Autore Topic: Mancanza di comunicazione fra generi,mancanza di comunicazione fra emisferi  (Letto 1262 volte)

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Offline Salar de Uyuni

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Per quanto a molti questo approccio alla q.m. sembri ''naif'' e un pò ''fantasioso'',intendo proseguirlo pubblicando uno scritto di Naadav Crivelli,esperto di Cabala,che sembra confortare la mia intuizione,e arricchirla di nuovi elementi,prima non sviluppati.
Al centro di questa riflessione, mi ha particolarmente colpito l'espressione che viene utilizzata nella Bibbia per descrivere l'amplesso fra Adamo ed Eva:''E Adamo conobbe Eva''...che mi ha spinto a pormi questa domanda:
quanto noi uomini(anche tremilisti) realmente ''conosciamo'' le nostre donne?
Perchè questa conoscenza non è di tipo ''razionale'',non può essere ''letta'' su un libro,o su un forum,in un certo senso,riprendendo le parole del profeta ''le femmine non le puoi capire se non le scopi''(anche se lui lo intendeva in senso sbagliato,ovvero soltanto meccanico-fisico)...
Seguendo lo scritto di Crivelli,la ''conoscenza'' che avviene esternamente fra uomo e donna,è spiegata come ''conoscenza'' che avviene interiormente fra le 2 parti del nostro essere,e cosa interessante anche Crivelli parla di emisferi.
Ci siamo spesso interrogati sul perchè la nostra generazione abbia un'immagine così falsa e stereotipata delle donne,ovvero perchè nessuno sembri più ''conoscere'' le donne...
forse che la ragione di ciò sta proprio nel blocco della comunicazione interemisferica,avvenuta con l'affermarsi del razionalismo?
Mi domando se per recuperare un corretto rapporto con le donne,non sia necessario che la nostra società recuperi il rapporto con una parte della nostra identità umana,quella che io ho identificato per semplicità con ''cervello destro''.
Faccio un'esempio concreto per cercare di essere meno ''vaporoso'':
nel precedente post,ho affermato che molta della rabbia delle donne nei confronti degli uomini,sia dovuta,al fatto che queste, in nome di una pedagogia illuminista-egualitarista le educa come maschi e non come femmine.
Il razionalismo,ha uno dei suoi pilastri fondamentali nella convinzione che l'essere umano sia fondamentalmente,naturalmente razionale,cosa che è falsa,o vera solo in parte.
Assunto che l'uomo è razionale,ne consegue che esso è una macchina,che indipendentemente dalle differenze di sesso,razza,età,può essere educato alla stessa maniera:ovvero con strumenti razionali.
Per esempio,una volta ai bambini si leggevano le fiabe,oggi la costituzione,ed il risultato in termini di ''educazione'' lo si vede col bullismo nelle scuole.
Se pure la nostra società aveva eliminato da tanto tempo l'elemento magico dalla scena,era pur ammesso,che per educare i bambini se ne dovesse fare ricorso...
ora invece le fiabe non vengono più lette ai bambini,sostituite da ''corsi di educazione civica'',e le più subdole ''fiabe moderne'',come nella orwelliana Spagna di zapatero-mr.Bean.
Nelle fiabe era inscritto infatti tutto il codice di comportamento fra maschi e femmine,immutato nei millenni,che il femminismo ha voluto attaccare,ora tale insegnamento fatto in modo garbato e ludico,è stato sostituito da un'insulso ''corso di educazione sessuale'',di cui una società così ''emancipata e libera'' non poteva fare a meno,in cui si parla di sesso ai bambini,apertamente,ovvero,
non gliene si  parla affatto,giacchè essendo il sesso ''irrazionale'',per comunicare dei comportamenti sessuali è necessario parlare all'inconscio,ed era quello che appunto le fiabe facevano.
La nostra epoca moderna, prima con la psicanalisi scopre con orrore e assurdo stupore l'ovvietà che le fiabe parlano (anche) di sesso ai bambini,poi fattasi ''matura'',le ritiene strumenti desueti e le manda in pensione,o le sostituisce con ''fiabe'' nuove.
Ma la modernità idiotamente zapatera,nell'attaccare la fiaba,ovvero,l'elemento magico irrazionale,volendola sostituire con elementi ''paritari'' da ''carta bollata''e ''burocrazia pedagogica costituzionale'',ha mostrato tutta la sua natura stupidamente razionalista.
Il problema,non è infatti che ''esista'' il femminismo,ma che tutta la società lo accetti passivamente,CHE NON LO VEDA,e questo non è soltanto il frutto di una propaganda mediatica,o del ''potere del pilu'',ma di una distorsione cognitiva che va analizzata profondamente.
Saramago diceva che tutti i totalitarismi nascono per ''cecità'',è necessario capire come si origina questa cecità,perchè se non curata,noi potremo affastellare tutte le statistiche di questo mondo sui falsi stupri,o sui padri separati,e nessuno vedrà niente.


''Il Cervello Umano
I due emisferi cerebrali dell'essere umano non solo soltanto due parti di un medesimo organo, ma le sedi di due ben distinti modi di pensare, capaci di interpretare la realtà secondo modelli quasi opposti. Tale fatto, scoperto dalla neurologia soltanto qualche decina di anni fa', era ben noto ai Saggi dello Zohar e degli altri testi di mistica ebraica. Non a caso essi chiamano il cervello col nome "mochin", lett. "i cervelli", quindi più di uno. Nella terminologia della Cabalà si tratta di Chokhmà (Sapienza) e Binà (Intelligenza). La prima ha sede nell'emisfero destro, ed è la capacità di concepire idee complesse ed elevate, racchiuse in un singolo lampo di genio, in un piccolo punto di intuizione. Si tratta di una facoltà al di sopra della logica, una facoltà per la quale il simbolo, il mito, il paradosso, l'enigma, il lato artistico e romantico di una data situazione, sono pane quotidiano. La seconda facoltà, Binà, risiede a sinistra, e costituisce la capacità di afferrare il lampo di Chokhmà (che altrimenti lascerebbe rapidamente la consapevolezza) e di dargli forma e concretezza, spiegandolo ed analizzandolo secondo concetti logici. Grazie a Binà, le rivelazioni di Chokhmà vengono assimilate dall'intelletto, trasmesse e comunicate, trasformate in progetti pratici e concreti. Binà è raziocinio, linguaggio, rigorosità e senso pratico. Per quanto il Creatore ci abbia fatto in modo tale da poter usarle entrambe, ogni essere umano è più incline ad utilizzare una o l'altra delle due facoltà descritte. Inoltre, l'intera società moderna occidentale ha una spiccata preferenza per le funzioni tipiche dell'emisfero sinistro.

La stessa Torà possiede una struttura duplice, simile a quella descritta prima. Ed è questo uno dei motivi per cui viene data su due tavolette, una a destra e l'altra a sinistra. Nel campo della Torà le due funzioni precedenti operano come segue. Chi possiede più Binà è attratto soprattutto dalla parte rivelata della Torà, il niglè, gli insegnamenti dell'Halakhà, le discussioni della Ghemarà, le riflessioni sulla filosofia ebraica. Viceversa, chi è incline più verso Chokhmà si rivolge in particolare alle haggadot e ai midrashim, agli insegnamenti misteriosi della Cabalà (nistar), a volte così apparentemente contraddittori, alle vette superne del Chasidut. "Torat Ha-Shem temimà", dice il Salmo, "meshivat nafesh". "La Torà di Ha-Shem è completa, fa rivivere l'anima". Spiegano i Maestri del Chasidut che soltanto quanto la Torà è completa di entrambi gli aspetti citati è in grado di "far ritornare l'anima", di farci rivivere, di farci fare una teshuvà completa.

Abbiamo così parlato dei due cervelli noti nel corpo fisico come "emisfero destro ed emisfero sinistro", e della necessità di sviluppare ed utilizzare entrambe le funzioni che vi hanno sede. Si tratta però di un compito alquanto difficile, per effettuare il quale è indispensabile l'opera riconciliatrice di un terzo "cervello", posto a metà strada tra i due. La consapevolezza che vi risiede ha il compito di mostrare come i loro due modi di percepire il mondo non siano affatto contradditori e mutuamente esclusivi, ma complementari e reciprocamente necessari. La scienza non è ancora in grado di identificare un organo fisico, posto nella parte mediana del cervello, in grado di svolgere un ruolo del genere. La Cabalà invece già da lungo tempo ci parla di un terzo cervello, chiamato Da'at, o Conoscenza unificante. Si tratta della sede di un'intensa attività spirituale, che rimane però misteriosa ed elusiva se espressa nei termini della consapevolezza quotidiana. È la percezione del sottile legame che unifica le varie situazioni ed eventi della vita, è la capacità di sentirsi un tutt'uno con quanto capiamo e conosciamo con la mente. A livello psicologico, Da'at è quella potenza dell'anima grazie alla quale è possibile unificare pensiero ed emozione, cuore e cervello.

Tra tutte le facoltà dell'intelletto, Da'at è quella che ha subito la menomazione più grave come risultato del peccato di Adam, dell'essersi cibato dell'albero della conoscenza (etz ha-da'at), un "peccato" che ripetiamo ogni qualvolta preferiamo l'intelligenza umana e naturale alla sapienza della Torà, che è chiamata etz ha-chaim, l'Albero della Vita. Un atteggiamento particolarmente utile per riportare Da'at alla sua integrità primaria è quello di dare la massima priorità al Shalom Bait, all'armonia famigliare, cioè al portare un maggior senso di unione tra marito e moglie, in tutti i campi e in tutti i momenti possibili. Ecco il senso del versetto;

"ve-Adam yad'a et Chava ishto",

"e Adamo conobbe Eva sua moglie",

intepretato dal Chasidut come il momento in cui Adamo fece teshuvà dal peccato dell'albero. A livello di società e di storia, la rettificazione finale di Da'at verrà operata dal Mashiach, come dice il verso:

"va-imale ha-aretz de'a et Ha-Shem",

"e la terra si riempirà

della conoscenza di Dio".
« Ultima modifica: Giugno 03, 2011, 05:45:49 am da Salar de Uyuni »
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline Salar de Uyuni

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Re: ''E Adamo conobbe Eva sua moglie''...gli emisferi,le fiabe e il sesso
« Risposta #1 il: Maggio 29, 2011, 12:13:38 pm »
Potenza pedagogica delle fiabe
Maurizio Blondet 06 Dicembre 2008
Prima, da bambini, hanno imparato spontaneamente e con piacere cose difficilissime: camminare, parlare, disegnare.
Perché la scuola li blocca?

Ecco come il direttore Boimare rievoca le sue esperienze in un'intervista a Le Monde (1):

«Ai miei inizi nell'insegnamento specializzato, i bambini di 10-12 anni che avevo in carico non erano capaci di leggere e presentavano tutti gravi problemi di comportamento. Dopo quindici giorni non avevo più scolari nella classe: i più se ne stavano fuori, nel cortile, occupati a giocare o a provocarmi.

«Sarei caduto in depressione se un giorno non avessi aperto un libro di favole dei Grimm che era là attorno per tentare di trattenere quelli che ancora stavano in classe. Come per incanto, ho visto i miei scolari tornare in classe, e mettersi ad uno ad uno ad ascoltare...».

«In capo a qualche settimana ero riuscito a ricostituire il mio gruppo leggendo loro delle favole. Non che la cosa mi rassicurasse. Tanto più che quelle storie erano piuttosto tremende da capire, e ciò secondo me rischiava di aggravare il problema... Ma molto presto notai che, se applicavo i miei insegnamenti sul testo che leggevo loro, essi accettavano di fare un piccolo sforzo. Solo più tardi ho compreso che se quei racconti terrificanti li interessavano, era anche perché i ragazzi vi trovavano la raffigurazione delle loro inquietudini, proprio di quelle paure arcaiche che li parassitavano».

Da quel momento, Boimare applica ai super-renitenti ad apprendere quella che lui chiama «mediazione culturale».

Che cosè?

«Fiabe, passaggi della Bibbia, romanzi: la mediazione culturale deve permettere loro di avvicinare le loro preoccupazioni identitarie dando loro una forma, includendole in uno scenario che le rende universali, e condivisibili con gli altri. Così, poco a poco, questi ragazzini trovano un poco della libertà di pensare. Ci vogliono quasi due anni per cominciare ad avere dei risultati, ma funziona! E gli scolari delle classi normali, quelli che non hanno problemi particolari, non hanno nulla da perdere da questo metodo».

«....per esempio, appoggiandosi ad un romanzo di Giulio Verne, ogni professore, sia di lettere, di matematica o d'inglese, può trovarvi materia per tornare sulle linee generali del suo programma. Non è tanto complicato. Beninteso, a condizione di accettare il lavoro di riflessione e di animazione in gruppo che ciò comporta....E' questo che spesso viene rifiutato dagli insegnanti, che hanno l'impressione di rischiare di perdere una parte della loro libertà d'azione...Ciò può essere vero, ma gli allievi hanno tanto da guadagnarci».

Il professor Boimare ha scoperto una cosa non proprio insolita: che la cultura si trasmette con la cultura. Che altro sono le «favole, i passaggi della Bibbia, i romanzi»?

Sono precisamente gioielli della cultura, e di quella cultura «arcaica», «irrazionale» e «terribile» dove i ragazzi difficili vedono proiettate le loro paure arcaiche, corrispondenti allo stato arcaico-infantile del loro sviluppo.

Piccoli uomini primitivi, si lasciano affascinare dal racconto orale e dal mistero potente che si cela e si promette dietro figure simboliche, e inquietanti: l'Orco, la strega cattiva, il Gatto con gli Stivali; Davide re e peccatore prediletto da Dio, il capitano Nemo....Perenni figure che accendono il  fuoco  del voler scoprire, del voler capire, appellandosi non alla ragione (che i ragazzi non hanno) ma al cuore voglioso di avventure e di prove iniziatiche.

Boimare non è affatto stupido. E' uno psicologo clinico specializzato in pedagogia, e insegna a ragazzi difficilissimi (quelli con «rifiuto totale») da trent'anni. Il suo ritardo culturale non è suo, ma della pedagogia egemone, illuminista e «progressista», che ha cancellato le fiabe.

No, non è affatto sciocco Boimare. Tant'è vero che ha ripensato da capo e rigettato quella pedagogia che mantiene selvaggi i selvaggi, limitandosi a dotarli di telefonino.

«Sarebbe tempo di ammettere - dice - che i rimedi cognitivi più sofisticati non danno risultati con quel genere di scolari».

Perché?

«Perché il problema è altrove. Quando un ragazzo intelligente rifiuta totalmente di entrare nell'apprendimento della lettura e del calcolo, vuol dire che è riuscito a mettere in atto, a sua insaputa, delle strategie per non affrontare la situazione....E' come se l'allievo in stato di fallimento massiccio non potesse trovare il suo equilibrio personale che evitando di pensare».

La fiaba supera questo blocco. Dice al ragazzo: non pensare, ascolta. Ecco il racconto, l'antica storia di Pollicino o di Edipo. Basta ascoltarla. Non occorre capirla. E' bella in sé.

Invece, dice Boimare, «dal momento esatto in cui si mette il ragazzo di fronte alle costrizioni connesse al funzionamento intellettuale, egli si blocca, perché vede risvegliarsi in questa situazione di apprendimento i suoi timori arcaici, forse legati alle sue prime esperienze educative, che non è mai riuscito a superare».

Ma quali sarebbero questi arcaici terrori, domanda scettico il giornalista di Le Monde, ovviamente razionalista.

Boimare spiega: nell'infanzia, il bambino ha appreso tantissimo vedendo e ascoltando, senza far ricorso alle facoltà di ragionamento intellettuale.

I ragazzi difficili in particolare possono aver sviluppato «eccellenti capacità di associazione immediata» (non hanno appreso così, i bambini della foresta amazzonica, a diventare buoni cacciatori, seguendo il padre cacciatore e vedendo come riconosce le tracce e i segni della preda, di cui sa dire il nome e il carattere?); il guaio è che queste capacità «eccellenti» ma selvagge le usano anche a scuola, «con un solo scopo: 'bruciare' il tempo di sospensione che comporta il lavoro del pensiero».

Infatti quesi ragazzi sono i noti «iper-attivi», sempre in movimento, nel «passaggio all'atto», che nelle scuole Usa vengono imbottiti di tranquillanti e sedativi.

Invece, avrebbero bisogno di fiabe.

La fiaba insegnerebbe loro a bassa voce: non chiederti «come va a finire». Come va a finire, lo sai: «...e vissero felici e contenti».

Ma il bello della antica storia non è la sua fine: è il suo indugio, il suo percorso lento e tortuoso come un fiume, le sue anse dietro a cui può esserci il drago o la principessa, il cavallino parlante che ti aiuterà o l'Orco che ti getta nel pentolone... la storia è così bella in sé, che tu »non vuoi» che finisca. Vuoi che essa indugi, che tardi a concludersi.

E' così bella, che persino tu fai finta di non sapere «come va a finire». E così impari a sospendere la domanda: che cosa c'è di vero? E' tutta inventata la storia? Ci sarà tempo per scoprirlo. Per adesso, ascolta l'antica storia.

Questi bambini che vogliono «bruciare» le tappe usando le arcaiche associazioni che hanno imparato da selvaggi, e che non valgono più, dice Boimare, «non hanno appreso a ripiegarsi nel loro mondo interiore, sia perchè non hanno ricevuto da piccoli la sicurezza affettiva di cui avevano bisogno (2), sia perché non gli è stato insegnato a gestire la frustrazione. E per questo mancano di certe competenze psichiche: la stima di sé, e la capacità di differire i desiderio nel tempo, di sopportare le loro mancanze».

Eh sì.
Il mondo interiore è ciò che distingue l'uomo ad ogni altro animale, basta osservare le scimmie nella gabbia dello zoo per capire che esse scrutano costantemente, tese fino allo spasimo, «il mondo esterno»: ogni piccolo movimento, il crocchio di un sacchetto di noccioline, la banana in mano di un bambino le rende iper-attive; guardano spiritate, lanciano urli saltando, incontenibili.

Sono letteralmente «fuori di sé», assorbite dall'esterno che urta i loro sensi eccitati.

Ma il mondo interiore non è meno doloroso. Anzi, da lì vengono tutti i nostri arcaici terrori. Lì compaiono quelle creature che pongono le domande cui si vorrebbe sfuggire: perché anch'io morirò? Che senso ha tutto questo? Perché il dolore mi ha colpito? Non c'è scampo a tutto questo?

Il mondo interiore è la scoperta della propria radicale solitudine. Ma esplorarlo è compito proprio dell'uomo, e le fiabe sono le guide primarie in questa foresta primordiale. Insegnano a vincere gli Orchi e le streghe che ci attendono alle svolte inevitabili della vita umana.

E danno speranza: anche tu, sartorello che si vanta di aver ammazzato sette mosche, puoi vincere il drago e conquistare la principessa dormiente che, in giorni lontanissimi, era chiamata Psiche.

Può essere accanto il Gatto con gli Stivali: questa inquietante creatura che, in un'altra e più arcaica metamorfosi,  accompagnò Tobia figlio di Tobi a chiedere il suo, e si chiamava Rafael. Questo Rafel aveva infatti gli stivali delle sette leghe, perché con lui accanto Tobia fece a piedi in due giorni la strada  da Rage ad Ectbatana, che sono almeno 300 chilometri; e quando il demone ammazza-mariti uscì da Sara, mentre Tobia godeva la prima notte con la sposa, quell'essere inseguì il demone  fino in Egitto e lo legò con catene. Una creatura magica, che indicò a Tobia come catturare il pesce con il cui fiele, cuore e fegato si può guarire un cieco e cacciare un demonio assassino.

E' una vecchia fiaba, narrata molte volte, in molti modi diversi, eppure sempre uguale. Inutile dirsi che è inverosimile. Quel pesce risanatore inverosimile divenne «vero» molti secoli dopo, quando i suoi seguaci si riconobbero fra loro col segno del Pesce, Ichtyos. Lo videro ridare la vista ai ciechi e cacciare i demoni, e videro il suo cuore spaccato.

Ma per il bambino sono favole, inutile chiedersi subito se sono vere, se il desiderio verrà esaudito. Per ora, basta sapere che il Mago, che si chiamava Merlino e in tempi molto più primordiali si chiamò Wotan, anzi Ouranos (3),  si fa' elusivo e invisibile, sembra che non ci sia - e alla fine l'eroe della fiaba scopre che gli è stato sempre accanto, gli ha segnato la strada, l'ha soccorso e sostenuto in ogni istante.

Questo raccontano le fiabe. Ognuno decida da sé, negli anni, se esse sono false o vere: ti lasciano libero, mentre ti introducono al mondo interiore - in cui vivrai come uomo - e ai suoi terrori.

Ma la pedagogie illuminista non vuole. Vuole che il bambino stia assolutamente nella »realtà» e non ne sfugga, che non sogni; che diventi un »cittadino» e magari un agente di Borsa, uomo coi piedi per terra, che non spera mai nell'aiuto del Mago.

Così vogliono i nostri bambini, i pedagogisti. A costo di farne degli iper-attivi che che si bloccano nel pensare, dei malati.

Io sospetto che i padri della pedagogia illuminista lo sapessero benissimo, ma abbiano lo stesso vietato le fiabe per il motivo intuibile: per impedire ai bambini anche solo di ipotizzare Rafael con gli stivali delle sette leghe, anche solo di sentir parlare del Mago sempre invisibile ma che, forse, ti sta segnando la strada.

In fondo, nessuno è realista e secolarizzato come le scimmie dello zoo: ma quale mago, date qui le noccioline!
Arraffa la banana!
Tutte le banane!
A quanto le banane oggi?
3 mila noccioline a me!
No a me, ottomila!

Subito!, con gesti spiritati, con urla, saltellando, pisciandosi addosso per l'eccitazione... esattamente come i brokers a Wall Street, come i padroni del vapore, come i furbetti del quartierino, come i politici nello zoo parlamentare. Gente coi piedi per terra. Che non crede a nessuna favola.

Maurizio Blondet

(pubblicato il 27 dicembre 2007)
Da quando dio e' morto in occidente,pare aver prestato la sua D maiuscola al nuovo oggetto di culto la ''Donna''

Offline Lucia

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Re: Mancanza di comunicazione fra generi,mancanza di comunicazione fra emisferi
« Risposta #2 il: Luglio 15, 2012, 08:09:49 am »
Bellissimi tutti due articoli citati qui sopra sull'importanza delle fiabe, miti e leggende per poter interpretare quella parte dell'esistenza che sfugge al pensiero razionale.



Nelle fiabe era inscritto infatti tutto il codice di comportamento fra maschi e femmine,immutato nei millenni,...,ora tale insegnamento fatto in modo garbato e ludico,è stato sostituito da un'insulso ''corso di educazione sessuale'',di cui una società così ''emancipata e libera'' non poteva fare a meno,in cui si parla di sesso ai bambini,apertamente,ovvero,
non gliene si  parla affatto,giacchè essendo il sesso ''irrazionale'',per comunicare dei comportamenti sessuali è necessario parlare all'inconscio,ed era quello che appunto le fiabe facevano.

Io in queste teorie degli emisferi maschile e femminile non ci credo ma credo nella forza del simbolico, dell'irrazionale e della immedessimazione per l'educazione. Le fiabe mi sono sempre piaciute e poi ho letto alcune psicoanalisi delle fiabe che spiegava certo già in modo razionale alcuni simboli.

Un po mi domando che la grande moda del fantasy non è una riscoperta di questo elemento fantastico-simbolico-fiabesco, ammetto che certo non può concorrere con le fiabe e miti antichi ma che nasce proprio perché ne sente la mancanza



Citazione
Tra tutte le facoltà dell'intelletto, Da'at è quella che ha subito la menomazione più grave come risultato del peccato di Adam, dell'essersi cibato dell'albero della conoscenza (etz ha-da'at), un "peccato" che ripetiamo ogni qualvolta preferiamo l'intelligenza umana e naturale alla sapienza della Torà, che è chiamata etz ha-chaim, l'Albero della Vita. Un atteggiamento particolarmente utile per riportare Da'at alla sua integrità primaria è quello di dare la massima priorità al Shalom Bait, all'armonia famigliare, cioè al portare un maggior senso di unione tra marito e moglie, in tutti i campi e in tutti i momenti possibili.

molto bella anche questa intrrpretazione del peccato originale :)