diritti sono sempre battaglie per il riconoscimento: guardateci! siamo qui! nessuno ci vede! sembriamo invisibili e invece ci siamo e rivendichiamo i nostri diritti e le nostre identità! sacrosanta battaglia, ma dalla politica mi aspetto di più: mi aspetto un vivere comune e quindi l'invenzione di istituzioni nuove - intendo istituzioni in senso lato (coppia, relazioni, famiglia finanche a comitato ecc...). allora ti dico: i dati della violenza di genere sono falsi e la cultura mainstream femminista e non, se ne frega? ok è un problema, ma è un problema di riconoscimento e perciò, per me, è politicamente un problema mal posto, un circolo, un conflitto senza fine: è come l'Alsazia e la Lorena - secoli di guerre per rivendicare identità all'infinito. La violenza, sugli uomini e sulle donne, deve cessare, la mia domanda è: cosa possiamo fare politicamente adesso noi, ciascuno di noi?
X Guit: ti ascolto, vorrei saperne un po' di più sul nesso che evidenzi tra femminismo e tecnocrazia. penso di capire a cosa ti riferisci, ma per me è il contrario: il fdd per come lo conosco non collima con la tecnocrazia - diversamente da come potrebbe fare il femminismo dei diritti. penso a SNOQ che propone l'idea della donna che si sacrifica per il paese ed è disposta a lavorare in qualsiasi condizione - e quindi anche alle condizioni tecniche della 'crisi economica in corso'...
X Animus: non sono d'accordo. non penso che gli uomini parlassero tra di loro di loro stessi e della loro identità di genere e delle loro relazioni prima che emergesse il femminismo. è ovviamente un costume culturale e storico, ma per quel che so è un costume raro nella storia della maschilità occidentale. quindi, nei tuoi termini, mi sembra che la loro bocca fosse chiusa già prima. poi sì, senz'altro l'imporsi della libertà femminile ha fortemente condizionato l'espressione maschile in ogni senso. non ho capito l'alternativa teorica: in che modo un'altro potrebbe parlare positivamente dell'altro? qui positivo e negativo non hanno senso qualitativo e morale. neanche gli uomini possono parlare a lungo della donna in termini di positività...
X Renato Dragonetti: mi rendo conto che la nostra lettura politica del '68 e della storia che lo ha seguito è radicalmente diversa, ma proprio per questo non condivido quello che dici. per me le forze di polizia di uno stato sovrano sono una banda armata al servizio di chi ha il potere, siano essi marines, carabinieri o chissachì... a giudicare dalle cose che leggo nella cronaca a me pare che la trasmissione simbolica tra genitori e figli sia stata abbastanza compromessa nel tempo, senza con ciò inficiare la riproduzione continua di norme, codici e istituzioni - come sono i riti di passaggio a cui fai riferimento anche tu. non è necessario il simbolico perché si diano riti di passaggio e forze dell'ordine.