Zerbinik colpisce ancora. L'ennesima puntata del più pentito d'Italia. Piacione come pochi, vittima poi ribellatasi al patriarcato, sconfigge tutti i mali del mondo con il sostegno di poche donne che, in solitaria, sfidano i tetti di cristallo. Autore di testi di incomparabile acume intellettuale, letti da circa una ventina di persone (stime Fondazione Maschilista internazionale)prosegue, senza sostentamenti di sorta, la sua italica battaglia. Combatte il celodurismo con articoli densi di bromuro, umilia maschilisti del calibro di Renzie, fa pisciare seduti gli ospiti che pensano di fare la pipì in piedi come le indomite "cagne sciolte" che pisciano in piedi. Lui no. Lui combatte il maschilismo con la pazienza di chi lava i piatti assieme agli stereotipi maschilisti dei cartelloni pubblicitari sessisti. Scusate, raccontavo di Zerbinik.
Torno in tema. Lui è questouomono. Tipo l'uomo del monte. Non commenta, non fa commentare. Un vero duro. Uccide il maschilismo silenziandosi l'8 marzo.
http://questouomono.tumblr.com/post/114394086442/questo-uomo-no-56-deconstructing-dio-padre-e-lePartiamo dal presupposto che io (Lola) non so decostruire. Cioè, io mi avveleno, borbotto, zompo sulla sedia, mi viene voglia di urlare “maccheccazzostaiadì” (e a volte lo faccio), ma non sono brava a decostruire un testo. Diciamo che il mio deconstructing sarà più che altro la trascrizione più o meno letterale di quello che mi passa per la mente leggendo. Senza parolacce. Ove non strettamente necessario.
Io invece (Lorenzo) decostruisco spesso e volentieri qui, ma per questa occasione speciale m’è sembrato il caso di dire attraverso questa forma di divertimento testuale che questo uomo no. Approfittare del 19 marzo per fare propaganda politica al proprio schieramento ideologico mi pare davvero troppo meschino, anche per uno che crede nella “teoria del gender” come il bel tipo di cui leggiamo insieme questo capolavoro.
Uomini, fate i padri
di Andrea Torquato Giovanoli
Notiziona: oggi è il 19 marzo! [Finalmente! I bignè di san Giuseppe sono nelle pasticcerie, fritti e pieni di crema, come piacciono a me.]
Una volta in questo giorno si festeggiava il papà e la Chiesa lo celebrava solennemente nell’effige esemplare di San Giuseppe. [Tecnicamente lo fa anche adesso eh, il santo del giorno quello è.] [In effetti come non festeggiare un falegname ebreo palestinese di mezza età che cresce come fosse suo il figlio ebreo palestinese della sua sposa bambina e di uno sconosciuto che si fa chiamare “Spirito Santo”? Davvero, eh, non sono molti gli uomini (ma anche le donne, ammettiamolo) che sarebbero disposti a fare lo stesso.] [Non ho mai capito, infatti, perché lui è il protettore dei lavoratori mentre quello famoso per la pazienza è Giobbe. Mah.]
Come dite? C’é ancora questa festa? Ah sì? Non si direbbe. Almeno contemplando questa società dove la figura paterna risulta sempre più sbiadita, se non addirittura, in molti casi, totalmente assente. [Punto di vista sostenibile come altri, ma da cosa? Come si misura lo “sbiadimento” di una figura sociale? Cifre, statistiche, studi, modelli? Niente. Pura scienza infusa.] Come d’altronde la figura stessa del maschio. [Stessa domanda: come sostenere questo – e più generale – punto? Sono maschi i capi politici ed economici. Sono maschi i riferimenti religiosi e filosofici, sono maschi i grandi intellettuali e scienziati. Se e quando compare una donna in questi gruppi, è celebrata come l’eccezione. Quindi?] Oggigiorno, infatti, il modello proposto dalla cultura dominante [che è quella descritta prima] è quella di un uomo svirilizzato, smembrato negli accessori a lui connaturali (quali la potenza, l’audacia, l’autorità, persino l’agonismo) [apriamo un giornale: Obama, Putin, Renzi, Draghi, Berlusconi, Salvini, l’Is contro Merkel e Boldrini; Bill Gates, Mark Zuckerberg contro nessuna; Balotelli, Messi, Ronaldo, Federer, Djokovic, Bolt contro nessuna; Valentino, Dolce&Gabbana, Armani, Versace, YSL, Manolo Blahnik contro nessuna – io vedo e leggo tutta la potenza, l’audacia, l’autorità e l’agonismo possibili e immaginabili]: è un maschio riplasmato ad immagine e somiglianza della femmina [vaglielo a dire a uno di quelli, no? Diglielo a Putin, che è stato riplasmato a immagine e somiglianza della femmina], che da par suo, invece, è stata in ogni modo virilizzata [di nuovo: giornali e televisioni sono notoriamente pieni di donne mascoline, con capelli corti, senza seno né glutei in evidenza, poco discinte, vero?], se non nell’estetica quantomeno negli attributi [EH?], così da parificare i generi perché si possa infine affermare che essi, ormai indifferenziati, non esistano più. [Ecco, no. Capisco che il terrore per la fantomatica “teoria del gender” vi abbia ottenebrato il cervello e bloccato le sinapsi come lo strutto fa con le arterie, ma se tu fossi onesto, Andrea Torquato, sapresti che la cultura dominante è decisamente un’altra cosa. Alla cultura dominante continua a piacere il macho, l’uomo che non deve chiedere mai. Guarda ad esempio i due Matteo: certo, esteticamente non incarnano proprio la figura di Conan il Barbaro, ma negli atteggiamenti machisti, da duri, spesso violenti e volgari sono esattamente il maschio audace, virile, autoritario e agonista che tu dici di non vedere. Appunto. Aggiungo che l’affermazione della indifferenziazione dei generi è fatta sempre e solo da quegli stessi che hanno inventato la “teoria del gender” – quindi non esiste quella come non esiste questa.]
È il trionfo dell’icona del maschio che si depila le sopracciglia: prodotto quasi scientifico di un’annosa militanza femminista [tutti ricordano distintamente che il grido di battaglia femminista è sempre stato “depilati le sopracciglia, maschio!”], la quale, a furia di battaglie in nome di una pretesa assoluta parità dei sessi [no, era parità dei diritti per entrambi i sessi, occhio a riassumere], alla fine è giunta ad evirare il maschio [questa non si sente da quasi cinquant’anni] pur di vederlo assimilato alla donna. [Ecco, no. Il femminismo, i femminismi, non vuole assimilare proprio un bel niente. In buona sostanza a noi femministe delle sopracciglia dei maschi interessa ben poco (anche se io ho intenzione di chiedere alla mia estetista se può farmele come quelle di Paredes, che trovo belle ed eleganti). Le battaglie dell’“annosa militanza femminista” non chiedevano né auspicavano una “assoluta parità dei sessi”, ma il riconoscimento alle donne della stessa dignità che ai maschi è da sempre stata riconosciuta in quanto portatori di pene (nel senso di pisello). Ecco, detto così è ancora meglio.]
Così facendo, però, lo ha ridotto ad una caricatura, ad un’inconsistente ombra d’uomo, rinchiuso in un infantilismo irresponsabile ed egoista [quelli che descrivi sono ulteriori effetti del patriarcato e del paternalismo vigenti, come potrebbe raccontarti un recente studio di Chiara Volpato], tanto succube ed inetto da essere ormai incapace di soddisfare le sempre crescenti e sempre più volubili richieste del nuovo “sesso forte”. [Colpa delle madri, presumo. Anche di quelle che non hanno mai partecipato alla militanza femminista. Ah, le madri dei figli maschi so’ tremende, guarda. Io mi chiedo invece come avrà fatto il padre di Andrea Torquato a sfuggire alla polizia eviratrice femminista. Sarà stato senz’altro molto potente, audacissimo, molto autoritario e un grande agonista.]
Certo la crisi dell’uomo moderno ha prodromi antichi, probabilmente radicati ancora nell’ideologia illuminista [da dove vengono la scienza moderna e il moderno concetto di democrazia, altre due cose delle quali, è vero, sarebbe il caso di fare a meno, no?], la quale ha sostituito la verace rivelazione cristiana di un Dio Padre [non per fare il pignolo eh, ma Galileo, Bruno, Keplero, Newton già qualche mazzata l’avevano tirata, a quella rivelazione], sostituendola tout-court con la divinità femminile della “dea ragione” [Kant, Bayle, Montesquieu, Voltaire, de Condorcet, Diderot, de La Mettrie, Helvétius, D’Holbac, Rousseau, de Mandeville, Smith, Locke, Hume, Wolff, Baumgarten, Lessing, i fratelli Pietro e Alessandro Verri, Beccaria – tutti sottomessi a una “dea”? Sicuro sicuro? Alcuni sono tra i più misogini della storia del pensiero occidentale, eh]: ha obliterato l’archetipo del Padre Creatore con lo stereotipo di “madre natura”. [Se vuoi puoi andare ancora più lontano, ai racconti teogonici, alle divinità ctonie, all’uovo primordiale (e qui tutta la faccenda sull’uovo e la gallina potrebbe portarci verso lidi sconosciuti), a Esiodo. Pensa che per i Sumeri, addirittura, alla base della creazione c’era una dea. Femmina. Che poi insieme a suo figlio ha creato l’umanità. Avoja prima di arrivare all’Illuminismo. Devi scavare ancora un po’. Magari per la festa della mamma ci arriviamo. Nel frattempo noi ridiamo dell’uso strumentale della differenza tra “archetipo” e “stereotipo”, che ovviamente Andrea Torquato adopera esattamente all’inverso. Comodo eh?] Qui in occidente la destrutturazione del sistema patriarcale ha forse il suo punto focale nel nefasto periodo delle due grandi guerre, le quali hanno giocoforza dato luogo ad almeno una generazione intera di maschi cresciuti quasi esclusivamente da donne, nella sostanziale assenza della figura paterna. [Aho, i “maschi” avrebbero pure potuto di evitare di scannarsi, no? No, loro alla guerra mica volevano andarci: fu la dea ragione a convincerli ragionevolmente. E se li cresci, perché li cresci, e se non li cresci, perché non li cresci. Sei donna: come fai sbagli. Io stavo tanto bene con l’archetipo, sei arrivata tu con lo stereotipo. Per quello gli uomini hanno deciso di scannarsi in due guerre mondiali: rivolevano l’archetipo! Peraltro, credo che senza cibo né denaro (perché ci obbligavate a stare a casa a lavorare gratis e quindi in tempi di guerra non se la passavano bene manco le donne rimaste a casa) l’ultimo pensiero di una madre con prole a carico fosse “svirilizzare” i figli (maschi) e “destrutturare il sistema patriarcale”. Macché, le donne stavano a casa a riposarsi, mentre i poveri uomini si massacravano a milioni spinti dalla dea ragione degli illuministi! Altro che Francesco Giuseppe o Hitler: è Diderot il guerrafondaio! Lì si trattava di riempire pance e coprire corpi, non c’era molto spazio per la “annosa militanza femminista” di cui sopra.]
Contemporaneamente, e per lo stesso motivo, almeno una generazione di femmine ha sperimentato nello stesso periodo una certa emancipazione dall’ambito strettamente domestico ed un barlume di indipendenza economica, avendo sostituito nei loro posti in fabbrica gli uomini impegnati nei conflitti bellici. [Pensa che stronze. La dea ragione è donna ma alla fine le manda a lavorare. Che pasticciona. Hanno preferito la fabbrica e qualche spiccio al rendere virili e pieni di peli i loro figli. E magari hanno pure insegnato alle loro figlie a badare a se stesse. Cose da non credere.]
Il cosiddetto movimento di “liberazione sessuale” ha poi spianato la strada alla rivendicazione femminista di tutta quella serie di false libertà, punta di diamante della quale è il pretestuoso diritto all’aborto. [E te pareva? L’aborto è la vostra ossessione. Voi c’avete il chiodo fisso manco aveste l’utero. No, scusa: è il loro chiodo fisso perché non hanno l’utero. Stiamo parlando di uno che preferisce credere a un falegname che accetta un figlio non suo da una donna sempre vergine ingravidata da uno spirito, piuttosto che ammettere che il fare figli non è roba che gli competa. Se tu fossi onesto, sapresti che per alcune femministe il “pretestuoso diritto all’aborto” è stato un problema tanto quanto lo è per voi maschi. La liberazione sessuale, poi, era anche e forse soprattutto liberazione dall’idea per cui una donna non deve godere, non deve desiderare, non deve pretendere il piacere. Era (ed è!) liberazione dall’idea che siamo fatte per essere mogli e madri. Ed era (ed è!) lo sbattere in faccia al mondo che noi siamo tante cose, che vogliamo essere quello che sentiamo di essere, senza dover chiedere permessi e approvazioni. Quello che ha sempre fatto l’uomo mentre le donne non hanno contato niente, in un mondo comandato da uomini; i quali hanno finito per massacrarsi a milioni in due guerre mondiali, tanto per aderire alla ricostruzione di Andrea Torquato. E comunque, pure con l’archetipo, da tempo immemore, s’ammazzavano allegramente. Era ora si cominciasse a pensare a qualcosa di diverso, e l’hanno dovuto fare alcune donne. Insomma, non si trattava solo di scopare. O meglio, c’era parecchio di altro in gioco. In primo luogo, appunto, il desiderio, le aspirazioni, la voglia necessaria di disporre liberamente del proprio corpo. Capisco che fa strano, visto che, come cantava Guccini, lo si dovrebbe fare “quasi sempre per dovere” (Piccola storia ignobile, 1976).]
Il risultato [della guerra, della liberazione sessuale e del femminismo. Quante responsabilità abbiamo sulle nostre povere spalle, mentre gli uomini, com’è noto, non hanno mai deciso nulla, no?] è che l’uomo contemporaneo rimane ormai in totale balìa della donna: messo al mondo da donne [come se potesse fare altrimenti!], è accudito da donne [come se volesse fare altrimenti!] che lo educano da donne, ponendolo al centro del loro mondo ed evitandogli ogni negazione. [E i padri? Dove stanno i padri? Che non lo sai? La cattiva dea ragione li porta via a fare la guerra e a lavorare. Loro starebbero sempre a chiusi a casa a fare pappine e togliere polvere. No, perché è vero che siamo noi a mettervi al mondo, ma capita che insieme a noi ci sia un altro, che dovrebbe prendersi cura della prole tanto quanto si pretende facciamo noi. No, lui s’inventa divinità – mascoline o femminili a seconda di come gli fa comodo – per essere sempre assente dove servirebbe. Mica scemo. Non è che il pisello ti impedisce di fare bagnetti, cambiare pannolini, preparare pappe e insegnare a stare nel mondo. E poi se non vuoi essere in balia di qualcuna/o si può sempre alzare i tacchi.]
Istruiti in scuole che sono dominio quasi esclusivo di donne [essendo un lavoro precario o mal pagato e costantemente screditato dall’opinione pubblica e dai luoghi comuni, te credo. Mentre invece quanti uomini vogliono fare i maestri elementari ma la dea ragione glielo impedisce, vero?], i maschi sono sistematicamente surclassati da coetanee femmine dallo sviluppo sempre più precoce [è vero solo per i paesi a più forte cultura maschilista: informati mio caro, è il patriarcato a volerti cretino e buono per lavorare e fare le guerra, chiedilo al tuo archetipo], per finire poi bambini cresciuti in un mondo isterico in cui le donne pretendono uomini utopici, che siano insieme virili e femminili, compendio d’un falso mito di chimerica, presunta, perfezione. [Allora, le scuole “dominio di donne” se non facesse ridere meriterebbe un’analisi seria. È vero, nelle scuole primarie ci sono più maestre che maestri, ma poi ci pensa l’università a riappianare il gap, stai sereno. Perché va bene che le donne siano maestre, al massimo professoresse di liceo, ma gli Atenei lasciamoli ai maschi. Cioè, di nuovo, nel vero luogo di potere ci sono gli uomini e non le donne. Guarda caso. Quanto alla chimerica perfezione, la sola cosa che mi viene da dire è “che?”. Davvero, non capisco. Vogliamo maschio e femmina insieme? Uomini utopici? Sul serio, non ci arrivo, poi chiedo a Lorenzo che ha studiato e sicuro può aiutarmi. O magari stai parlando di Ranma ½ e allora a posto così. Magari parlasse di Ranma. Sta parlando della sua incapacità di staccarsi dall’archetipo, cioè della sua frustrazione di maschio che non può generare da solo. Archetipo che, ovviamente, s’è creato da sé – insieme a tanti maschi prima di lui – per giustificare il mucchio di dispositivi sociali, tra cui “la ragione”, con il quale pretende di dimostrare che tu femmina devi stare al tuo posto, quello della costola di Adamo. Se fosse minimamente onesto, si ricorderebbe che fine ha fatto, a proposito di illuminismo, Olympe de Gouges e le sue idee.]
image
Si tratta, guardando la cosa in un’ottica profetica, della riproposizione in chiave moderna della medesima caduta dei progenitori: laddove il serpente antico, per perpetrare il suo piano di morte (la disfatta di quell’Adamo creato in grazia e dignità a somiglianza del Creatore), con l’astuta malizia che lo caratterizza, dopo aver studiato attentamente la prima coppia ha deciso di non rivolgersi direttamente all’uomo, colui che è stato fatto signore della Creazione e deputato alla sua custodia, ma ne ha aggirato il profilo, in un certo senso disconoscendone implicitamente la naturale autorità, e si è rivolto invece alla donna, colei alla quale, creata come aiuto simile all’uomo, è stata donata la signorìa sulla relazione e la custodia della generazione umana. [Ma io mi ricordo che è dopo aver mangiato dall’albero della conoscenza che Adamo ed Eva scoprono la generazione, il “partorirai con dolore” che viene inflitto per punizione: nel paradiso terrestre loro sono creati innocenti. Prima, non ne sapevano niente, non avevano manco l’ombelico, quindi lei non poteva avere alcuna signorìa né custodia. E allora il peccato originale, e il significato del battesimo? Andrea Torquato, «manco le basi der mestiere te ricordi!» (cit.)] Tale approccio, bisogna ammetterlo, è da professionista, poiché interloquisce la donna sul terreno a lei più congeniale, ossia quello del rapporto con l’altro, e coinvolgendola sul piano a lei naturalmente confacente della verbalizzazione [tutte chiacchierone, ‘ste femmine] le insinua il dubbio di non essere realmente libera, facendo leva su quel punto debole comune a tutto il ginogeo [gineceo?]: la mania del controllo. [Che storiella stupenda. Chi se l’è inventata? Un uomo! Ma dai? E che fa? Dice che “la mania del controllo” ce l’hanno le donne. Ma pensa.]
Convinta la donna che il frutto proibito le darà la capacità di controllare la sua vita autonomamente [notevole espediente narrativo il fatto che in un paradiso terrestre dove l’albero della conoscenza è intatto, il serpente sappia tutte queste cose. Allora il serpente ha già mangiato il frutto? E quindi perché diopadre non l’ha punito? Qui serve un buon editor, la trama fa acqua da tutte le parti], emancipandosi dalla presunta oppressione di una divinità falsamente dipinta non come paterna, bensì patrigna [aho, ma che mi plagi Leopardi?], il gioco è fatto. Perché alla donna, che ha ormai mangiato, basta porgere del medesimo frutto anche all’uomo sul quale ha un naturale ascendente [si sa, tira di più un pelo di fica che un carro di buoi. O di una divinità, in questo caso], e costui, abdicando supinamente alla regalità del ruolo assegnatogli da Dio [era meglio un appalto, a conti fatti], senza proferir verbo (com’è tipico del maschio), ne mangia anche lui. [Insomma, il prediletto da Dio è un pòro deficiente. Non capisce, non ragiona, non parla, non decide – oh, qualche riga sopra ha detto che era il “signore della Creazione”. Contento lui…] [Mia mamma diceva sempre “e se loro si buttano al Tevere tu li segui?” Colpa di Eva, Insomma, se lei non si fosse messa in testa di mangiare quella mela e non avesse convinto quella povera anima candida di Adamo a fare altrettanto, adesso staremmo ancora nudi a correre per i prati fioriti del Paradiso. Ma non è che il serpente ha chiamato Eva perché Adamo del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male non sapeva che farsene perché stava un fiore nella sua pace paradisiaca? Al massimo accusala di curiosità e smania di conoscenza, ma la “mania di controllo” proprio non c’entra niente. Il tuo Adamo non ci fa una bella figura, lasciatelo dire. Lo dipingi (lo dipingete) come un povero coglione. Cioè, davvero il vostro Dio ha creato un tale mentecatto a sua immagine e somiglianza? E adesso te l’abbiamo detto in due, eh.]
Ecco: allora come oggi l’uomo che ha rinunciato alla sua responsabilità di padre putativo della creazione, fatto signore sul divino stampo, viene meno anche e soprattutto nel suo ruolo maschile, poiché lascia mano libera all’istinto femminile della manipolazione [te c’hai un problema con le donne, lasciatelo dire: manipolatrici, maniache, subdole e castranti. Poi? Abbiamo anche causato il buco dell’ozono? E soprattutto, Andrea Torquato mio, se è fatto tanto male e bisogna pure che fa la fine che fa, eh, si vede che se l’è meritato!]. La figura del maschio oggigiorno è in forte crisi poiché l’uomo, davanti alle false pretese di controllo della deriva femminista [Lorenzo, che vuol dire? Io non ci arrivo. Che so’ ‘ste pretese di controllo? Che è la deriva femminista? Non è che questo è uno di quelli che crede nel nazifemminismo? Eh? No, perché se è così allora chiudiamo tutto e io vado a fumare. Te l’ho detto prima: hai la pretesa di avere l’utero, e di volerlo controllare: hai creato tu “madre natura”, per controllare meglio tutto ciò. Certo la storia del ciclo mestruale la potevi congegnare un po’ meglio, lasciatelo dire. Andrea Torquato sarebbe una donna perfetta, bisogna che lo ammetti anche tu.], per egoismo, codardia e pigrizia si è ritirato, rifiutando quel compito paterno per cui è stato creato [creato da un padre, sia chiaro che le donne in quel caso non c’entrano niente] e che costituisce la sua essenziale realizzazione. L’attentato di matrice demoniaca al modello progenitoriale ha trovato nella società attuale la sua esatta ricapitolazione, nella rottura di quel rapporto di paternità e figliolanza che lega Dio all’uomo e l’uomo all’uomo [per esempio “nella società attuale” da anni si cerca di introdurre in Italia un serio congedo parentale per i padri – Andrea Torquato, dimmi, come tutto ciò romperebbe quel rapporto?], castrando il maschio in ogni possibile desinenza, come ad esempio quello di privare la patria potestà del suo antico retaggio sul cognome [come sanno antropologi e giuristi di ogni scuola, l’istituzione del matrimonio e del cognome paterno è il modo in cui il terrorizzato maschio cerca da sempre di assicurarsi che quello che non può generare sia davvero “suo”. Terrore che riaffiora nelle parole dell’insicuro Andrea Torquato, che non pensa a come spendere la paternità altro che per le vie legali], che è solo l’ultimo idiota attacco ad una figura, quella paterna, che si vuole obliterata perché propriamente immagine trascendente di quel vero Padre contro cui il nichilismo contemporaneo ha in realtà mosso guerra. [Tutto ‘sto pippone per dire che sei contrario al cognome materno? Guarda che non è un obbligo. E a nessuno cascherà il pisello per questo. Giuro. Nei paesi latini (che mi risultano cattolici anzichenò) è pieno di maschi “virili” col cognome della madre. Ti dico, non finirà nemmeno il cristianesimo per un cognome in più. Figurati se basta così poco. Ah, e per la cronaca, chi ha “mosso guerra” so’ sempre stati i padri della patria, tanto per chiarire. Fossi in te starei più sereno nell’usare certe metafore.]
E personalmente credo che la salvezza per l’uomo sia oramai condizionata alla riscoperta di quell’atavico richiamo ad essere padre come rifrangenza dell’originale ed unico Padre [impedendo cioè ai propri figli e figlie ogni tipo d’autonomia]. Forse proprio in questa sintesi il maschio può ancora recuperare la propria dimensione di uomo in senso veracemente Cristico [ma dici quel Cristo che sulla croce urlava al padre di averlo abbandonato?]: vivendo da un lato la paternità come veicolo privilegiato per la sua realizzazione personale [senti, però, agli attuali dirigenti d’azienda, supermanager pubblici, politici professionisti, baroni universitari – tutti noti padri che non si realizzano altro che nel gestire potere - glielo dici tu?] e dall’altro come opportunità vera di comprendere la gioia della propria originaria figliolanza a Dio, rispondendo consapevolmente e coraggiosamente a quella vocazione adamitica che davvero compie l’uomo [e la donna no.]. Poiché così come al progenitore venne data dal Creatore la responsabilità sulle Sue creature perché desse loro il “nome” [strano, più sopra l’hai descritto come un deficiente muto], medesimamente all’uomo che accoglie la sua prole viene data la responsabilità su di essa perché l’aiuti ad adempiere al proprio “destino” di figli di Dio. Tale perciò sia l’augurio per ogni uomo in questo giorno in cui si celebra la festa del papà, ché il vero compito di un padre verso i propri figli non è solo di metterli al mondo [Lola aiuto, questo s’è veramente convinto che può farlo lui], ma soprattutto di farli ammettere al Cielo [mi fai così pena, Andrea Torquato, che vorrei evitare di ricordarti quanti padri, vendicandosi sulle compagne delle loro frustrazioni patriarcali, ammazzano anche i figli facendoli “ammettere al Cielo”. Ma più che pena mi fai schifo, quindi te lo dico così come m’è venuto]. [Pensa che scema io, che ero convinta che il “vero compito” di un padre fosse quello di crescere i propri figli e figlie nel rispetto delle loro idee, desideri e inclinazioni, insegnare il rispetto per gli altri e le altre e tutte ‘ste fregnacce, che se si chiamano così vuol dire proprio che sono cose da femmine.]