Autore Topic: Femminile plurale  (Letto 1008 volte)

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Offline skorpion72

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Femminile plurale
« il: Maggio 13, 2012, 09:55:44 am »
Mi sono imbattuto in un blog chiamato "Femminile plurale" tanto che mi sono detto "Oh, meno male! Ora magari troviamo donne che si interrogano su come, non di rado, si comportano male con noi, che riconoscono i nostri meriti, etc."

Macché! Anche queste ripetono la pappardella che le donne sono sempre vittime, che gli uomini l'unica cosa che sanno fare è sfruttarle, il "maschilismo", il "patriarcato" e via col solito disco rotto.

Quindi, evidentemente, "plurale" vuol dire sempre che gli uomini sono tutti stronzi.

Ecco alcuni post che ho trovato, non li ho letti tutti per limiti del mio stomaco.

Evidenzio i punti più salienti scritti dalle pluri-furbastre

Citazione
Otto marzo: a noi la festa, a voi la parola

Sarebbe bello che per questo Ottomarzo le cose andassero un po’ diversamente.

Che per una volta non toccasse alle donne elencare di tutti i guai causati a questo Paese da un’irriducibile “questione maschile”: il monopolio, come lo chiama Chiara Saraceno, dei posti di potere, l’applicazione di cospicue quote non scritte (tra l’85 e il cento per cento) a favore degli uomini.
Sarebbe interessante che stavolta fossero i nostri colleghi giornalisti, opinionisti e blogger, a dire I care.
A scrivere: la violenza e il femminicidio sono un mio problema, e rivelano l’incapacità della sessualità maschile di liberarsi dalla tentazione del dominio.

Come posta un lettore, Claudio Losio, sul blog Il corpo delle donne, commentando la vicenda della ragazza stuprata da un militare a L’Aquila, «il quadro che ne esce ci riporta indietro di 30 anni, al documentario di Tina Lagostena Bassi sul processo per stupro. La giovane studentessa dell’Aquila è nostra figlia, dobbiamo trovare il modo di sostenerla e proteggerla».

I care: è un mio problema di uomo lo sfruttamento commerciale e mediatico della bellezza femminile, che indebolisce le donne inchiodandole a stereotipi umilianti.
È un mio problema che l’agenda politica e quella economica siano decise quasi esclusivamente da vecchi maschi che bloccano qualunque innovazione per il loro vantaggio personale.
È un mio problema la mancanza di welfare e di servizi, freno all’occupazione femminile e allo sviluppo.
È un mio problema l’eccesso maschile che sta danneggiando tutti, donne e uomini. E serve anche il mio impegno perché le cose cambino.
Sarebbe bello.

Citazione
Quarto potere… maschile

Questi sono i numeri delle presenze femminili in Rai (fonte CPO FNSI) 

33,7 per cento: giornaliste Rai.

4 per cento: donne dirigenti Rai.

2: donne direttore Rai.

3: donne vicedirettore Rai (a fronte di 33 uomini).

63: donne caperedattore Rai (236 gli uomini).

Questi sono i numeri delle presenze femminili nelle notizie Rai (dati Monitoraggio OERG Osservatorio di Pavia),

58 per cento: conduzione di Tg da parte di donne.

10 per cento: opinioniste autorevoli.

66 per cento: opinioniste “volanti”, cioè donne interpellate per strada (senza che di loro si sappia nulla: professione, età, scelte politiche).

16 per cento: donne “notiziate” in quanto vittime (contro il 6 per cento degli uomini). 11 per cento: donne “notiziate” per questioni politiche o economiche.

In Rai le italiane non fanno notizia, anche se raccolgono, diffondono, scrivono notizie. Quasi mai potendo scegliere quali notizie, come impaginarle, e in quale gerarchia.

Questa è invece la situazione della stampa nazionale italiana (fonte FNSI).

 5: donne direttore di quotidiani (113 gli uomini).

5: donne vicedirettore di quotidiani (99 gli uomini).

67: donne redattore-capo nei quotidiani (477 gli uomini).

 65 per cento: donne giornaliste rimaste dentro le aziende editoriali a seguito di stati di crisi. Tra queste, solo il 30 per cento ha un contratto. Tutte le altre sono precarie.

Fino al 40 per cento: gap di stipendio tra giornalisti uomini e donne.

Tirando le somme:

In Italia il quarto potere è in mano agli uomini in percentuali addirittura superiori a quelle che ci sono in politica. Questo giornalismo è mutilato, è un giornalismo a metà.

Non a caso, le donne italiane si stanno allontanando dalla lettura dei quotidiani:


 Corriere della Sera: donne che leggono il quotidiano: 25 per cento in meno.

La Repubblica: donne che leggono il quotidiano: 15 per cento in meno (fonte Audipress periodo II/2011).

Proposta:

Le giornaliste tedesche si sono unite per ottenere almeno il 30 per cento dei posti di direttore e caporedattore nelle testate giornalistiche entro i prossimi 5 anni.

Facciamolo anche noi, coordinandoci con loro:.

Gabor Steingart, direttore del quotidiano economico Handelsblatt, si è impegnato a riservare a una donna un posto su tre nei vertici del giornale: invitiamo direttori ed editori a seguire il suo esempio.


Chiediamo alle rappresentanze sindacali, alle CPO, di agire concretamente affinché l’informazione rappresenti donne e uomini, e non solo uomini.

Postato contemporaneamente da

Giovanna Cosenza

Loredana Lipperini

Manuela Mimosa Ravasio

Lorella Zanardo

Citazione
Curatevi!

La differenza tra donne e uomini è una differenza di tipo biologico. Trattandosi di un essere sessuato, sono previsti due sessi che rendano possibile la riproduzione. Per il resto, sia dal punto di vista fisiologico che somatico maschi e femmine sono più o meno uguali, funzionano per lo più nello stesso modo. Spesso si sostiene che la differenza di genere, non sarebbe basata solo ed esclusivamente sulla differenza biologica, ma proprio a partire da questa base biologica si svilupperebbero caratteristiche per così dire “psicosomatiche” che distinguerebbero le donne dagli uomini. Attitudini, preferenze, caratteri tipici, si pensa esistano come dei modelli, uno maschile e uno femminile. Modelli che dovrebbero in qualche modo dare indicazioni sul comportamento, sull’indole.

A partire dal fatto che biologicamente è la donna che porta a compimento – attraverso gestazione e parto –  l’atto riproduttivo, si è tradizionalmente ritenuto che la principale caratteristica distintiva della donna fosse quella di possedere la capacità “innata” di prendersi cura (di sé e degli altri). Va da sé che a fronte di questo carattere essa sia il soggetto maggiormente indicato per svolgere i ruoli che si basano sul concetto di cura degli altri. Ruoli a cui sembrano invece esclusi “per essenza” gli uomini.

Chi estremizza questo ragionamento afferma poi che alle donne sarebbero proprie qualità o emozioni quali la pazienza, la capacità di mediare, mentre all’uomo competerebbe la maggiore capacità di dedicarsi al ragionamento astratto, all’azione, la forza, caratteristiche segnate da una maggiore “attività”. Coloro i quali sostengono tale posizione tuttavia cadono in fallo poiché attribuiscono alla donna caratteri che ne denotano la passività, appunto la pazienza, la sottomissione ecc, cosa che tuttavia stride con l’idea del “prendersi cura” che sembra invece un’attività eminentemente attiva.

È evidente inoltre che un certo femminismo ha sentito la necessità di porre e determinare una sorta di specificità propria della donna che rappresentasse in qualche modo la rivendicazione di uno spazio, anche di azione. Tuttavia, ad oggi, è legittimo chiedersi se questa visione non sia controproducente e se sia proprio questo lo spazio che vogliamo.

Non è un’ulteriore giustificazione al mantenimento dello status quo? Non si rischia di “relegare” le donne ad un ruolo a cui sono costrette già da secoli?

Sembra che il ragionamento che sta sotto questa idea sia il seguente: se le donne sono state destinate pressochè per secoli al ruolo di cura, allora vorrà dire che esse sono “biologicamente” destinate ad esso, vuol dire che esse sono diverse dagli uomini anche in base a certe attitudini e caratteristiche che gli uomini non hanno.

Questa sorta di ragionamento all’inverso è impiegato a partire da quel presupposto fondamentale, ovvero l’identificazione della donna con il corpo e per estensione con la funzione riproduttiva e generatrice.

Perciò anche una proposta teorica come quella che si basa sul concetto di “cura”, che è stata impiegata e viene impiegata anche oggi, con lo scopo di legittimare la figura e il ruolo della donna, sembra ricondurre la donna a quello che la società patriarcale imporrebbe.

Credo che questa teoria o una sua forma meno implicita, sia ciò che in realtà la maggior parte delle donne in qualche modo accetta.

Ora se anche l’esistenza dell’istinto materno è stata abbondantemente messa in discussione, è ovvio che caratteristiche come la pazienza, la cura non sono appannaggio delle donne più che degli uomini ed è evidente che il fatto che la donna sia stata costretta ad un certo ruolo non significa che quel ruolo le sia “biologicamente” consono e che le debba piacere.

Avete capito che dicono le pluri-furbastre? Che non sta scritto da nessuna parte che il lavoro di cura spetterebbe "biologicamente" alle donne, ovviamente, ma mica sono stupide, si guardano bene dal dire che che non sta scritto da nessuna parte che:

  • Tocca all'uomo essere il principale portatore di reddito a casa
  • E' biologicamente maschile il dover fare lavori come il muratore o il minatore
  • E' scritto nel DNA dell'uomo che deve rischiare la vita (vedi poliziotti, pompieri, etc.)
  • E' biologicamente maschile il fatto che i figli e la casa devono essere assegnati sempre alle donne

etc. etc. etc.

Anche questo blog scade nella banalità, tipica delle femministe che pretendono tutto, ma non vogliono rendere mai conto di niente
I discorsi delle femministe fanno sempre molto "rumore"...il problema è che puzzano anche da morire

Offline COSMOS1

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Re: Femminile plurale
« Risposta #1 il: Maggio 13, 2012, 17:21:51 pm »
 :hmm:

maschile plurale -> femminista
femminile plurale -> femminista
Dio cè
MA NON SEI TU
Rilassati