Autore Topic: Lo stretto binomio femministe-lesbiche  (Letto 12958 volte)

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Offline Brutale

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #15 il: Maggio 06, 2012, 17:43:50 pm »
Citazione
«È osservazione comune che, mentre i gay sono percepiti come pacifici uomini femminilizzati, le lesbiche sono percepite come aggressive rompiscatole.  Ciò è dovuto al testosterone non controllato dalla razionalità maschile.  L’omosessualità è stata parzialmente rimossa dall’elenco ufficiale dei disturbi mentali, ma si tratta di una misura controversa, forse dettata da opportunità politica.

Come gli uomini, le lesbiche desiderano le donne e vanno a caccia di donne.

Alcune lesbiche pertanto vedono gli uomini normali come avversari e nemici e li attaccano denigrandoli e calunniandoli.

Queste lesbiche pretendono di “difendere” le donne dagli uomini per soddisfare il proprio istinto sessuale deviato.
Molte organizzazioni di “donne” sono in realtà controllate da lesbiche femministe, che costruiscono il mito della violenza maschile con vocaboli subdoli quali “violenza di genere” e “femminicidio” per convincere le donne influenzabili o con problemi familiari o desiderose di mantenimenti a distruggere le loro famiglie.  Quelle famiglie normali che le lesbiche non possono avere per via della loro condizione.


Lo dice Erin Pizzey, la fondatrice di questi centri: sono caduti nel lebso-femminismo:
«Le donne del nostro centro organizzarono un incontro per aprire nuovi centri.  Rimanemmo stupefatte quando a questo incontro arrivarono le lesbiche e le femministe radicali. Iniziarono a votare per loro stesse. Dopo un dibattito acceso, io e le donne picchiate ce ne andammo. Quello che avevo più temuto accadde.  In pochi mesi, le femministe distorsero il tema della violenza domestica»
 
Lo dice l’Osservatorio CCW il cui recente documento “Family Justice Review Committee Policy and Position Statements: Women’s Shelters” così descrive quanto accade oggi in centri chiamati “anti-violenza per donne” dalle femministe:
«Alcuni centri indirizzano le donne verso avvocate lesbiche o femministe radicali o note per essere non etiche ed odiatrici di uomini. Spesso questa specie di avvocate ricorrono ad ogni sporco trucco per aiutare le donne a distruggere i loro matrimoni ed il legame dei bambini con i loro padri.»

Con il lesbismo femminista, la tutela dell’omosessualità si scontra con un valore più grande da tutelare a tutti i costi: il benessere dei bambini.  Sulla base di testimonianze di donne e bambini il CCW ha così descritto quanto accade ai bambini finiti in mano alle lesbo-femministe:
“Alcuni bambini piangono perchè vogliono vedere i loro papà, ma contatti significativi con i papà vengono loro proibiti. Ai bambini vengono mostrati filmati contenenti scene con uomini che picchiano le donne e subiscono un lavaggio del cervello volto a far loro credere che solo i padri siano violenti”.»

(L'analisi proviene dagli esperti del Centro Ascolto Femministe Maltrattanti,
http://www.cafm.me/cafm-exit-strategy/perche)

constatare che esiste ancora qualcuno capace di cogliere e divulgare alcuni aspetti così sottili e compromettenti, riguardante una tematica tanto delicata, mi ridà un po' di ottimismo

io proporrei di metter questo articolo tra le discussioni in evidenza e farne un monito su cosa si celi davvero dietro il femminismo

Offline ilmarmocchio

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #16 il: Maggio 06, 2012, 18:37:16 pm »
Molto interessante e importante lo scritto postato da cato che, concordo con Brutale, va evidenziato.
a scanso di eqiovoci, mai così frequenti, specifico che quando affermo che le lesbiche e i gay sono legati al femminismo, io NON parlo del singolo individuo, o della condizione in senso teorico, ma dei rispettivi movimenti organizzati, i quali sono chiaramente antimaschili

Offline skorpion72

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #17 il: Maggio 06, 2012, 20:15:02 pm »
Molte organizzazioni di “donne” sono in realtà controllate da lesbiche femministe, che costruiscono il mito della violenza maschile con vocaboli subdoli quali “violenza di genere” e “femminicidio” per convincere le donne influenzabili o con problemi familiari o desiderose di mantenimenti a distruggere le loro famiglie.  Quelle famiglie normali che le lesbiche non possono avere per via della loro condizione.
Sono p-i-e-n-a-m-e-n-t-e d'accordo
I discorsi delle femministe fanno sempre molto "rumore"...il problema è che puzzano anche da morire

Alberto86

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #18 il: Maggio 07, 2012, 04:50:30 am »
Ecco un altro po' di questa zozzeria ripugnante















Not a valid youtube URL















Riporto qualcuna di queste ripugnanti misandriche qui  http://www.metromaschile.it/forum/misandria/frasi-scritte-ed-esternazioni-di-odio-puramente-misandrico/

Offline Emanuele

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #19 il: Maggio 07, 2012, 18:19:23 pm »
La lettura di tutti gli interessanti interventi precedenti mi ha suscitato due riflessioni:

1)   Le donne tendono (e sempre più) a denunciare anche normali episodi della quotidianità come forme di aggressione e violenza, noi al contrario siamo ben più inclini alla conciliazione e –specie nei confronti delle donne- ad imputare oggettivi attacchi e offese e ridicolizzazioni a banali malumori, stati di comprensibile sofferenza o similari.
Ergo, non dovremmo promuovere anche noi una quotidiana denuncia sociale e legale di tutti gli episodi che ci vedono oggetto di offesa e persecuzione SENZA timore di apparire fragili o deboli o effemminati?

2)   Mi sembra che il femminismo abbia sapientemente veicolato nel tempo anche la presenza di omosessuali rafforzando peraltro un diffuso parallelo tra la loro “ideologia” e un concetto di rispetto ed equità in senso ampio.
Premesso che per me -purché si lascino fuori dai giochi di qualsiasi tipo i bambini- ognuno è libero di fare quello che gli pare, non dovremmo effettivamente cominciare anche tutti quelli che ci poniamo la QM ad eliminare barriere che ci fanno strumentalmente accusare di essere vacui maschilisti, sostanzialmente insicuri, cultori di razze pure e idiozie del genere?

Offline krool

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #20 il: Maggio 07, 2012, 19:36:04 pm »
Scusate, cosa avete messo sulla 3, 5 e 8 del cruciviolenza?

Offline COSMOS1

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #21 il: Maggio 08, 2012, 00:12:00 am »
La lettura di tutti gli interessanti interventi precedenti mi ha suscitato due riflessioni:

1)   Le donne tendono (e sempre più) a denunciare anche normali episodi della quotidianità come forme di aggressione e violenza, noi al contrario siamo ben più inclini alla conciliazione e –specie nei confronti delle donne- ad imputare oggettivi attacchi e offese e ridicolizzazioni a banali malumori, stati di comprensibile sofferenza o similari.
Ergo, non dovremmo promuovere anche noi una quotidiana denuncia sociale e legale di tutti gli episodi che ci vedono oggetto di offesa e persecuzione SENZA timore di apparire fragili o deboli o effemminati?

2)   Mi sembra che il femminismo abbia sapientemente veicolato nel tempo anche la presenza di omosessuali rafforzando peraltro un diffuso parallelo tra la loro “ideologia” e un concetto di rispetto ed equità in senso ampio.
Premesso che per me -purché si lascino fuori dai giochi di qualsiasi tipo i bambini- ognuno è libero di fare quello che gli pare, non dovremmo effettivamente cominciare anche tutti quelli che ci poniamo la QM ad eliminare barriere che ci fanno strumentalmente accusare di essere vacui maschilisti, sostanzialmente insicuri, cultori di razze pure e idiozie del genere?



1 si senza timori. Cercando di mettere tra parentesi/dimenticare di avere a che fare con delle donne. Ogni volta vhe una dd ti pesta i piedi reagisci come se fosse una ameba, reprimi qualsiasi tentazione romatica
2 non ho capito di che barriere parli
Dio cè
MA NON SEI TU
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Offline skorpion72

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #22 il: Maggio 09, 2012, 21:06:59 pm »
Vi segnalo quest'altro post a questo indirizzo http://freeforumzone.leonardo.it/lofi/femminista-lesbica-guerriera-poetessa-/D1405380.html

Citazione
COSI COMINCIO' IL SUO DISCORSO AUDRE LURDE KE SEGNALO LE DIFFERENZE PRINCIPLAI DELLE DONNE IN QUANTO DONNE FEMMINISTE E DONNE LESBICHE OPPURE SOLO UNA DELLE DUE COSE MA PURSEMPRE DONNE.
IO CONDIVIDO LA SUA OPINIONE MA DIRO' ANKE KE IL FEMMINISMO CI RESE LIBERE E CI TOLSE LA ETTICHETTA DELLA COSIDETTA "SECONDA META' DEL CIELO" KE TUTTE BEN SAPPIAMO COME FU SFRUTTATA E TRATTATA, ALLORA ECCO CHE AFFERMO KE SONO PRIMA DI TUTTO FEMMINISTA E POI LESBICA MA POTREI NEL MIO CASO ANKE INVERTIRE LE PAROLE VISTO KE PER ME ESSESRE FEMMINISTA SIGNIFICA RENDERSI CONTO DELLA PROPRIA IMPORTANZA E NN PERMETTERE AGLI UOMINI DI NEGARCELA SOLO PERCHE' AUDRE LURDE NN STA + GRIDANDO E QUELLE DONNE CORRAGIOSE NN SI RIUNISCONO + COME UNA VOLTA FORSE PERCHEè I MEDIA E I VARI ANTIDOLORIFICI CI HANNO OFUSCATO LA VISTA E SEMBRA KE IGNORIAMO LE INGIUSTIZIE KE NN CESSANO DI ESISTERE..(BASTI PENSARE ALLE DONNE IN CERTI STATI MUSILMANI)
ECCO ALLORA KE VEDREMO LA FOLLA DISTRUGGERE UN CINEMA PERCHE' OSO FAR VEDERE UN FILM LESBICO....MA VA BENE VADO FUORI DISCORSO ..SCUSATE..
ARGOMENTO INVECE E' LESBISMO COME EVOLUZIONE DEL FEMMINISMO ALMENO IO LA VEDO COSI'...SONO CONVINTA SENZA TOGLIER NULLA ALLE DONNE ETTERO CHE SIAMO STATE PROPRIO NOI LESBICHE A REMARE CONTRO IL VENTO, A OSARE A GRIDARE TUTTO CIO' KE PER TENERCI A BADA CI VIETAVANO SOLO PENSARE....

SICURAMENTE LOTTA PER LA UGUAGLIANZA DIRITTO DI ESSERE FU PORTATA AVANTI DALLE DONNE INTEGRALISTE SEPARISTE NERRE BINACHE ETTERO E LESBICHE...MA IO ESPRIMO LA MIA UMILE OPINIONE E DICO COME 1+1 FA 2 COSI SONO STATTE LE LESBICHE A COINVOLGERE LE DONNE NELLA GRANDE "GUERRA"(ANKE SE E' BRUTTO CHIAMARLA COSI!) KE POI CI HA RESE LIBERE E IL FEMMINISMO FU LA CULLA DEL LESBISMO PERCHE' E' LA INTELLIGENZA CHE PORTA ALLA AUTOCOMPRESNIONE E ALLO SUPERAMENTO DEL TERRORE IN MOMENTO IN CUI CI SI SENTE DIVERSI PER I FALSI MORALISMI DI QUALCUNO CHE DA SEMPRE HA VOLUTO SOLO SCHIAVIZZARCI.


SCUSATE ERRORI ORTOGRAFICI MA OGGI SONO PRESA CON LE BOMBE E PARLO ESCLUSIVAMENTE CROATO MA VI MANDO A TUTTE KISSES AND HUGS
I discorsi delle femministe fanno sempre molto "rumore"...il problema è che puzzano anche da morire

Offline skorpion72

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #23 il: Maggio 09, 2012, 21:24:49 pm »
Un altro post che evidenzia quanto faccia schifo e quanto sia razzista il femminismo.

Ho evidenziato i punti che ritengo più importanti. Sarebbe interessante sapere da queste quà che cos'è il "nazionalismo lesbico".

Donne, se volete un consiglio guardatevi bene da queste quì, guardatevi davanti e didietro, ché quì la cosa puzza in maniera pesante!

Citazione
Vorrei focalizzare l’attenzione sul dibattito, acceso e appassionato, che si è sviluppato – essenzialmente tra donne – nella fase preparatoria della giornata del 24, discussione prevalentemente concentrata sulla scelta delle organizzatrici (e condivisa da molte delle donne presenti a Roma nelle due assemblee preparatorie nazionali e di molte che hanno partecipato alla discussione altrove) di caratterizzare l’iniziativa come una manifestazione di sole donne.

Ritengo che il confronto e le diversità siano elementi preziosi in ogni processo e progetto politico. Nondimeno vorrei rilevare come, a mio parere, questa discussione si sia svolta su delle false premesse che, se da una parte non sono state in grado di cogliere le reali motivazioni dell’opzione “separatista”, dall’altra hanno rivelato una non conoscenza delle molteplici e distinte espressioni storiche del separatismo, del dibattito che le ha accompagnate e delle inedite e “fluttuanti” configurazioni assunte da questa pratica politica nel contesto odierno, soprattutto in quelle che – con termine ambiguo, ma oramai corrente -, vengono definite “giovani generazioni” femministe.

Nonostante il singolare usato nel titolo che ho dato a questo mio intervento, sarebbe opportuno parlare di “separatismi”, così come oramai si è da qualche anno consolidato l’uso di parlare di “femminismi”, non senza importanti conseguenze teoriche. I
nnumerevoli e diversificate sono le forme che la pratica separatista ha assunto nel corso della storia dei femminismi e soprattutto le riflessioni che ha generato.
Basti pensare al movimento suffragista che, pur essendo nella maggioranza “misto”, già percepiva distintamente il rischio costituito dalla presenza degli uomini, della loro tendenza (non “naturale”, ma che attiene a rapporti di potere asimmetrici) al leaderismo, l’attentato continuo all’autonomia delle donne, la maggiore difficoltà per queste ultime di prendere, in un ambito politico misto, parola e decisioni, di dimostrare (a se stesse e alle/agli altre/i) la propria capacità di assumersi – e di sapersi assumere – quelle responsabilità generalmente ritenute appannaggio esclusivo degli uomini.
Da qui la necessità di ritagliarsi “spazi”, o anche soltanto “momenti”, tra “sole donne”.


Ciò nonostante, in un certo immaginario – soprattutto maschile, ma non solo – il separatismo è legato indissolubilmente al movimento femminista e lesbico degli anni 70, con l’immagine minacciosa di una guerra totale dei sessi, ciò che denota anche lo shock, non ancora superato, costituito dall’entrata in scena di un forte ed autonomo movimento delle donne.
“Atto fondatore” del femminismo degli anni 70, come è stato definito da Françoise Picq nella sua bella ricostruzione delle vicende del movimento femminista francese degli anni 70, il separatismo è, anche in quel periodo, lontano dall’essere una pratica totalmente condivisa e, soprattutto lontano dall’essere accettato “pacificamente” dagli uomini, anche da quelli che all’epoca, si chiamavano “compagni”.

In Italia, ad esempio, esistono in quegli anni, gruppi “misti” e che tali resteranno, donne che praticano la cosiddetta “doppia militanza”, cioè la contemporanea attività politica in gruppi della sinistra e dell’estrema sinistra e in gruppi di donne, gruppi che inizialmente sono aperti agli uomini (come ad esempio il Demau e Il cerchio spezzato) e che solo in seguito adotteranno la pratica separatista.
Questa era, inizialmente, segno distintivo solo dei primissimi gruppi di autocoscienza (essenzialmente i gruppi di Rivolta Femminile) e del movimento lesbico, prima di diventare pratica condivisa dalla maggioranza del movimento delle donne.
Ma soprattutto il separatismo è una pratica multiforme: diverse erano le motivazioni e le modalità del “separarsi” che esistevano anche tra chi aveva fatto questa scelta, tra le militanti femministe e le militanti lesbiche.

Delle differenze (importanti) sussistevano anche all’interno di queste due (principali) “configurazioni”, come ha mostrato, ad esempio, Nerina Milletti per il movimento lesbico, in un interessante saggio che ripercorre le due pratiche – per certi versi contraddittorie – del separatismo e della visibilità.

Il separatismo, quella necessità di “darsi la libertà di non essere referenziali al potere” (Daniela Pellegrini in una significativa intervista raccolta da Nicoletta Poidimani), pratica di “sottrazione”, piuttosto che di “esclusione” (ancora Milletti), poteva avere delle ragioni di ordine tattico o contingente, delle ragioni di tipo teorico o politico.
Poteva andare da riunioni precluse agli uomini, senza che questo significasse una pratica separatista nella quotidianità, a forme di “nazionalismo” lesbico, contestate in un oramai celebre articolo di Ti-Grace Atkinson.
Poteva basarsi su un discorso di tipo “essenzialista”, o fatto proprio da gruppi decisamente anti-essenzialisti, si pensi soltanto ai gruppi separatisti che avevano come punto teorico di riferimento, l’analisi “materialista” sviluppata da Christine Delphy in L’ennemi principal, uno dei testi chiave di quegli anni.

I gruppi potevano essere costituiti solo da donne (eterosessuali e lesbiche), o viceversa includere alcuni uomini (i gay). Potevano essere gruppi di sole lesbiche o, come ad esempio negli Usa, di sole donne nere (eterosessuali e lesbiche), o di sole lesbiche nere. C’è stata anche l’esperienza di chi, e penso al Combahee River Collective, – collettivo di donne e lesbiche nere, pioniere del Black Feminism – ha rifiutato, senza per questo desolidarizzarsi dal resto del movimento femminista, il separatismo, in nome della comune esperienza del razzismo con gli uomini neri.

In questo scenario piuttosto variegato, l’unico elemento che sembra realmente omogeneo è la reazione di rifiuto, anche violenta, che la pratica del separatismo ha suscitato negli uomini.
Se la “secessione delle donne” – come ha sottolineato in un saggio sul “separatismo come metafora” Liliane Kandel – , rianimava i fantasmi arcaici della guerra tra i sessi, il vero “scandalo” del separatismo risiedeva nel suo carattere metaforico o simbolico, nella sua capacità di veicolare – con immediatezza e “violenza”– un certo numero di messaggi.
La scelta separatista denunciava il carattere “non misto” della nostra società (l’esclusione delle donne da luoghi, attività, istituzioni; esclusione che, quando non sancita dal diritto, lo era nei fatti), nominava l’esclusione e l’oppressione di tutte le donne in quanto gruppo e delle singole donne in quanto individuo, annunciava la presa di coscienza e la rivolta nascente, designava infine “l’identità dell’oppressore”, non più soltanto un “sistema” (capitalista o patriarcale), ma un gruppo sociale definito (e insisto sul gruppo sociale): quello degli uomini.

Sarebbe bastato, forse, gettare uno sguardo verso questo passato, verso questa storia così complessa e istruttiva, eppure inspiegabilmente dimenticata o mai appresa, per evitare alcune delle semplificazioni che hanno contraddistinto il dibattito sul separatismo (nella forma della rigida contrapposizione separatismo si/separatismo no) prima e durante la grande manifestazione del 24 a Roma “contro la violenza maschile sulle donne”.

Tornando brevemente sulla discussione pre-manifestazione, la scelta di un corteo di sole donne - che tra l’altro ho condiviso -, viene contestata da alcune donne (e solo in seguito, e marginalmente, da uomini) in quanto giudicata “discriminatoria” soprattutto verso coloro che, pur se “biologicamente” di sesso maschile, subiscono e/o combattono la violenza in prima persona, come i gay, i trans FtM o gli uomini impegnati in una critica della “mascolinità”.
Questa decisione viene inoltre percepita come un’imposizione dall’alto di una pratica non più condivisa e le donne che la sostengono vengono tacciate di “veterofemminismo” (creando, tra l’altro una fittizia contrapposizione tra "giovani" e "vecchie") e di farsi portatrici con questa scelta di un discorso di tipo identitario, essenzialista e finanche “razzista”.
Visto come un pericoloso arretramento culturale che individua nell’appartenenza “biologica a un genere la legittimità di partecipazione e mobilitazione”, sordo ad “anni di contaminazioni queer e critica trans”, lo spettro del “separatismo” (parola invero mai nominata nel documento di convocazione della manifestazione), comincia ad aggirarsi nel dibattito.

Nei discorsi privati e pubblici, così come nelle mailing list, nei siti e nei blog di singole donne, gruppi e associazioni coinvolti nell’organizzazione, la discussione cresce in maniera esponenziale man mano che la data della manifestazione si avvicina. Il 18 novembre l’inserto domenicale di Liberazione, Queer, dedicato alla manifestazione del 24, pubblica due articoli che dovrebbero illustrare le due posizioni separatismo sì/separatismo no verso le quali si è rapidamente polarizzata – e, forse, cristallizzata – la discussione. Se l’irrigidimento di questa contrapposizione ha rischiato di indurre, come è stato da più parti sottolineato, un rischioso allontanamento da quello che era l’obiettivo primario della manifestazione, esso ha anche prodotto una semplificazione drastica e riduttiva delle ragioni e dei problemi in campo.

Mi sono chiesta – e mi chiedo – perché è intorno alla scelta di “un” corteo separato che si è acceso il dibattito, un dibattito che ha posto in maniera forte il problema dell’essenzialismo e/o del “razzismo”, veicolato dai nostri discorsi e dalle nostre pratiche. _ Mi sono chiesta perché, se altre questioni si possono – strategicamente – "mettere nel cassetto" come sottolineava Gaia Maqi Giuliani nel suo articolo in Liberazione, senza (quasi) suscitare discussioni, questo non è possibile con il separatismo, nonostante in molte ne abbiano spiegato la contingenza.
Mi è sembrato, del resto, troppo “facile” e mistificante mettere sul conto dell’opzione in favore di una manifestazione separata, in una certa circostanza, un certo giorno e su un certo tema, i guasti prodotti da un essenzialismo che, in Italia, ha nutrito una lunga egemonia del "pensiero della differenza sessuale" e che ancora pervade pratiche e discorsi di diversi femminismi, talvolta in maniera “inconsapevole”, come ha sottolineato Lidia Cirillo nel suo Meglio Orfane.

Troppo facile, e forse consolatorio, mettere sul conto del “separatismo” le difficoltà storiche proprie a molt* di interrogarsi sul nodo cruciale sessismo e razzismo, tema che ha assunto con troppo ritardo - e solo "grazie" alla campagna ignobile montata da politici e media dopo l’omicidio di Giovanna Reggiani - una posizione centrale nel dibattito pubblico, senza peraltro, e mi sembra sintomatico, suscitare una necessaria riflessione sul razzismo "interno" alle stesse teorie e pratiche femministe (e qui mi permetto di rinviare al mio contributo a Donne di mondo, recente numero della rivista Zapruder sui femminismi transnazionali).
Mi sono chiesta ancora se le critiche mosse alla scelta separatista oltre a denotare una non conoscenza delle configurazioni assunte nel passato dal separatismo, manifestassero anche ignoranza di quelle attuali.

In una ricerca sulle giovani generazioni femministe in Francia, ad esempio, Liane Henneron, ha mostrato come – sullo sfondo del peculiare, e talvolta conflittuale, rapporto di rottura/continuità che lega le “giovani” militanti al femminismo degli anni 70 – , non esista una modalità univoca nelle forme adottate dalle militanti per relazionarsi con gli “altr*”.
Se privilegiare situazioni “miste” sembra maggioritario (e talvolta con una volontà, non sempre esplicita, di “smarcarsi”, attraverso il rifiuto del separatismo, da una certa immagine del femminismo), non mancano situazioni in cui la strategia politica del separatismo è rivendicato e rimodulato in forme inedite.
Basti pensare al gruppo parigino delle Furieuses Fallopes, che nel 2005 organizzarono una grande manifestazione separatista notturna contro la violenza sessista, manifestazione che suscitò, sia detto per inciso, una qualche ostilità da parte di alcune “vecchie” e l’entusiasmo contagioso delle più “giovani”.

La strategia politica separatista è reinventata a partire dalle “contaminazioni queer” e dall’opposizione a ogni tentazione naturalista: il separatismo delle Furieuses Fallopes è una militanza “tra donne”, ovvero tra tutte e tutti quelle/i che sono identificate/i, si sentono, si dichiarano, si “vivono” come donne.
Del resto la maggioranza delle singole donne, dei gruppi, della associazioni che hanno condiviso la scelta separatista della manifestazione romana, praticano una felice e fruttuosa commistione tra momenti “separati” e “non separati”, militando magari in gruppi di sole donne ma partecipando attivamente ad altri progetti politici “misti” (lotte contro la deriva securitaria, il precariato, l’omofobia, la lesbofobia e la transfobia, contro il razzismo e per i diritti e la libertà dei/delle migranti).

Oltre a motivazioni tattiche o strategiche (l’evitare strumentalizzazioni da parte di forze politiche ed istituzionali, ad esempio), penso che quante hanno sostenuto la scelta di una manifestazione di sole donne, condividessero la necessità – in questa precisa congiuntura – che fossero i nostri “corpi” (dove “corpo” non è né genere, né “sesso”), a dire basta alla violenza e alla sua strumentalizzazione in chiave razzista e securitaria, a dire ancora una volta “non in nostro nome” come scandiva lo slogan della rete femminista transnazionale Nextgenderation contro la guerra in Irak, ricordato nel suo intervento su queste pagine da Cristina Papa.

Il – sacrosanto – allontanamento delle “donne” ministre da parte delle manifestanti, oltre ad aver dimostrato (se ce ne fosse stato bisogno) quanto la scelta “separatista” fosse lontana da ogni nostalgia “biologica”, ha scatenato sulla stampa un nuovo attacco in nome della (presunta) violenza delle partecipanti al corteo, che si è in alcuni casi tradotta nell’equazione separatiste uguale violente.

Con questo intervento spero di aver contribuito, oltre a chiarire qualche equivoco di merito, a indicare di che cosa e di chi c’è (forse) da aver paura.
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Offline Volpe argentata

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #24 il: Maggio 11, 2012, 07:42:47 am »
Interessante la lettura di quegli striscioni, magicamente, quando si parla di violenza e ci si riferisce al nostro sesso scompare la parola "MASCHIETTO", le donne finalmente ci chiamano col nostro nome, UOMINI, peccato che sia solo nell'accezione negativa, e si capisce perfettamente il perche', infatti l'espressione "la violenza dei maschietti contro le donne" sarebbe "riduttiva" e non raggiungerebbe lo scopo prefissato dalle femministe italiane, questa la tragica realta'.

Offline renato.dg

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #25 il: Maggio 12, 2012, 10:05:50 am »
per me il elsbismo è un fenomeno decisamente marginale ammesso che esista.Sono sicuro che il transessualismo ftm esiste chiaramente ma se si vedono due donne che limonano davanti a tutti o dicono loro stesse che sono lesbiche o nessun uomo se ne accorge.per cui il lesbismo c'è perchè lo dicono le donne di essere lesbiche altrimenti nessuno se nè sarebbe accorto.Cmq sia quelle poche lesbiche che esistono , di solito hanno un aspetto e portamento mascolino, sono tendenzialmente riservate e l'attrazione per le donne non la mettono in mostra eil femminismo le interessa meno di una eterosessuale.Per cui penso che la grande maggioranza  delle femministe siano eterosesssuali anche perchè il numero di femministe militanti o radicali è almeno il 20% della popolazione femminile cioè un numero enorme.
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Offline ugualitarioh

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #26 il: Maggio 12, 2012, 20:03:52 pm »
Lesbofemministe sì che esistono ma, secondo me, anche la lesbica più femminista e radicale non potrà mai essere tanto misandrica quanto una eterofemminista militante, proprio perché tende in generale al separatismo dal genere maschile! Non potrà mai essere veramente nemica della QM quanto una etero, ma neppure amica, semplicemente indifferente totale! Le vere misandriche sono le eterofemministe, malvage e pericolosissime, quelle che intendono sfruttare e annientare psicologicamente l'uomo soprattutto come compagno e marito, nel rapporto di coppia dunque, che le lesbiche vivono serenamente tra donne, senza alcun minimo desiderio o intenzione di sottomissione o umiliazione dell'uomo, con cui non si realizzano affettivamente e sentimentalmente! Tra l'altro non sono poche le eterofemministe omofobiche e lesbofobiche, che vedono negli omosessuali maschi una sorta di forte misoginia (poiché la figura femminile, in ambito erotico e sentimentale, viene completamente a mancare: e ciò per le lesbiche non è certo un problema, anzi, spesso tra uomini gay e donne lesbiche si sviluppa un'amicizia unica, pura, autentica, scevra di ogni eventuale coinvolgimento erotico o sentimentale), mentre nelle femmine omosessuali disprezzano spesso la sessualità, la vedono persino più sporca di quella tra due o più gay, in quanto stimola molto le fantasie sessuali di tanti uomini etero, che dunque appaiono ai loro occhi di femmine misandriche come perversi maniaci di donne!

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #27 il: Maggio 12, 2012, 21:25:19 pm »
Lesbofemministe sì che esistono ma, secondo me, anche la lesbica più femminista e radicale non potrà mai essere tanto misandrica quanto una eterofemminista militante, proprio perché tende in generale al separatismo dal genere maschile! Non potrà mai essere veramente nemica della QM quanto una etero, ma neppure amica, semplicemente indifferente totale! Le vere misandriche sono le eterofemministe, malvage e pericolosissime, quelle che intendono sfruttare e annientare psicologicamente l'uomo soprattutto come compagno e marito, nel rapporto di coppia dunque, che le lesbiche vivono serenamente tra donne, senza alcun minimo desiderio o intenzione di sottomissione o umiliazione dell'uomo, con cui non si realizzano affettivamente e sentimentalmente! Tra l'altro non sono poche le eterofemministe omofobiche e lesbofobiche, che vedono negli omosessuali maschi una sorta di forte misoginia (poiché la figura femminile, in ambito erotico e sentimentale, viene completamente a mancare: e ciò per le lesbiche non è certo un problema, anzi, spesso tra uomini gay e donne lesbiche si sviluppa un'amicizia unica, pura, autentica, scevra di ogni eventuale coinvolgimento erotico o sentimentale), mentre nelle femmine omosessuali disprezzano spesso la sessualità, la vedono persino più sporca di quella tra due o più gay, in quanto stimola molto le fantasie sessuali di tanti uomini etero, che dunque appaiono ai loro occhi di femmine misandriche come perversi maniaci di donne!

Stronzate....
Ti sentirai più forte, un uomo vero, oh si , parlando della casa da comprare, eggià, e lei ti premierà, offrendosi con slancio.  L'avrai, l'avrai, con slancio e con amore … (Renato Zero)

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Offline COSMOS1

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #28 il: Maggio 13, 2012, 19:12:02 pm »
Stronzate....

vabbè Ciro vuol dire che non è d'accordo ma non ha il tempo x argomentare  :D
Dio cè
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Rilassati

Offline skorpion72

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Re: Lo stretto binomio femministe-lesbiche
« Risposta #29 il: Maggio 30, 2012, 21:01:30 pm »
Pisa, 31 Maggio: Il corpo lesbico. Ripartiamo dalla Storia!

Citazione
ArciLesbica Pisa e Omofonie.it presentano:

Il corpo lesbico?

Giovedì 31 Maggio, presso la Casa della Donna di Pisa, via Galli Tassi 8.

ore 15.30 - Ripartiamo dalla Storia

laboratorio su una scelta di testi storici del lesbo-femminismo e del pensiero lesbico

Conduce Francesca Talozzi- Omofonie.it

Nella prima parte della giornata di studio abbiamo analizzato la rappresentazione del corpo della donna lesbica nella narrazione delle fictions, nel web e nella comunicazione pubblicitaria. Il confronto con la nostra esperienza individuale ha rivelato l’esistenza di numerose narrazioni collaterali, minoritarie e non previste che frantumano lo stereotipo mediatico in molteplici soggettività lesbiche.

A conclusione delle riflessioni emerse ci confronteremo tutt* insieme nella giornata di giovedì 31 Maggio con alcuni materiali di archivio e con saggi ed estratti appartenenti al pensiero lesbico, in un appuntamento che vuole essere il primo sguardo sulla complessità della soggettività lesbica e sulla sua irriducibilità ad un’unica immagine.

L’iniziativa fa parte del Ciclo Che genere di Corpi ed è realizzata con il contributo del Comune di Pisa.

Ecco come il comune di Pisa spreca i soldi
I discorsi delle femministe fanno sempre molto "rumore"...il problema è che puzzano anche da morire