Autore Topic: il Secolo XIX (s)parla di noi  (Letto 6293 volte)

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Offline COSMOS1

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #30 il: Maggio 04, 2012, 10:10:56 am »
Dio cè
MA NON SEI TU
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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #31 il: Maggio 05, 2012, 00:00:53 am »
Ma il Secolo XIX non è (o piuttosto era) un giornale di destra?
E' il giornale di Genova. Il Secolo d'Italia invece era il giornale dell'estrema destra missina, poi era stato diretto per qualche anno dalla finiana Perina, poi purtroppo se lo sono ripreso quelli del Pdl.

Online Cassiodoro

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #32 il: Maggio 06, 2012, 08:10:56 am »
STOP AL MASSACRO MASCHILE
Questa è la risposta unitaria del Moviemnto Maschile italiano
all'attacco del 1 maggio ad opera del giornale Secolo XIX.
Vincenzo Spavone
 
Con la presente intendiamo attuare un’informazione di contrasto alla  propaganda mistificatoria inerente la violenza sulle donne.
Evidenziando falsità e manipolazione dei relativi fatti di cronaca,  attraverso dati statistici, diffusi in maniera sproporzionatamente
ridicola - senza alcun riscontro - da parte di esponenti politici di  vario livello, giornalisti e sedicenti “esperte”, con un rinnovato
martellamento mediatico senza precedenti.
 
Tale propaganda mira a radicare nell’immaginario collettivo l’idea di  un ambiente domestico scenario di delitti e terribili violenze, dove vittima è sempre e solo la donna mentre il carnefice è esclusivamente  di sesso maschile.
 
Sulla base della più grande mistificazione mediatica e politica mai  avvenuta dal dopoguerra ad oggi, ( una proiezioni statistica dei
risultati scaturenti da un sondaggio telefonico effettuato nel 2006 su  25.000 abbonate (v. www.istat.it), commissionata dall’allora Ministro  delle Pari Opportunità Barbara Pollastrini, da allora ci vengono  svelate cifre inquietanti quanto sospette: oltre sei milioni
(qualcuno ha sparato 14 milioni) di donne hanno subito violenza da  parte di un partner o altro familiare, di cui la metà stuprate
 
La nota metodologica del sondaggio chiarisce che le domande poste alle  intervistate evitano volutamente riferimenti espliciti alla violenza  fisica o sessuale, ma invitano le stesse a “descrivere concretamente  atti e/o comportamenti in modo di rendere più facile alle donne  aprirsi". Ciò per evitare una sottostima del fenomeno, "[...]  sottostima che può essere determinata anche dal fatto che a volte le  donne non riescono a riconoscersi come vittime e non hanno maturato  una consapevolezza riguardo alle violenze subite". Non sono quindi le  donne intervistate ad aver denunciato violenze subite, bensì le loro  descrizioni sono poi state catalogate in varie fattispecie di  “violenza”.
 
Cosicché l’attenzione sessuale diventa molestia, l’esercizio  consensuale del sesso coniugale da parte del partner diventa stupro,
un banale litigio diventa violenza fisica, una critica al vestito o  alla pettinatura é considerata violenza psicologica, un blando rifiuto
diventa limitazione della libertà personale, la necessità di chiarire situazioni ambigue diventa violazione della privacy, la richiesta di
una equa distribuzione delle risorse familiari diventa ricatto economico.
 
I dati del sondaggio assunti poi come “scientifici” – ripetiamo:
25.000 interviste telefoniche “guidate”– oltreché proiettarsi  statisticamente sull’intera popolazione femminile italiana di età
16-59 anni, sono costruiti in funzione esclusiva di uno spettacolare allarmismo, e dunque sottratti al rigore della prova dei fatti.
Tale metodologia è già stata adottata nel decennio scorso in altri Paesi Europei ed occidentali, e fortemente contestata da femministe  storiche dotate di un certo spessore intellettuale (ad es. Francia:  vedi Elisabeth Badinter – Il percorso sbagliato).
 
L’attuale e rinnovata propaganda mediatica sui recenti fatti di sangue che ha coinvolto alcune donne, oltre a propinarci dati mistificati, azzarda anche impressionanti confronti: la violenza domestica sarebbe la causa principale di decessi ed invalidità, prima del cancro e degli  incidenti automobilistici.
 
Invece i delitti familiari che registrano una donna come vittima ad opera di un familiare si contano annualmente in numero di 60 a fronte  di oltre 10.400 decessi femminili conseguenti malattie cancerogene  (per un totale di oltre 18.000 considerate tutte le patologie – v.  Istituto Superiore di Sanità) e 600 per incidenti stradali.
 
L’imperizia nel documentarsi e spesso la malafede di buona parte dei media non fanno che alimentare il fiume di denaro pubblico
utilizzato per sostenere i Centri antiviolenza e le cariche pubbliche finalizzate a trattare la supposta “violenza” alle donne.
 
Il 25 novembre scorso – data dichiarata dall’ONU quale Giornata Internazionale contro la Violenza alle Donne – le femministe italiche
assunsero ad icona vittimista la figura di Adama, una donna africana che denunciò stupri e violenze e conseguente inadeguatezza delle indagini di polizia. Dopo mesi di “tutela” presso un Centro protetto a spese dei contribuenti, la magistratura forlivinese non solo ha archiviato la denuncia della donna, totalmente inventata per evitare l’espulsione, ma l’ha querelata per una sfilza di reati tra cui falso e calunnia. (http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/04/28/divenne-simbolo-della-violenza-sulle-donne-inventata-tutto/212293/)
 
Le donne quando veramente vittime, lo sono non solo per mano maschile: da Avetrana fino all’ultima cronaca di oggi – moglie che uccide a  fucilate marito e figlia in Calabria – passando per tutti gli altri delitti spesso censurati per richiesta di parlamentari femministe - si  evince una realtà drammaticamente diversa.
Al tempo stesso si ignora volutamente la violenza materna – figlicidi ed infanticidi di cui non si riesce più a tenere il conto – nonché la partecipazione ad episodi di abuso sessuale che attestano il medesimo potenziale di brutalità. (Città di Castello: http://www.repubblica.it/2007/11/sezioni/cronaca/bimba-castello/bimba-castello/bimba-castello.html).
 
Mai slogan fu più veritiero: l’assassina ha le chiavi di casa.
 
Raramente allo stesso reato si conferisce un carattere penale quando a commetterlo sono delle donne: ciò mette in pericolo l'immagine che hanno di se stesse, e si tende a giustificarle – talora a legittimarle - con argomenti che rasentano il grottesco.
 
Le omesse inchieste europee informano che il 20% delle violenze domestiche sono rappresentate da mogli che picchiano i mariti. Al
punto che Germania, Svizzera, Spagna e Belgio da tempo hanno inaugurato rifugi per uomini vittime di percosse ed altre violenze
femminili. La Gran Bretagna si sta attrezzando.
E l’Italia? L’argomento è tabù!
 
Da noi l’unica indagine esistente è stata effettuata dalla GESEF (www.gesef.org) nel 2006 su un campione di genitori che si sono
rivolti alle sue strutture per aiuto e supporto, ripresa l’otto marzo  scorso dalla ADNKRONOS(http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Donne-che-odiano-gli-uomini-50mila-maschi-maltrattati-ogni-anno_313065487518.html ). Attesta che nell’ambito del conflitto separativo un marito su tre è fatto oggetto di denunce per abuso
sessuale sui figli o sulla partner, finalizzate ad allontanarlo definitivamente dai figli. Denunce che risultano sistematicamente
false in oltre l’80% dei casi – come confermato da alcuni magistrati - ma la cui prassi giudiziaria provoca conseguenze devastanti sia sul piano psicologico che economico degli accusati. Rileva altresì che oltre il 50% dei mariti ha subito violenze fisiche di varia natura ed entità.
 
Analoga percentuale si rileva da imponenti studi effettuati negli USA ed altri Paesi anglosassoni: le violenze domestiche sono agite e
subite in maniera paritaria tra uomini e donne, anche se queste ultime eccellono per violenza psicologica e provocatoria.
 
Mentre in tutto il mondo infanticidio e figlicidio restano primato assoluto delle donne.
 
A parte le associazioni di genitori separati, nessuno si è mai posto lo scrupolo di richiedere all’Istat analoga ricerca concernente la
violenza subita dagli uomini in ambito domestico.
 
Le ventilate prossime iniziative a contrasto delle violenze sulle donne, tendono non solo a riaffermare l’idea che qualunque uomo tra le pareti domestiche è un potenziale assassino. Ma che anche l’omicidio per rapina, interessi economici e addirittura un investimento stradale debbano includersi nella violenza di genere: ossia il femminicidio. Gli slogans esibiti ed urlati nei vari siti e blog sono una
rifiorescenza della colorata e mistificata campagna veterofemminista anni ’70, ovvero una vera e propria offensiva misandrica divenuta ormai di regime .
 
Viene chiamata in causa non la violenza esercitata da singoli delinquenti, ma quella collettiva che pervaderebbe culturalmente
l'intera popolazione maschile.
 
Un attacco dunque, contro gli uomini e contro la famiglia.
 
La violenza più subdola sta nella campagna di discriminazione e criminalizzazione aprioristica. Mirata a far digerire normative e
prassi giudiziarie limitanti la libertà individuale, che decretano il definitivo ritorno alla presunzione di colpevolezza ed al processo
inquisitorio. Il cui scopo è quello di porre ciascun uomo - anche delle future generazioni - in una condizione di sudditanza
psicologica, emotiva e morale di fronte al potere indiscutibile della percezioni femminile, in base alla quale viene definita la liceità o
meno di qualunque comportamento maschile. Condizione che – stante l’assenza di contraddittorio e possibilità di difesa – induce alla
disperazione i soggetti più deboli e ne fomenta risposte incontrollate e brutali.
 
Le recenti riproposizioni di finanziamenti (soldi dei contribuenti perlopiù uomini) per contrastare la violenza sulle donne è parte
integrante del progetto e sono perciò destinati ai gruppi femministi (centri antiviolenza, comitati pari opportunità, ecc) da cui è partito il parossistico allarme sociale appositamente ingegnato e la conseguente proposta di mobilitazione di piazza.
 
Che suona come un oltraggio spudorato ed arrogante a fronte delle problematiche che le famiglie italiane – afflitte dal caro vita, dal
caro mutui, dal precariato, dalla disoccupazione, dalla carenza di asili nido e dalla insicurezza urbana – si trovano ad affrontare.
 
La crisi economica – questa si che è reale - allunga quotidianamente la lista di vittime (più di 30 uomini dagli inizi dell’anno), colpendo operai, impiegati, pensionati e senza lavoro, ma anche imprenditori, raggiungendo un tasso vicino a quello della Grande Depressione.
 Dal primo gennaio ad oggi 3 maggio, solo nel mondo del lavoro, sono morti 164 uomini (uno proprio nel giorno della festa del 1 maggio) e  325 lavoratori maschi sulle strade e in itere (stima minima dell’Osservatorio Indipendente di Bologna http://cadutisullavoro.blogspot.it/).
 
La violenza quindi non ha sesso: si combatte attraverso l’equilibrata e puntuale applicazione delle norme vigenti, interventi preventivi
adeguati che riconoscano le problematiche di entrambe le parti in conflitto, dialogo e confronto culturale.
 
L’arma della colpevolizzazione, umiliazione e vilipendio dell’intero genere maschile non vi pone alcun rimedio: è finalizzata invece ad
alimentare l’odio sociale, la guerra tra i sessi, l’insicurezza delle donne da poter così convogliare sotto la “tutela” di avvocate e
psicologhe dei centri antiviolenza, l’annichilimento degli uomini da “rieducare”, l’isolamento affettivo degli individui.
 
Un’arma funzionale solo all’affermazione del potere politico-burocratico-istituzionale e l’ottenimento di maggiori finanziamenti
pubblici da parte di una esigua ma fluentissima schiera di militanti, spinte da torpori di rivalsa distruttiva. Che sfruttano abilmente
 debolezze ed opportunistiche convenienze delle donne – fregandosene altamente delle loro reali sofferenze - per dirigere la società verso il definitivo sfacelo delle relazioni uomo-donna, e di conseguenza della famiglia così come storicamente intesa.
 
L’insieme dei seguenti movimenti maschili - attraverso la Campagna del Fiocco Blu - si oppone a questo progetto attivandosi per far
emergere verità mistificate, sottaciute e censurate.
 
Auspichiamo pertanto una nuova fase di impegno istituzionale - più sensibile e collaborativo verso tutte le espressioni  dell’associazionismo - orientato a liberare la nostra società da questa cappa di odio sessista, per ricostruire la relazione uomo/donna
all’insegna del reciproco rispetto e valorizzazione dei ruoli sociali e familiari, nell’uguaglianza dei doveri e delle responsabilità.
 
Per restituire dignità ad entrambi i Generi, alla Famiglia ed ai nostri Figli.
 

Roma 3 maggio 2012.
Armando Ermini. Maschi Selvatici.(www.maschiselvatici.it)
Rino della Vecchia. Uomini 3000(www.uomini3000.it).
Vincenzo Spavone. Mo.Mas. (www.movimentomaschile.org)
Elvia Ficarra. Gesef, Genitori Separati dai Figli.(www.gesef.org)


http://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=358234454234193&id=1287561600
"Sì, sull’orlo del baratro ha capito la cosa più importante" - "Ah sì? E cosa ha capito?" - "Che vola solo chi osa farlo"

Offline JAROD72

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #33 il: Maggio 16, 2012, 12:15:52 pm »
"Ho fatto un giro su quei siti, mi sembrano dei poveracci che si preoccupano soprattutto della loro mascolinità invece di guardare ai veri problemi ..."

Chi è questo lacchè che scrive? Questo mediocre soggetto che conosce il nulla della nostra denuncia, il sommo ignorante del rapporto tra i sessi, e si permette di darci del poveracci?



E' gente senza conoscenze in gran parte di loro, c'è però quanlcuno in malafede che però quanda erudizione sull'argomento abbia non è dato sapere.


E' la solitia propaganda che si nutrono da 50 anni a questa parte e ormai il lavaggio del cervello è fatto.






Offline JAROD72

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #34 il: Maggio 16, 2012, 12:19:46 pm »
Il secolo ormai è allineato.


Comunque se si parla di noi a mio avviso è positivo. Speriamo anche che qualcuno citi dal nostro forum i crimini che commettono le donne.

Offline Animus

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #35 il: Maggio 16, 2012, 12:28:24 pm »
STOP AL MASSACRO MASCHILE

Bla Bla bla bla

Armando Ermini. Maschi Selvatici.(www.maschiselvatici.it)
Rino della Vecchia. Uomini 3000(www.uomini3000.it).
Vincenzo Spavone. Mo.Mas. (www.movimentomaschile.org)
Elvia Ficarra. Gesef, Genitori Separati dai Figli.(www.gesef.org)


http://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=358234454234193&id=1287561600

Quanti discorsi inutili...

Bastava dire che, come ho già detto e ripetuto più volte, che è senz'altro vero  che gli uomini sono la prima causa di morte femminile perché è l'esistenza stessa degli uomini (il sesso) a condannare a morte le donne.

Mi sembra di parlare con degli handicappati mentali.
Ma c'è c'avete nella testa....la farina?  :cry:
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Offline Giuseppe83

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #36 il: Maggio 16, 2012, 16:41:37 pm »
Io invece trovo che sia un intervento molto esauriente.

Offline Animus

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Re: il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #37 il: Maggio 16, 2012, 17:02:32 pm »
Io invece trovo che sia un intervento molto esauriente.

Guarda Giuseppe, so che per te sarà difficile da credere, ma il fatto che tu lo trovi "esauriente", non avvalora affatto quanto detto dai ns eroi, anzi, potessero fartelo negare, farti dire che non sei d'accordo .... lo farebbero subito. :D
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

Ha crocifissi falci in pugno e bla bla bla fratelli (Roberto Vecchioni)

Online fabriziopiludu

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Re:il Secolo XIX (s)parla di noi
« Risposta #38 il: Giugno 14, 2014, 14:35:17 pm »



 "Il Secolo XIX" MAI fatto cenno a quanto da me visto in Piazzale Rossetti, a Genova.