Leggo in giro che la Pas si compone di una sintomatologia scarsa, casistica indimostrabile, generalizzazione di comportamenti che di sicuro ledono il benessere psicofisico dei singoli ma di per se' non realizzano una casistica che determina il riconoscimento di una malattia. Un comportamento sbagliato dopotutto è solo un comportamento sbagliato. Se è dannoso diventa una forma di maltrattamento ma non una malattia.
Uno degli argomenti a detrazione è:
Gardner dice che un sintomo grave sia il rifiuto del genitore. Si stabilirà sempre che quel rifiuto dipenda unicamente dall'influenza nefasta esercitata dall'altro genitore?
Quali sono gli strumenti scientifici che si possono usare per capire l'origine di quel rifiuto?
Con quali strumenti si distingue un rifiuto per alienazione da un rifiuto perché vittima di violenze?
"Ci hanno rubato l'oro dell'evidenza e lo hanno perduto" Lanza del Vasto, Principi e Precetti
perchè giocare a fare ammunìa? quando le cose sono chiare perchè complicarle? ci sono interessi ad intorbidare le acque?
1 se i sintomi della PAS fossero scarsi (dal punto di vista dell'uomo qualunque, non dello psichiatra) di che discutiamo? chissenefrega? è proprio perchè i sintomi sono gravi e compromettono pesantemente la vita e il benessere di più persone che ne discutiamo. Certo che se di fronte ad un bambino che si comporta in modo "strano" si chiudono gli occhi, nessun sintomo vale più. Dopo però qualcuno me lo deve spiegare perchè i figli di divorziati hanno una probabilità doppia o tripla di non finire la scuola, di finire in carcere, di usare sostanze stupefacenti. Ora, visto che l'esito della discussione sulla PAS tra noi e in Italia in genere non servirà a modificare la prossima edizione del DSM, il problema è che questa sofferenza merita un nome, non si può dire che non ha un nome per dire che non esiste.
2 un bambino rifiuta un genitore. Che valore dobbiamo dare a questo fatto? se il rifiuto è motivato dobbiamo rintracciare nel genitore rifiutato comportamenti adeguati a giustificarlo. Il puro e semplice rifiuto non significa nulla circa il comportamento del genitore. Anche senza andare a colpevolizzare l'altro genitore, insisto. È normale che qualunque essere umano ritenga di avere ragione, perciò volente o nolente trasfonderà questa convinzione in coloro che ha vicino, quindi la madre convincerà i figli che ha fatto bene a lasciare il marito, e viceversa. A seconda della capacità persuasiva di ciascuno, i figli potranno rifiutare il rapporto con l'uno o con l'altro. Ora: IN TUTTE LE CIVILTÀ NOTE LA CREDIBILITÀ DEGLI ESSERI UMANI È IN RELAZIONE CON L'ETÀ! Se un bambino rifiuta il rapporto con un genitore, questo rifiuto va trattato come vi pare ma non può essere considerato una scelta adulta e consapevole, non più di qualunque altra scelta.
Se si ritiene che il rifiuto del bambino sia motivato da un comportamento patologico/violento del padre, questo comportamento va PROVATO! Nel nostro universo culturale chiunque è innocente fino a prova contraria. Il rifiuto del bambino non è una prova. Se proprio si vuole è un sintomo da studiare, è un indizio da interpretare.
Non si può ribaltare l'onere della prova: poichè tuo figlio non ti vuole vedere tu devi dimostrare che non sei violento!
Oltretutto in pedagogia chiunque sa che il credito incondizionato alle affermazioni dei bambini è il modo migliore per far crescere dei piccoli despoti, squilibrati e insicuri. I bambini hanno bisogno di figure di riferimento, se queste figure di riferimento sono alla loro mercè (perchè con un semplice sguardo o balbettio possono sottrarsi al controllo dei genitori) il rapporto educativo salta.
È una questione di una semplicità lapalissiana, il termine PAS ci serve solo come etichetta, ma qualunque persona di buon senso sa che i capricci dei bambini non vanno assecondati. I contadini di un tempo non si sarebbero mai lasciati menare per il naso in questo modo.
Il termine PAS è uno strumento utile per identificare una situazione e per indicare una modalità di intervento adeguata. Poichè non c'è un disturbo metabolico, infettivo, etc., non ci saranno farmaci di quel tipo. È un disturbo affettivo/comportamentale/emotivo. Va affrontato tenendo conto che la causa è nell'interazione tra la psiche del bambino (diversa da quella di un adulto) e un ambiente. Poichè l'ambiente è alterato e compromette la normale crescita del bambino e poichè la correzione dell'alterazione (la conciliazione dei genitori che sarebbe la cosa migliore dal punto di vista della crescita del bambino) non è possibile (per definizione, sennò che discutiamo a fare? fa parte dei dati di partenza) si devono introdurre ulteriori elementi che in un ambiente normale non servirebbero.
Considerare il rifiuto del bambino un fattore patologico è il modo migliore per inquadrarlo e intervenire, anche se la realtà è che è una risposta normale ad un ambiente patologico. Perciò la quadratura del cerchio è la seguente: si deve studiare una modalità di intervenire su una risposta normale ad un ambiente patologico, cambiando la risposta e non l'ambiente per ottenere una risposta analoga quella che si darebbe in un ambiente normale!
L'elemento da introdurre è che i genitori restano i genitori anche se sono separati e il bimbo non può sottrarsi alla loro potestà di propria iniziativa. Qualunque opinione contraria va contrastata per legge, che sia della madre, del padre, dei giudici, degli assistenti sociali, etc.
Questa è la norma.
L'eccezione (genitore violento) va provata caso per caso.
La norma è che chiunque di noi può andare a prendere il caffè al bar quando vuole. Se qualcuno di noi è gravemente malato a rischio infettivo e va isolato, deve essere provato. Non è sufficiente che
lo affermi un bambino.
Se non ci sono strumenti per provare che quel genitore è violento, ci si deve comportare come se non lo fosse. Non si può invertire l'onere della prova! Chi fa una affermazione la deve provare. Non si può chiedere ai sostenitori della PAS (i quali sono convinti che l'accusa di violenza sia strumentale nel 99% dei casi) di provare la violenza! Saranno gli avversari della PAS a dover mettere a disposizione strumenti scientifici, metodiche di indagine e quant'altro adeguatamente supportate da evidenze scientifiche per dimostrare ciò che affermano (che il rifiuto del bimbo è motivato dalla violenza del genitore rifiutato).
Noi sosteniamo che non si può dimostrare scientificamente l'esistenza dei fantasmi. Non puoi chiederci di fornirti la prova dell'esistenza dei fantasmi per poterli distinguere dalle persone normali. Noi riteniamo che quanlunque persona che incontriamo per strada sia una persona in carne ed ossa e che l'onere della prova contraria non spetti a noi.*
In ogni caso, dal punto di vista statistico e probabilistico è chiaro che nella maggioranza dei casi si tratta di una sofferenza psicologica e non di violenza subita, per cui, anche dal punto di vista della serva, si deve provare l'eccezione e non la norma.
* PS rileggendo qs intervento mi rendo conto che davvero abbiamo perso il contatto con la realtà! Se c'è bisogno di provare un comportamento violento, siamo fuori dal mondo! Che una persona sia violenta si vede a colpo d'occhio: basta guardare un bambino per capire come ha vissuto le ultime 24 ore! Insomma, una domanda del genere è davvero demenziale! Una violenza che non lascia segni, difficile da provare, è un non-senso. Buona solo per menare il can per l'aia.