"Le donne italiane si lamentano che l’uomo italiano e’ un mammone.
E’ vero, ma se e’ cresciuto da una mamma che fin da piccolo non lo aiuta a diventare autonomo, che lo porta in passeggino, legato al passeggino, imbacuccato di lane e sciarpe, fino a oltre i tre anni o quattro, e magari in piu’ gli toglie la figura paterna e la discredita appena puo’… allora non c’e’ niente da stupirsi che un uomo di 45 anni non si sposa e vive con la mamma…. e non sa prendersi responsabilita’ e impegni."
Nonostante vengano dette cose vere (e da una donna (raro)), anche in questo articolo c'è un forte male-bashing grammaticale/concettuale. Nella frase sopra riportata c'è la conferma da parte della scrittrice che l'uomo è un mammone, senza alcun distinguo. Siamo tutti uguali e mammoni.
Mentre nella frase a inizio articolo che di seguito riporto, si spendono un sacco di righe per spiegare che non si vuole generalizzare e che non tutte le donne sono cattive"Voglio dire subito che quel che scrivero’ non e’ assolutamente da applicarsi – come una generalizzazione superficiale – a tutte le donne italiane: e certamente la mia intenzione non è affermare che tutte le donne italiane sono come quelle che descrivo qui.
Ho conosciuto tante e tante italiane piene di grandi qualita’ ma non e’ di questo che penso di scrivere…".
Quindi se anche un Armena cresciuta in una civiltà patriarcale si lascia andare a tali superficialità comincio a pensare che i fattori ambientali contino poco, e che le donne abbiano scritto nel DNA di discriminarci, per sminuirci, per essere di conseguenza più grandi e quindi, evolutivamente parlando, per avere una maggior fitness