Autore Topic: La questione maschile è più di tutto questo  (Letto 30308 volte)

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Offline vero mummio

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La questione maschile è più di tutto questo
« il: Aprile 10, 2012, 15:09:40 pm »
Fikasicula sta battendosi per qualcosa che ancora non comprende, esponendosi agli sputi in faccia della sua parte.
E a differenza vostra/nostra, lo sta facendo dalla parte del più forte, avendo il coltello dalla parte del manico.
Questo è un atteggiamento nobile ed ammirevole.

Aldilà di questi aspetti eroici e totalmente personali, quando il clima cambierà, quando all'interno dei movimenti femministi le fikasicule si saranno moltiplicate fino a diventare la maggioranza assoluta, se non saremo pronti, ogni movimento maschile sarà annichilito di fronte alla nuova fase di conciliazione neofemmista.

Questo perchè il movimento maschile è nato come una reazione al femminismo in tutto il mondo, e non ha saputo andare oltre la dimensione reazionaria per abbracciare i temi più profondi della condizione maschile stessa.

Ci siamo sempre e solo occupati del rapporto uomo-donna, senza mai riuscire ad occuparci pienamente del rapporto uomo-uomo, o del rapporto tra un uomo e sè stesso. Lo dimostra il fatto che ci si è criminalmente limitati a vedere il rapporto uomo-uomo solo in chiave di scontro tra noi e lo zerbino, il succube del femminismo.

L'impressione è che in pochi qui abbiano voluto indagare sulla vera essenza oppressa ed oppressiva del genere maschile, e che i pochi che l'hanno fatto si limitino a non voler approfondire oltre, e per pigrizia mentale o per la più becera abitudine alla lotta senza sè e senza ma, preferiscano fare finta di nulla, fare finta che il nemico sia il femminismo, fare finta che la società tradizionale sia il migliore dei mondi possibili per un maschio.

Per questo ho molta paura che presto, quando la società vedendosi prossima alla sua fine, cambierà strategia e userà le donne e altri svariati metodi, allo scopo di mostrare un futuro nuovamente conciliatorio e rassicurante per noi maschi, noi non sapremo farci trovare pronti e ci lasceremo rimettere nella gabbietta a noi dedicata dalla preistoria fino ad oggi.

Offline vero mummio

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #1 il: Aprile 10, 2012, 15:31:51 pm »
http://femminismo-a-sud.noblogs.org/post/2012/04/09/esiste-un-femminismo-giustizialista/#more-16433

[spoiler]Esiste un femminismo giustizialista?

Rifletto. Sulla comunicazione e la violenza sulle donne. Non è solo un problema di immagini da usare, sostituendo l’agire delle donne ai lividi che ti presentano solo come vittima. Esigendo strumenti di costruzione delle vite e non norme repressive. Esigendo autonomia e risorse e non sorveglianza. Chi ti tutela ti possiede e chi ti possiede ti impone le proprie regole. Avallare l’intrusione di soggetti tutelari nelle nostre vite non ci libera ma ci imprigiona. Lo vedi quando ti rendi conto che colui il quale dice di volerti difendere nell’unico momento in cui legittimi il suo ruolo, tutto giocato sulla tua pelle, quando alzi la testa e ti ribelli allora ti reprime nelle piazze. Affidarsi e avallare norme a tutela diventa il metodo usato da chi ci usa per ottenere più potere. Donne o uomini che siano.

Non è un caso se lo stesso Stato che evocava la “certezza della pena” in relazione ai reati di violenza contro le donne poi però imponeva altre norme liberticide a restrizione delle nostre scelte. Ostruzionismi all’uso della pillola del giorno dopo e alla pillola abortiva, la ru486. Applicazione resa sempre più difficile della legge 194. La legge 40 sulla procreazione medicalmente assistita. Il dibattito per niente laico sul testamento biologico e la pervasività dell’azione dello Stato nelle nostre scelte, nelle nostre vite, in altri aspetti più o meno importanti della nostra quotidianità.

Non è a caso se lo Stato in un certo periodo diceva di voler difendere “le nostre donne” (ad escludere le prostitute e le migranti che se anche vittime della tratta finiscono dentro un Cie) e così facendo legittimava le ronde ovvero sistemi di controllo delegati a chi sulla base dei propri pregiudizi voleva svolgere una azione di sorveglianza sulla nostra moralità. E poi le leggi liberticide invocate a violazione della nostra privacy, il teknocontrollo, la presunzione di colpevolezza per tutti i cittadini e le cittadine per cui dovremmo essere felici di essere tekno-sorvegliati su internet, attraverso mille telecamere, tutto in nome della nostra “sicurezza”.

Parliamo di violenza sulle donne e bisogna ricordare che fino al 1996 lo stupro era un reato contro la morale e non contro la persona, che si divideva in violenza carnale e atti di libidine, per cui un processo misurava i centimetri di penetrazione della vittima per stabilire se si trattasse di stupro o “solo” di atti di libidine. Fino a quel momento – leggo – si puniva lo stupro solo se la vittima riportava gravi lesioni e altrimenti c’era il matrimonio riparatore (esistente fino al 1981) rimesso in discussione a partire da Franca Viola che non volle saperne, denunciò e ottenne la condanna del suo stupratore. Con la legge 66 del 1996 cambiano i termini processuali con l’inversione dell’onere della prova che si intende quale misura che tutela le donne dall’ulteriore umiliazione di dover indossare, anche in una vicenda di stupro, il ruolo delle accusate dovendo dimostrare di essere state stuprate. E’ invece l’accusato a dover dimostrare che non è uno stupratore.

Negli anni questo ultimo aspetto, così come alcune norme che riguardano la violenza sulle donne, hanno trovato una opposizione che viene attribuita più in generale al gender backlash. Numerose fonti antifemministe sostengono per esempio che l’inversione dell’onere della prova capovolga il principio di presunzione di innocenza e lo trasformi in presunzione di colpevolezza. Si sostiene nelle stesse fonti che avvenendo lo stupro spesso non in presenza di testimoni sia sufficiente la parola della presunta vittima per ottenere una condanna.

L’onere della prova a carico della persona accusata è un fatto che comunque riguarda anche molte altre tipologie di reato fino ad estendere queste regole in campi apparentemente più inoffensivi, come quello del lavoro per la cui riforma Monti e Fornero immaginano che l’onere della prova a seguito di un licenziamento per una qualsivoglia causa debba essere della persona licenziata e non dell’azienda che licenzia.

La legge del ’96 viene “aggravata” dal governo di centro destra ultimo scorso nel tempo in cui prima fu reso impossibile il patteggiamento per questo genere di reati e poi si stabilì la carcerazione preventiva a seguito di una accusa. Sulla carcerazione preventiva per lo stupro di gruppo si è espressa recentemente la corte della cassazione e l’idea che la carcerazione preventiva in quelle circostanze fosse contraria alle regole costituzionali ha trovato d’accordo più soggetti, di qualunque area ed estrazione.

Non altrettanto si può dire in relazione a casi di lunghe carcerazioni preventive a seguito di episodi repressivi che hanno riguardato e riguardano le persone arrestate per le manifestazioni a Genova 2001, per la NoTav e in altre situazioni del genere.

Viene comunque omesso nel corso del dibattito sulla questione dello stupro un tema fondamentale: ovvero quello che dovrebbe di volta in volta stabilire a fronte dei vari livelli di pericolosità denunciata come, in attesa del compimento di un processo, la vittima o presunta tale possa essere sottratta a eventuali ritorsioni.

Proseguendo nel ragionamento: a fronte di eclatanti casi di assoluzione si assiste anche a qualche condanna che suscita non poche polemiche. Una tra tutte: quella per “sguardi insistenti”. Chi offre le proprie contestazioni specifica che l’affermazione di una donna che dichiara di essere stata guardata in modo molesto sia troppo poco per ottenere una condanna. E c’è chi dice anche che una sentenza del genere rappresenti una esagerazione ovvero non consentirebbe più di guardare una persona che ti attrae. Quello che io capisco è che se ogni donna di Palermo che riceve una tàliata decidesse di denunciare allora tre quarti della popolazione maschile palermitana finirebbe davanti ad un giudice.

Ciò che è chiaro comunque è il fatto che mentre questo genere di valutazioni vengono fatte da antifemministi e gruppi che si occupano di questione maschile e altri che si occupano di tutela della paternità, ciascuno in relazione alle proprie cause, le donne che sollevano obiezioni circa la piega autoritaria che sta prendendo piede in Italia in qualunque direzione, ivi compresa quella che riguarda le leggi contro la violenza sulle donne, vengono stigmatizzate – e lo stesso è stato fatto negli Stati Uniti (Stupro: storia della violenza sessuale, Joanna Bourke, edito Laterza) – come pseudo femministe o donne/femministe che si identificano con il maschio (lo stesso si dice delle donne che si occupano di aggressività femminile o di violenza delle donne).

Questo più o meno il contesto – la cui esposizione può trovarvi d’accordo o meno – ma a prescindere da queste premesse è necessario riassumere quella che è l’attività di informazione/comunicazione cui assistiamo o che produciamo su questa materia.

I media, ovviamente, non sfuggono all’andazzo autoritario. Anzi. Lo propongono, lo propagandano, lo legittimano e lo partecipano a piene mani. Se i media mainstream risentono di una schizofrenia che vede da un lato ministri e governanti esprimersi immaginando orribili soluzioni di castrazioni chimiche o pene infinite ed eterne e dall’altro giornalisti – spesso dello stesso schieramento politico – orientare il dibattito con tesi innocentiste (più dura la previsione della pena e più grave sarà il dibattito contro le denuncianti) e con quell’eterno “anche le donne lo fanno” (cosa che nessuno nega) brandito come i movimenti di estrema destra brandiscono le foibe come intercalare per ogni discussione che non si è in grado di sostenere, i media non mainstream, invece, incluso anche molte fonti web, ricavano spazi di visibilità seguendo la scia di showtime televisivi spazzatura, giocando in difesa contro le tesi innocentiste, declinando la lotta contro la violenza sulle donne in modalità colpevoliste, reclamando giustizia giusta ma pure quella ingiusta, giustizia e basta, se la parola giustizia può mai evocare un unico significato valido per tutte le occasioni, e anche molti blog, spesso lo è stato anche il nostro, restano schiacciati in questa dimensione che diventa giustizialista anche quando parla d’altro.

Finisci per sembrare di destra anche se sei anarchica, di sinistra, anche se le soluzioni autoritarie non ti piacciono. Finisci per fare il tifo per i giudici anche se quegli stessi giudici condannano compagni e compagne prese/accusate/giudicate perché manifestanti, presunti sovvertitori e sovvertitrici dell’ordine pubblico. Finisci per parlare una lingua che neppure ti appartiene e immagini che la “tutela” sia una soluzione e che il “carcere” sia quella gran cosa che invece non è. Finisci per diventare l’ulteriore megafono di quei giornali di destra e sinistra che parlano di “sicurezza” avendo il metro di misura di un leghista o finisci anche per cadere nella trappola dell’audience da indignazione per cui produci o condividi notizie che inducano le “masse” a dividersi con logiche binarie, buoni e cattivi, con schieramenti tra presunte vittime e presunti carnefici e trascurando l’analisi della complessità proposta in qualche caso con tesi giustificazioniste e liquidate come tali anche da chi dovrebbe guardarci dentro e quanto meno verificare. E la somma di tutto questo diventa una corsa al linciaggio, che non è quello dei forconi adoperato dalle folle fisiche sotto la casa di qualcuno ma è una folla di fonti virtuali con forconi virtuali che spingono in direzione della galera per ogni tipologia di persone e questo realizzando un processo mediatico anche quando odi i processi mediatici, giacché non sono tali solo quelli che stanno dentro la tivù, con opinionisti che certo non sono lo psichiatra, l’intellettuale, la scrittrice e la criminologa d’assalto ma sono Rosaria, Pino, Francesco e Genoveffa che fidandosi dei media mainstream invocano ghigliottine ed evirazioni in pubblica piazza.

Basta vedere come funziona su facebook dove se  condividi la notizia di cronaca che parla di una violenza contro una donna parte la raffica di commenti pieni di odio che esprimono solo un’idea di giustizia che somiglia ad una scorreggia e se la metti a tacere ti dicono che ne hanno diritto. Il sacrosanto diritto di scorreggiare su facebook sancito dalle regole del web 2.0 che servono a condividere l’odio travestito da “indignazione popolare” invece che i ragionamenti e le analisi.

Non c’è cosa peggiore che prendere parte ad un dibattito che si reputa sbagliato o provocarlo. Non c’è cosa peggiore che usare la violenza sulle donne, per esempio, come elemento che unisce tutte le donne ed esclude – nei fatti – gli uomini, immaginando che gli uomini possano soltanto chiamarsi fuori, scansare le critiche prendendo le distanze, essere invitati a parlare in quanto presunti responsabili, colpevoli a priori, a difendersi dicendo “no no, io non c’entro” e giù gli applausi, scambiando la questione maschile per una questione criminale, e che gli uomini che osano dire un ma, un bhé, un però, incluso i più antipatici, non condivisibili e opinabili, vengano vissuti come complici. Complici e basta, senza necessità di ulteriori approfondimenti.

Non c’è incoerenza maggiore che produrre, così come noi, anch’io, spesso abbiamo fatto, una enorme quantità di post su temi antiautoritari per poi legittimare l’autoritarismo giocato sulla nostra pelle sapendo come sappiamo che la nostra attività prevalente è quella di analisi della comunicazione e che produrre cultura non favorevole alla violenza sulle donne non può essere e non è affatto replicare i rutti e le schifezze prodotte dall’indignata presentatrice tivù.

Non siamo giudici, non siamo poliziotti, non facciamo processi, facciamo altro, ci interessa la comunicazione, la cultura e da sempre abbiamo analizzato testi e immagini prescindendo dalle persone citate. Abbiamo raccolto e dettagliato casi di cronaca per analizzare il fenomeno e leggerne una possibile soluzione. Abbiamo collaudato metodi di decostruzione di testi scritti da pseudogiornalisti e nelle decostruzioni non serviva evocare l’intervento dello Stato. La cultura è cultura ed è una soluzione che precede qualunque tipo di proposta legislativa. La cultura non è una banale replica dei programmi morbosi in cui si spettacolarizza lo stupro, il femminicidio, fino a condurre con mano e con soddisfazione lo spettatore alla decapitazione dell’accusato, realizzando un effetto catartico che rivela il falso, che dovrebbe soddisfare un bisogno di giustizia sociale che non c’è, non esiste, perché se io sono precaria, subisco una riforma del lavoro terribile che smantella definitivamente lo stato sociale e scendo in piazza e mi ribello e ricevo manganellate da mattina a sera non posso compensare il bisogno di giustizia applaudendo all’impiccagione di un uomo qualunque.

Ed è questo che sono diventati i casi di cronaca di violenza sulle donne in Italia, infatti, puro intrattenimento, surrogati, palliativi, a fronte di una giustizia sociale inesistente, spostando il piano della discussione, usando ancora una volta le donne per massacrarci ancora e di più, per orientare il dibattito a legittimazione dello Stato Autoritario, a usare donne e uomini, colpevoli, innocenti, a costo di mandare in galera uno che poi non merita neppure due righe per dire mi dispiace, a costo di sbattere in galera un rom o di incendiare un campo nomade, tanto che importa, è uguale, per saziare la bestia e produrre uno spettacolo a reti unificate, blog compresi, che ci fanno ritenere fortunate a vivere in Italia.

Allora è mia opinione che bisogna riprendere il filo del discorso e tenere conto di tutte queste cose. Ne voglio tenere conto io che so quanta responsabilità serva per fare comunicazione, giacché la rammento ad altri, e prendo le distanze dai toni nazional/patriottici, dal piglio strappalacrime, dai facili cliché, dagli stereotipi per cui sono tutti brutti, sporchi e cattivi, dalla demonizzazione di chi esprime opinioni contrarie alla mia, dai luoghi comuni, dalle cacce alle streghe in generale perché se voglio contribuire a creare un clima culturale che non me le imponga allora dovrò fare attenzione a che nessuno le subisca. Perché fare cultura significa incidere in una crescita di qualunque tipo, risvegliare sensibilità senza produrre uno schema ideologico e una propaganda che sposa il linguaggio della richiesta di tutela (non più della rivendicazione), del vittimismo, dei buoni sentimenti, dei processi tv infarciti di dettagli morbosi che poco c’entrano con il dolore e con la vita di tutti i giorni.

Fare cultura vuol dire riuscire ad accreditare la tua versione dei fatti mentre fai attenzione a non prestare il fianco e a non legittimare la mentalità reazionaria di donne e uomini che ancora pensano che il mondo vada diviso in branchi muniti di forconi in cui il linciaggio è l’unico metro di espressione in-civile. La cultura non è ciò che produce un appiattimento cronico, o che determina una visione binaria, tutto bianco o nero, tutto superficiale dove la consapevolezza maturata rispetto ai problemi equivale a zero. Cultura offerta attraverso la comunicazione vuol dire che quando parli di violenza sulle donne non descrive lui, quello che viene identificato nel carnefice, come fosse un mostro perché i mostri non esistono e le cose sono tanto più complesse di così.

Perché nella comunicazione misuri il punto di partenza, ovvero ciò che vuoi promuovere, la modalità di diffusione e l’obiettivo. E noi cos’è che vogliamo vendere? L’idea che esista una donna fiera e determinata che supera tante difficoltà o vogliamo vendere l’idea di un s-oggetto vittimista la cui dignità è piegata alla richiesta di tutela?

Possiamo immaginare di lottare contro una discriminazione senza realizzarne altre? Quello che facciamo oggi, anche noi – si – determina l’Italia che vogliamo, che immaginiamo e con quell’Italia dobbiamo farci i conti, perciò bisogna assumersi la responsabilità di ciò che si comunica affinché si realizzi qualcosa di meglio.

Tutto ciò è oggetto della mia riflessione. Vorrei sapere cosa ne pensate perché davvero non vorrei che domani qualcuno possa dire che in questi anni sia sorto un femminismo “autoritario” o “giustizialista” perché – in ogni caso – a quel femminismo io non appartengo.[/spoiler]

Offline Angelo

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #2 il: Aprile 10, 2012, 16:02:56 pm »
Nobile ed ammirevole...

 :sick: :sick: :sick:

La paraculo sta utilizzando alcune cose scritte qui per dimostrarsi democratica. E La chiami pure nobile ed ammirevole...  :sick: :sick:
Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton

Offline Peter Bark

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #3 il: Aprile 10, 2012, 16:06:23 pm »
infatti.è furba.

Offline FikaSicula

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #4 il: Aprile 10, 2012, 17:09:25 pm »
Fikasicula sta battendosi per qualcosa che ancora non comprende, esponendosi agli sputi in faccia della sua parte.
(...)

Al di là della premessa che mi incensa e ti ringrazio, lascio a voi la discussione perché io ho da chiarire un sacco di cose nel mio movimento e non è per nulla semplice come tu hai perfettamente capito. Sulla discussione a proposito di questione maschile io non ci metto parola perché qualunque cosa penso/dico sembrerebbe viziata in origine e non sono io, donna e femminista, per quanto rilevi che gli uomini esprimano diversità per ricavare modi non omogenei di vivere il proprio genere - a dover dire ad un uomo come essere uomo o a farlo sentire sbagliato se non è idealmente/politicamente/personalmente come me (uguali si ma poi espressione probabile di diversità sociali/politiche/culturali che vengono impropriamente addebitate al genere e che sono più che legittime ma tali restano).

Lo stesso mi piacerebbe leggere nei miei confronti perché tra le tante cose interessanti e tutto il dibattito serrato e piacevole che ho qui condiviso ho rilevato in alcuni casi l'ansia da assimilazione, l'esigenza di parlare con qualcuno che si identificasse con il gruppo, il bisogno di fare a me finanche l'esame del sangue (si, sandokan, è vero, negli anni '80 portavo le spalline e se avessi avuto pazienza ti avrei detto anche che numero di scarpe porto :P) e poi la necessità di distinguermi da altre/i che condividono con me tanti percorsi.

Chiedo scusa e tolgo in questo thread uno spazio minimo per qualche rigo fikasiculacentrato ma poi vi lascio discutere con gran rispetto: quello che io faccio e sto facendo rientra in una dialettica interna che vivo nel mio eterogeneo movimento che non rinnego, che produce cose che condivido e altre che no, così come sono solita dire con chiarezza, e che è composto da persone che stimo profondamente e alle quali voglio molto bene. Leggere giudizi lapidari, non argomentati, che ricavano pieghe deficitarie dove esiste solo una differenza di opinioni mi riguarda. Qualunque cosa detta o scritta su di loro mi riguarda.

Non so se il mio percorso mi porterà altrove, io so che se non c'è necessità di espellere tutto ciò che è critico quello è il mio posto, e se invece non c'è spazio per la critica o tutto viene vissuto per branchi e schieramenti io non avrò timore, come ho sempre fatto, a rivendicare la mia totale estraneità ad ogni forma di appartenenza e la mia libertà nel dire/fare/pensare ciò che voglio e nell'inventarmi altro.

Detto ciò non mi aspetto che tutti qui colgano il fatto che il mondo è molto meno semplice di come vorrebbero vederlo, che bianco/nero, buono/cattivo è molto comodo e implica poco sforzo e poco ragionamento, ma a prescindere da questo se proprio sono oggetto della vostra attenzione giudicate ciò che scrivo e faccio e non le intenzioni. L'onestà intellettuale è difficile da vendere ovunque, figuriamoci tra persone, alcune, per fortuna rare, irrimediabilmente ostili.

Dunque direi che vi saluto tutti/e con un sorrisone grande e ringraziandovi della ricchezza che mi avete regalato. Ringraziandovi moltissimo per il tempo che mi avete dedicato, perché mi avete fatto sentire a casa, perché quelle che ho conosciuto un pochino meglio mi sembrano delle gran belle persone e perchè mi avete preso per mano e illustrato con pazienza un pezzetto di mondo che avevo solo guardato da lontano. Continuerò ad approfondire per mio conto o magari vi cercherò per aggiornarvi o farmi aggiornare e se vorrete restare in contatto con me (io lo spero!) mi trovate su skype con lo stesso account o in altri modi. Vi saluto anche perchè mi pare superato il tempo delle chiacchiere serene e se c'è chi ha voglia di esprimersi liberamente in modo meno politically correct magari è bene lo faccia non in mia presenza.

Un abbraccione a tutti/e :)

Offline Angelo

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #5 il: Aprile 10, 2012, 19:06:43 pm »
...
« Ultima modifica: Aprile 10, 2012, 19:27:58 pm da Jason »
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Gilbert Keith Chesterton

Offline ilmarmocchio

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #6 il: Aprile 10, 2012, 19:56:14 pm »
Contraccambio e,in ogni caso, buona fortuna :)

Offline vero mummio

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #7 il: Aprile 10, 2012, 19:59:36 pm »
Senza voler togliere nulla a fs.
Il messaggio di questo topic comunque sarebbe un pò più profondo della questione personale riguardante un utente, o della questione riguardante un blog...

Offline Angelo

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #8 il: Aprile 10, 2012, 20:07:50 pm »
Azz, addirittura censurate...  :sick:
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Gilbert Keith Chesterton

Offline COSMOS1

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #9 il: Aprile 10, 2012, 20:28:22 pm »
Sandokan  :OT:

l'argomento qui è: la QM

ora: caro Vero Mummio, tu parti da un orizzonte che non condivido, l'orizzonte hegeliano. Sono convinto che tu e FS possiate intendervi meglio di quanto tu possa intenderti con me, perchè ritieni (io credo a torto) che esista uno sviluppo dialettico necessario della QM

io non ci credo, non credo che posto A e non-A sia possibile per logica infallibile identificare il superamento progressivo di ambedue

sono invece convinto che il nostro/vostro mondo sia alla fine: noi dovremo presto confrontarci con logiche non-hegeliane (quella islamica per prima, ma l'induismo è dietro l'angolo)
non credo che sia possibile produrre una analisi e un ragionamento che consentano un passo avanti alla QM
Rino è da anni (decenni) fermo alla pars destruens. Perchè? perchè non ha ancora trovato quel quid che consente appunto di fare la sintesi tra A (femminismo) e non-A (QM)

tu pensi di averlo? bene, prova ad esporlo. Io sono prevenuto, ma non mi rifiuto di leggere nè di pensare
Dio cè
MA NON SEI TU
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Online Cassiodoro

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #10 il: Aprile 10, 2012, 21:25:34 pm »
.......io ho da chiarire un sacco di cose nel mio movimento e non è per nulla semplice........

Potreste chiarirvi, per esempio, su quali sono i "diritti delle donne" odierni,.... avete dimostrato che non siete tanto informate.... sembra che state facendo una guerra tutta di retroguardia, cercando per forza "nemici" da eliminare mentre il grosso delle vostre truppe ha già preso il centro del potere avversario, i mezzi di informazione, la formazione, la cultura e l'amministrazione della giustizia.



Per un piccolo aiuto vi lascio il link dove troverete i "diritti delle donne" elencati da una fonte per voi "amica"...

http://www.pariopportunita.provincia.tn.it/filesroot/Documents/pubblicazioni/dirittidonne.pdf


Leggendo il capitolo "DIRITTO DI FAMIGLIA" troverete tantissimi "PUOI" ...


Puoi Ottenere da tuo marito un assegno mensile per il tuo mantenimento ...........Tieni presente che comunque hai diritto di continuare a vivere nella stessa condizione economica di prima della separazione.
Puoi: chiedere che i figli siano affidati a te.....
Puoi: ottenere da tuo marito un assegno mensile per il contributo al loro mantenimento
Puoi: continuare ad abitare nella tua casa, anche se il contratto d’affitto e intestato a tuo marito o se la casa e di proprieta di tuo marito.
Puoi: chiedere gli assegni familiari percepiti da tuo marito.
Se divorzi puoi:
- sposarti nuovamente;
- avere diritto all’assegno di divorzio indicato dalla sentenza;
- ricevere una percentuale della liquidazione del marito (il 40% di quella maturata nel periodo di matrimonio) e una percentuale
della pensione dopo la morte di tuo marito, solo però se percepisci l’assegno di mantenimento.
- Se il padre naturale non vuole riconoscere il figlio, puoi rivolgerti al Tribunale per ottenere il riconoscimento.
- Se hai riconosciuto solo tu il bambino e successivamente il padre intende riconoscerlo, puoi opporti al riconoscimento
- È importante che tu sappia che non sei obbligata, solo perché madre, a riconoscere il figlio che hai partorito. Puoi dichiarare in ospedale al momento del parto che non intendi riconoscerlo e sul tuo nome verrà mantenuta la segretezza, mentre il bambino sarà dato in adozione.
- è entrata in vigore una legge che prevede l’allontanamento dalla casa familiare di mariti violenti per effetto di una decisione rapida del giudice. La previsione è estesa anche ai conviventi o ad altro componente il nucleo familiare che tenga un comportamento manesco (es. anche un figlio).
Chi subirà la misura dovrà lasciare immediatamente la casa e potrà farvi ritorno solo con autorizzazione espressa del giudice.
Con lo stesso provvedimento il giudice potrà decidere di vietare all’imputato di avvicinarsi ai luoghi abituali frequentati dalla persona offesa, tra i quali il luogo di lavoro, il domicilio della famiglia d’origine o dei congiunti più prossimi.
Può essere chiesto al giudice di ordinare, in caso di necessità, il pagamento di un assegno di mantenimento a favore tuo e dei
tuoi  figli,  eventualmente  disponendo  la  trattenuta  direttamente dallo  stipendio  ed  il  versamento  diretto  da  parte  del  datore  di lavoro.
..........
Non è necessario che i maltrattamenti ti siano già stati inferti, essendo possibile chiedere la misura al giudice anche sulla base
di fondati motivi che i maltrattamenti vengano perpetrati. 


Naturalmente se le donne "possono".... gli uomini "non possono".... e mi piacerebbe sapere da voi il "perchè" le donne possono

Se gli uomini avessero gli stessi diritti delle donne non esisterebbe la "Questione Maschile".....
« Ultima modifica: Aprile 11, 2012, 09:36:12 am da Cassiodoro »
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline Angelo

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #11 il: Aprile 10, 2012, 21:31:38 pm »
Vi saluto. Non è pensabile qui la censura.
Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton

Offline Warlordmaniac

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #12 il: Aprile 10, 2012, 21:35:37 pm »
Sandokan, mi pare che il tuo post conteneva un termine offensivo; nei migliori forum funziona che nessuno si permette di offendere un altro utente, altrimenti il moderatore censura il post.
Non vedo perché scandalizzarsi.

Online Jason

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #13 il: Aprile 10, 2012, 21:36:53 pm »
Sandokan, mi pare che il tuo post conteneva un termine offensivo; nei migliori forum funziona che nessuno si permette di offendere un altro utente, altrimenti il moderatore censura il post.
Non vedo perché scandalizzarsi.

Aggiungo e rimarco : sandokan ti sei chiesto almeno perchè ti censurano ?
«La folla che oggi lincia un nero accusato di stupro presto lincerà bianchi sospettati di un crimine».
Theodore Roosvelt, Presidente degli Stati Uniti d’America

Offline Angelo

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Re: La questione maschile è più di tutto questo
« Risposta #14 il: Aprile 10, 2012, 21:48:04 pm »
Me lo sono chiesto, è eccessivo.
Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro.

Gilbert Keith Chesterton