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Cassazione: impossibile disconoscere un figlio dopo due anni dalla nascita
krool:
--- Citazione da: ilmarmocchio - Luglio 17, 2012, 10:22:46 am ---e quali sarebbero queste ragioni naturalmente valide ?
l'interesse del minore ?o quello della puttana ?
--- Termina citazione ---
Il "supremo interesse del minore", ovvero una suprema cazzata, visto che coincide con quello della madre (e solo lei).
ilmarmocchio:
invece , in Ungheria :
http://www.studiocataldi.it/news_giuridiche_asp/news_giuridica_12208.asp
3 mesi
in Italia 3 anni ( minimo )
Cassiodoro:
Ogni tanto ne fanno qualcuna giusta:
“Mia moglie mi tradisce”, ma l’investigatore privato non scopre nulla. Legittima, comunque, l’azione a posteriori di disconoscimento del figlio: decisivo il Dna
A separazione in corso arriva l’ulteriore ‘bomba’: l’uomo vuole disconoscere il figlio, alla luce delle prove biologiche che rendono finalmente concreto il sospetto del tradimento da parte della moglie. Pomo della discordia, in ambito giudiziario, è la legittimità dell’azione. Decisivo è l’accertamento dell’infedeltà, che, in questo caso, arriva solo con i test biologici che attestano la non compatibilità tra padre e figlio. Il timore del tradimento, ovvero l’onta più grave per un marito: la propria moglie a letto con un altro uomo. Con l’aggiunta del tarlo di un dubbio enorme: mio figlio è davvero mio figlio? Così si spiega il ricorso ad un’agenzia investigativa a matrimonio in corso. Ma se questa operazione non porta frutto, ossia non attesta l’adulterio, allora l’azione di disconoscimento della prole, a distanza di un decennio, non può ritenersi decaduta: fondamentale il Dna (Cassazione, sentenza 11405/12). Avviato, oramai, il percorso per la chiusura del rapporto coniugale, con relativo giudizio di separazione, a rendere la situazione ancor più delicata e complessa è l’azione di disconoscimento della paternità promossa dall’uomo, messa in moto a quasi dieci anni dalla nascita del figlio e fondata sulla scoperta che «la moglie aveva commesso adulterio». Ma, secondo la donna, l’azione non è più proponibile perché il marito si era «rivolto a un’agenzia di investigazioni già anni prima», per giunta senza «aver fornito la prova dell’adulterio» Quale linea è condivisibile? Per i giudici, sia di primo che di secondo grado, nessun dubbio: accolta la domanda di disconoscimento. Per un motivo fondamentale: nonostante l’«incarico a un’agenzia investigativa», solo «l’esito degli esami biologici», fatti eseguire dall’uomo, aveva portato alla «certezza dell’adulterio». A tale proposito, peraltro, viene anche richiamata la decisione della Corte Costituzionale – numero 266 del 2006 – con cui è stata stabilita l’illegittimità della norma che «ai fini dell’azione di disconoscimento della paternità, subordina le prove biologiche alla previa dimostrazione dell’adulterio». È ancora la tempistica da applicare alla richiesta di disconoscimento della paternità, però, l’elemento rimesso nuovamente in discussione dalla donna: su questo cardine, difatti, si fonda il ricorso proposto in Cassazione. Secondo la tesi proposta ai giudici di terzo grado, difatti, l’uomo aveva «appreso in epoca anteriore dell’adulterio»: a testimoniarlo una foto ‘compromettente’ scoperta dall’uomo e il fatto che quest’ultimo si fosse rivolto, come detto, a un’agenzia investigativa per «verificare il sospetto di infedeltà». Ma questi elementi sono di poca consistenza, ad avviso dei giudici, i quali, richiamando il principio secondo cui «solo dalla conoscenza certa dell’adulterio decorre il termine per l’esercizio dell’azione di disconoscimento», ribadiscono, condividendo quanto affermato in Appello, che «la certezza dell’adulterio» è arrivata solo con l’«acquisizione dei dati genetici». Complessivamente la «certezza dell’adulterio» è stata «acquisita» entro i termini previsti: legittima, di conseguenza, l’azione, e legittimo, in maniera definitiva, l’accoglimento della domanda proposta dall’uomo.
http://www3.lastampa.it/i-tuoi-diritti/sezioni/famiglia-successioni/news/articolo/lstp/461746/
Brutale:
mettiamo caso che un uomo, dopo aver cresciuto e mantenuto un presunto figlio per 10 anni, dopo questo lasso di tempo, scopre che quello non è suo figlio legittimo... in pratica, causa bugie della moglie, gli è stato fatto credere che quella fosse la sua vera famiglia, impedendogli, di fatto, di ricostruirsi una vita o un nucleo famigliare con dei figli suoi; il danno causato a lui è molto grave perchè per molti anni è stato costretto, a sua insaputa e quindi con la forza, di sacrificare la sua vita subordinandola alle pretese di una donna disonesta e di un presunto figlio che a conti fatti è un perfetto sconosciuto... è una forma di costrizione
leggendo di sentenze uguali mi pare di capire che più tempo passa e più sarà facile per lei farla franca, mentre per l'uomo il danno aumenta man mano che passano gli anni... ma dovrebbe essere il contrario: cioè, condannare lei ad una pena che sia proporzionale al danno causato e risarcire l'uomo
ilmarmocchio:
--- Citazione da: Brutale - Settembre 05, 2012, 22:11:47 pm ---mettiamo caso che un uomo, dopo aver cresciuto e mantenuto un presunto figlio per 10 anni, dopo questo lasso di tempo, scopre che quello non è suo figlio legittimo... in pratica, causa bugie della moglie, gli è stato fatto credere che quella fosse la sua vera famiglia, impedendogli, di fatto, di ricostruirsi una vita o un nucleo famigliare con dei figli suoi; il danno causato a lui è molto grave perchè per molti anni è stato costretto, a sua insaputa e quindi con la forza, di sacrificare la sua vita subordinandola alle pretese di una donna disonesta e di un presunto figlio che a conti fatti è un perfetto sconosciuto... è una forma di costrizione
leggendo di sentenze uguali mi pare di capire che più tempo passa e più sarà facile per lei farla franca, mentre per l'uomo il danno aumenta man mano che passano gli anni... ma dovrebbe essere il contrario: cioè, condannare lei ad una pena che sia proporzionale al danno causato e risarcire l'uomo
--- Termina citazione ---
se il diritto fosse una cosa seria, si, la donna dovrebbe essere punita in proporzione al tempo trascorso
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