..... Se metti al mondo un figlio maschio dovresti subito chiedergli scusa appena nato.
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2009/12/06/affido-condiviso-no-grazie06.12.09Affido condiviso? No, graziePost in Corpi & Pensatoio & Omicidi sociali at 02:59 :: 點閱次數 (35)
E' un vecchio articolo pubblicato su womenews che però vale la pena di essere letto e di essere riproposto. Se le donne, le madri separate, vogliono sapere a chi devono la legge che impone l'affido "condiviso" dovranno fare riferimento alla prestigiacomo, quando era ministra alle pari opportunità, e alla carfagna. Non hanno indagato, nè hanno consultato i centri antiviolenza, altrimenti avrebbero saputo quanto e quale esercizio di pressione e di violenza i padri separati esercitano prendendo a pretesto i loro figli.
Di fatto dovrebbe essere impedito agli ex mariti violenti di entrare in contatto con la ex moglie, invece attraverso questa legge la ex moglie non può sottrarsi a nulla, se chiede tutela può essere denunciata per sottrazione di minore e persino se per sfuggire alla violenza si rifugia in una casa protetta viene perseguita. La legge ha dato ai padri separati, livorosi e ostili, uno strumento di ricatto e di potere che non è mai stato gradito da chi opera con le donne, con i minori e da chi si occupa di separazioni.
E' possibile subire violenza da un ex marito, essere perseguitate, quindi essere oggetto di stalking, di violenza, e non potere negarsi all'ex, non poter rifugiarsi in una casa protetta, non poter essere protetta perchè la legge sull'affido condiviso impone alle donne di non allontanarsi, non proteggere se stesse, non recarsi in case protette con i propri figli? Si, è possibile. Tant'è vero che c'è qualche padre separato che ha citato qualche centro antiviolenza addirittura per aver plagiato la ex moglie e per rapimento del minore. Per tutto ciò e per molto altro ancora dobbiamo ringraziare le donne della destra. Sarebbe ottimo capire come mai la ministra carfagna immagina possa funzionare la legge sullo stalking se poi di fatto ha dato agli ex mariti uno strumento di persecuzione in più. Buona lettura.
Affido condiviso? No, grazie!
di Antonia Evangelisti
La Ministra Carfagna nel suo intervento su Repubblica ha affermato che “[...]L’affidamento condiviso può divenire un’occasione in meno di scontro – se non di violenza - tra gli ex partner”, ma questa lettera, che racconta l’esperienza quotidiana di una madre separata conflittualmente dal marito dice invece tutt’altro.
Sono una comune cittadina, le riflessioni qui di seguito riportate sono il frutto del coinvolgimento in prima persona nel disastro quotidiano che sia io, che mio figlio ridotto allo stato ROM (di fatto senza fissa dimora 3 giorni con un genitore e 3 con l’altro), viviamo quotidianamente tra continui sopprusi e violenze celate, che questa legge ha prodotto; del resto i bambini non hanno diritti in questa legge a meno che il padre non sia un abusante o un drogato, per questo noi donne ritorniamo a mediare e soffocare la sofferenza che vediamo negli occhi dei nostri figli.
Pura follia!
Sono profondamente indignata come donna e come madre nel leggere in continuazione le proteste di un piccolo gruppo di padri separati che lamentano l’impossibilita’ di vedere i propri figli e che hanno stravolto l’intera legislatura riguardante il tema dell’affido, e mi meraviglio ancor di piu’ di quanto noi donne ci rassegniamo come al solito a questa situazione quando ci sono applicazioni della legge che dimostra l’ esatto contrario. [...]
Rispetto alle leggi precedenti, l’unica novità, peraltro meramente demagogica, apportata dalle proposte di legge attualmente in esame in sede referente è che non vi si parla più di affidamento "congiunto", bensì di affidamento "condiviso", il che, però, nulla cambia nella sostanza.
Si tratta solo di un evidente escamotage per confondere le acque ed evitare l’automatico e corale risorgere delle numerose critiche che già erano state sollevate contro le proposte affacciate nella precedente legislatura dalle varie associazioni di avvocati di diritto di famiglia.
Debbo convenire che l’aggettivo "congiunto", e ancor di più quello "condiviso", dà serenità e piace a chi pensa alla famiglia sempre unita, perché li rassicura sulle loro capacità genitoriali, ai padri - finalmente riconfermati nel ruolo che rivendicano, e persino alle madri, quelle che ancora non hanno sperimentato la separazione e che sperano, attraverso una simile forma di affidamento, di poter condividere il peso dell’educazione e della crescita dei figli.
Sicuramente non piace alle persone che come me vive una situazione di separazione conflittuale, né agli psicologi dell’infanzia che queste situazioni devono curare.
Non piace neppure agli operatori di diritto, qualcuno dice per la loro tradizionale incapacità a recepire il nuovo, per l’abitudine ad analizzare le parole, a confrontarle tra loro, con il timore che mal si coordinino con le norme del diritto, per la diffidenza nei confronti delle soluzioni "politiche" ed infine, molto meno nobilmente, perché la lite è per gli avvocati fonte di reddito e l’affidamento congiunto/condiviso, eliminando alla radice la conflittualità tra coniugi in ordine ai figli, riduce la lunghezza delle cause e conseguentemente i proventi degli avvocati.
Non condivido queste considerazioni e non credo che l’affidamento condiviso stabilito per legge sia la soluzione di alcun problema, per i seguenti motivi:
- Fino al 1987 la questione dell’affidamento non si poneva, in quanto - essendo pacifico che, dopo l’interruzione della convivenza, il figlio non può essere contemporaneamente con il padre e con la madre.
Genitore affidatario diventava colui con il quale di fatto il minore continuava ad abitare; rarissimi erano i casi di affidamento del figlio al padre e la giurisprudenza era chiamata per lo più a risolvere le questioni attinenti alle modalità di frequentazione del genitore non affidatario.
Nella prassi, su accordo dei genitori, l’affidamento congiunto trova applicazione anche nell’ambito della separazione sin dal 1987, e già per questo non si spiega l’esigenza di una nuova legge che lo trasformi da possibile in obbligatorio (o meglio, con ciò si spiega che le finalità perseguite con l’affidamento condiviso obbligatorio sono ben diverse dalla dichiarata volontà di continuare ad essere "padri"! ).
L’affidamento congiunto è reclamato a viva voce dalle associazioni dei padri separati, mentre il mondo femminile sottolinea che tuttora è la madre la figura di riferimento quotidiano dei figli e ritiene che l’affidamento condiviso possa essere disposto nei soli casi in cui entrambi i genitori lo richiedano concordemente e siano già presenti in modo continuativo e parimenti significativo nella vita dei minori.
La mia esperienza dimostra che:
- il coniuge separato pretende l’affidamento congiunto non per far fronte ai suoi doveri genitoriali ma per continuare ad esercitare controlli sulla moglie, con la quale il figlio minore ha l’abitazione preferenziale;
- l’affidamento congiunto ha fatto riprodurre le stesse relazioni di potere fra uomo e donna, costringendo la madre a continuare a mediare il rapporto tra padre e figli con la medesima intensità che si aveva in costanza di matrimonio, subendo tra l’altro una maggiore penalizzazione sul piano personale ed economico;
- molti genitori siano convinti che l’affidamento congiunto significhi che ciascuno, senza tener conto dell’altro e tanto meno del figlio, possa decidere in piena autonomia cosa far fare al bambino. Si arriva così al paradosso che, ad esempio, poiché la mamma ha iscritto il figlio a nuoto, il papà si senta leso nel suo diritto di decidere e, autonomamente, lo iscriva a judo: così il figlio farà un’attività quando è con la mamma e un’altra attività quando è con il papà, indipendentemente da ciò che è utile per lui e dalla stanchezza che può accumulare.
- alcuni padri poi chiedono l’affidamento congiunto per poter sostenere che, in questo modo, nulla devono dare all’altro per il mantenimento del figlio.
Se per condiviso si intende una forma di affidamento in base alla quale, anche dopo la separazione, i genitori rimangono entrambi responsabili dei figli, e pertanto le decisioni più importanti che riguardano i minori devono essere adottate di comune accordo, allora si deve rilevare che non ce n’è alcun bisogno, in quanto vi è già l’articolo 155 del Codice civile che lo prevede.
Tale norma infatti precisa e prevede che, in caso di affidamento monogenitoriale, "…le decisioni di maggiore interesse per i figli sono adottate da entrambi i coniugi. Il coniuge cui non sono affidati i figli ha il diritto-dovere di vigilare sulla loro istruzione ed educazione ."
Se affidamento condiviso significa invece che tutte le decisioni, non solo quelle tradizionalmente ritenute più importanti, come le scelte scolastiche, religiose e mediche, ma proprio tutte, comprese le modalità di vita, l’alimentazione, i viaggi, le compagnie da frequentare, le vacanze, le gite scolastiche, debbano essere prese dai genitori insieme, allora è evidente che per realizzarlo i genitori devono concordare precisi modi e limiti anche della propria vita personale: anzi, le loro abitazioni dovranno essere vicine (come non a caso prevedono le proposte di legge in esame) e la comunicazione tra loro dovrà essere quotidiana e di massimo reciproco rispetto.
Ed è allora evidente che tali presupposti sono realizzabili soltanto laddove c’è un consapevole e libero accordo dei coniugi: se tali scelte fossero invece imposte, verrebbe svuotato di contenuto il diritto alla separazione personale, da oltre mezzo secolo riconosciuto e garantito dal nostro ordinamento e da oltre venticinque anni concepito come mezzo di gestione autonoma della crisi coniugale attraverso la formula della separazione consensuale.
Nel caso di contrasti tra i genitori l’affidamento congiunto è fonte di problemi e nessun vantaggio porta ai figli.
Spesso la separazione si determina per mancanza di comunicazione tra i coniugi ed a volte forti sono proprio i contrasti in ordine all’educazione dei figli. In questi casi l’affidamento congiunto/condiviso è solo fonte di ulteriori problemi, nessun accordo sarà possibile, ed inevitabile sarà il ricorso al giudice per ogni piccola decisione, senza tener conto poi delle ulteriori difficoltà che si pongono per far eseguire i provvedimenti che riguardano i figli affidati ad entrambi i genitori.
La stessa giurisprudenza ha osservato che “l’affidamento congiunto dei figli presuppone il massimo spirito collaborativo dei coniugi e pertanto deve escludersi la sua applicazione allorquando persistano contrasti tra i medesimi”.
L’intesa genitoriale è talmente importante che il venir meno della volontà di uno dei coniugi di continuare nell’affido congiunto è stata ritenuta una circostanza sufficiente a giustificare il mutamento dell’affido da congiunto in esclusivo!
Per quella che è la mia esperienza, ma anche in base ai dati che emergono dalle ricerche, laddove c’è stata nel corso del matrimonio la partecipazione del padre alla cura ed alla educazione dei figli, tale ruolo non viene negato dalle madri, le quali anzi accettano con tranquillità, o esse stesse propongono, un affidamento congiunto ed una condivisione di tempi e responsabilità.
Non si può pensare (e non si possono illudere i cittadini) che sia la legge a trasformare un genitore biologico in un genitore responsabile!
L’affidamento congiunto rimane una scelta da compiere con autonomia ed autodeterminazione in quanto esige grande maturità e capacità dei coniugi di gestire i conflitti.
Essendo fondato sulla piena disponibilità dei genitori, deve essere adottato solo su accordo delle parti e non può essere imposto né dal giudice né dalla legge!
Uahahaha come risicano! Carissime dee femministe amazzoni, alias femministe a sud (io avrei preferito femministe sotto terra, almeno non fanno danni) , la cosa che forse non vi è chiara è che l'affido condiviso prima o poi entrerà. Ed è una cosa a cui non potete far nulla