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PAS

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doctordoctor:
Approfitto per dire una cosa a proposito dell’utilità della PAS: anche se si arrivasse alla fine a non includere la PAS, ciò non comporterebbe nulla e non modificherebbe la prassi perché, come già spiegato, i comportamenti alienanti dei genitori e i loro effetti sui figli sono ampiamente studiati da almeno 30 anni.  Questo implica che i consulenti, quand’anche non dovessero parlare più di PAS (ossia intesa come sindrome), parlerebbero di comportamenti alienanti, ampiamente provati dalla ricerca e usando anche i criteri Gardner perché quegli stessi criteri si sono rivelati utili precedentemente, ossia prima che Gardner coniasse il termine PAS (la sua prima pubblicazione è del 1992).
Oltretutto, Gardner giudica la PAS come un sottotipo di alienazione (il volume dove parla di questo è del 2004 a pp. 613 e 615), dunque non considera la PAS come l'equivalente delle condotte alienanti, bensì ne contempla altre.
Quanto poi alle critiche che lei ha citato occorre fare delle distinzioni: sul fatto che si scambierebbe qualsiasi rifiuto come PAS occorre dire che ci sono metodi per operare queste distinzioni e che le vittime di abuso, i bambini che si rifiutano di vedere i genitori per altri motivi e i bambini alienati. Carol Bruch ha torto perché non considera le varie tecniche di indagine e le differenze emerse dalla ricerca. Fink invece non dice che cosa dice la scienza, infatti ignora le metodologie di indagine volte a rilevare i comportamenti alienanti e le differenze tra bambini abusati e quelli alienati; in sostanza commette il medesimo errore di Bruch.
Non ho letto il libro di Vaccaro e Barea ma questo non cambia la sostanza delle cose perché i consulenti continuerebbero a parlare di comportamenti alienanti senza usare il termine PAS e questo perché ci sono, come già spiegato, 30 anni di documentazione sia per quanto riguarda il genere di chi aliena, sia per quanto riguarda le modalità di alienazione, sia infine per quanto riguarda le conseguenze.
Tenga conto che lo scontro tra le varie fazioni non sta nel riconoscere/negare i comportamenti alienanti, bensì nel conferire a questi comportamenti lo statuto di sindrome, che è una cosa completamente diversa. Ossia, anche se non fosse riconosciuta come sindrome questi comportamenti ci sarebbero comunque, le madri (almeno qui in Italia, stando ai dati che disponiamo) sarebbero le maggiori perpetratrici di queste condotte e queste ultime avrebbero effetti piuttosto pesanti sui figli. Il consulente lo riporterebbe senza problemi se ravvisasse comportamenti alienanti perché la consulenza in materia civile è psicologica, non psichiatrica, ossia non bisogna necessariamente arrivare ad una diagnosi clinica e non si valutano solo informazioni che derivano da caratteristiche esclusivamente patologiche della persona. Di conseguenza, è irrilevante che la PAS sia inserita nel DSM, ICD o qualsiasi sistema di classificazione diagnostica. 

A mio modo di vedere, alcuni utenti del forum sbagliano nel lottare affinché la PAS sia riconosciuta; anche se non venisse inclusa come sindrome la sostanza non cambierebbe, solo non si farebbe diagnosi di PAS, bensì di comportamenti alienanti.

FikaSicula:
Mi perdoni signor DoctorDoctor,
certo che avevo tenuto conto delle sue puntuali obiezioni precedenti ma intendevo sintetizzare il materiale oppositivo che è frequentemente usato a detrazione della Pas.
In Italia non si segue l'evoluzione sulla faccenda. Le stesse pubblicazioni citate, in particolare di Gullotta, sono attualmente disponibili nelle università e rispetto alla casistica che le fonti mostrano sono d'accordo con lei che vi sia una generalizzazione ma non sono io a compierla né tantomeno quello è il mio metodo di indagine.
Ciò che personalmente rilevo è la connotazione con pregiudizio di genere che viene abusata in chiave di propaganda in uno scontro che è ideologico e che non lascia spazio ad alcuna considerazione oggettiva, come quelle che lei fa.
Quelle poche righe che io le ho sottoposto sono quelle dalle quali si prende spunto per contrapporre demonizzazione/santificazione (e qui torna l'argomento che Cosmos aveva affrontato in un altro interessante thread) della figura materna. Per quello che mi riguarda, e spero questo le sia noto, non mi presto né all'una né all'altra modalità.
Le opposizioni della Bruch sono comunque attuali e non mi pare siano cambiate nella sua formulazione e il libro di Vaccaro/Bareo è recentissimo incluse poi le opposizioni formulate da neuropsichiatri e dallo stesso governo Spagnolo.
Temi ricorrenti sono quelli che le dicevo fin dall'inizio ovvero il timore che la diagnosi di Pas possa essere realizzata rimuovendo un reale bisogno del bambino, che derivi esso da abuso, violenza assistita o altro. Chiedevo infatti quali che fossero i dispositivi per permettere di distinguere una tipologia di "rifiuto" da un altro e Cosmos rispondeva, se non ricordo male (non ho riletto e mi scuso per questo), che da parte di chi sostiene la Pas non c'è questo problema perché si ritiene che il 99% delle accuse siano false e che dunque a realizzare delle tecniche che aiutino in questo senso semmai doveva pensarci la parte che vi si opponeva.

Le chiedo perciò di farmi presente quali sono i testi che dovrei consultare per ricavare risposte a questi quesiti ovvero li citi lei e io li citerò a mia volta.


--- Citazione da: doctordoctor - Settembre 06, 2012, 12:19:53 pm ---Tenga conto che lo scontro tra le varie fazioni non sta nel riconoscere/negare i comportamenti alienanti, bensì nel conferire a questi comportamenti lo statuto di sindrome, che è una cosa completamente diversa. Ossia, anche se non fosse riconosciuta come sindrome questi comportamenti ci sarebbero comunque, le madri (almeno qui in Italia, stando ai dati che disponiamo) sarebbero le maggiori perpetratrici di queste condotte e queste ultime avrebbero effetti piuttosto pesanti sui figli. Il consulente lo riporterebbe senza problemi se ravvisasse comportamenti alienanti perché la consulenza in materia civile è psicologica, non psichiatrica, ossia non bisogna necessariamente arrivare ad una diagnosi clinica e non si valutano solo informazioni che derivano da caratteristiche esclusivamente patologiche della persona. Di conseguenza, è irrilevante che la PAS sia inserita nel DSM, ICD o qualsiasi sistema di classificazione diagnostica. 

A mio modo di vedere, alcuni utenti del forum sbagliano nel lottare affinché la PAS sia riconosciuta; anche se non venisse inclusa come sindrome la sostanza non cambierebbe, solo non si farebbe diagnosi di PAS, bensì di comportamenti alienanti.

--- Termina citazione ---

Si infatti. Ma il punto sta proprio nel fatto che in Italia il dibattito non tiene conto evidentemente del superamento di alcune questioni né si capisce perché tale presunta malattia sia proposta con tanta determinazione alla commissione che decide per il Dsm prima come sindrome e ora come disordine, il che non cambia.


--- Citazione ---Quanto poi alle critiche che lei ha citato occorre fare delle distinzioni: sul fatto che si scambierebbe qualsiasi rifiuto come PAS occorre dire che ci sono metodi per operare queste distinzioni e che le vittime di abuso, i bambini che si rifiutano di vedere i genitori per altri motivi e i bambini alienati. Carol Bruch ha torto perché non considera le varie tecniche di indagine e le differenze emerse dalla ricerca. Fink invece non dice che cosa dice la scienza, infatti ignora le metodologie di indagine volte a rilevare i comportamenti alienanti e le differenze tra bambini abusati e quelli alienati; in sostanza commette il medesimo errore di Bruch.
--- Termina citazione ---

Era quello che chiedevo e che mi pare essenziale riportare. Quali sono le tecniche o i metodi per distinguere un rifiuto dall'altro?

doctordoctor:
Io non seguo molto il pregiudizio di genere però le devo fare questa domanda: chi ha questi pregiudizi?
È importante saperlo perché se li hanno determinate categorie di soggetti che non rientrano nella comunità di ricercatori, è un problema loro, non della PAS. Le uniche categorie di soggetti che mi vengono in mente e che possono essere influenzate da questo pregiudizio potrebbero essere i padri separati, ma loro non hanno pregiudizi nei confronti di tutte le donne, al massimo di tutte le donne che si separano, che comunque è una categoria ben precisa.  Ma questo non centra nulla con la PAS. Nelle dispute il pregiudizio centra poco e niente perché ai padri che si separano non importa nulla delle donne, così come alle madri degli uomini. A loro importa di ottenere la custodia dei figli. La PAS, usata scorrettamente serve ad ottenere dei vantaggi e basta e questo gli avvocati lo sanno benissimo, infatti anche loro se ne fregano (scusi il termine) dei pregiudizi, a loro importa vincere la causa. Se la PAS serve, tanto meglio.
Per quanto riguarda i libri da consultare il testo di Gulotta (ma le ricerche sono un po’ datate) che lei ha usato per il suo intervento va benissimo, altrimenti può consultare il testo di Rohrbaugh “Comprehensive Guide to Child Custody Evaluation” della casa editrice Springer.

Venendo alla valutazione è chiaro che la testimonianza del minore non basta: occorrono esami di diverso tipo e non può bastare la consulenza di natura psicologica. Il consulente può si notare che sono presenti sintomi di natura traumatica, ma non sarà mai in grado di determinarne l’origine solo sulla base di questi e questo perché i sintomi di abuso sono aspecifici.
Concludo con un’osservazione fondamentale a proposito delle valutazioni dei presunti abusi: il consulente incaricato dal giudice deve valutare l’idoneità del minore a testimoniare, non verificare se c’è stato abuso sessuale, fisico o di qualsiasi altra natura. Quello è un compito del giudice. Può semmai dire se quello che riscontra è compatibile con una situazione di abuso (se il giudice lo chiede tra i quesiti, se no si deve astenere) ma non di più. I colleghi che certificano abusi sbagliano di grosso.
Quand’anche il consulente valutasse il minore come idoneo a rendere testimonianza, questo non dimostrerebbe che l’abuso c’è stato, bensì certificherebbe che le facoltà psichiche del minore gli permettono di distinguere la fantasia dalla realtà e di ricostruire e narrare i fatti così come si sono svolti.
Questo non implica che il minore non possa mentire, ma né il consulente, né il giudice hanno la palla di cristallo.

Se parlo delle tecniche divento troppo tecnico però dovrebbe trovare delle informazioni nel libro di Gulotta. Io non ne ho parlato perché mi sembra che lei abbia il volume.

vnd:

--- Citazione da: doctordoctor - Settembre 06, 2012, 13:46:35 pm ---Io non seguo molto il pregiudizio di genere però le devo fare questa domanda: chi ha questi pregiudizi?
È importante saperlo perché se li hanno determinate categorie di soggetti che non rientrano nella comunità di ricercatori, è un problema loro, non della PAS. Le uniche categorie di soggetti che mi vengono in mente e che possono essere influenzate da questo pregiudizio potrebbero essere i padri separati, ma loro non hanno pregiudizi nei confronti di tutte le donne,

--- Termina citazione ---

La trovo un ipotesi difficile da dimostrare. Di contro, sul fronte opposto, il negazionismo anti-PAS è palesemente frutto del pregiudizio sessista femminista.

FikaSicula:

--- Citazione da: doctordoctor - Settembre 06, 2012, 13:46:35 pm ---Io non seguo molto il pregiudizio di genere però le devo fare questa domanda: chi ha questi pregiudizi?
È importante saperlo perché se li hanno determinate categorie di soggetti che non rientrano nella comunità di ricercatori, è un problema loro, non della PAS. Le uniche categorie di soggetti che mi vengono in mente e che possono essere influenzate da questo pregiudizio potrebbero essere i padri separati, ma loro non hanno pregiudizi nei confronti di tutte le donne, al massimo di tutte le donne che si separano, che comunque è una categoria ben precisa.  Ma questo non centra nulla con la PAS. Nelle dispute il pregiudizio centra poco e niente perché ai padri che si separano non importa nulla delle donne, così come alle madri degli uomini. A loro importa di ottenere la custodia dei figli. La PAS, usata scorrettamente serve ad ottenere dei vantaggi e basta e questo gli avvocati lo sanno benissimo, infatti anche loro se ne fregano (scusi il termine) dei pregiudizi, a loro importa vincere la causa. Se la PAS serve, tanto meglio.

--- Termina citazione ---

E' quello che è noto anche a me. Tutto il dibattito pubblico tra non ricercatori è orientato in questo senso. Da una parte la necessità di trovare un dispositivo utile ad ottenere l'affido e a scalfire una cultura e una maniera di applicare le leggi che non tengono conto di molte cose e dall'altro la difesa da parte di chi, inserendosi nel dibattito pubblico, si oppone alle demonizzazioni.

Tentare di sottrarre questo dibattito a quei contesti che vedono in netta opposizione padri contro madri, donne contro uomini, per quanto ne so appare perfino sospetto, così a noi è stato detto anche ultimamente, perché schierarsi parrebbe necessario. :)

Ma, come le dicevo all'inizio, mi pare una cosa necessaria da fare a cominciare proprio dall'abc che viene usato da entrambi i fronti in maniera palesemente strumentale.

Le campagne oppositive al momento vedono da un lato fanatismi che accostano la Pas alla pedofilia e dall'altro c'è un maldestro tentativo di capovolgimento di questa questione usando il termine pedofilia contro madri, femministe o chiunque a loro avviso mostri argomenti critici contro la Pas. Il dibattito pubblico è totalmente invaso da questi fanatismi (che ricorrono anche presso questo forum) per cui è impossibile proporre un ragionamento sereno in cui si ridefinisca innanzitutto la comunicazione così come io intendo fare.

E lei mi chiede giustamente di distinguere il piano della discussione pubblica che vede questi paradossi in atto da quello in cui la ricerca ragiona unicamente nell'interesse dei bambini. Ed è quanto voglio fare non senza aver liquidato, spero definitivamente, ogni altra modalità di affrontare la questione come impropria, pretestuosa, metodi attraversi i quali si condensano calunnie per inibire la critica o per togliere credibilità ad una tesi.



--- Citazione ---Venendo alla valutazione è chiaro che la testimonianza del minore non basta: occorrono esami di diverso tipo e non può bastare la consulenza di natura psicologica. Il consulente può si notare che sono presenti sintomi di natura traumatica, ma non sarà mai in grado di determinarne l’origine solo sulla base di questi e questo perché i sintomi di abuso sono aspecifici.
Concludo con un’osservazione fondamentale a proposito delle valutazioni dei presunti abusi: il consulente incaricato dal giudice deve valutare l’idoneità del minore a testimoniare, non verificare se c’è stato abuso sessuale, fisico o di qualsiasi altra natura. Quello è un compito del giudice. Può semmai dire se quello che riscontra è compatibile con una situazione di abuso (se il giudice lo chiede tra i quesiti, se no si deve astenere) ma non di più. I colleghi che certificano abusi sbagliano di grosso.
Quand’anche il consulente valutasse il minore come idoneo a rendere testimonianza, questo non dimostrerebbe che l’abuso c’è stato, bensì certificherebbe che le facoltà psichiche del minore gli permettono di distinguere la fantasia dalla realtà e di ricostruire e narrare i fatti così come si sono svolti.
Questo non implica che il minore non possa mentire, ma né il consulente, né il giudice hanno la palla di cristallo.

Se parlo delle tecniche divento troppo tecnico però dovrebbe trovare delle informazioni nel libro di Gulotta. Io non ne ho parlato perché mi sembra che lei abbia il volume.

--- Termina citazione ---


Ho letto, si. Non mi è chiarissima la formulazione delle tecniche né riesco a capire con precisione come esse si possano applicare nel corso dei procedimenti in Italia ma tengo comunque conto di quello che lei mi dice.

E mal concilia comunque questo con il fatto che si rimprovera ai periti che diagnosticano la Pas di farlo a distanza. Senza alcun esame. Questo è quello che leggo da altre fonti. E già mi pare di averlo scritto e lei ha risposto che è un problema di cattiva applicazione e di cattivi comportamenti o negligenze e non della Pas in se'.

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