ma, ripeto, le morti sul lavoro non possono essere considerate violenza femminile indiretta, questo non è plausibile perchè da lì il discorso partiva, giusto?
Guardiamo al discorso di diversa oggettificazione dei corpi, maschile e femminile.
L'uso strumentale del corpo lo fanno tutti (costretti o meno) in modo diverso, ma, come direbbe qualcuno di mia conoscenza si sente sempre cantare una "mezza messa" e l'evidenza di genere sull'oggettificazione del corpo è soltanto femminile, mentre l'altra oggettificazione è inesistente o tutt'al più neutra.
Tu stessa ad un certo punto, sollevi la questione delle morti sul lavoro femminili, asserendo che semplicemente se ne parla poco.
I dati però parlano di un 97% di morti maschili e 3% di morti femminili se si parla di effettive morti per cause di lavoro (non intendendo gli incidenti stradali e .. i crolli delle palazzine).
Cioè di decessi che sono difficili da evitare perché il rischio è insito nel tipo di lavoro.
Questo è il discorso che facevo prima.
Non è nemmeno vero poi che non ci si occupa delle morti di donne o non se ne parla: l'Inail ha una sezione esclusivamente dedicata agli infortuni femminili, alla tipologia femminile.
Non molto tempo fa, uscì un calendario per sensibilizzare sul problema: tutto di storie di donne. Dedicato alle donne. Che soffrono di più, sono più discriminate dopo l'incidente,
più vittime...
Eppure se siamo uguali con aspettative, sentimenti, aspirazioni, cervelli uguali uguali, tranne la differenza fisica, perchè dovrebbero soffrire di più le donne vittime di infortunio rispetto agli uomini?
Ricorda un po' i maiali di Orwell, dove
è vero che tutti gli animali sono uguali, ma alcuni (i maiali) ... sono più uguali degli altri!
Peraltro ha ragione secondo me, Milo, quando ti fa notare che quando la donna entrò in massa nel mondo del lavoro e dell'industria si iniziò a porre il problema della sicurezza.
Potrebbe solo essere un fattore di concomitanza casuale: l'industrializzazone di massa e l'allargamento del cerchio democratico, ma mi colpì un articolo di un sindacalista dei primi del novecento che combatteva per la riduzione dell'orario di lavoro e condizioni più salubri per le operaie tessili (".. le mamme di domani...").
Diciamo che è abbastanza costante l'identificazione delle donne coi bambini individuati come soggetti da tutelare maggiormente (voi stesse parlate solo di violenza maschile contro le donne e i bambini, di fatto perpetuando l'idea che debbano essere più tutelati, le donne e i bambini sono un'accoppiata che in tutte le ideologie, culture, istanze funziona evidentemente
e viene largamente usata). Insomma, in poche parole, il corpo maschile è sempre stato considerato più spendibile e sacrificabile, quindi, anche a livello "pratico" ha sempre avuto poca importanza proteggerlo.
Si potrebbe parlare dunque, ammesso che esista una "cultura dello stupro", di una "cultura del maschio sacrificabile"?
E lo
scandalo sulle morti femminili, non ti sembra che vada esattamente in questa direzione?
Scandalo proprio perché a morire è una donna e non ...un uomo?