Autore Topic: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?  (Letto 3463 volte)

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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #1 il: Luglio 12, 2012, 15:32:09 pm »
http://maschileplurale.blogspot.it/2012/07/la-matematica-non-e-unopinione.html

Il marmocchio aveva postato un contributo fantastico che potrebbe rispondere alla tua domanda...
Parlava di una donna (naturalmente femminista e misandrica) ai vertici dell'ISTAT.
Volevo leggerlo con maggiore attenzione ma avevo fretta e... l'ho perso.
Speriamo che il marmocchio lo riposti.

Sarebbe la risposta alla tua domanda.
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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #2 il: Luglio 12, 2012, 15:43:48 pm »
Il marmocchio aveva postato un contributo fantastico che potrebbe rispondere alla tua domanda...
Parlava di una donna (naturalmente femminista e misandrica) ai vertici dell'ISTAT.
Volevo leggerlo con maggiore attenzione ma avevo fretta e... l'ho perso.
Speriamo che il marmocchio lo riposti.

Sarebbe la risposta alla tua domanda.


Ed ecco svelato l'arcano:
http://www.partitodemocratico.it/doc/55301/sabbadini-linda-laura.htm

Il contributo de "Il marmocchio":
http://www.metromaschile.it/forum/index.php/topic,5486.0.html
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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #3 il: Luglio 12, 2012, 15:48:52 pm »
Ed ecco svelato l'arcano:
http://www.partitodemocratico.it/doc/55301/sabbadini-linda-laura.htm

http://www.istat.it/it/files/2011/06/SABBADINI-LINDA-LAURA.pdf

Ha guidato in Italia un processo di rinnovamento radicale e
sviluppo nel campo delle statistiche ufficiali sociali e di
genere
a partire dagli anni ’90.

...

Ha caratterizzato la sua attività
con un profondo intreccio tra direzione della ricerca nel
campo delle metodologie di indagine e analisi dei dati;
direzione della produzione statistica nel campo delle
statistiche
sociali e di genere;

...

groups a livello internazionale in ambito ONU e europeo
dove svolge da anni un ruolo attivo di orientamento e
innovazione con particolare riguardo alle statistiche
sociali
e di genere.

...

Numerosi sono stati gli incarichi istituzionali a
livello nazionale nell’ambito di gruppi di lavoro e
commissioni costituite da differenti Ministeri: Ministero del
Lavoro, Ministero della solidarietà sociale, Ministero della
salute, Dipartimento per le Pari Opportunità

Ma.... soprattutto:

RETRIBUZIONE ANNUA LORDA RISULTANTE DAL CONTRATTO INDIVIDUALE
Amministrazione: ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA - ISTAT
dirigente: Sabbadini Linda Laura
incarico ricoperto: Dirigente Generale - Dipartimento per le Statistiche Sociali e Ambientali
stipendio tabellare € 55.397,39
posizione parte fissa € 36.299,70
posizione parte variabile € 57.628,64
retribuzione di risultato € 25.674,27

TOTALE ANNUO € 175.000,00

La mafia non è acqua...
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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #4 il: Luglio 12, 2012, 16:02:44 pm »
naturalmente del Pd. :lol:


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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #6 il: Luglio 12, 2012, 16:05:22 pm »
naturalmente del Pd. :lol:

Zitto che voi avete la donnadigomma:

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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #8 il: Luglio 12, 2012, 16:42:26 pm »
Zitto che voi avete la donnadigomma:



ma questo manichino ha cambiato tanti partiti tanto quanto gli uccelli che ha preso.Dire che è di una corrente politica ben definita sto mignottone sarebbe come insultare chi mette veramente impegno nella politica.

E'un fenomeno da baraccone come Vladimir Luxuria.

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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #9 il: Luglio 12, 2012, 17:32:27 pm »
ma questo manichino ha cambiato tanti partiti tanto quanto gli uccelli che ha preso.Dire che è di una corrente politica ben definita sto mignottone sarebbe come insultare chi mette veramente impegno nella politica.

E'un fenomeno da baraccone come Vladimir Luxuria.

Perfettamente d'accordo.

Però... luxuria non si vanta di aver fatto la mignotta nei talk show: "Lei non ha mai lavorato!"
Come se non sapessimo che si fa ancora montare i pezzi dall' ex-ex-ex- marito chirurgo plastico.

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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #10 il: Luglio 12, 2012, 17:48:35 pm »
guarda Vnd,per me sta Santanché è una perfetta demente come la Mussolini...non è questione di esser di destra o di sinistra...
sono proprio due persone che non mi piacciono.
Per dirti,non condivido le idee della Concia logicamente,ma trovo che sia estremamente più intelligente di queste due oche sbattute in politica chissà in che modo.
Poi a prescindere dal fatto che ho un'avversione per le persone che non hanno un'identità ben definita,trovo che anche Luxuria non sia stupida\o,è che scade irrimediabilmente nella farsa ogni volta che quello che sostiene si riduce a un turpiloquio,cioé sempre.
Poi mi chiedo,come si può dar credito a una persona che fa la seriosa in parlamento e quando si rompe i maroni va a fare il reality dell'Isola dei famosi o quello che era...

 

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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #11 il: Luglio 12, 2012, 18:41:12 pm »
bravo VND : altro materiale utillissimo a dimostrare la parzialità scandalosa delle statistiche ISTAT.
triste ma vero

Bravo a te!
Ho sempre avuto il sospetto che dietro le statistiche taroccate e al servizio dell'ideologia ci fosse una femminista che manovrasse alle spalle di strapagati inetti.
Sei tu che l'hai beccata!
« Ultima modifica: Luglio 12, 2012, 19:01:22 pm da vnd »
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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #12 il: Luglio 12, 2012, 18:51:53 pm »

Per dirti,non condivido le idee della Concia

Non si possono condividere le idee della concia quando fa la parte della qualunquista femminista misandrica ecc... ecc...
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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #13 il: Luglio 14, 2012, 19:39:08 pm »
http://www.comunicazionedigenere.net/mortalita-femminile-in-italia-quando-la-statistica-e-asservita-alla-ideologia/

La statistica asservita all'ideologia
Mortalità femminile in Italia. Quando la statistica è asservita alla ideologia
Posted on 5 maggio 2010 by Pablito

La campagna di disinformazione finalizzata alla demonizzazione della figura maschile, in atto ininterrottamente da 40 anni, utilizza diversi filoni. Uno dei più inflazionati è il postulato della violenza maschile come “prima causa” della morte delle donne.

Senza nulla togliere al dolore che i familiari provano per ogni vittima di morte violenta, a prescindere dal genere, proviamo ad analizzare su quali fondamenta scientifiche poggia la propaganda vittimistica unidirezionale.

E’ curioso notare come la prima causa di decesso in Italia vari a seconda di ciò che si vuole, al momento, mettere sotto i riflettori: nei servizi giornalistici degli ultimi anni la prima causa Drugs Without Prescription di decesso è stata il cancro, oppure l’infarto, gli incidenti stradali, il diabete, le malattie infettive, il fumo attivo e passivo, l’alcool …Quando parla l’oncologo il cancro è il principale fattore di rischio, quando parla il cardiologo il principale fattore di rischio diventano le malattie cardiocircolatorie, quando invece parlano soggetti indottrinati alla logica persecutoria antimaschile, ecco pronta la mistificazione preconfezionata della violenza di lui che uccide lei.

Propaganda, non informazione.

Paul Joseph Goebbels, Ministro della Propaganda nonché esperto di comunicazione del III Reich, ha reso celebre la teoria: “prendete una bugia e ripetetela mille volte: diventa una verità”. E’ esattamente ciò che viene messo in atto dalla campagna di criminalizzazione antimaschile.

Ne risulta, infatti, che la violenza maschile come prima causa di morte delle donne viene arrogantemente divulgata (e passivamente accettata) senza il minimo riscontro nei dati ufficiali disponibili e – curiosamente – senza alcun accenno di verifica da parte degli infervorati divulgatori.

Dall’Indagine Multiscopo ISTAT sulle cause di morte (2002), risulta in Italia un totale di 560.390 decessi, di cui maschi 279.296 e femmine 281.094. Non si tratta di dati reperiti clandestinamente a costo di faticose ricerche, sono griglie consultabili da chiunque, gratuitamente, presso il sito www.istat.it.

Per omicidio e lesioni provocate intenzionalmente da altri (codice descrittivo dell’Indagine: BE77) sono morte in Italia, nel 2002, 560 persone, di cui maschi 401e femmine 159.

Orbene, 159 decessi su un totale annuo di 281.094 fanno lo 0,06%.

Non c’è l’intenzione di sottovalutare l’importanza di quei decessi, è necessario provare grande partecipazione per il dolore di quelle 159 famiglie ed esprimere ferma condanna nei confronti di autori/autrici dei gesti criminali.

Ma il focus è un altro, da individuare nelle rilevazioni statistiche: lo 0.06% sarebbe ciò che la narrazione dominante tenta di imporre come prima causa di morte delle donne.


 
Il 28 giugno 2008 l’ISTAT ha inoltre pubblicato le stime preliminari di mortalità per cause, comparando i dati 2003 (definitivi) ai dati 2006 (stime).


 
Per questa proiezione l’ISTAT ha usato un metodo diverso, accorpando sotto la voce “cause accidentali e violente” eventi di varia natura. La voce quindi comprende non solo donne vittime di omicidio, ma anche di suicidio, catastrofi naturali, incidenti stradali, incidenti domestici etc. . Anche il sottogruppo violenza in famiglia è compreso nella voce “cause accidentali e violente”.

Ma anche in questo modo, il dato complessivo (non il solo omicidio ad opera del partner) è in ogni caso ben lontano da costituire il primo fattore di rischio per i soggetti di genere femminile, rappresentando circa il 2,5% del totale. Se L’ISTAT scorporasse la sola voce omicidio ad opera del partner, o ex partner, si avrebbero valori percentuali ancora minori, verosimilmente inferiori all’ 1% a conferma dei dati relativi al 2002.


 
Va infatti ricordato che nella percentuale del 2,49% sono comprese anche donne uccise “per cause accidentali e violente” nel corso di una rapina in strada, un furto in villa, un tentativo di sequestro o un regolamento di conti fra malavitosi – quindi non dal partner – oltre a donne uccise da altre donne, siano esse madri, sorelle, figlie o nipoti, come anche colleghe, rivali in amore, compagne di università, partners lesbo, vicine di casa e altro ancora.

Tra i casi più noti i delitti di Perugia, Erba e Novi Ligure.

In conclusione: che la violenza maschile costituisca la prima causa di morte delle donne non è mai emerso da alcuna indagine dei maggiori istituti di ricerca pubblici o privati. Non lo ha mai sostenuto l’ISTAT, l’Eurispes, il CENSIS; non è mai risultato da alcuna ricerca universitaria….ma lo dice Telefono Rosa, e lo dice sempre, lo dice ovunque …. e fa proseliti, che si accodano bovinamente al coro senza mai preoccuparsi di verificare l’attendibilità di quanto affermato.

Un inganno colossale oppure, per chi preferisce, propaganda, mistificazione, terrorismo psicologico ….. certamente tutto questo non può in alcun modo essere definita “informazione”. Una informazione serena, obiettiva ed imparziale risponde a criteri decisamente diversi.
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Re: C'è qualcosa che non va nei nuovi dati Istat o qualcuno conta stronzate?
« Risposta #14 il: Luglio 14, 2012, 19:42:26 pm »
http://www.comunicazionedigenere.net/la-magistratura-apra-inchiesta-su-dati-istat-violenza-donne/

LA MAGISTRATURA APRA INCHIESTA SUI DATI ISTAT VIOLENZA DONNE
Posted on 4 maggio 2010 by Pablito

ISTAT: in Italia la prima causa di morte degli uomini è per mano femminile

Siete sorpresi nel leggere questa affermazione ? Fate bene, è falsa. Dopo un primo istante di smarrimento chiunque avrà capito come il titolo di questo articolo (e solo il titolo, non il contenuto….) sia una burla, un “pesce d’aprile” un pò tardivo.

Ma lo scherzo che l’ISTAT si è prestato a fare, su commissione del Ministro delle Pari Opportunità di allora (in collaborazione con i centri antiviolenza….), non è stato per niente un pesce d’aprile, ma la scientifica preparazione del terreno per l’emanazione delle leggi “ad interesse femminile”, prima tra tutte quella sullo stalking.

Peccato che mentre “…l’Italia si è dotata, finalmente, di una legge che protegge le donne dagli atti persecutori…” (Ministro Mara Carfagna, al TG2 di un mesetto fa), chi l’ha concepita non ha calcolato che almeno il 25% delle vittime di stalking sono uomini (per ammissione della stessa Carfagna, sempre al TG2 – dati Ministero Interno). Ma questa è un’altra storia, non usciamo fuori tema.

L’ISTAT, dicevamo.

“Se vuoi influenzare la pubblica opinione, devi spararla grossa”, diceva l’”innominabile” del ventennio (quello fascista, non quello berlusconiano, che è altra cosa), “…ma devi sparare bene”. E così ha fatto il nazionale istituto di statistica, ammantando di scientificità e precisione i dati che hanno sancito una delle più grandi azioni di disinformazione che mai si siano viste in Italia proprio dalla fine del fascismo.

I dati di cui vi parleremo, infatti, hanno procreato una selva di false informazioni sulla violenza degli uomini che, pressappoco, si sintetizzano così: la prima causa di morte delle donne in Italia è per mano maschile.

Niente di più falso. Colpisce ma i dubbi superano l’enormità dell’affermazione: i tumori e le malattie cardiovascolari, dove le mettiamo ? Rapportando quell’assunto ai dati relativi alla mortalità (meno di 1.000 omicidi annui di donne contro 100.000 decessi femminili per malattie varie) ci si farebbe una risata, ma qui la cosa è seria. Questo falso dato, peraltro ripreso da autorevoli giornaliste di importanti testate (“Repubblica delle donne”, in primis), è il naturale “portato popolare” dello studio di cui vi parliamo, spacciato anch’esso come serio ma impossibile da bollare come risibile, a prima vista, se non dopo una attenta analisi.

“Il bello è che la ricerca sarà costata almeno un milione di euro ai contribuenti”, spiega Fabio Nestola, cioè colui che ha esaminato minuziosamente tutte le note metodologiche dell’ISTAT (misteriosamente sparite dal sito ma ben conservate dalla FeNBi per futuri utilizzi) ed ha smascherato le “carenze” che hanno finito con il falsare i dati sulla violenza in famiglia. Leggiamo le sue considerazioni nel dettaglio.

“La violenza domestica, afferma Nestola, costituisce una tipologia di reato in costante espansione, complesso da analizzare in quanto la tendenza degli autori a contenere gli episodi entro le mura domestiche incontra frequentemente la connivenza più o meno passiva delle stesse vittime. Siamo pertanto in presenza di un fenomeno sommerso, del quale non è facile tracciare i contorni.

Una conoscenza approfondita del fenomeno nel suo insieme, tuttavia, è essenziale per lo sviluppo delle politiche e dei servizi necessari, a partire dalle campagne di sensibilizzazione per arrivare alle contromisure legislative finalizzate a prevenire e/o contenere la violenza.

Va rilevato come inchieste, sondaggi e ricerche che analizzano la violenza di cui è vittima la figura femminile vengono proposte con continuità a livello istituzionale e mediatico, da diversi decenni.

Di contro, non esistono in Italia studi ufficiali a ruoli invertiti; vale a dire approfondimenti sulla violenza agita da soggetti di genere femminile ai danni dei propri mariti o ex mariti, partners ed ex partners, parenti a affini di vario grado.

Questa curiosa e pluridecennale lacuna può avere origine da due presupposti:

1. aggressività e violenza femminile non esistono
2. se esistono, sono legittimate; pertanto non è interesse della collettività studiare alcuna misura di prevenzione e contenimento.

Entrambi i presupposti sono, evidentemente, paradossali.

L’indagine sulla violenza in famiglia subita dalle donne, pubblicata dall’ISTAT, prevede diverse batterie di domande relative alla violenza fisica, sessuale, psicologica ed economica. Da un campione di 25.000 interviste, trasportato in dimensione nazionale, risulta una proiezione di circa 7.000.000 di donne che subiscono violenza dal proprio partner o ex partner.

Dati allarmanti, che vengono propagandati con continuità.

Analizzando con cura il questionario somministrato dall’ISTAT, viene però da chiedersi se detto questionario non sia stato elaborato con il preciso obiettivo di far emergere dati numericamente impressionanti, sui quali costruire un allarme sociale.

Il questionario è stato studiato in collaborazione con le operatrici dei centri antiviolenza[1], per cui era difficile immaginare che ne sarebbero potuti uscire dati non faziosi. L’impatto sull’opinione pubblica, infatti, è generato dal dato conclusivo – 7.000.000 di vittime – senza approfondire da cosa scaturisca questo dato.

Oltre ai quesiti su violenza fisica (7 domande) e sessuale (8 domande).), il questionario ISTAT lascia uno spazio ben maggiore alla violenza psicologica (24 domande).

Alcuni dei quesiti, però, sembrano finalizzati a raccogliere un numero enorme di risposte positive, descrivendo normali episodi di conversazione sicuramente accaduti a chiunque, che risulta difficile configurare come “violenza alle donne”. Ad esempio:

- l’ha mai criticata per il suo aspetto ?

- per come si veste o si pettina ?

- per come cucina ?

- controlla come e quanto spende ?

Ai fini statistici non c’è differenza fra un atteggiamento aggressivo e denigratorio ed un consiglio pacato, collaborativo, spesso indispensabile, a volte anche migliorativo.

“cucini da schifo, ti ammazzo di botte se non fai un arrosto decente” è sicuramente violenza, ma lo diventa anche “cara, oggi il risotto non è venuto bene come la volta scorsa”…..

Oppure: “con quei capelli sembri una puttana, ti spacco la faccia se non li tagli” è sicuramente violenza, ma lo diventa anche “questo taglio non ti dona, magari fra due giorni mi abituerò, ma ti preferivo con la pettinatura precedente”.

Oppure ancora: “non ti do una lira, se vuoi i soldi per la profumeria vai a prostituirti” è sicuramente violenza, ma lo diventa anche “non ce la facciamo, mettiamo via i soldi per il mutuo, purtroppo questo mese niente palestra per me e parrucchiere per te”.

L’intervistata risponde affermativamente, quindi le intervistatrici possono spuntare la voce “violenza”, senza che l’intervistata lo sappia.

Infatti la domanda non comporta le diciture esplicite “aggressività, violenza, umiliazione”; si limita a chiedere se un episodio è accaduto, poi è l’intervistatrice che lo configura come violento anche se l’ignara intervistata non lo percepisce affatto come tale.

L’ISTAT, infatti, per giustificare l’equivoco sul quale è costruito il questionario, ammette che le intervistate spesso non hanno la percezione di aver subito violenza. A tale scopo aggiunge alle note metodologiche questa dicitura: Le domande tendono a descrivere episodi, esempi, eventi di vittimizzazione in cui l’intervistata si può riconoscere. La scelta metodologica condivisa anche nelle ricerche condotte a livello internazionale è stata dunque quella di non parlare di “violenza fisica” o “violenza sessuale”, ma di descrivere concretamente atti e/o comportamenti in modo di rendere più facile alle donne aprirsi.

Il dettaglio e la minuziosità con cui si chiede alle donne se hanno subito violenza [2], presentando loro diverse possibili situazioni, luoghi e autori della violenza, rappresenta una scelta strategica per aiutare le vittime a ricordare eventi subiti anche molto indietro nel tempo e diminuire in tal modo una possibile sottostima del fenomeno. Sottostima che può essere determinata anche dal fatto che a volte le donne non riescono a riconoscersi come vittime e non hanno maturato una consapevolezza riguardo alle violenze subite, mentre possono più facilmente riconoscere singoli fatti ed episodi effettivamente accaduti.

Presentando il rapporto, poi, l’ISTAT scrive: Le forme di violenza psicologica rilevano le denigrazioni, il controllo dei comportamenti, le strategie di isolamento, le intimidazioni, le limitazioni economiche subite da parte del partner.

Anche frasi innocue come “la frittata oggi è un po’ sciapa”, oppure “ti preferivo senza permanente” vengono classificate come denigrazioni, quindi diventano una forma di violenza alle donne.

Ecco come nascono 7.000.000 di vittime.

[1]V. Note Metodologiche ISTAT
[2]E’falso. Non si chiede alle donne se hanno subito violenza, si chiede se è mai accaduto un determinato episodio, la voce “violenza” viene spuntata dall’altra parte del filo
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