dovevo a Lucia una spiegazione sul significato del sacrificio nella storia dell'Occidente
a dir la verità mi sembra sin troppo banale sottolinearne il ruolo, forse Lucia aveva qualche retropensiero nel chiedere spiegazioni?
ad ogni modo il concetto base del sacrificio per la cultura indo-europra, neolitica, è che il chicco di grano se non muore non dà frutto
pensa un po' alla fatica che deve fare un padre (o anche una madre) di famiglia, a negare il pane ai figli per gettare il grano nel campo sperando nel raccolto!
questo va di pari passo con il significato etimologico= sacrum facere, fare/rendere sacro. Di fatto il sacrificio è il dono a Dio di ciò che abbiamo di più prezioso: all'inizio l'uomo offre la propria vita, poi la vita del figlio, poi quella del figlio del re nemico (vittima da victus, vinto. Ostia da hostes, nemici), poi un bue, un agnello, un colombo, ...
Nella nostra società il sacrificio è rimasto: Freud parla della sublimazione dell'eros. Tutti noi abbiamo passato delle magnifiche domeniche a studiare. Il lavoro è in generale un sacrificio. Spesso si sente dire che i giovani non hanno più lo spirito di sacrificio, intendendo che sono degli scansafatiche.
Difficile pensare al nostro mondo senza la capacità diffusa di rinunciare ad un bene presente in vista di un bene futuro.
Un bel libro è Il Sacrificio di Grottanelli. Me l'ha consigliato Risè quando discutevamo del libro che lui ha scritto sulla bellezza del dono (è la sua rappresentazione del sacrificio...)