Diversi modi di nominare l'atto sessuale nella Bibbia
http://cabala.org/articoli/atto_amore1.htmLEHITALES.
La radice di questa parola è Ain - Lamed - Samekh, una radice usata molto di rado, solo tre volte in tutto il Tanakh.
Essa descrive la celebrazione dell’unione sessuale quando arriva ai vertici del piacere per entrambi i partecipanti. Il piacere deve avere la sua base nel fisico, infatti la radice inizia con la lettera Ain, la lettera del "profondo" (Amoq), la lettera della fisicalità, nel suo aspetto freddo ed inerte (non a caso il Libro della Formazione connette questa lettera al Capricorno, un segno ritenuto sessualmente "freddo"). Occorre dunque che la celebrazione coinvolga la parte fisica, si appoggi su di essa, scaldandola e sciogliendone i grumi.
Poi nella radice c’è Lamed, la lettera dell’altezza, dell’elevazione. Dalla profondità all’elevazione, ecco l’effetto del "lehitales". La Lamed, sempre secondo il Libro della Formazione, governa il senso del Tashmish (rapporto sessuale).
Infine, la radice termina con la Samekh, la lettera della circolarità. Occorre dunque che questo passaggio dal basso all’alto sia circolare, cioè si ripeta, come una ruota. Oppure, l’azione combinata del piacere esperimentato sui centri bassi (Ain è l’iniziale di "oneg", "orgasmo"), insieme a quello provato dai centri alti, Lamed, mette in moto la ruota della consapevolezza, la Samekh, in un continuo girare felice, che porta gli amanti da una condizione all’altra di piacere sublime.
Il luogo esotericamente più importante nel quale compare la radice Ain - Lamed – Samekh è in Giobbe 39, 13:
"L’ala degli struzzi batte festante" "kanaf rennanim ne’elsah"
Delle tre sole volte in cui questa radice compare, due sono nel libro di Giobbe, già un segno della loro qualità di unicità. Infatti, Giobbe è una quintessenza di tutto il progetto esoterico della Bibbia. In breve, tale progetto consiste nel dare all’essere umano gli strumenti per liberarsi dal veleno ipnotico dell’albero della conoscenza, e scegliere una volta per tutte la medicina riconciliante dell’Albero della Vita .
Non a caso, è proprio alla fine del libro di Giobbe che compare la lista delle Cinquanta domande che sono le chiavi d’accesso alle Cinquanta Porte dell’Intelligenza, la totalità del Sapere che libera dall’illusione dualistica. Non solo, ma la frase:
"L’ala degli struzzi batte festante"
pur non essendo una domanda, viene inserita dai Maestri nella lista delle Cinquanta, proprio al quarantacinquesimo posto (tra poco diremo qualcosa del 45 in Cabalà). È più che lecito a questo punto chiedersi cosa c’entrino gli struzzi con la gioia della sessualità ai suoi massimi livelli. La risposta sta nel loro nome: rannenim, dalla radice RINA (Resh Nun Hey), uno dei termini indicanti "felicità", specie quella del matrimonio. Parafrasando il verso precedente:
"la danza amorevole dei due amanti genera la 45° Porta dell’Intelligenza"
45 è il numero di Zeir Anpin, del "Volto in Miniatura", della Luce Nuova, con la quale il mondo viene rettificato. È Adam, l’essere umano del mondo della rettificazione, che viene generato dagli intensi campi di piacere dei "rannenim", dagli amanti gioiosi. Ogni generazione è il risultato di un’unione sessuale. Ciò non è vero al solo livello biologico, ma anche a quello psicologico e spirituale. Ogni unione, specie quando arriva ad essere sessuale, e specie quando questa viene vissuta ai picchi del lehitales, genera dei sottili campi di positività, che vanno a nutrire l’Adam, il progetto Uomo – Donna del mondo della rettificazione.
LADA’AT - CONOSCERE
Questo bellissimo termine costituisce un riferimento tutto a se stante. È forse il più profondo e significativo dei verbi indicante l’unione sessuale uomo-donna. Il suo mistero ruota intorno all’esperienza archetipa di Adamo ed Eva nel giardino dell’Eden, e in seguito. Infatti è proprio la loro scelta di cibarsi dell’albero della conoscenza (etz ha-da’at) a condizionare il loro futuro individuale, come pure quello della qualità della loro unione.
Secondo La Cabalà. ci sono due modi principali tramite i quali opera la conoscenza: unione e separazione. Adamo ed Eva scelgono di fare da prima l’esperienza della separazione, e poi quella dell’unione. Lo stesso cammino viene seguito fedelmente dal resto dell’umanità, sia come singoli, che come collettività di svariate generazioni.
"Conoscenza", Da’at, è anche il nome di una misteriosa Sefirà dell’Albero della Vita, a metà strada tra le prime tre e le ultime sette. Se osserviamo il Pilastro del Mezzo, vedremo come la sua misteriosità sta nel fatto che, se posta sull’Albero, porta il totale delle Sefirot ad 11, contrariamente a quanto affermato in modo categorico dal Libro della Formazione: "Dieci e non nove, dieci e non undici" (parlando delle Sefirot).
Tuttavia La Cabalà. è unanime nel parlare dell’esistenza di questo stato della consapevolezza, e nel citarlo come una vera e propria Sefirà. Di solito il problema viene risolto facendo notare come Da’at sia soltanto una manifestazione di Keter, un pochino più in basso. Se nell’Albero viene inserita Da’at, non viene più contata Keter, e viceversa.
Come osservato in precedenza, Adamo ed Eva, dopo essere stati creati, non possedevano ancora un tipo di intesa quale La Cabalà. chiama: "panim le panim", faccia a faccia, cioè totale, profonda, oggettiva. Con l’albero della conoscenza (separativa) se ne rendono conto, cadono le false illusioni, ed essi misurano la vera distanza che li separa l’uno dall’altro. Il Midrash narra che Adamo rimase separato da Eva per 130 anni, dopo la cacciata dal giardino. Fu questo il tempo necessario ad elaborare i perché della loro diversità. Infine, ritornati insieme, la Bibbia dice: "E Adamo conobbe Eva sua moglie…"
Questa volta la conoscenza era unificante. Infatti, dal loro nuovo rapporto, nacque Shet, dal verbo indicante "porre", che rimpiazza Caino ed Abele come vero e durevole capostipite dell’umanità.
"Conoscere", utilizzato per descrivere l’unione sessuale, esprime una grande completezza. Come prima cosa, sembra escludere esperienze motivate dalla sola attrazione sensuale, dalle sole pulsioni fisiche. Per conoscersi occorre frequentarsi, parlare, interrogarsi. Conoscere significa confrontare i propri punti di vista sulle principali questioni che riguardano la vita. Non si pensi a soli dialoghi filosofici, ma anche all’aspetto individuale, di problemi o tematiche che ciascuno dei due sta vivendo, e che vuole condividere con l’altra persona. Conoscersi significa, infine, prendere consapevolezza della parte misteriosa ed inconoscibile che ciascuno possiede, parte essenziale dello spazio vitale della relazione. È il segreto che ciascuno porta dentro, rispettando ed avvicinandosi al quale si realizza la vera intimità.
Dal punto di vista cabalistico, dopo la caduta di Adamo ed Eva, inizia una lunga e lenta opera di rettificazione delle scintille cadute. È come se l’intero edificio del quale è fatta l’umanità, e ciascuno di noi, dovesse venire ristrutturato e ripristinato. Questo edificio è nella forma di un l’Albero della Vita , dotato quindi di dieci Sefirot. Ed è come se, in ogni periodo della storia umana, fossimo tenuti ad operare di più su di una o sull’altra di queste componenti. C’è stata l’età della Forza, quella dell’Amore, quella dell’Intelligenza, quella dello Splendore, quella del Regno, ecc. Ovviamente, la divisione non è così netta, e per via del principio dell’interinclusione, in ogni età troverete le altre. Tuttavia ci sono delle enfasi ben precise, alla stregua di quanto avviene nel ciclo religioso dell’anno. Pessach è molto diversa da Shavuot o da Rosh Ha Shannà. E i rituali religiosi adatti all’uno non sono adatti all’altra, e viceversa.
Per molti motivi, ci sono dei segni chiarissimi che l’umanità è arrivata al compito di rettificare la Conoscenza, senza la quale anche l’Intelligenza non potrà funzionare correttamente. Ed ecco che i vari significati del verbo "conoscere" si stanno rivelando, e con essi la vasta gamma delle esperienze che li incarnano.
L’ambiguità, uno dei problemi di Da’at.
Dice il Libro della Formazione: "omeq tov, omeq ra", "profondità del bene, profondità del male". Si tratta di una delle migliori possibili definizioni di Da’at. La stessa facoltà che porta l’essere umano ai vertici del sentirsi unito, dell’esperienza di quell’inebriante piacere beatifico proveniente dal superamento di ogni solitudine esistenziale, è anche quella che lo fa di colpo sprofondare nell’abisso dell’incertezza, del dubbio, dell’instabilità minacciosa che rimette in discussione legami, affetti, amicizie, progetti.
Ci si ricordi come, nella lista dei Sette Re di Edom, si primo si chiami Bela, che significa "ingoiare". È lo sprofondare, lo scomparire improvviso dei valori sui quali avevamo basato il rapporto, delle caratteristiche positive, amichevoli, della persona che credevamo di "conoscere". "Non sei più la persona che conoscevo"!! viene quasi spontaneamente da osservare. Invece, questo è l’altro aspetto della stessa persona, e anche questo aspetto va "conosciuto", per quanto doloroso o sorprendente possa essere.
LIV’OL
Viene da una radice che è la stessa di "baal", "padrone". Indica un senso di possesso, di dominio. Come tale non è certo il migliore dei modi per fare l’amore, "possedere qualcuna"! Si riferisce ad un rapporto sessuale imposto, non proprio uno stupro, ma un atto che la donna non desidera e non ricerca, e al quale è costretta a prendere parte, forse perché il compagno è il marito, che vuole a tutti i costi scaricare i suoi istinti, o forse perché è stata pagata per farlo.
Anche in questo verbo troviamo la stessa radice del nome del primo dei sette re di Edom, Bela (Beit – Lamed – Ain), ma permutata (Beit – Ain - Lamed)
SHAGAL
Espressione oltremodo elegante, compare una mezza dozzina di volte, con significati contrastanti. In Deuteronomio 28, 30 significa "coricarsi con lei", in modo neutro, anche se Rashi fa osservare che il termine è connesso con pileghesh, "concubina", la cui radice, Lamed – Ghimel – Shin, è una permutazione di Shagal. In Isaia 13,16 significa invece "stuprare", come pure in Zaccaria 14,2. Anche il Geremia 3,2 ha una connotazione negativa, "fornicare". Il senso viene invece completamente ribaltato nel Salmo 45, 10:
"benot melakhim be-yikrotekha,
nitzva sheghel le yemineikha be-ketem ofir"
"figlie di re si trovano tra le tue cortigiane, alla tua destra sta la regina SHEGAL (rivestita) dell’oro di Ofir".
Sono espressioni di promesse messianiche. Il Messia viene ad inaugurare il Regno di Dio in terra. Shegal vuol dire "regina", la regalità messianica.
Questo shegal è il culmine dei livelli di positività ai quali arriva il termine. Il fatto che significhi "regina", è una conferma di quanto detto in apertura di questa sezione, e cioè di come l’arte dell’amore, della parte sessuale e sensuale dell’amore, fosse riservata alla sola casta regale. Nel Talmud compare un’opinione minoritaria secondo la quale shegal vorrebbe dire "cagna", peggio, una cagna riservata a degli scopi immorali (bestialità). Tuttavia viene affermato con enfasi: le olam shegal malkheta hi, Shegal significa sempre "regina".
Dal punto di vista simbolico, le tre lettere che compongono la radice
sono in una successione molto interessante: Shin 300, Ghimel 3, Lamed 30. 333, la triplicità nei sui tre livelli base: unità, decine e centinaia. Parafrasata, shaghal diventerebbe: "Gal Shin", "l’onda della Shin". Un’altra permutazione di questa radice: galash, significa: "scivolare sulle onde".
In definitiva, questo termine si riferisce ad un vasto insieme di significati, dai più barbari e volgari, fino ai più nobili, fino al piacere sottile del scivolare sulle onde del piacere risvegliato. La chiave di volta è probabilmente la permutazione sheleg, "neve", da sempre un simbolo di purezza nella Bibbia. La purezza nell’intenzione dell’atto è ciò che definisce il livello al quale esso si colloca.
SHAKHAV
Letteralmente significa "coricarsi". Viene usato centinaia di volte, è forse il termine più frequente. A parità di altre lingue, significa anche "coricarsi per dormire", oppure, "morire". La sua connotazione sessuale diventa ancora più evidente in "shikhvat zera", un’emissione di sperma. Quando una radice compare così frequentemente, bisogna accontentarsi di studiarla prendendo alcuni dei suoi aspetti più particolari. Di solito essa denota l’atto sessuale compiuto in modo normale, da "coricati", senza particolari pretese od intenzioni di raggiungere suo tramite chissà quali estasi o esperienze. È un "coricarsi", un abbassamento della coscienza. Ciò non va inteso in senso negativo, in quanto la consapevolezza deve sovente scendere nelle zone inconsce della personalità per arricchirsi.
In un’occasione, Rachele dice: lakhen yishkav imakh ha laila, "quindi egli (Giacobbe) dormirà con te stanotte". Si fa notare che yishkav è come Yesh Kaf Beit, "ci sono i 22", sottintendendo le 22 lettere della Torà. È quindi un atto dove sono raccolte tutte le potenzialità creative, ma ancora in uno stato indifferenziato. Anche qui molto dipende dalla purezza dell’intenzione. Infatti una delle permutazioni di shakhav è keves, "pecora", un altro dei simboli della purezza e dell’amore nella Bibbia.
(nel libro le spiegazioni vengono espanse e completate, con altri sei termini diversi, che esprimono la totalità della costellazione dell'atto dell'amore maritale)