Mi viene dentro una tentazione di urlare dietro a quegli omuncoli: vi siete ridotti a questo da soli? O vi ha obbligato qualcuno?
Ma soprattutto sono quelle donne che mi ispirano la maggiore pietà
Non sono tanto d’accordo con l’impostazione che hai dato al 3D.
Iniziando da “Omuncoli mammi e casalinghi”.
I loro mariti in qualche modo si ritengono orgogliosi e progressisti, perchè spingono la carrozzina, si sono appropriati del ruolo femminile e lo svolgono senza vergogna.
Quando i ruoli, all’interno della famiglia e della società erano ben determinati, e con i ruoli gli ambiti del loro potere, alle femmine era dato il potere delle “relazioni” ed ai maschi il potere “economico”.
Con lo “strabordare” delle femmine nel potere “economico”, essendo entrate nel mondo del lavoro fuori dalle mura domestiche, hanno lasciato, volenti o nolenti, dei “buchi” o “vuoti” nel potere delle “relazioni”.
Notare molti uomini che spingono la carrozzina o fanno delle cose che una volta erano tipicamente femminili, dimostra che anche gli uomini possono invadere il mondo femminile, e toglierli la supremazia anche nel potere delle “relazioni”.
Il padre che si occupa dei figli fin dalla loro piccola età riceverà in cambio un legame più forte e duraturo, certo se non sbraga in comportamenti più infantili di quelli del figlio (e della madre).
Cambiare pannolini, dare il biberon, spingere la carrozzina sono delle “piccole” cose per un uomo, ma fatte da una donna diventano una pretesa di riconoscimento eterno da parte del figlio ed una continua rivalsa nei confronti del padre.
Forse non avete notato, in un giardino pubblico, la differenza di comportamento dei padri che accompagnano i figli, da quello delle (alcune) madri, mentre i loro figli giocano.
Il comportamento della madre è pieno di divieti: “non correre… non sudare… non salire…. non ti sporcare”… la madre trasmette ai figli tutte le proprie paure. Al contrario il padre esorta i figli, maschi o femmine: “corri… sali più in alto… non avere paura.. “.. l’unico divieto è: “non piangere che non ti sei fatto niente, è solo una sbucciatura…” trasmettendo ai figli un senso di sicurezza ed autostima, mentre se un figlio piange la madre corre a sgridarlo per poi consolarlo: “Te lo avevo detto di non correre (di non salire) …poverino ti sei fatto la bua, adesso andiamo a casa a mettere l’acqua ossigenata”. Per non parlare di come gridano ai loro figli tutta la loro rabbia anche alla minima disobbedienza, minacciando punizioni che non saranno in grado di mantenere.
Non so se in passato il comportamento delle madri era identico a quello odierno, ma la mia generazione è cresciuta, sola, in strada o nei cortili, lontano dalla presenza dei genitori, l’una impegnata in faccende domestiche molto più pesanti di quelle odierne e l’altro la lavorare fuori di casa, quando non esistevano ancora i robot, per tutto il giorno.
Il pensiero che dovrebbe affermarsi, con o senza il consenso delle femministe e dei maschilisti (nel senso dispregiativo) è “
che al di là delle dotte disquisizioni, ciò che sostanzialmente conta, per ottenere un risultato positivo ed "utile" al figlio, si è che entrambi i genitori, e non soltanto uno, sovraintendano e contribuiscano al suo sviluppo, fisico e psichico; in modo che ciascuno di essi possa riversare egualmente e pienamente, sul bambino, le attenzioni, le cure, la protezione, i principi educativi, le buone abitudini, nelle forme certamente diverse, ma altrettanto certamente comlementari (e quindi entrambe necessarie) che distinguono l'apporto femminile della madre da quello maschile del padre.(Dal decreto dell'8 maggio 1989 della Corte d'appello di Brescia, sezione Minorenni.)